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Autore: sese87    30/03/2015    2 recensioni
AU che traccia le vite dei protagonisti di Dragon Ball alle prese con il nostro mondo, dalla loro adolescenza all'età adulta.
*il cognome Arensay è un anagramma di mia invenzione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '1998'
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23n

Nda: le canzoni usate per questo capitolo sono Disorder e Love will tear us apart, entrambe dei Joy Division (in particolare, il titolo è stato preso da un verso di Disorder).

 

It's getting faster, moving faster, now it's getting out of hand

 

Una giornata di sole fantastica! Dopo tutto il freddo, la neve e la pioggia sento finalmente il sole rinascermi dentro e arrivo a scuola con un ottimo buon umore. Questo Venerdì ci sarà il tanto desiderato ballo di San Valentino, nonostante si tenga nei primi di Marzo. Sia io che Chichi temevano di andare fuori tema (ne abbiamo scelto uno piuttosto primaverile, niente cuori, molti fiori) ma oggi mi pare che tutto stia andando come previsto.
La serotonina m’illumina illudendomi così tanto da sentirmi invincibile che entro in classe senza accorgermi della discussione tra i miei compagni.
Agito la testa e le codine al ritmo del mio Walkman, mentre mi sistemo al mio banco.
Getting faster… moving faster… lalala…who gives a damn right now…lalala.
«…Ulma…
Bulma!?», Chichi mi sfila via le cuffie, «Diglielo anche tu, accidenti!»
«Ehi, ma che modi sono?», sbraito con il mio umore incrinato.
«Non può partecipare!» Continua Chichi sventolando in aria un foglietto. Pare piuttosto seccata.
«Dai Chichi, non facciamone un dramma!» Goku cerca di calmarla, mentre Vegeta scoppia a ridere di gusto. «Ahahah davvero credi che una mocciosa possa convincermi del contrario?» Mi indica col mento.
«Ancora con questa parola. Chi sarebbe la mocciosa, scusa?» Lo riprendo, got the sprit, but lose the feeling… feeling, fee…clicco l’off del Walkman, e saetto furiosa lo sguardo su di lui, le cuffie basse sulle spalle.
«Tutti voi, mi pare ovvio.»
«Non puoi partecipare, Vegeta!» Ripete Chichi, agguerrita contro di lui, «Non è giusto non sarebbe corretto!» Puntualizza come fosse un’unica parola.
«Non sono affari che ti riguardano.» È la replica calma dell’altro, braccia conserte, irremovibile dal suo punto di vista.
«Bulma, non stare lì impalata!» Vengo di nuovo chiamata in causa, senza tuttavia che mi si spieghi quale nocciolo si stia tentando di rompere.
«Se vi degnaste di spiegarmi, forse, potrei interessarmi al problema!»
«Ecco!» Sbatte un volantino sul mio banco, noto subito l’accostamento di colori migliore di quello del nostro ballo nonostante pubblicizzi qualcosa di diverso: Sul podio del successo grazie allo sport. Una gara di nuoto, tra le scuole cittadine, indetta dal sindaco. In palio: 5000yen di borsa di studio. Però, ora capisco l’interessamento dei miei compagni.
«Ma da quando t’interessa il nuoto, Chichi?»
«Sarà Goku a partecipare, ovviamente divideremo il premio.»
«Parli come se quel babbeo possa battermi.» Dice Vegeta.
«Non ce ne sarà bisogno, perché tu non parteciperai!»
«Io partecipo a quello che mi pare!»
«Beh, in fondo, non credo di essere così preparato…» Azzarda a commentare Goku.
«Sciocchezze! Avrai tutto il tempo per allenarti!»
E qui Vegeta ride di nuovo e ancora più forte, sicuro delle proprie capacità. La notte scorsa mi pare lontana anni luce. Come ho potuto dubitare di non ritrovarlo qui, in classe, questa mattina?
«Mi spiace Chichi, ma non vedo perché non possa partecipare anche lui.» Trovo fuori luogo la testardaggine della mia amica, «E anche Vegeta ha bisogno di soldi!»
«Impicciati degli affari tuoi, mocciosa, non ho bisogno di nulla!» Tuona il nocciolo sempre più duro della questione.
«E allora si può sapere perché t’interessa così tanto partecipare?» Domando spiccia, puntando i gomiti.
Mi sorride con un passo nella mia direzione, «Perché a loro interessa che non partecipi.» Allunga le braccia a coprirmi le orecchie con le cuffie.
Il nocciolo non si è rotto, torna trionfante al suo banco, sguardo alla finestra, corpo coperto dall’ombra delle tendine.
A ricreazione lo raggiungo al suo angolo buio in cortile. Al solito resta sempre in disparte. Sta mangiando un cornetto alla crema, ne ha un altro in un sacchetto di carta bianca poggiato in grembo. Siedo accanto a lui sul granito degli scalini che pare umido tant’è freddo. Dietro di noi una porta rimasta sempre chiusa per una stanza mai usata, metafora della nostra amicizia.
Ovviamente ha notato che sono qui, decide comunque di ignorami continuando a mangiare senza scomporsi. Zucchero a velo su una guancia.
«Ti piacciono i Joy Division?» Me ne esco a un tratto, con la serietà di chi non avesse aspettato che quel momento per parlare di musica con lui. Penso a mia madre e a suoi pasticcini, che il suo propinarceli sempre sia un tentativo come un altro per iniziare un dialogo con noi, che la ignoriamo sempre?
Vegeta ribatte lo stesso, secco “no” che avrei dato a mia madre come risposta alla sua dolce offerta.
«Allora i Talking Heads?» Allora che ne dici di questa torta al limone, tesoro?
Non ho altri motivi per stare qui se non la voglia di parlargli. Ricorderò forse un giorno l’odore di questa giornata, e dell’erba fresca che il sole è giunto ad asciugare; ritornerò al profilo di questo giovane amico e alle sua bocca mai avuta mentre assapora, meno ignaro di me, un dolce alla crema.
«Dovresti parlarne con C18, di queste cose, a lei piacciono molto entrambi.» Schiocca compiaciuto. Mi chiedo se sia vero o se l’abbia detto solo per innervosirmi. Perché dovrebbe volermi innervosire, però, lui non può immaginare cosa provo per lui e come vedo lei.
«Allora avete fatto pace?» Sono comunque felice l’abbia tirata in ballo, così posso indagare su di loro. Risponde con un’alzata di spalle, mentre addenta il secondo cornetto, uno sbuffo di zucchero a velo si alza nell’aria come pulviscolo. Un profumo zuccheroso mi entra nel naso.
«Non è da tutti continuare a sentirsi dopo aver litigato in quel modo.» Commento, tirandomi indietro poggiata sulle braccia.
«Perché se senti qualcuno vuol dire starci insieme?», butta giù il boccone e un nuovo enigma, «Anche io e te, quanto pare, ci sentiamo. Non vuol dire nulla
Nulla. Ha ragione. Non abbiamo nulla io e lui. «Quindi non verrai a vederla suonare al ballo?» Tentenno. Da un lato ci spero; non potendolo invitare direttamente, avrei almeno l’opportunità di vederlo alla festa e mostrargli quanto sono carina, nonostante tutto.
Chichi ci sta osservando da sotto il castagno vicino ai gradini dell’entrata, crede sia qui per convincerlo a non partecipare alla gara come le ho detto; si sforza di leggere il nostro labiale, mentre Vegeta risponde che potrebbe venire ma non per lei.
Goku invece non ha alcun problema a raggiungerci, a interromperci.
«Allora l’hai comprato tu l’ultimo alla crema, Eh Eh!»
Vegeta strappa con soddisfazione un enorme morso al secondo cornetto in mano, «Che accidenti volete tutti quanti?»
Il sorriso di Goku continua a brillare luminoso quando propone «Dal momento che hai tutta l’intenzione di partecipare alla gara, mi chiedevo se non ti andasse di allenarci insieme!» La nonchalance della proposta soffoca l’altro di sorpresa, che deve battersi un pugno sul petto per ingoiarla tutta.
«Stai scherzando, vero? Cosa ti fa credere che voglia perdere tempo con te, Karoth?»
«Sarà divertente!» Goku è l’unico a dare credito a chiunque, «Se sei così bravo, potresti insegnarmi qualcosa.» L’occhiolino che mi strizza sorprende anche me.
L’altro lo scannerizza con occhi sospettosi. Starà ripensando alla serata al cinema, quando per poco non si sono presi a pugni; non conoscendo bene Goku, si starà chiedendo il perché di quell’invito.
Accartoccia la busta di carta bianca ormai vuota, mentre svetta in piedi la lancia in un cestino vicino senza fare centro, «Non accetto la pietà di nessuno.» È pietà il nome che dà ad un’offerta d’amicizia, prima di iniziare ad allontanarsi; non mi va di lasciarlo andare via così, non dopo aver saputo che potrebbe venire al ballo.
Mi avvicino poggiandogli una mano sulla spalla e lo costringo a voltarsi. Ci stanno guardando tutti adesso dall’ombra delle pareti del cortile, noi al centro dove convergono i raggi chiari del sole.
«Hai dello zucchero sulla guancia!» Dico, pulendogli il punto con due dita. Sono io adesso a fare l’occhiolino quando rientro in corridoio lasciandolo attonito e rosso di vergogna.

Until the spirit new sensation takes hold, then you know,
Until the spirit new sensation takes hold, then you know,
Until the spirit new sensation takes hold, then you know,
I've got the spirit... feeling, feeling, feeling…

 

 

Non mi andava proprio di parlare con loro, ma appena arrivati ho dovuto salutarli.
Qualche chiacchiera di circostanza, lei mi rivolge uno sguardo fugace ma così freddo da sembrare metallo. Indossa uno strano completo da cow girl, ma è talmente sicura di sé da non tradire alcun imbarazzo.
«E tu chi sei?», domando al terzo del gruppo, il fratello maggiore mi spiegano, a quanto pare è qui per aiutarli a sistemare gli strumenti. «Come ti chiami?» Non riesce però a rispondermi ché la sorella, beffarda, lo precede: «È ovviamente il cyborg numero sedici.» Tira dietro le orecchie una ciocca bionda, inamovibile da quel loro fare i Cyborg.
«Come no, io sono il numero quindici!» Ribatto, astiosa.
«Fa parte della scena!» Ci scherza su il diciasette, chiatarra in spalla, raggiunge il palco dal quale accorderà qualche nota prima dell’inizio della festa.
È passata un’ora e di Vegeta ancora niente e il mio umore è inversamente proporzionale ad ogni minuto in sua assenza. Ancora non so che anni dopo mi sarei trovata nella stessa, insopportabile attesa; ignara che lo avrei aspettato per anni, non soltanto una manciata di minuti. Avrei dovuto allontanarmi allora, invece, sono rimasta illusa che la sua sola apparizione da dietro un bicchiere di cocktail alla frutta lo avrebbe reso presente per sempre.
Sorrido, senza capire nulla di ciò che Chichi mi sta chiedendo. Noto subito che, sotto il giubbino aperto, Vegeta indossa ancora la divisa di scuola, la camicia bianca è più spiegazzata del solito ma la cravatta è tirata alla perfezione.
Stranamente, non mi chiedo come mai non sia passato per casa a cambiarsi, la mia concentrazione prende un’altra strada quando mi accorgo che ha portato delle persone e lo stesso ragazzo del bar a cui, adesso, sta indicando i Cyborg intenti a suonare l’ennesimo pezzo.
Nonostante sia concentrata su di loro i miei occhi non registrano un altro dettaglio importante, a cui farà caso solo in seguito: nemmeno l’altro è vestito in modo appropriato.
Ma è Vegeta, davanti all’entrata, illuminato a intermittenza da un faro ora rosso ora blu, tutto ciò che mi entra in testa in quel momento. Ha una mano poggiata alla schiena di Cell, un istante, lo spinge ad avvicinarsi ai due musicisti. Resta solo. Luce rossa.
Decido di andare a salutarlo. Luce blu. Stringo il bicchiere. Luce rossa. Posso avvicinarmi, nonostante C18? Aveva detto non sarebbe venuto per lei. Luce blu. Finalmente mi nota, tra tutti, è me che guarda adesso.
«Bevi qualcosa?» Luci rosse e blu su di noi, sfumano in un viola pallido. La mia mano sul bicchiere ha intorno un alone di sudore, la sua mano sulla mia. Lascio che prenda il mio cocktail, beve direttamente dal bicchiere senza curarsi della cannuccia. Restituisce.

Love, love will tear us apart,

Again.

«Allora ci vediamo.» Dice. Luce viola, blu, rossa. Lo seguo fuori dalla palestra.

Love will tear us apart,

Again…

 

«Aspetta un attimo! Dove stai andando?» il corridoio freddo mi alita sulle braccia nude. Abbandono il cockatail sul davanzale di una finestra, così distrattamente che scivola via a terra in frantumi. Il rumore mi sorprende e sorprende anche Vegeta facendolo arrestare.
«Guarda cosa hai combinato?» Sbraito, dando a lui la colpa di quella chiazza arancione tra pezzi di vetro.
«Sei stata tu a farlo cadere come un’idiota!»
«Solo perché hai deciso di essere uno stronzo! Cosa sei venuto a fare se già va via, cosa significa?»
«Che il ballo fa schifo. Anche la musica, ma fortuna che tra poco quella cambierà.» Commenta, in uno sbuffo di ironia che non colgo del tutto.
«Chi erano le persone con cui sei arrivato?»
«Non ti riguarda.» Gira i tacchi, intento a lasciarmi sola di nuovo. Faccio per rincorrerlo, ma scivolo sul pavimento bagnato di cocktail fruttato. Ho sbattuto il sedere in un doloroso tonfo, trattengo le lacrime mentre urlo contro Vegeta che finalmente torna indietro.
«Sei davvero un’imbecille.» Sentenzia, non aiuta a mettermi in piedi, anzi, incrocia le braccia al petto mentre mi guarda riprendere l’equilibro.
«Volevo solo parlarti.» Piagnucolo, ormai conscia di dover abbandonare ogni difesa. Le lacrime restano impigliate tra le ciglia, non scorrono.
«Ancora di mio padre? Tsk, persino i giornali hanno perso interesse alla vicenda.»
«No.»
«Di cosa allora?» Mi rivolge un ghigno.
Ho il sedere dolorante, sento una chiazza di bagnato di arancia sulle natiche. La mia sopportazione sta finendo.
«Di noi.»
Impiega una frazione di istanti per cogliere le mie parole come una battuta che non capisce. «Di noi?!» Ripete e scoppia a ridere, afferratone il senso.
«Vorresti dirmi che ti piaccio, per questo mi rompi sempre le scatole?»
«Non dire… non dire idiozie, uno stronzo come te, come credi sia possibile?!» La sua reazione ha raffreddato ogni mio proposito. Mi sento una stupida. Persino io stento a crederci. Il cuore, però, batte forte.
«Allora,» fa un passo verso di me, «Che intendevi?»
Svetto gli occhi su di lui; non c’è nessuna logica al mio diniego; è troppo tardi. Il mio cervello fa le bizze.
Alcuni ragazzi aprono la porta della palestra, e ci sorpassano. Né io né Vegeta facciamo caso al loro vociare confuso. Anzi, proprio lui accorcia ulteriormente le distanze; appoggia le mani su di me e scivola quel tanto fino all’avambraccio. «Non t’interesso quindi.»
Yamcha, durante la nostra storia mi ha toccato in punti ben più erogeni, ma mai mi sono sentita avvampare come in questo momento. «E io, perché non ti piaccio?» Rigiro la domanda, i suoi occhi neri, fissi sui miei, mi hanno spogliato di ogni difesa mentre lui si veste di un sorriso che non gli ho mai visto.
«Il mio è un mondo per grandi, Brief.» Lascia un braccio e risale ad accarezzarmi una guancia con il dorso di due dita, fermandosi sul mento. «Non c’è spazio per l’ennesimo capriccio di una mocciosa dal sedere bagnato di succo.» Mi bacia in fronte. Chiudo gli occhi alle sue labbra umide premute sulla mia pelle. Credo di aver vissuto solo per questo momento; perdo la cognizione di ogni nostro problema e intoppo. Vorrei spiegargli la mia serietà, vorrei urlargli che non si tratta del capriccio di una mocciosa; ma prima, vorrei baciarlo.
Tuttavia, il suo sorriso beffardo congela ogni mio proposito davanti ad uno scherzo crudele. Mi lascia insieme alla sensazione del suo bacio addosso.
Arriva Chichi, mentre degli studenti sguizzano via dietro di lei, sparpagliandosi in un fuggi fuggi generale.
«Bulma, finalmente ti ho trovato! Sta accadendo il finimondo!»

 
«Cosa?» Strillo.
«Una rissa. Hanno preso a pugni C17, mentre C18 è riuscita a scappare con l’altro nel trambusto.» Ci vomita addosso gli inquietanti risvolti della serata.
Sto per dire qualcosa, «Come sarebbe C18 è scappata?» Mi precede però Vegeta, «Quella stupida!» Sbraita, prendendo a correre verso l’uscita.
«Vegeta! Dove accidenti vai?» Urlo, con tutto il fiato che ho in gola. Per l’ennesima volta mi ritrovo a corrergli dietro, ringraziando il cielo per la mia avversione alle scarpe col tacco.
Ho il fiatone quando lo raggiungo alla macchina fuori al parcheggio. Riesco a bloccarlo prima che metta in moto.
«Che sta succedendo?» Allargo braccia e gambe a stella davanti alla macchina già accesa, quasi come fosse sufficiente a impedirgli di prendere il largo.
«Che rompi scatole, togliti di mezzo!», esorta, dal finestrino, non esattamente con il più caloroso dei toni.
«No!» prima che riesca a fare retro marcia, mi attacco alla maniglia, «Fammi entrare o giuro che resto attaccata fino a che non dovrai portarmi in ospedale.»
«Ti ci mando subito, se non la smetti.»
Impunto una gamba contro la portiera e tengo stretta la maniglia con più determinazione. Se vuole partire, dovrà per forza farmi male. A meno che non mi faccia entrare.
Lo vedo dare un pugno al volante, il clacson tuona nel parcheggio che via via si riempie di ragazzi.
«Sali, Sali!» Grida, rosso dal nervoso.
Non faccio in tempo a sistemarmi la cintura che già schizza fuori in strada, «Ehi!» Lo riprendo, ma non mi ascolta.
«Non può essere lontana, è sicuramente nei paraggi!» Arguisce, più per fare il punto a se stesso che per rendermi partecipe di un piano che non conosco.
Iniziamo a girare a vuoto nei dintorni della scuola alla ricerca di C18 e di suoi fratello, ben presto le sirene della polizia faranno da eco alla nostra ricerca, in lontananza.
«Adesso basta, Vegeta! Inizio a spaventarmi, portami subito a casa!» protesto. Ho sulle mutande un’appiccicosissima bevanda all’arancia; ho freddo; sono confusa ed esausta.
«Non ti ho chiesto io di venire!» Replica.
«Sono stufa! Portami a casa, ho detto!» Sbraito ancora, tirando una botta al cruscotto in preda ad una crisi isterica. Finisco per accendere lo stereo. Mi innervosisco ancora di più. Con me stessa per essermi invischiata in questa situazione, con lui perché non ho la più pallida idea di cosa stia accadendo.
Do prova della mia scarsa pazienza cacciando via la cassetta dallo stereo; la sfilo via, sfilacciandone il nastro marrone in preda a quella che è molto più ad una crisi di panico per essere stata sopraffatta dagli eventi proprio quando avevo finalmente deciso di dichiararmi. Apro il finestrino e la butto via.
A questo punto, credo di averlo convinto di avere a che fare con una pazza che ha oltrepassato l’orlo di una crisi di nervi. Vengo accontentata.
«Dammi la giacca!» Comando, una volta fermi davanti al vialetto di casa. «Non ho intenzione di farmi il vialetto al freddo, a spalle scoperte.»
Riluttante, si sfila la giacca; se io non ho voglia di chiedergli cosa c’entri in tutta questa storia, lui non ne ha di mettersi a discutere con me.
Il calore che ricevo dal suo indumento smesso, tuttavia, mi calma un po’. Apro la portiera, non scendo ancora. «Mi accompagni al portone?» Gli concedo, col tono di una bestia ammansita.
In cambio ricevo la stessa occhiata incredula che avrebbe avuto qualcuno davanti ad un animale parlante. Scuote la testa, e alla fine mi dà retta come alla pazza che sono.
«Non hai alcun diritto di guardarmi così, Vegeta!» Li rimbecco, stringendomi la sua giacca (e il suo odore) addosso. «Ti ricordo che sei stato tu il primo a dare di matto.»
«Ti ricordo, che sei stata tu ad insistere.»
Avremmo continuato a discuterne, arrivando fino al punto in cui avrei avuto la bravura di chiedergli per quale assurdo motivo era corso via alla ricerca di C18, quella che comunque, a quanto ne sapevo restava qualcosa di simile alla sua ragazza. Mi avrebbe fatto ammettere di essere gelosa di lei, se all’improvviso Crilin non fosse sbucato fuori da un cespuglio insieme all’unica che, quella serata, era riuscita a suscitare tanto l’interesse di Vegeta.
Sussulto nel vederli spuntare dal buoio, «Crilin! Volemi farmi prendere un colpo? Che ci fate qui?» Lo rimprovero, prima di notare la ragazza. Si tengono per mano, fino a che lei non molla la presa imbarazzata. Ha delle foglie tra i capelli scomposti.
«Ecco, quei tizi si sono avvicinati a C17 e hanno iniziato a prenderlo a pugni, e così C16 si è messo in mezzo lei è riuscita scappare. Fortuna che ero nei paraggi e l’ho aiutata a fuggire in macchina. Ci siamo nascosti qui per non dare troppo nell’occhio in mezzo alla strada, nella speranza potessi aiutarla.» Racconta, occhi bassi sugli indici che picchietta tra di loro.
«Stai scherzando, vero? Perché non siete andati a casa tua?»
«Eh eh, sai com’è quel genio del mio vecchio, non volevo che la infastidisse, eh eh»
Per una volta non offro la mia famosa ospitalità, non so perché quei tizi li hanno attaccati, ma se anche fosse non mi va di ospitare proprio lei.
«Sei proprio un bastardo, Vegeta!» prende parola la ragazza dello scandalo, come se io e Crilin non fossimo mai stati lì, si fa spazio tra di noi con una bracciata. Fronteggia il nostro compagno con aria assassina.
«C18, non turbarti, fa male alla salute.» Non resiste a sfotterla Vegeta, fomentando la sua ira.
«Perché?»
«Cell iniziava ad annoiarmi e, alla fine, gliel’ho detto.»
Alla luce dei lampioni del giardino gli occhi azzurri di C18 tentennano di pianto. Tuttavia, il resto della sua figura è impassibile come una statua di cera. «Sei stato tu Vegeta?» Domando, sorpresa. Sapevo che i tre avevano avuto dei problemi, «Ma non ti sembra di aver esagerato?» Lo accusa anche Crilin.
«Non intrometterti, non hai idea di cosa hai combinato!» Tuona la vittima dei nostri attacchi, poi rivolto alla ragazza: «Ora hai capito con chi hai a che fare.» Le dice, in un discorso che solo loro comprendono a fondo.
«Non eri così prima!» È piena di risentimento, confusa da quel volta faccia che ha portato i suoi fratelli alla rissa. «Credevo stessi dalla nostra parte, invece ci hanno beccato in flagrante grazie a te!»
«L’unica parte da cui sto è la mia.» Il ghigno si spegne, e afferra la giovane per un braccio.
Crilin cerca di difenderla, ma guadagna solo di finire violentemente a terra con una spinta. «Fammi il piacere, levati di mezzo!» Comanda Vegeta, talmente minaccioso da terrorizzarci entrambi.
«Lasciami stare, bastardo!» Urla C18. E una luce dal piano di sopra di casa mia si accende, quella della camera dei miei.
«Ragazzi, tutto bene lì sotto?» Mio padre, dal balcone, berretto da notte in testa, esce a chiedere. Una goccia di logica, in questa rocambolesca serata, che riempie tutti di sorpresa. Ma non Vegeta, che tiene salda la presa sulla ragazza come ne andasse della sua stessa vita.
«Andiamo.» La strattona con sé fino alla macchina. Noi, attoniti, restiamo impalati a vederli andare via. 
«E adesso cosa facciamo, Bulma?»

 When routine bites hard,
And ambitions are low,
And resentment rides high,
But emotions won't grow,
And we're changing our ways, taking different roads.

 

Continua…

 

 

 Ringrazio coloro che hanno avuto la voglia di arrivare fin qui, spero di non avervi deluso. Ogni recensione sarà bene accetta, bella o brutta che sia! Spero non ci siamo errori, purtroppo finisco sempre per lasciarne qualcuno, nonostante legga e rilegga il capitolo. Alla prossima! :)

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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