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Autore: Shainareth    31/03/2015    4 recensioni
Ancora rintronata dal sonno, mi alzai lentamente a sedere e mi portai una mano al viso, stropicciandomi un occhio prima di scostarmi una ciocca di capelli dalla fronte. I gemelli si accorsero che mi ero svegliata e mi sorrisero sornioni. «Come sta, la Bella Addormentata?»
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexy, Armin, Dolcetta, Kentin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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SBRONZA




Quando riaprii gli occhi, mi parve di aver dormito un’eternità. Il cielo azzurro sopra la mia testa mi lasciò interdetta per qualche istante, ma poi, proprio quando le voci di Alexy e Armin arrivarono fino a me, nonostante parlassero piano, iniziai a fare mente locale. Era domenica e, approfittando di quella bella giornata, avevamo deciso di organizzare una sorta di picnic sotto gli alberi di una delle zone verdi della città.
   Ancora rintronata dal sonno, mi alzai lentamente a sedere e mi portai una mano al viso, stropicciandomi un occhio prima di scostarmi una ciocca di capelli dalla fronte. I gemelli si accorsero che mi ero svegliata e mi sorrisero sornioni. «Come sta, la Bella Addormentata?»
   Mugugnai infastidita, soprattutto perché mi sentivo un’idiota per essermi appisolata davanti a loro. C’era però qualcosa che non andava e, non appena lo realizzai, tornai del tutto vigile. «Dov’è Kentin?» Avevo la sua camicia addosso. Doveva avermela messa sulle spalle per non farmi prendere freddo mentre dormivo, e questo pensiero mi riempì il cuore di tenerezza. Portava ancora il suo odore.
   «È scappato con una rossa niente male», mi spiegò subito Armin, tornando a prestare attenzione alla sua consolle portatile.
   «Se fosse accaduto, Alexy gli avrebbe fatto un tackle per spezzargli le caviglie», fu la pronta risposta che gli diedi, quasi tentata di allungargli persino il dito medio. Quando l’avrebbe finita di prendermi in giro?
   Alexy s’imbronciò. «Non sono così violento.»
   «Io lo avrei fatto», gli assicurai, scrollando le spalle con noncuranza e cercando di non pormi domande su chi fra me e Kentin fosse più geloso dell’altro – nonostante, almeno in via teorica, fossimo solo buoni amici. «Piuttosto», ripresi, soffocando a stento uno sbadiglio dietro il palmo di una mano, «mi sento tutta rintronata. Quanto ho dormito?»
   Vidi i due scambiarsi una rapida occhiata. Poi, Alexy chiese: «Non ti ricordi niente?»
   «Di cosa?»
   Armin iniziò a ghignare. Mise via la consolle e si sbilanciò all’indietro, appoggiandosi ai gomiti e distendendo le gambe davanti a sé. «Hai presente i cioccolatini che abbiamo comprato stamattina, al minimarket, prima di venire qui?»
   «Beh?» lo invitai a proseguire, non capendo cosa c’entrasse quella faccenda.
   «Non ci eravamo accorti che erano al liquore.»
   Qualcosa non tornava ed io corrucciai la fronte. «Ma no, erano dei semplici cremini», obiettai, poiché ricordavo perfettamente il loro sapore dolce sciogliersi sotto al palato.
   «Al rum», mi assicurò Armin, stirando le labbra in una linea preoccupata. «Ecco perché sei crollata dal sonno, dopo.»
   Che fossi piombata in uno stato catatonico era vero, ma non ero affatto certa di aver mangiato cioccolata al liquore. «Ma davvero non ti ricordi?» insistette Alexy, fissandomi perplesso.
   «Cos’è che dovrei ricordare?» domandai, ancora dubbiosa riguardo al sapore dei cremini. Ero certa di averne mangiati diversi, eppure non rammentavo il gusto al rum. Inoltre, seriamente, esistevano dei cremini del genere?
   I gemelli si scambiarono una nuova occhiata. «Raccontaglielo tu», disse Armin.
   «Raccontarmi cosa?»
   Alexy si passò la punta della lingua sulle labbra. Sembrava indeciso sulle parole da usare, ma poi cominciò. «Per farla breve, crediamo che ti sia ubriacata.»
   «Io?!» sbottai, iniziando a ridere. Anche se fosse stata vera la storia dei cioccolatini al liquore, come diamine ci si poteva ubriacare mangiandone qualcuno? «Raccontatene un’altra», dichiarai, scettica.
   «Quindi eri lucida, quanto ti sei messa a cantare tutta la colonna sonora di Rapunzel?» volle sapere Alexy, sgranando gli occhi con espressione incredula.
   Fu più o meno la stessa che dovetti assumere io in quel momento, anche se, ad essere onesta, dentro di me mi sentivo piuttosto inorridita.
   «Tra parentesi», si sentì in diritto di aggiungere Armin, «sei stonata come un gatto messo in lavatrice.»
   «Povero micio!» commentò suo fratello, arricciando il naso, incurante del mio stato d’animo che, in quel momento, era tutt’altro che compassionevole verso qualcuno – o qualcosa – che non fosse me stessa.
   «È stato imbarazzante», insistette Armin con una smorfia infastidita. «Non ho ancora capito se Kentin se ne sia andato per questo o per quell’altra cosa.»
   Un brivido freddo mi attraversò la colonna vertebrale. «Quale altra cosa?» boccheggiai, iniziando a vergognarmi come una ladra senza neanche sapere cos’avessi combinato.
   Per la terza volta i due si lanciarono uno sguardo. Poi Armin parlò ancora, abbassando sensibilmente il tono della voce: «Ti sei tolta la maglietta e hai tentato di abusare di Kentin.»
   Il cuore mi si fermò in petto per un lungo istante ed io non capii più niente.
   «Non è stato carino da parte tua, farlo proprio davanti a me», borbottò Alexy, incrociando le braccia al petto con aria risentita. «Meno male che lui è un gentiluomo e ti ha subito rimessa al tuo posto. Ti ha persino dato la sua camicia per coprire le tue nudità.»
   La camicia ce l’avevo davvero indosso e, istintivamente, me la strinsi al petto come se fossi stata ancora in déshabillé. Non osai immaginare di che colore fosse ormai diventato il mio viso, con tutto il sangue che sentivo affluire sulle guance.
   Non potevo davvero aver fatto una cosa del genere, sarebbe stato orribile. Provai ad immaginare me stessa mentre mi comportavo come una di quelle ragazzacce da due soldi che, pur di soddisfare i propri capricci o, più semplicemente, il proprio ego, cercano di sedurre il primo bel ragazzo che si trovano sotto al naso; il risultato fu disastroso, anche perché ero ben consapevole di non avere alcun sex appeal e di essere goffa come poche persone al mondo.
   Kentin era andato via per quello? Perché mi ero dimostrata una poco di buono? Avevo distrutto l’immagine che si era costruito di me in tutti quegli anni? Avevo ferito i suoi sentimenti? Avevo infranto la sua sensibilità, smanettandolo dove non avrei dovuto? Per di più davanti ai gemelli, Dio santissimo.
   «Ehi, ti sei svegliata?»
   La sua voce mi fece letteralmente saltare per aria ed io lanciai un urletto decisamente ridicolo. Mi volsi a guardarlo mentre ci raggiungeva con pochi passi e si lasciava cadere a sedere a gambe incrociate accanto a noi. Tra le braccia, delle bibite appena comprate.
   Notando la mia espressione, aggrottò le sopracciglia castane e mi domandò: «Tutto bene?»
   Non saprei dire se fossi più pallida per lo spavento o più rossa per la vergogna, ma stava di fatto che mi sentivo quasi sull’orlo delle lacrime: nonostante tutto quello che avevo combinato, Kentin fingeva che non fosse accaduto nulla, preferendo dimenticare piuttosto che infierire sul mio povero cuore.
   «Mi… Mi dispiace…» annaspai, non sapendo bene dove nascondere la faccia. Optai per il colletto della sua camicia, che ancora avevo sulle spalle.
   La piega sulla sua fronte si fece più marcata. «Per cosa?»
   Spauriti, i miei occhi saettarono verso Armin e Alexy, intenti a mordersi le labbra per non scoppiare a ridere. Fu allora che compresi. «Andate all’inferno, idioti!» soffiai, non sapendo bene se provare un senso di sollievo al pensiero che mi avessero raccontato una marea di balle o se, piuttosto, un vago istinto omicida nei loro confronti per il medesimo motivo.
   Entrambi si lasciarono finalmente andare all’ilarità e Kentin inarcò le sopracciglia, cercando di capire cosa si fosse perso durante la sua assenza. «Mi allontano per comprare da bere e vi ritrovo ad azzuffarvi come bambini?» commentò, indeciso se ridere con i gemelli o meno. «Che è successo?»
   «Chiedilo a lei», rispose Alexy, poiché Armin aveva lasciato la presa sui gomiti e si era disteso del tutto sull’erba, come se avesse avuto bisogno di una posizione più comoda per sfogare tutto il divertimento che lo scuoteva da capo a piedi.
   Sempre più confuso, Kentin tornò a guardarmi ed io gli assicurai: «Prima o poi strapperò loro il cuore dal petto.»
   «Fico!» ebbe il fegato di commentare Armin, tornando a sedere all’istante. «Come Kano di Mortal Kombat
   Gli buttai appresso una scarpa, che neanche lo centrò e per poco non colpì l’albero alle sue spalle. Gli altri risero, io uggiolai, fra rabbia e frustrazione, per non essere riuscita a beccare quel disgraziato fra gli occhi.
   «Di qualunque cosa si tratti», intervenne a quel punto Kentin, passandomi una lattina di tè per consolarmi, «non dar retta a questi due scemi. Lo sai come sono fatti.»
   Lo sapevo eccome. Ecco perché, più che con loro, era con me stessa che ero arrabbiata: come diavolo mi era saltato in testa di credere a tutte le loro stupidaggini?!
   «Giusto», convenne Alexy, allungando una mano per avere la sua bibita. «Non darci retta se ti diciamo che, mentre eri via, la nostra cara amichetta ci ha confidato di avere una cotta megagalattica per Castiel.»
   A quelle parole, Kentin arrestò la propria azione a metà e ritirò il braccio con cui stava per accontentare la tacita richiesta dell’amico, preferendo piuttosto scuotere con forza il polso per aumentare la pressione di anidride carbonica all’interno della lattina. «To’», sbottò poi, lanciandogliela appresso. «Spero che, aprendola, ti centri in un occhio.»












Adoro scrivere di questi quattro imbecilli. ♥
Grazie a tutti i lettori, alla prossima e buona giornata! :*
Shainareth





  
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