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Autore: bulmasanzo    31/03/2015    2 recensioni
Questo è ciò che succede se in una notte d'estate una fanwriter decide di non seguire più la trama.
Extra de: La 'meravigliosa' avventura.
Raccolta di one shot, tutte rigorosamente prive di un finale.
Possibilità di nonsense e di cross over.
Genere: Commedia, Fluff, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Daisy, Luigi, Mario, Peach, Rosalinda
Note: Cross-over, Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Se c'è qualcosa che vuoi ottenere, la prima cosa da fare è vincere la tua paura e buttarti nell'azione, senza stare a pensarci troppo.
Dio sa quanto possa essere pericoloso mettersi a pensare. Non farà altro che farti valutare i rischi e, credimi, ti verranno in mente un milione di obiezioni che avranno l'effetto di disincentivarti, facendoti diventare troppo prudente. E così troverai un'ottima idea non fare più niente. Evitare, lasciar passare l'occasione della tua vita senza coglierla.
Non vivrai, resterai fermo.
A volte hai solo bisogno di non pensare.


Il nostro amico Wolley ha scoperto di avere questo piccolo problema, che si spaventa di quello che ha capito di provare. Ma, soprattutto, si spaventa di quello che ha capito di non provare.
Guarda la sua ragazza, quella che dovrebbe salire sull'altare insieme a lui. Quella che lui dovrebbe avere il compito di proteggere.
È indubbiamente una bella ragazza, intelligente, raffinatadolcevabbèperfetta... e santo cielo se è in gamba!
Ma nonostante tutto questo, capisce che lui, semplicemente, non la ama. E questo gli dispiace.

Gli dispiace sul serio.
Ma il loro non è un rapporto normale, non lo è mai stato.
Il loro incontro e il loro conseguente fidanzamento non sono avvenuti in modo 'naturale'.
Li hanno presentati ed era già tutto fatto. Nessun romantico primo appuntamento sotto le stelle, nessun imbarazzante primo bacio, nessuna commovente proposta con annessi classico inginocchiamento, presentazione di anello con brillante, promessa di amore eterno, lacrimuccia e urlo di felicità.
Nulla di tutto ciò.
Era già tutto deciso. E non da loro.
"Questa è la figlia di un mio importante collega, tu la sposerai."
Fine. Il tono era stato asciutto e risoluto. Nessuna spiegazione, nessuna possibilità di rifiutare.
Era solo un ragazzino, praticamente un bambino, quando s'è sentito rivolgere questa sentenza da suo padre (ma poi, chi dovrebbe essere suo padre?).
Era ancora nella fase in cui tutte le femmine sono gne gne. Piagnucolose, brutte e stupide, poco interessanti.
Tutti i maschietti pensano questo delle ragazze finché non hanno compiuto i quattordici anni... rari sono i casi in cui smettono di pensarlo ancora prima.
Dopo, i loro ormoni impazziscono, la loro voce diventa più grave, i loro pensieri iniziano a pervertirsi, poi gli crescono i genitali, a qualcuno i peli, e quelle che un tempo erano delle racchie che perfino le sorellastre di Cenerentola ne riderebbero si trasformano improvvisamente in gnocche stratosferiche che sconvolgono loro i sensi.
Si insinuano nella loro testa e diventano una ossessione. Perfino le più insignificanti.

Se non c'è il bel viso, c'è il seno. Se non c'è il seno, c'è quello che a tutte comunque non manca.
Si credeva, e lo stesso Wolley era portato a credere, che questo cambiamento di opinione sulla sua compagna di merendine sarebbe accaduto anche a lui.
Aveva acconsentito a quel matrimonio solo perché era sempre stato abituato a obbedire ai genitori, come un qualsiasi bravo figlio avrebbe fatto.
C'è da dire che Kinopio, inoltre, non era poi così gne gne.
Aveva la capoccia rosata, d'accordo, e dei grandi e languidi occhioni da cucciolo, ovviamente. Ma non teneva i capelli lunghi come le altre sue amiche, non metteva mai le gonne e giocava a pallone, si sbucciava volentieri le ginocchia senza poi stare a frignare eccessivamente.
Non era una di quelle ragazze troppo delicate, ma non si poteva nemmeno dire che fosse un maschiaccio. Manteneva sempre una parvenza di femminilità in tutto ciò che faceva.
Le piacevano sia le bambole che i pupazzetti dei dinosauri, le macchinine e i peluche morbidosi, le disgustose figurine degli Sgorbions e gli zuccherosi unicorni magici che corrono sugli arcobaleni, serviva il tè ai supereroi di cui divorava i fumetti, fantasticava sul principe azzurro dopo aver ascoltato le favole della buonanotte e poi voleva essere sempre il Power Ranger rosso, ché era il più potente di tutti.
In realtà, Wolley si trovava benissimo a giocare con lei, trovavano sempre un compromesso.

E poi nemmeno a lui dispiacevano certe robe da bambina, né disdegnava di dover interpretare il Power Ranger rosa.
Anzi, a volte crede che sia stato questo uno dei motivi per cui gli si sono confuse un po' le idee.
Beh, come avrete capito, i due erano più o meno cresciuti insieme.
Almeno avevano dato loro la possibilità di innamorarsi sul serio.
Ma mentre si avviavano separatamente verso la pubertà, lei trovava la sua identità di donna, iniziava a truccarsi, a portare i tacchi alti, a telefonare e a telefonare e a telefonare e ad amare la prospettiva di dover prendere lo stesso cognome della famiglia di Wolley, nel frattempo lui...
Lui si sentiva sempre meno attratto da lei.
Ma non perché fosse lei.
In generale, il fascino irresistibile che le donne esercitavano sui suoi amici su di lui non aveva presa.
Aveva finito la scuola dell'obbligo a pieni voti, frequentava l'università privata costosissima in cui i suoi ricchi genitori lo avevano mandato, studiando scienze naturali, e nel contempo erano iniziati gli anni di attivismo -che ancora non si può dire che si siano conclusi- insieme al corrispettivo micotico di Greenpeace.
Era partito con l'utopico desiderio di salvare le specie a rischio e lì, lontano da Kinopio, dalla vita mondana e soprattutto dalla sua oppressiva famiglia che naturalmente era contro di lui, aveva conosciuto altri soggetti con cui si era divertito e allegramente ubriacato, salvo poi ritrovarsi, incredibilmente, a desiderare i suoi stessi compagni di lotta.
I maschi, proprio così. Ne era rimasto sorpreso? Non esattamente.
Quando era tornato e aveva rivisto Kinopio si era sentito sporco perché l'aveva tradita. Dopotutto, il loro matrimonio non era mica stato annullato! Erano ancora impegnati.
E lui si era fatto prendere da qualcun altro. La parola 'prendere' è quanto mai appropriata, in questo caso, in tutti i sensi.
Eppure era stato perdonato. Pazzesco!
Yvan era arrivato dopo.
Un fulmine a ciel sereno, e quelli che volevano fargli passare come dei problemi mentali, come una malattia da cui guarire, erano scomparsi e si erano tramutati in una sconvolgente certezza.
Lui era una delle innumerevoli guardie della principessa, si erano incontrati durante una delle sue manifestazioni contro il maltrattamento degli animali e le pellicce che, sfortunatamente, si era risolta in una repressione.
Avevano fatto troppo rumore e adesso la polizia stava soltanto facendo il suo lavoro.
Essendo dopotutto di buona famiglia e temendo il carcere, Wolley stava fuggendo, come gli altri, per evitare di farsi arrestare, cosa che era già successa a un paio dei suoi amici.
Yvan non era nemmeno in servizio in quel momento, ma lo aveva inseguito.
Correva più veloce che poteva, con quelle gambette gli veniva più comodo saltellare. Ma poi si era disgraziatamente infilato in un vicolo cieco.
Al che, la sua unica arma era stata la supplica.
Yvan, che avrebbe inizialmente conosciuto nient'altro che come l'agente Bucken-Berry, lo aveva dispregiativamente chiamato "fricchettone", ma forse era rimasto impietosito da lui e non solo non lo aveva arrestato, ma aveva anche deciso di riaccompagnarlo a casa, senza risparmiargli un accorato ammonimento.
Wolley inizialmente aveva creduto che lo avesse fatto solo perché lo aveva riconosciuto come il figlio di mr Ala Gold, che era un imprenditore importante in ottimi rapporti con il re, ma poi aveva appreso che non era così. Yvan era stato sinceramente sorpreso quando lui gli aveva rivelato la sua identità.
Già lì, era rimasto colpito da lui in qualche modo, lo aveva trovato rude, interessante eppure molto, molto gentile. E poi, a dirla tutta, si era anche lasciato affascinare dalla sua divisa.
Per quale motivo, quindi, lo aveva lasciato andare?
Aveva cercato la risposta a tale questione sul fondo di una bottiglia di deliziosa cachaca.
Poi si erano rivisti in diverse occasioni.

Yvan frequentava abitualmente la chiesa della Triforza, Wolley lo aspettava di fuori pazientando per tutta la funzione per coglierlo in quei fugaci momenti di vulnerabilità.

Adesso che si erano conosciuti, la faccia di Yvan spiccava sempre in mezzo a quella delle altre guardie, quando era di servizio presso il castello.
Anche se era un ambientalista convinto, Wolley era comunque un membro di quella parte di società che viene indicata come 'la bene'.
Si sorridevano, senza ragione.
Si scambiavano anche qualche parola, soprattutto quando Yvan era in pausa. Convenevoli, per lo più.
Si facevano simpatia a vicenda. E non sarebbero potuti essere più diversi.
Yvan, diversamente da lui, veniva da una condizione piuttosto umile, aveva completato gli studi obbligatori alla scuola pubblica, ma non aveva frequentato l'università perché non poteva permettersela, viveva nella periferia, in una zona che non era ben vista.
Ed era da solo, non aveva famiglia, si era arruolato nell'esercito perché sperava di combinare qualcosa di buono.
Tanti, troppi delle sue parti erano finiti nei guai con la legge. Se non fosse stato attento, ci sarebbe finito pure lui.
Lui voleva essere diverso da quelli, aspirava a qualche cosa di migliore, così era diventato uno sbirro.
Poi, pian pianino, era salito di grado.
Forse siete un po' confusi. Nel Regno dei Funghi non c'è molta distinzione tra esercito, polizia, carabinieri e guardie reali, sono tutti quanti forze dell'ordine che collaborano per mantenere la tranquillità e la pace.

Lo so, è un po' un controsenso cercare la pace tramite le forze armate, ma vi devo ricordare quell'articolo della nostra Costituzione che riporta che ripudiamo la guerra, eppure continuiamo ad avere un esercito anche noi? Non è poi così diverso dallo scrivere che il fumo uccide nei pacchetti di sigarette e poi venderli.
Ma non divaghiamo. Dicevo che tra loro si era creata una strana complicità. A volte addirittura si aspettavano e andavano a fare uno spuntino insieme.
Anche Wolley aveva un lavoretto, diciamo, ovviamente nell'azienda di famiglia. Essendo il figlio del capo, però, aveva lo sfacciato privilegio di andarsene quando voleva e lui faceva appunto in modo di uscire agli stessi orari di Yvan.
Tanto per scherzare, dicendogli che avrebbero dovuto smettere di incontrarsi in quel modo.
Yvan si dimostrava sempre contento di incontrarlo. Diventarono amici in pochissimo tempo, ma naturalmente, questa amicizia non andava da nessuna parte.
Wolley era sempre fidanzato.
E soffriva per questa situazione e purtroppo si ritrovava spesso a bere molto più di quanto fosse abituato. Dannati vecchi vizi di merda.
Non aveva realizzato di essere innamorato di Yvan finché lui non lo aveva salvato.
Tutto era accaduto in una sera come le altre in cui Wolley doveva portar fuori Kinopio. Perché non aveva ancora trovato il coraggio di lasciarla e cercava il momento giusto per farlo. E pensava che forse forse avrebbe potuto farlo sembrare meno una pugnalata dopo che avessero passato una bella serata nel locale più costoso e sfarzoso di tutto il Regno dei Funghi, con la vista mozzafiato che dava direttamente sul castello. Per dimostrarle almeno che tenesse a lei come amica.
Ma quella sera non sarebbe successo.
I rapinatori si erano appostati dietro il ristorante e li avevano fermati prima che entrassero.
Non erano dei dilettanti, avevano scelto con cura la loro vittima. Due ragazzi toad ricchi che sicuramente avevano le tasche piene di contanti da sperperare.
In verità li seguivano da qualche giorno, ma erano stati talmente discreti che loro non se ne erano accorti.
Uno dei tre aveva trattenuto la ragazza, mentre gli altri due intimavano a Wolley di consegnare loro tutto quello che aveva.
Wolley aveva fatto resistenza e si era difeso a dire il vero egregiamente, ma in tre contro uno, per di più tre esseri umani contro un toad, non c'era stata partita.
Lo avevano iniziato a riempire di botte del tutto gratuite.
Kinopio aveva strillato e Yvan, che guarda caso tornava giusto allora dal suo turno al castello, l'aveva sentita ed era intervenuto.
Wolley era in ginocchio con le labbra spaccate sanguinanti e il gilet strappato.
Yvan aveva puntato la pistola di ordinanza contro i malviventi ed era riuscito a metterli in fuga, poi si era prestato a dare aiuto ai due sventurati.
Quando Wolley, smaltito il terrore e il dolore, lo aveva riconosciuto, non aveva potuto fare a meno di pensare che fosse destino.
Gli era rimasta addosso l'inquietudine, com'era possibile che le loro strade si fossero nuovamente incrociate?
E così, torniamo all'inizio della storia e vediamo quindi Wolley che -è sobrio, tranquilli- sta raccogliendo il coraggio per decidersi finalmente a lasciare Kinopio.

È bizzarro e forse anche un po' crudele da dire in questo modo, ma è così.
Ecco il discorso che si è preparato a esporle:


«Per tutta la vita ci siamo sentiti dire che eravamo destinati a sposarci, era stato deciso senza il nostro consenso e sono stati così subdoli a cacciarcelo nella mente che noi stessi l'abbiamo vista sempre come una questione naturale e non abbiamo capito che era soltanto una imposizione.

Il problema è che adesso siamo cresciuti, vediamo le cose in modo diverso e so che anche tu sei cambiata e maturata.

Io ti voglio bene, un bene dell'anima, credimi, ma non ti ho mai vista in altro modo se non come una sorella. Una cara, carissima sorella. Ma come posso sposare mia sorella?

Tu stessa non lo trovi strano? Non lo trovi anche sbagliato? Non pensi che dovremmo scegliere liberamente con chi stare? Non credi che dovremmo ribellarci e decidere con la nostra testa? »


...Sicuramente, facendola ragionare in questi semplici termini, anche lei capirà che è tutta una follia, si ripete.
Poi spiegheranno ai loro genitori che vogliono restare solo amici, loro lo capiranno e tutto andrà per il meglio. Wolley è fiducioso, ma si accorge che non gli vengono le parole.
Forse un cicchetto di cachaca lo aiuterebbe, ma no, non deve pensarci, deve essere limpido mentre parla.
"Kino, devo dirti una cosa, è importante e riguarda noi due..." incomincia e si blocca.
Lei è tutta infiocchettata e colorata, indossa un abito gioioso, non si aspetta la mazzata. Ma quando lui esordisce in questo tono grave, la sua felicità si congela e i suoi occhi si spalancano. E tutti i dubbi che negli anni ha segretamente covato su di lui e che si è sforzata di reprimere e dimenticare rispuntano più vivi di quanto siano mai stati prima.
"Non credo che sposarci sia una buona idea." si accinge a continuare Wolley, intimorito da quello sguardo "Cioè, è stata una cosa che ci hanno imposto, ma non l'abbiamo scelta noi e..." si va un po' impappinando, di solito non è così nervoso, ma oggi si dimentica molte delle parole che doveva dirle ed è costretto a improvvisare "E... e non è giusto, noi dovremmo essere liberi... Io comunque ti voglio bene, ma tu sei mia sorella."
Kinopio solleva le labbra mostrando i dentini, come un cane che vuole ringhiare al pericolo.
"Perché stai improvvisamente dicendo tutte queste cose?" alza la voce, carica di incredulità rabbiosa "Fino a ieri ti andava bene!"
"Veramente è da molto tempo che ho capito... che non mi va bene. " balbetta lui.
"Da molto tempo! " ripete la ragazza "Precisamente da quanto?“
“Da quando sono partito." cerca di ricordare, in effetti a essere sinceri, sarebbe da ancora prima. Da quando ha incominciato a sentirsi sbagliato.
"Hai un'altra?" butta lì lei.
"No!" urla lui spaventato "Non c'è nessun'altra!"
"Allora cos'è, sei gay?"
Wolley se ne sta zitto.
Kinopio continua a guardarlo arrabbiata. Poi i suoi occhi si sgranano e si vanno a perdere nel vuoto.
"Oh, cavolo. Sei sul serio gay!" dice, il tono è sempre stupito ma, in un certo senso, rassegnato "Io lo sapevo. Forse lo sapevo ancora prima che lo capissi tu stesso. Avevo sempre avuto questa impressione... tu eri strano, eri distante e alcune delle cose che dicevi... che facevi... gli atteggiamenti..." non va avanti, lascia cadere il discorso come se ne fosse troppo sopraffatta.
Wolley respira a fondo. "Mi dispiace di averti delusa." afferma, tristemente e sinceramente.
Kinopio batte le palpebre un po' di volte di seguito. Le lacrime iniziano ad affacciarsi, ma non vuole piangere.
Si volterebbe e scapperebbe via ma resta impietrita.
Al che Wolley la abbraccia di slancio. Lei non si divincola, resta immobile.
"Ti voglio bene, mi dispiace, mi dispiace tanto. " urla Wolley piangendo a propria volta "Sei e sarai sempre e comunque una delle persone più importanti della mia vita, spero che mi perdonerai e che potremo restare amici. Continuo a tenerci tantissimo a te, ma non posso, non posso... sarebbe una forzatura, non la reggerei... "
Il corpo di Kinopio di colpo si indurisce, diventa di pietra. Le lacrime che scorrono sulle guance si fermano, il cuore rallenta. È arrabbiata. Ma non sa resistere. Ci prova.
Poi la ragazza si scioglie. Abbraccia Wolley a propria volta riconoscendo la sincerità di quell'affetto.
"Non è colpa tua, in fondo. Anche se mi ferisce, hai ragione tu, è meglio mettere subito le cose in chiaro. Dico, non vorrei mai sposarmi se sapessi che poi non sarei felice... "
I due toad restano abbracciati per un po', poi si staccano, si guardano e trovano la forza di mettersi a ridere tra le lacrime.
La loro amicizia non finirà per questo, anzi se possibile si rinforzerà ancora di più.
Purtroppo, però, stiamo per affacciarci sull'orlo di un terribile disagio che finora non ha fatto altro che crescere. Questo rafforzamento infatti dovrà passare di nuovo attraverso la solita cachaca.

Maledetta!
"Adesso però voglio saperlo. Sei innamorato di qualcuno, Wolley?“ chiede Kinopio, sotto il suo effetto.
A Wolley torna in mente proprio questa domanda così semplice, mentre si ripromette di non darsi dei buoni consigli e, spronato dagli innumerevoli cicchetti che si è vergognosamente scolato, si arrampica lungo il muro della caserma, che non è molto alto e non del tutto liscio, ha delle sporgenze che gli permettono di salirvi su anche piuttosto rapidamente. In cima c'è del filo spinato per tener lontani gli assassini.
Ma le cesoie che usa durante le sue effrazioni a scopo di protesta lo tagliano prontamente.
Dall'altra parte c'è un salto piuttosto altino e il nostro eroe, anche se è decisamente ubriaco, si ricorda di colpo che soffre di vertigini.
Sta raccogliendo il coraggio quando una voce lo fa trasalire mentre la luce di una torcia elettrica lo acceca.
"Chi va là?"
Il funghetto giallo è molto spaventato e si rannicchia tutto, dei cani iniziano ad abbaiargli contro furiosamente, saltando per cercare di raggiungerlo e morsicargli le carni.
I loro versi feriscono le orecchie, l'alcol fa davvero rimbombare tutto, è come se si trovasse sul fondo di una galleria immensa in compagnia dell'eco.

Ciao, cara Eco, vuoi farmi compagnia? Beviamoci una cosa insieme.
"Buoni, buoni." li placa una voce autoritaria, poi torna a rivolgerglisi "Tu cosa ci fai lassù? Scendi subito!“
Wolley ha un ripensamento. Fa per riscavalcare tornandosene da dov'è venuto, ma la paura e la mancanza di riflessi lo fanno inciampare.
Fortunatamente precipita dal lato interno, finendo dritto tra le braccia della guardia.
"Che razza di diavolo di bravata stavi cercando di combinare, eh?" gli domanda in tono minaccioso questi.
Wolley sente e vede tutto come attraverso un vetro, ma pensa di avere il diritto di restare in silenzio.

Se parlassi ora l'Eco mi farebbe sembrare ridicolo.
"Che sta succedendo? Lascialo, lo conosco questo, ci penso io."
Wolley si rende conto che a parlare è stato proprio Yvan e tira un sospirone.
Viene rimesso in piedi mentre il collega conduce via i cani perplesso, Yvan gli fa segno di avere tutto sotto controllo.
"Hai problemi con le porte? " gli fa poi.
"Volevo vederti." tenta di scusarsi lui.
"Puah, ma quanto hai bevuto?" arriccia il naso con disgusto nel percepire il suo alito pesante "Non è che perché sei un riccone e mi conosci, puoi fare tutto quello che ti pare! Ti potrei arrestare, anzi dovrei farlo, stupido fricchettone."
"Dovevo parlarti." continua, reso incerto a causa dell'uso inaspettato di quell'appellativo, ma viene zittito.
"Stammi a sentire, ti ho lasciato in pace la prima volta perché sono generoso, ma devi smettere di comportarti da stupido. Hai vent'anni, sei giovane, sei di buona famiglia. Non rovinarti, non fare queste cazzate. Hai la minima idea di quanti idioti come te si siano rovinati? E per cosa poi, per noia?" Yvan sembra decisamente focoso in questo momento "Te ne avevo parlato, io vengo da una zona in cui è quasi impossibile non mettersi nei guai, ma voi che lo potete evitare, voi... riccastri benestanti avete tutto e non siete mai contenti... "
"QUESTO NON HA NIENTE A CHE VEDERE CON LA MIA POSIZIONE SOCIALE!“ urla Wolley a pieni polmoni.

Ahi, cazzo, Eco, sta' un po' zitta!
Yvan tace di colpo, impressionato da quanto la sua voce sia diventata stridula.
"Scusa." si pente di aver strillato "Ero venuto a parlarti di tutt'altro."
Arrossisce di vergogna, il respiro gli si accorcia, i fumi dell'alcol lo tradiscono e gli viene un capogiro.
Yvan lo sostiene. Si accorge di quanto si sia agitato. Lo fa sedere.
Qualcuno accorre, allarmato dalle urla, ma lui li respinge ripetendo ancora che tutto è a posto.
Wolley ci vede doppio. "Ti faccio pietà in questo momento, non è così?"
"Ragazzo, smaltisci la sbornia e tornatene a casa..."
"La voglio abbandonare, la mia casa!" esclama angosciato "Non ci voglio tornare. Ho troppa paura."
"Ma perché?"
"Perché l'ho lasciata, e mio padre non me lo perdonerà mai che l'ho lasciata!"
A Yvan si formano dei punti interrogativi sopra la capoccia.
"Kinopio! È lei che ho lasciato!" urla Wolley afferrando in un impeto la camicia di Yvan e piantandogli addosso le palle degli occhi "È una cara, carissima ragazza, Dio sa quanto avrei voluto ricambiare il suo amore. È così gentile, è così brava, così comprensiva, ma si merita qualcuno che la ami davvero e quel qualcuno non sono io!"
"Ti sei ridotto così perché ti senti in colpa." dice Yvan in un tono neutro, come se volesse fare chiarezza.
"No. Perché sono innamorato di te! Ed è sbagliato, assurdo, perché tu... tu sei un soldato e io sono un pacifista. Tu vivi ogni giorno nello scontro e nella repressione e io invece sono contrario a questo e cerco la pace e l'armonia del mondo. E tu non mi amerai mai, come io non amerò mai lei!"
Sputata così la sua dichiarazione, nel peggior modo possibile, Wolley si piega in due e butta fuori per terra, rumorosamente, tutto l'eccesso d'alcol che ha ingurgitato nel corso di questa serata maledetta. E l'eco che intanto gli batte sulla testa un colpo di padella.
Si disidrata al punto che a un certo momento perde conoscenza.
Si riprende mentre è già bello impacchettato dentro l'ambulanza.
Il fungo blu è seduto accanto a lui ma è girato, non lo guarda. Sembra decisamente seccato.
Wolley si sorprende a scrutare attentamente il suo profilo, lo sguardo fisso, concentrato degli occhi serrati quasi ridotti a fessura.
È confuso, non capisce cosa succeda, si domanda dove diavolo si trovi.
"Yvan..." biascica incerto.
"Zitto." sibila lui senza muoversi.
E Wolley zitto rimane mentre lo portano in ospedale, gli fanno degli esami e poi lo tranquillizzano dicendogli che ha semplicemente esagerato con la cachaca. Cattivo, cattivo ragazzo.
Sul lettino che deve apprestarsi a lasciare a qualcuno che ne potrebbe avere un bisogno maggiore, Wolley cerca di schiarirsi le idee ma non ce la fa per colpa di questo fastidioso mal di testa. L'Eco l'ha sistemato per bene.
Ricorda di aver alzato i bicchierini e aver brindato con la ragazza che aveva appena lasciato.
Poi ha un vuoto, non si ricorda di aver raggiunto la caserma né di aver trovato un'ottima idea scavalcarne il muro per andare a cercare lì dentro il fungo dei suoi sogni.
Yvan avanza a passi lenti nella stanza.
"Che cosa è successo?" gli chiede "Non ricordo nulla, ho la testa che mi scoppia."
L'altro si avvicina ancora di più.
Con uno scatto serpentino la sua mano va ad acchiapparlo per il colletto della maglietta proiettandolo contro di sé.
"Tu hai un problema." dice.
"Non è vero." si difende lui.
"Il primo passo per risolvere un problema è quello di ammetterlo."
"Ma io non ho nessun problema." ribadisce Wolley ottusamente.
"Così non ti aiuti." lo lascia andare e si volta "Chiamerò i tuoi e spiegherò loro che hai bisogno di andare in una comunità..."
"Piuttosto preferirei che mi mandassi in carcere!“ esclama lui risolutamente.
Allora Yvan si arrabbia e lo insulta: "Tu sei un idiota, non sai quello che dici. In carcere quelli come te se li mangiano."
"Sono certo di non avere nessun problema... e se ce l'ho, posso gestirlo da me."
"E come?" fa il soldato, sarcastico.
"Con la cazzo di FORZA DI VOLONTÀ!“
Avendo gridato più di quanto avrebbe saputo sopportare, la testa di Wolley decide di scoppiare sul serio.
Vedendolo così miseramente in difficoltà, Yvan gli afferra la faccia.
"Lasciati aiutare." addolcisce il tono. I loro nasi quasi si sfiorano e Wolley si pente di tutto.
Ricorda improvvisamente di avergli confessato di essere innamorato di lui.
Ma quando glielo ha detto? E lui che cosa ne pensa?
Gli viene voglia di piangere di nuovo e Yvan lo lascia un po' da solo, imbarazzato.
Non chiamerà i suoi. Non lo manderà in comunità.
E Wolley terrà fede a quello che ha detto, lotterà da sé contro le cattive abitudini fino ad abbandonarle completamente, affronterà suo padre

(ma chi è suo padre?)

e questi lo ripudierà.
"Ma sai cosa? È una liberazione." dice a Yvan.

Anche se sa di mentire.
È passato un anno e, con leggerezza, i due toad si sono infine avvicinati.
Non è stato facile né immediato, ma in questo processo ha contato molto l'evoluzione di Wolley, da cui Yvan è rimasto veramente colpito.
Adesso è decisamente più sicuro di sé, ha respinto la depressione e il senso di inadeguatezza nei confronti del resto del mondo che minacciavano di ghermirlo, è allegro, sprizza simpatia da tutte le spore ed è capace di coinvolgere gli altri con la sua irrefrenabile gioia di vivere.
Si è finalmente accettato per ciò che è, vive in pace con se stesso.
Non è più quello che doveva essere, è quello che vuole essere.
È sempre imbranatello, ma riesce ad annullare il senso negativo del suo carattere con la sua irresistibile dolcezza.
E avrebbe avuto tutte le ragioni per buttarsi giù, ma non lo ha fatto.
Lo sente ridere di più, molto di più.
Come poteva non arrivare a ricambiarlo?
Il giorno in cui si sono scambiati il primo bacio c'è stato seriamente da commuoversi.
Il padre di Wolley, per ripicca, lo aveva licenziato e pure costretto a lasciare gli studi all'università privata.
Non con i miei soldi! aveva esclamato. E poi perfino l'aveva cacciato di casa.
Wolley era rimasto un po' triste per questo, non perché si fosse ritrovato di colpo al verde dopo una vita di lussi, ma perché aveva seriamente sperato che suo padre lo capisse, che lo accettasse. Che gli dicesse che dopotutto restava sempre suo figlio.
Invece si era sentito dare della 'checca irresponsabile che non ragiona' e dire che non capiva quello che gli altri fanno per lui, di essere un ingrato, uno stupido, di star buttando via la propria vita.
Aveva detto ancora qualcos'altro, ma lui a quel punto aveva sbattuto la porta di casa e, masticando rabbia, si era andato a rifugiare alla caserma (stavolta però era passato dalla porta).
E Yvan ha trovato il modo di consolarlo. Lo ha accolto in casa propria, oltre che nel suo letto.
Ha fatto la promessa che cercherà di aiutarlo sempre, in qualsiasi frangente, in qualsiasi situazione, e farà di tutto per tenervi fede.
Vi chiederete, perché?
In verità, se glielo domandaste, nemmeno lui saprebbe bene come rispondervi.
Voi sapreste spiegare perché vi piace quello che vi piace? Perché sono giuste le cose che sono giuste? Perché sono belle le cose che sono belle?
Forse ci potreste provare. Una cosa è bella perché è piacevole da vedere, ma perché l'occhio vi si adagia su, se ne nutre, se ne innamora, non vorrebbe guardare nient'altro, ma a tutto questo non si può trovare una spiegazione, è così e basta. Non facciamoci venire il mal di testa.
A volte bisogna semplicemente credere a ciò che ci viene detto senza farsi domande.
Come già saprete, in seguito a tutto questo, abbiamo avuto il rapimento della principessa che ha portato i nostri due micotici amici ad affrontare un'avventura che mai si sarebbero aspettati di dover vivere insieme ai fratelli Mario. Quella storia ve l'ho già raccontata.

Ed eccoci infine qui, dove ci eravamo lasciati. Fuori dal castello di Bowser, alla fine del viaggio durante il quale si sono inseguiti a vicenda, un viaggio che in fin dei conti non era necessario, ma ha che comunque contribuito a rinsaldare ancora di più il legame indissolubile che già s'era creato tra loro.

Wolley si è intristito. Aveva intravisto nella missione di recupero della principessa quella grande occasione di riscatto, quella che ti capita solo una volta e che ti cambia la vita, e che può far cambiare agli altri l'idea sbagliata che si sono sempre fatti di te.

Aveva veramente creduto di poter far qualcosa di memorabile, far del bene a qualcuno e nel contempo riuscire a dimostrare il proprio valore, ma Mario, avendo portato lui materialmente fuori la principessa, si è involontariamente preso la fetta più grossa di gloria.

Sa bene che non lo ha fatto di proposito, ma aveva avuto la sfortuna di crederci fino alla fine e adesso la delusione è gigantesca.

Yvan lo sta giustamente consolando e gli fa notare che la cosa più importante di tutte è che la ragazza abbia alfine ritrovato la sua libertà.

Ma Wolley pensa, nonostante tutto, ancora a suo padre, rammaricandosi di non avergli potuto dimostrare chi lui sia davvero.

Non che si aspetti o che gli importi di essere reintegrato nel suo testamento, vorrebbe soltanto riappacificarsi con la famiglia che, nonostante gli screzi, gli insulti e il disprezzo, si è accorto che gli manca.

Ma cerca di convincersi che in fondo sia sempre stato impossibile.

"È da un bel pezzo che ci penso, avrei voglia di cambiare aria." butta là mentre camminano mano nella mano, osservando il punto in cui Mario e Peach sono spariti, allontanandosi a cavallo di Yoshi.

Yvan passa il pollice sul dorso della mano che gli stringe.

"E dov'è che vorresti andare?“ gli chiede sospirando. In realtà se lo aspettava.

"Da qualsiasi parte, ovunque." replica Wolley scrollando le spalle "In un qualsiasi posto in cui possiamo ricominciare tutto da capo. Anzi..." si ferma di botto "Perché non partiamo adesso? Dico proprio adesso, subito, nel senso immediato del termine! Qua abbiamo finito, che cosa ci trattiene ancora? “

Yvan piega di lato il capoccione “Non hai voglia andare a vedere i festeggiamenti?"

"Tanto non sono per noi."

Non sa di sbagliarsi, ma è una scusa.

Yvan resta in silenzio per un po', assorto. Non ribatte, non protesta, ma sorride. Avvicina la mano sinistra al viso dell'altro in un buffetto tenero, guardando le proprie dita paffute sulle quali Wolley appoggia la guancia.

Non pensate che sia una specie di miracolo che dei funghi abbiano le dita, tutte le cinque dita degli umani? E non pensate anche voi che siano un po' troppo nude, queste dita?

Il laborioso cervello di Yvan sta formulando un pensiero nuovo, un pensiero di evoluzione, un pensiero che manda in tilt la sua capacità di ragionamento. Lo aveva già fatto in passato, ma non in maniera seria.

Eppure sembrerebbe così dannatissimamente facile.

Ci vorrà un po' di tempo per organizzarsi, naturalmente.

Prima dovrebbe trovare un volo immediato per una località abbastanza distante.

Non hanno bisogno di essere ritrovati, c'è qualcosa di romantico e di pericoloso nel viaggiare senza che nessuno lo sappia.

Una volta atterrati però, sarebbe d'obbligo o quantomeno cortese spedire almeno una cartolina che avvisi la principessa Peach di dove si trovano.

Mario le dirà certamente chi sono, l'unica cosa che le chiederanno sarà di tenere la corrispondenza con tutti gli altri.

Si saranno in tal modo liberati, tolti il pensiero, nessuno li taccerà di essersene andati senza dir nulla e nessuno li andrà a cercare sapendo che sono al sicuro da qualche parte.

Dovrà però assicurarsi che nel posto in cui si recano vi sia almeno una gioielleria, altrimenti dove trovare l'anello con cui accompagnare la proposta che ha in mente di avanzare?

Voi pensate che sia una decisione affrettata ma in verità non è proprio così.

Questa idea aveva già iniziato a formarsi nella mente del toad, era piccolissima e in stato embrionale, ma comunque presente, fin dal momento in cui si era trovato a tirare un sospiro di sollievo per averlo ritrovato dopo essere stato sicuro di averlo perso. Solo che adesso si è definita, è diventata un proposito e presto si concretizzerà.

Si domanda se dirà di sì.

Ma non c'è bisogno di correre, tutto verrà naturale.

Basterà aspettare il momento perfetto. La sorpresa farà il resto.

 

 






 

Spazio autrice:
Bucken Berry e Ala Gold. Yeah, ho deciso di riciclare questi due soprannomi non ufficiali dati ai toad come se fossero i veri cognomi di Yvan e Wolley. Così non si offende nessuno. Spero che questa specie di prequel su loro due vi sia piaciuto.

  
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