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Autore: Eco_90    31/03/2015    0 recensioni
Seguito di "Mo anam cara" Storie di spiriti, amori perduti e sogni infranti poi ricostruiti.
Dal testo:
"Aveva del lavoro da fare, lavoro normale: era la segretaria di una dottoressa. Ormai era quella la sua vita, non c'era più spazio per le nottate insonni al freddo solo per convincere un paio di presenze a sloggiare. Già, non c'era più tempo per quelle cavolate."
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Quindi è venuto da te dicendo che lo avevo cacciato io?- il tono minaccioso di Senan aveva fatto sì che Liam si spostasse di qualche centimetro dalla linea di tiro. L’aveva visto impugnare la forchetta con troppo trasporto, cosa che l’aveva allarmato un po’.
Tra le risate generali, Kelly poté costatare con piacere che di Billy, o di Lory non c’era traccia. –Ron, il locale è bellissimo ma non avresti dovuto addobbarlo così solo per me!-
Effettivamente festoni di ogni colore adornavano le pareti e il soffitto del pub, dei palloncini erano sparsi sul pavimento e per non farsi mancare nulla, Ron le aveva anche regalato delle rose. –Sono solo felice che tu sia tornata sana e salva!- Kelly si alzò dalla sedia, per andare ad abbracciare il suo papà adottivo. Ringraziava ogni giorno di averlo conosciuto, e ogni giorno si stupiva di quanto lui ricambiasse il suo affetto. In quel posto Ron era la sua unica certezza, l’unica tangibile.
Finirono di mangiare tra una chiacchiera e l’altra, congedandosi dal proprietario del locale con almeno due chili in più.
Si divisero davanti al palazzo di Kelly, Senan voleva riportare a casa Moira, per lui doveva essere difficile staccarsi dalla rossa, dato che nell’ultimo periodo avevano praticamente convissuto.
Saliti su casa, Kelly e Liam, si gettarono sul divano, distrutti.
-Che hai intenzione di fare?- le chiese Liam, come se lei effettivamente potesse sapere a cosa si stesse riferendo. Gli lanciò uno sguardo interrogativo sperando che lui potesse capire.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, dire che Kelly fosse poco intuitiva era un eufemismo.
-Riguardo al coglioncello. Prima ti ho vista tirare un sospiro di sollievo per la sua assenza.-
La ragazza si ritrovò inconsapevolmente a mettere il broncio, incrociando le braccia e rannicchiandosi sul divano, sembrava una vecchietta. –Non ti ho chiesto mica se vuoi sposarlo, non c’è bisogno di imitare “Rain man” . - Kelly non lo guardò neanche, ormai era immersa nei suoi pensieri. L’ultima cosa che voleva era vedere quel coglione di Billy, e pensandoci bene ci sarebbe anche riuscita. Doveva chiedere alcuni permessi per aprire la sua agenzia e in più aspettava ancora i resoconti degli investigatori di Brendan.
-Ho troppo da fare per pensare a lui. Per me può anche sposarsela quella slavata con cui sta.- non si era neanche resa conto del cambiamento del suo tono, era diventata acida in meno di due secondi. –Noto un po’ di astio nei confronti di quella ragazza?-
-Non è astio, è solo indifferenza. - disse cercando di convincere anche se stessa.
Liam le diede un buffetto sulla guancia, poi si alzò per andare in bagno, lasciandola sola con i suoi pensieri.
-Tesoro sei tornata!- ovviamente non aveva mai tempo per poter pensare, sicuramente non da sola. Oltre alla signora Evans c’erano anche suo nonno e Robert, che la guardava con un sorriso stranamente ebete.
-Tutto ok?- chiese ai due anziani, indicando il cavaliere.
Il nonno lo guardò, scuotendo vigorosamente la testa. -È innamorato. - Kelly strabuzzò gli occhi, non pensava che i fantasmi potessero innamorarsi, anche se in realtà le uniche cose a differenziarli dal resto del mondo erano la loro invisibilità e il fatto che fossero deceduti.
-Di chi?-
-Oh, è una donzella magnifica! Occhi castani e capelli biondi... pelle bianchissima. È un sogno!- rispose il cavaliere con la testa fra le nuvole.
-Era una contessina del '700. È scesa dal tuo stesso treno. - spiegò il nonno con fare sbrigativo.
-A quanto pare quel treno è più infestato di questa casa...- bisbigliò Kelly. -Se a quanto mi dite è uscita dal treno allora sta bene, non dovete preoccuparvene. Magari potreste farle da Ciceroni. - la proposta fu accolta con ardore dai due sentimentali. Suo nonno invece era rimasto sulle sue, sicuramente non perché non avesse anche lui a cuore i problemi di quella ragazza, ma perché teneva molto di più a controllare che alla sua nipotina andasse tutto bene. –Erin, Robert perché non andate a cercare la ragazza? Io vi raggiungo dopo. - i due fantasmi abbracciarono Kelly con trasporto, per poi sparire silenziosamente.
-Bambolina, stai bene? Quando siamo arrivati, eri tutta raggomitolata su te stessa, e avevi anche su il tuo solito broncio. Te lo porti dietro da quando eri piccola, non sai quante ne hai spuntate con quel trucchetto !- La ragazza rise di cuore, suo nonno le aveva riportato alla mente dei ricordi felici, rasserenandola un po’.
-Sto aspettando delle notizie sul caso della signora Fitzpatrick e in più ho deciso di aprire un’agenzia tutta mia. - il nonno rimase piacevolmente sorpreso da quelle novità, finalmente la vita di sua nipote stava prendendo una svolta positiva.
-Sono veramente felice! Sappi che potrai fare affidamento su ogni singolo fantasma del paese, ci hai salvato … è il minimo che possiamo fare. -
La ragazza abbracciò il nonno, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia. Ogni tanto avere il suo potere si rivelava piacevole, soprattutto se le dava la possibilità di sentirsi veramente vicina a suo nonno.
 
 
In un mese, grazie anche alla sua neo notorietà, riuscì ad aprire la sua agenzia. Si trattava in realtà di un piccolo ufficio inutilizzato di un nipote della signora Evans. Fu molto utile far il suo nome al momento della stipulazione del contratto. La vecchina le aveva suggerito di farlo, anche se a Kelly sembrava di approfittarsi della situazione.
Comunque avevano rimediato un ufficio di un centinaio di metri quadri. A pensarci bene era quasi più grande di casa sua. Il posto era in buono stato, loro dovettero solo riverniciarlo e spolverare le scrivanie e i vecchi computer. Quell’uomo le aveva venduto tutto, senza battere ciglio.
La massima soddisfazione però arrivò quando fissò l’adesivo con il nome della compagnia sulla porta dell’ingresso. Alla fine aveva deciso di rendere il tutto meno sfarzoso possibile. Non voleva insegne luminose in stile “Vegas”, le bastava la tanto amata porta a vetri su cui tutti i professionisti di ogni film che si rispetti affiggono il loro nome. Liam, Senan e Moira erano stati felici della sua scelta, alla fine era qualcosa che li univa tutti. –The Hunters?- quel sibilo sarcastico alle sue spalle fece sparire ogni goccia di gioia dal suo corpo. –Ti serve qualcosa?- la voce le uscì dura, senza incrinature di sorta. –Volevo vederti. - bisbigliò piano.
-Bene, ora che l’hai fatto puoi andartene. -
-Volevo parlarti. - aggiunse, ritrovando un po’ di sicurezza. Lei gli lanciò uno sguardo pieno di astio. –Hai fatto anche questo... più e più volte.- Stava per andarsene, quando si sentì afferrare dalla mano calda di Billy.
Il contatto con la sua pelle fu destabilizzante come sempre, sentiva la mano del ragazzo bruciare la sua pelle.
Cercò di mantenere almeno in apparenza quel disinteresse che in realtà dentro di sé non aveva mai provato.
Con uno strattone energico si liberò dalla sua morsa, aspettando in silenzio la sua prossima mossa.
-Che cosa stai facendo?- sapeva che la domanda racchiudeva un senso più grande di quanto potesse sembrare. Cercò di immagazzinare quanta più aria possibile nei polmoni, e solo dopo rispose. -Scappo da me stessa. - Bisbigliò, voltandosi a guardarlo.
-Scappo da te, e da ciò che mi ricordi. - fu talmente semplice rispondere a quella domanda, che quasi se ne stupì.
Gli occhi di lui erano più sgranati rispetto a prima, sembrava turbato da quell’ammissione così tranquilla. –Questa volta è veramente colpa mia. - sospirò lui, trovando quella conclusione adatta a quanto era stato detto.
-Ci siamo impegnati entrambi per arrivare a questo punto. - ciò che gli rimaneva era quel senso d’incompiuto. Erano stati sconfitti dalle loro paure e dai loro pregiudizi e ora ne pagavano le conseguenze.
Erano consapevoli dei loro sentimenti, totalmente consci della loro forza distruttrice. Ne avevano provata la smania assassina sulla loro pelle.
-Perché non torni da Lory?- non aveva più voglia di portare avanti quella continua lotta, ora era pronta ad arrendersi.
-Se tornassi mi ucciderebbe. - sogghignò lui, pronunciando quelle parole.
-Allora perché non vai via e basta?-
-Semplice no?- asserì Billy, facendosi avanti. –Non voglio!-
Kelly lo fulminò con lo sguardo. Quel cretino dopo tutto quello che si erano detti aveva ancora voglia di giocare al gatto col topo, non fosse che lei era sempre stata il gatto, nonostante le varie ritirate.
-Non ce la faccio più con questi giochetti. È meglio finirla qui. - il piede le tamburellava svelto sul pavimento, mentre lei fingeva un atteggiamento distaccato. Ancora non riusciva a tenere a bada quel maledetto piede, cosa che probabilmente avrebbe dato modo a Billy di scoprire che in realtà stava fingendo.
-Perché non la smetti?- chiese lui seccato dal suo atteggiamento.
-Smettere cosa?- il tono risultò più disperato di quanto avesse voluto, ma lui la stava portando all’esasperazione.
-Smettere di pretendere che per te vada bene così!- disse indicando entrambi. –Noi…-
Morse il labbro con forza, cercando le parole giuste per dirle quello che provava, quello che lo stava facendo impazzire. –Che questo sia giusto. - aggiunse il ragazzo al limite della sopportazione.
-Veramente pensi che a me vada bene così?- si passò nervosamente una mano tra i capelli prima di continuare. –Io maledico ogni secondo di ogni stramaledettissimo giorno l’attimo in cui ho urtato contro di te. Da allora non ho avuto altro se non rabbia, tristezza e gastrite. - a quell’affermazione il ragazzo sbottò a ridere a crepapelle, avrebbe voluto controllarsi ma proprio non ce la faceva.
-Poi ti chiedi perché io sia così riluttante a parlarti. - sputò acidamente lei, mentre lui tossiva cercando di ritrovare un pizzico di serietà.
-Hai ragione… scusa. - aveva ancora il sorriso sulle labbra, e Kelly non poté fare a meno di pensare che quello fosse solo per lei. Quel sorriso, quello che non vedeva da tempo, glielo aveva procurato lei… era così piacevole vederlo sereno in sua presenza.
-Comunque come vedi io dovrei lavorare. L’agenzia non va avanti da sola.-
Una Moira piuttosto concitata fece capolino alle sue spalle, cercando di far sembrare che fosse capitata lì per caso.
-No, tu parla pure… chiarisciti. All’agenzia ci pensiamo noi!- si dileguò subito dopo, accennando un lieve saluto con la mano. Kelly, incredula, si massaggiò stancamente la testa.
-Maledetti impiccioni. - bisbigliò astiosamente.
-Sono simpatici, Moira in particolar modo. Ti ho sempre detto che era forte!-
-Già, tu e il tuo modo sbagliato di giudicare le persone. - rispose la ragazza in tono sprezzante.
-Comunque se sei qui per i ringraziamenti, beh, grazie per aver cercato di salvarmi la vita più di un anno fa. Se invece sei in cerca di altro, te lo dico subito, caschi male.-
Disse sbrigativa.
–Cercavo solo te.- il tono serio con cui pronunciò quelle parole la colpì, lasciandola a bocca aperta per svariati secondi.
-Scusa come?- chiese incredula.
-Cercavo te, per parlarti. - Billy sapeva che lei aveva colto perfettamente il senso della sua frase, ma voleva farla scoprire un po’.
-La volta sul fiume Shannon è stato tutto così solenne e pesante. Volevo avere almeno un ultimo bel ricordo di noi.
Lei non capiva a cosa si stesse riferendo Billy, ma c’era qualcosa di strano, se lo sentiva.
-Stai andando via?- chiese scioccamente.
Il ragazzo sorrise. –Io? No.-  stava abboccando alla sua esca, la conosceva troppo bene per non riuscire a fregarla.
Kelly, sembrò rifletterci un po’ su. Aveva sul viso quell’espressione dolce di quando qualcosa non le tornava e non ne capiva la ragione. Per lui era irresistibile, ma doveva controllarsi… tempo al tempo.
-Beh, allora ciao!- detto questo gli diede una piccola spinta, quel tanto che bastava per farlo uscire dal suo ufficio, chiudendogli la porta in faccia.
Il gestaccio che gli fece poi lo costrinse a digrignare i denti, per evitare di riempirla di parolacce.
Masticò uno “stronza” prima di andarsene sconfitto, pestando i piedi.
Kelly passò il resto del tempo in agenzia a sorridere come un’invasata, tanto che gli altri arrivarono addirittura a pensare a una loro riappacificazione. Non potevano essere più lontani dalla realtà. A pomeriggio inoltrato decise che era ora di diventare adulta e comportarsi in modo serio.
Togliersi quello sfizio però era stato il massimo, si vedeva dalla sua espressione da beota che stava cercando di fregarla, ma lei era da sempre la più furba tra i due, anche se lui non lo avrebbe mai ammesso.
Una chiamata la riportò alla realtà, finalmente Brendan aveva deciso di farsi vivo.
-Ce ne hanno messo di tempo i tuoi super agenti segreti. - non disse né ciao né altro, dopo il suo comportamento decisamente discutibile, aveva deciso di trattarlo come meritava, nonostante il grande favore che le stava facendo.
-Buongiorno anche a te raggio di sole!-  ovviamente lui non perdeva mai l’occasione per essere sarcastico e fastidioso, ma Kelly lasciò correre.
-Notizie positive spero.-
L’uomo non rispose subito, qualcosa lo turbava, probabilmente la storia della morte di quel bambino era veramente piena di accordi segreti e compensi strani.
-Quindi?- lo incalzò lei.
-Quindi calmati ragazzina, questa storia è veramente pericolosa. Forse dovresti lasciar andare. -
-Senti ti ho chiesto di indagare per me, non voglio i tuoi consigli. Non mi serve una guardia del corpo. - rispose acidamente Kelly.
-Fai come ti pare, tanto sapevo che avresti risposto così. Le informazioni che ti servono sono state recapitate ora a casa tua. Buon divertimento. -
Detto questo attaccò, senza attendere una sua risposta.
La ragazza aveva altri piani per quel pomeriggio, ma effettivamente attendeva da troppo tempo quelle notizie. Lasciò l’agenzia nelle mani dei suoi cacciatori e si diresse di corsa al suo appartamento.
Dei documenti non c’era alcuna traccia, né nella cassetta delle lettere né davanti alla porta di casa. Possibile che quell’odioso le avesse fatto uno scherzo? No, non ci poteva credere.
Aprì la porta e si buttò sul divano, solo allora si accorse che i documenti erano proprio davanti a lei, sul tavolinetto del salotto.
-Ma che ca...- gli agenti segreti erano entrati in casa sua senza lasciare traccia. Ne fu quasi impaurita.
Prese un profondo respiro, concentrandosi totalmente sulla busta gialla e leggermente pesante che aveva in mano. Aprirla e leggerne il contenuto fu un susseguirsi di orrore e tristezza, subito soppiantati dal senso di ripugnanza nei confronti di chi aveva compiuto il fatto e di chi l’aveva insabbiato. Era piena di documenti strani, registri telefonici e foto, quelle erano la cosa peggiore. Scorse piano piano, ogni singolo foglio, tentando di reprimere un grido di frustrazione. Come si poteva arrivare a quel punto? Come si poteva lasciare così impunita la morte di un bambino, di un figlio?
Poggiò i documenti sul tavolo davanti a se, le mani le tremavano visibilmente.
In chissà quale modo gli investigatori erano riusciti a procurarsi gli scatti nel parcheggio all’aperto. Nessuna traccia del corpo, solo delle strisce bianche di gesso a disegnarne i contorni immaginari, lì dove una macchia di sangue scuro e denso aveva lasciato insieme ad una piccola scarpa, l'unica traccia tangibile della sua morte. Un senso di nausea e un forte giramento di testa la colpirono all'improvviso, facendole temere uno svenimento. Fortunatamente per lei, l’immagine del bambino sorridente vicino a sua madre si era fatta prepotentemente spazio nella sua mente, aiutandola a riprendersi un po’.
Si stropicciò le mani, era nervosa e agitata. Quei documenti erano veramente pericolosi, le serviva un piano, o anche lei ci avrebbe rimesso la pelle. Il suo cervello iniziò a lavorare veloce, vagliando ogni singola possibilità, ogni pro e contro di qualsiasi situazione … era tutto così complicato, ma poi un’idea venne alla luce. Era pericolosa e non solo per lei ma doveva tentare.
 Prese il telefono, tentando di mettersi in contatto con la troupe televisiva con cui aveva lavorato. Doveva mettersi d’accordo con loro. Sarebbe tornata a Shannon, avrebbe chiesto l’aiuto di Thomas, portando finalmente a termine questa storia. Non avvisò nessuno, prese i documenti e si diresse veloce al pub. Appena messo piede all’interno del locale Lory le lanciò un’occhiata gelida, per poi ignorarla totalmente. Non si curò molto di quell’atteggiamento così poco maturo, si fece avanti fino ad arrivare al bancone.
-Ron … Roooon!- aveva gridato, ma dell’omone nessuna traccia. “maledizione” pensò fra se e se.
 -Ron.- tentò un’ultima volta, ma niente.
-Mio zio non c’è.- la voce di Billy la colse alla sprovvista. –Puoi dire a me se vuoi.-
La ragazza non lo ascoltò minimamente. –Mi serve tuo zio, è importante. -
-Ok, ma lui non c’è.- rispose pazientemente il ragazzo.
-C’è un modo per contattarlo? Ho fretta. -
-No, mi dispiace. È andato a pescare, è praticamente impossibile contattarlo. -
Kelly sbuffò, non ci voleva proprio. Doveva parlargli, dirgli che se le cose si fossero messe male gli sarebbe servito il suo aiuto. Lui avrebbe dovuto reggerle il gioco, tenendo nascosto a tutti la sua missione. Avrebbe dovuto sviarli, o tranquillizzarli, senza dirgli dove fosse andata. Senza di lui le cose si complicavano.
–Dov’ è andato a pescare?- chiese spazientita.
-Alla foce del fiume. – era inutile tentare di fermarla, Billy la conosceva troppo bene e sapeva che dissuaderla era impossibile.
-Ok, grazie. - la ragazza corse fuori dal locale, precipitandosi verso la macchina. Aveva caricato il borsone, era tutto pronto. Dopo aver parlato con Ron, sarebbe partita alla volta di Shannon.
 Si dileguò talmente di corsa che neanche riuscì a rendersi conto che Billy la stava pedinando. Aveva lasciato il locale nelle mani di una poco accomodante Lory, e ora seguiva Kelly come fosse la sua ombra.
  
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