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Autore: xfrancix    31/03/2015    0 recensioni
[Emis Killa]
“Lo zarro di Vimercate ha fallito un’altra volta”
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“L’imbattibile Emiliano Giambelli che ha paura? Il fighissimo Emis Killa ha paura?” dice sarcastica, calcando molto l’ultima parola.
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“Potresti avere altre duecento vite, ma non meriteresti di vivere nessuna di quelle.”
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"Quella ragazza... Sì, quella che c'era ieri sera in prima fila... Aveva i capelli rossi... I-io devo ritrovarla."
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“Allora? Come stai oggi?” chiedo alla ragazza sorridendo.
Lei arrossisce e sussurra un “Non male”. A quelle parole socchiudo gli occhi e la guardo, per poi alzare un sopracciglio, non convinto della sua risposta.
Genere: Generale, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Emis Killa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Di sopra, in camera, io dormirò qui” indico il divano dove siamo seduti.
Lei comincia ad avviarsi di sopra, ma quando si trova a circa metà della scala si blocca e, senza girarsi mi chiede:”Emi... possiamo dormire insieme per l’ultima volta?” Annuisco e salgo le scale con lei.
Mentre, in camera, lei si cambia, io cerco di non guardarla, cosa insolita, dato che quando eravamo insieme, l’ho sempre guardata senza problemi, anzi, con piacere. Ma mentre mi cambio io, lei non aiuta per niente, perché l’unica cosa che fa è guardarmi.
Ci mettiamo entrambi sotto le coperte e spengo la luce.
Amo il buio, quel buio in cui non vedi nulla di ciò che ti circonda, quello in cui ti senti solo anche se hai qualcuno vicino a te, quello in cui ti senti protetto e al sicuro da ogni cosa.
Tiffany, improvvisamente, si gira su un fianco e mi cinge la vita con un braccio.
Come risposta alzo gli occhi al cielo ma non le tolgo il braccio, in fondo è l’ultima notte che passo con lei.
“Buonanotte” dico.
“Buonanotte” risponde.
Mi alzo dal letto, è notte inoltrata, Tiffany è sparita dalla mia camera. Scendo in cucina per bere un goccio d’acqua e trovo Tiffany girata di spalle, seduta su una sedia di fianco al tavolo.
“Ah eccoti. Mi ero spaventato, non ti ho più trovata nel letto.” Le dico fermandomi sulla soglia della porta.
Lei si gira verso di me e al momento non capisco cosa le sia successo: la sua faccia è diversa: ha il trucco sbavato, il rossetto malmesso, gli occhi sono rossi e spenti, i capelli le coprono parte del viso, ma riesco a intravedere dei tagli sulle guance e sul collo.
“Che cosa ti è successo?” le chiedo spaventato, ma rimango lì a fissarla, immobile, senza avvicinarmi.
Sento gli occhi seccarsi all’improvviso, quindi li sbatto una sola volta, facendo una fatica immensa, e continuo a tenerli spalancati per lo spavento.
“Oh, niente” mi dice lei mettendosi a ridere, ma è una risata agghiacciante, non è la risata che ho sempre sentito.
Si alza dalla sedia e viene verso di me. In questo momento vorrei solo andarmene via da questa stanza, scappare, ma non riesco. A causa della paura e della confusione che ho in testa non riesco a muovermi, è come se ora non avessi più potere sulle mie gambe, come se loro decidessero, al posto mio, che non mi devo muovere da qui.
La ragazza arriva davanti a me e mi mette le mani sulle spalle.
Vederla da questa vicinanza è ancora più impressionante. Deglutisco e le faccio un sorrisino nel quale appare tutto il mio terrore.
“L’imbattibile Emiliano Giambelli che ha paura? Il fighissimo Emis Killa ha paura?” dice sarcastica, calcando molto l’ultima parola. Io le faccio una faccia spaventata, in modo che capisca che in questo momento c’è veramente da aver paura di lei.
Ride e in poco tempo mi ha già buttato per terra e sfilato la maglietta. Io mi guardo il petto e poi riprendo a fissarla.
“C-Che cosa vuoi fare?” chiedo cercando di allontanarmi da lei con i gomiti, ma lei mi blocca sedendosi sulle mie gambe.
“Voglio semplicemente farti un po’ di male prima che te ne vada” dice mordendosi un labbro mentre con le mani gioca con il bordo dei miei pantaloni.
Dalla sua espressione capisco cosa intende fare, ma cerco di stare tranquillo.
“Potresti avere altre duecento vite, ma non meriteresti di vivere nessuna di quelle, lo sai?” mi dice diventando improvvisamente seria. Deglutisco di nuovo.
La ragazza ride e mi da un bacio sulle labbra; appena allontana il viso mi passo la mano destra sulle mie labbra, come per pulirle.
Cerco di ragionare e mi ricordo che io sono molto più forte di lei, così lascio da parte la paura e, con uno spintone, la tolgo dalle mie gambe e mi alzo. Corro in salotto e mi siedo sul divano, appoggiando i gomiti sulle gambe e mettendomi le mani nei capelli, cercando di capire qualcosa di tutta questa storia.
All’improvviso sento un urlo provenire dal piano superiore, riconosco immediatamente quella voce: Gionata. Mi alzo di scatto, corro velocemente su per le scale e apro la porta della mia camera. Mi ritrovo davanti a una scena terribile: Tiffany che cerca di piantare un coltello nel petto del ragazzo.
“Emi!” urla Gionata dopo avermi visto.
“Gionny” urlo.
La ragazza ride e io mi sveglio di colpo, con la faccia e le mani sudate per lo spavento. Guardo di fianco a me e riesco a vedere la figura di Tiffany che dorme tranquilla. Non posso fare a meno di accendere la luce sul comodino di fianco al letto, avvicinarmi a lei e spostarle i capelli dal viso per guardarla: nessuna traccia dei tagli e del trucco sbavata, è bella come sempre.
Era soltanto un incubo.
Mi alzo e vado in bagno, accendo la luce e lascio scorrere l’acqua gelata per poi bagnarmi la faccia con essa.
Torno in camera e trovo Tiffany seduta sul letto.
“Che succede? Ti ho sentito camminare.. Hai la faccia terrorizzata!”
“Niente” mi limito a rispondere, andandomi a sdraiare sul letto.
“Non ti credo, sei terrorizzato!” insiste. E in effetti la paura non è passata, perché l’incubo sembrava davvero troppo reale.
“Ho detto niente!” grido girandomi su un fianco e tirandomi le coperte fino alle spalle.
“Potresti avere altre duecento vite, ma non meriteresti di vivere nessuna di quelle.” Dice spegnendo la luce e girandosi su un fianco: ora siamo uno di spalle all’altra.
E’ la stessa frase che ha detto nel sogno. Mi fermo a pensare: e se, in realtà, non fosse stato solo un incubo ma un riflesso della realtà? Forse voleva comunicarmi qualcosa che non capisco da solo. Ma io in queste cose non ci credo.
“Lo so” rispondo.
Mi giro e le cingo la vita con un braccio, proprio come quando eravamo fidanzati.
“Per l’ultima volta” dico con tono dolce.
Le do una carezza sul viso e sento che sorride.
Mi sembra giusto darle un minimo di affetto per l’ultima volta, anche se ha sbagliato, in fondo le ho appena risposto di merda, è vero che mi ha tradito, ma ne abbiamo passate davvero tante insieme.
Lei si addormenta quasi subito, io, invece, non dormo per tutta la notte: ho ancora in mente l’incubo e non riesco a prendere sonno.
Passo la notte a coccolare la ragazza affianco a me e a pensare a cosa potesse voler dire quel sogno.
Ci alziamo entrambi alle otto di mattina, scendiamo a fare colazione , mentre io mi cambio, lei prepara le valigie per tornare dai suoi.
La mattinata passa in fretta, pranziamo insieme, e alle tre arriva la macchina di suo padre a prenderla.
La aiuto a caricare le valigie in auto e poi passiamo dieci minuti a guardarci in un silenzio imbarazzante.
“Allora.. Ciao” dico io per rompere il silenzio.
“Ciao” dice lei facendo un piccolo sorriso.
Mi avvicino a lei e le do un bacio sulla guancia, pizzicandola, sicuramente, con la barba.
“Emi... ricorda che sei il mio ultimo ragazzo” dice arrossendo, anche se sappiamo benissimo che sono il suo ultimo fidanzato, ma non sono l’ultimo ragazzo con cui è andata a letto.
“E tu la mia ultima ragazza... E la mia ultima scopata” dico riferendomi a ciò che lei ha fatto, a quanto pare, con Gionata.
Abbassa gli occhi e le do un altro bacio sulla guancia, per poi rientrare in casa richiudendomi la porta alle spalle.
Vado in camera mia e mi rendo conto della solitudine ora che non c’è nemmeno più la sua roba. Mi siedo sul letto con gli avambracci sulle cosce e comincio a pensare a tutte le prima volte che ho passato in camera mia, quella a casa di mia madre.
I primi baci, le prime scopate, i primi testi, i primi amici, il primo microfono, le prime zarrate, i primi beat, le prime sigarette, i primi pianti, le prima delusioni...
Cosa faccio? Rimango qui o torno da mamma?

 
  
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