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Autore: Shainareth    31/03/2015    3 recensioni
*** Attenzione! Lieve spoiler per chi non ha giocato l'episodio 21! ***
In realtà ero anche un po’ tesa al pensiero di incontrare di nuovo sua madre. L’avevo conosciuta il giorno della recita scolastica e l’avevo adorata sin dal primo istante, senza neanche sapere chi fosse.
Shot ambientata immediatamente dopo la mia Paura.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dolcetta, Kentin
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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ADORABILE




Nonostante tutte le mie paturnie notturne a causa del sogno fatto quella notte, fu proprio nel pomeriggio che si rafforzò in me la consapevolezza di cosa significasse essere realmente adorabili.
   Inconsapevole di essere la causa primaria dei miei tormenti, ed avendo notato che quella mattina non sembravo al massimo della forma, Kentin non aveva voluto saperne di mollarmi dopo la scuola. E poiché suo padre era appena partito per una nuova missione e lui non voleva lasciare sola neanche sua madre sin dal primo giorno, mi aveva invitata a studiare a casa sua. Non avrei potuto chiedere medicina migliore per il mio povero cuore codardo e innamorato, che anelava soltanto un suo sorriso pur di scacciare la malinconia che mi assaliva ogni volta che tentavo di immaginare cosa sarebbe successo se avessi perso la sua amicizia.
   In realtà ero anche un po’ tesa al pensiero di incontrare di nuovo sua madre. L’avevo conosciuta il giorno della recita scolastica e l’avevo adorata sin dal primo istante, senza neanche sapere chi fosse. Solo dopo, avendo notato una vaga somiglianza, avevo supposto che fosse una sorella maggiore di Kentin, spuntata dal nulla, per via della giovanissima età. O forse la signora Manon dimostrava semplicemente meno anni di quanti ne avesse in realtà? Non ne avevo idea e di certo non sarei stata tanto indelicata da chiederglielo. Fatto stava che, in quell’occasione, mi ero persino azzardata a darle del tu proprio perché credevo fosse solo poco più grande di noi.
   Quando entrammo in casa, ci accolse con uno dei suoi grandi sorrisi, così simili a quelli che Kentin mi aveva regalato prima dei mesi passati alla scuola militare in cui l’aveva spedito suo padre. Li avevo sempre trovati deliziosi, e se da un lato mi dispiaceva che il mio amico non me li rivolgesse quasi più, dall’altro mi consolavo con quelle espressioni quasi assorte in cui lo sorprendevo ad osservarmi di tanto in tanto, quando credeva che io non me accorgessi.
   «Oh, non sai come sono contenta di rivederti!» fu la prima cosa che mi disse la signora Manon, con quella sua grazia d’altri tempi e gli enormi, buffi occhiali dalle lenti rotonde che nascondevano i suoi bellissimi occhi verdi. «Accomodati!» aggiunse poi, guidandomi verso il salotto di casa. «Confesso che non avrei mai sperato che venissi a trovarci. Mio figlio non ci dormirà per l’emozione, stanotte!»
   «Mamma!» abbaiò lui, avvampando per l’imbarazzo di avere una madre che spesso e volentieri si lasciava scappare pensieri che avrebbe dovuto invece tenere per sé soltanto. Anch’io arrossii, ma non potei fare a meno di mordermi le labbra per trattenere una risata. «Siamo solo venuti a studiare», precisò Kentin a scanso di equivoci, cercando di rilassarsi.
   «Oh!» esclamò la signora Manon, portandosi una mano al viso grazioso, mentre io e lui prendevamo posto sul divano del salotto. «Allora vado subito a prepararvi la merenda, avrete bisogno di zuccheri!»
   «Veramente…» balbettò suo figlio, tentando vanamente di fermarla dal trotterellare fuori dalla stanza canticchiando una melodia allegra e infantile. Quando lei sparì oltre la soglia, Kentin si voltò a guardarmi e si accorse che ero sul punto di ridacchiare. «Mia madre è un po’… spensierata», borbottò, come a volersi giustificare dei modi della donna.
   «Io la trovo adorabile», gli assicurai, e di certo non solo per fare un complimento gratuito. Il suo sguardo dubbioso mi indusse a sorridergli con più tenerezza. «Le assomigli molto.»
   «Dici?» domandò con aria incerta, forse non del tutto sicuro se reputarla una buona cosa o meno. Alla fine anche le sue labbra iniziarono ad inarcarsi verso l’alto e lui spiegò: «Sai, con papà sempre fuori per lavoro, è stata soprattutto lei ad occuparsi di me. Forse avrò inconsapevolmente mutuato i suoi atteggiamenti e le sue espressioni.»
   «Può darsi», concordai, riflettendo sul fatto che, a ben guardare, quella donnina dall’aria sbarazzina doveva in realtà possedere una forza d’animo non indifferente, per essersi accollata quasi da sola il peso di un figlio. Era ammirevole. «Siete molto in confidenza, eh?»
   Kentin si strinse nelle spalle, un sorriso imbarazzato sul volto. Nonostante tutto, si vedeva che le era molto affezionato. «Non accade spesso che un figlio si confidi tanto con la madre, lo so, ma a me è sempre venuto naturale farlo.» Lo capivo bene. A conti fatti, prima di frequentare la scuola militare, non aveva avuto altri amici a parte me. «E tu? Parli spesso con tua madre?»
   «Mah, dipende», risposi, cercando di essere il più sincera possibile. «Ammetto che non mi riesce facile dirle certe cose, anche perché lei tende ad essere un po’ invadente.» Soprattutto quando si trattava di ragazzi.
   «Più della mia?» fu la scettica domanda che mi pose Kentin, ridendo.
   «Tua madre non è affatto invadente», obiettai, decisa più che mai a prendere le difese di quell’adorabile signora.
   Proprio in quel momento giunse dalla cucina la voce della donna. «Amore della mamma, vuoi anche i biscottini a forma di orsetto da pucciare nella cioccolata?»
   «Io l’ammazzo!» sbottò Kentin, mentre io scoppiavo a ridere. S’avventò verso l’uscita della stanza, ma io l’agganciai per un braccio, tentando di tenerlo buono. «Comincio a credere che non sia stata una buona idea chiederti di venire qui…» bofonchiò, mentre tornava a sedere sconsolato accanto a me sul divano. Si portò una mano sul volto, cercando vanamente di nascondere il proprio imbarazzo.
   Continuando a ridacchiare divertita, gli afferrai il polso per scostargli le dita dalla faccia. «Perché?» gli domandai retoricamente. Il mio umore era migliorato di colpo, però non volevo che lui pensasse che fosse dovuto al fatto che sua madre era fin troppo amorevole nei suoi riguardi. O meglio, era certamente anche per quello, ma non la reputavo per nulla una cosa negativa, anzi. «Mi piacerebbe venirci più spesso, se per te non è un problema», gli assicurai, guardandolo dritto negli occhi. «Non solo per tua madre», mi lasciai scappare poi, in un sussurro, sentendo il cuore palpitare più di quanto avrebbe dovuto. Fu un azzardo, lo so, eppure, nonostante tutte le mie fisime sulla paura di perdere la sua amicizia se mi fossi esposta troppo, non potei fare a meno di dirglielo.
   Kentin mi fissò sorpreso, ma non al punto da lasciarsi sfuggire l’occasione di prendermi la mano che ancora tenevo sul suo braccio. Intrecciò le dita alle mie e, azzardandosi a sfiorarmi la pelle del viso con la punta di quelle libere, si avvicinò sensibilmente a me. Non avrei saputo dire se la sua intenzione fosse proprio quella che speravo, tuttavia non mi fu possibile scoprirlo, perché sua madre tornò da noi con aria visibilmente accigliata, i pugni sulle anche.
   «Insomma, ti avevo chiesto se voles…» Tacque di colpo quando si accorse di aver interrotto qualcosa. Imbarazzata, assestai una gomitata sulle costole di Kentin, che fu costretto a lasciarmi andare e a borbottare qualche imprecazione fra i denti, ciondolando il capo fra le spalle con aria rassegnata. «Mi dispiace…» balbettò la signora Manon, una mano davanti alla bocca. Sembrava mortificata e, stringendo la stoffa della gonna fra le dita, indietreggiò di nuovo verso la porta.
   «Vengo ad aiutarla», mi proposi, rimettendomi in piedi per seguirla in cucina.
   «Oh, no, cara!» dissentì lei, tornando ad accigliarsi. «Anche se in futuro potresti non esserlo più, al momento sei un’ospite.»
   «Mamma…» si lamentò stancamente Kentin, rimanendo seduto alle mie spalle senza più avere neanche la forza di protestare troppo.
   «Non sta bene che sia tu ad aiutarmi in questo genere di cose», stava continuando frattanto la signora Manon, convinta di ciò che andava affermando. Adesso, però, sorrideva di nuovo. Era senza dubbio quella, l’espressione che più le si addiceva. Quando si corrucciava per qualcosa, invece, sembrava quasi una bambina che cercava di imitare i grandi e finiva per apparire piuttosto buffa.
   «Per favore, ci tengo davvero», le feci sapere, giungendo le mani al petto a mo’ di preghiera. Volevo sul serio passare un po’ di tempo con lei, quella donna mi piaceva da matti. Senza contare che sarebbe stata un’ottima scappatoia per l’imbarazzo che ancora provavo per l’essere stata sorpresa in atteggiamenti fraintendibili con suo figlio – peccato solo per la sua tempistica.
   La signora Manon sembrò indecisa su cosa rispondermi, tant’è che lanciò persino uno sguardo oltre le mie spalle, dove sedeva ancora Kentin. Alla fine sospirò e, oscillando graziosamente la testa da una parte e dell’altra, mi rivolse l’ennesimo sorriso della giornata. «D’accordo, allora», si arrese con una certa allegria. «Vieni, ti faccio vedere la cucina e poi anche il resto della casa», decise per tutti, iniziando a farmi strada.
   Mi voltai verso Kentin e lo trovai intento ad osservarci con un’espressione serena in volto, quasi fosse felice della piega che stavano prendendo gli eventi, nonostante fossimo stati interrotti sul più bello.
   «Ovviamente la sua camera da letto te la mostrerò io», stava dicendo sua madre, ormai avviata come un treno lungo il corridoio. «Ché non sta mica bene che rimaniate da soli proprio lì, sarebbe sconveniente e tu potresti credere che mio figlio sia un ragazzaccio.»
   Con uno scatto degno di un centometrista, Kentin si slanciò giù dal divano per raggiungerci e incamminarsi dietro di lei, mentre io li seguivo e tenevo una mano davanti alla bocca per non scoppiare a ridere di nuovo. «Mamma, non dire cose strane», la rimbrottò, imbronciato e rosso più che mai in viso.
   «Ma ci pensi, tesoro?» lo ignorò lei, voltandosi a guardarci con aria sognante. «Passerai tutto il pomeriggio in compagnia delle due donne più importanti della tua vita!»
   «Invece comincio a credere che vi lascerò da sole e chiederò asilo a qualche anima pia», brontolò Kentin, affiancandosi a lei e afferrandola per un braccio per sussurrarle: «Vuoi smetterla di mettermi in imbarazzo?!»
   «Perché? Che ho detto?» volle sapere la signora Manon, non riuscendo a capire cos’avesse fatto di male. «Oh, comunque è proprio carina! Più la guardo e più mi piace! Hai davvero bei gusti!»
   E mentre il mio migliore amico cercava disperatamente di tapparle la bocca, io mi soffermai ad osservarli con una tenerezza che mi spiazzò il cuore.












Giuro che amo quella donna. Non so se l'ho inquadrata bene, caratterialmente parlando, ma l'ho davvero trovata adorabile come indica il titolo di questa shot. Non potevo non scriverci su e spero di tutto cuore che torni a far presenza nel gioco perché mi diverte un mondo il suo rapporto con Kentin (che ha preso tutto da lei, per fortuna... Suo padre, invece, sembra un orso e mi chiedo come diavolo abbiano fatto a sposarsi!).
Ah, il nome della signora l'ho beccato sulla wikia di Dolce Flirt (quella inglese, ma va beh: http://mycandylove.wikia.com/wiki/Manon ). Date un'occhiata alle tre espressioni che mostra durante gli episodi 21 e 22, perché sono fantastiche (soprattutto quand'è accigliata, mi fa una tenerezza assurda!).
E credo di aver finito di scrivere idiozie, per oggi. No, anche per i prossimi giorni, ché starò via e non potrò smanettare al PC, per vostra fortuna.
Augurandovi buona serata, vi ringrazio per aver sopportato quest'ennesima sciocchezza. :*
Shainareth
P.S. Chiedo scusa per eventuali sviste, mi riprometto di sistemare i refusi e gli errori in un secondo momento, come faccio anche con le vecchie shot.





  
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