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Autore: Caramel Macchiato    31/03/2015    1 recensioni
La routine tranquilla e invariata di quattro coinquilini viene d'un tratto squarciata da una bambina, una vecchia asiatica che sembra dotata di poteri paranormali e la vaga e inquietante consapevolezza che la loro vita subirà una svolta drastica...
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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È lunedì. Il giorno più bello della settimana. Perché? Semplice: ho l’appartamento tutto per me! Nessun coinquilino, niente lavoro, nessun dovere…
Apro la porta della mia stanza e mi ritrovo la mocciosetta davanti alla televisione a guardare un cartone. Richiudo di scatto la porta e vado in cerca del mio cellulare. Ci dev’essere qualcosa di sbagliato, è ovvio. Il cellulare mi dà mezzogiorno e un quarto. Questo vuol dire che l’appartamento è fottutamente vuoto, e che quella piccoletta me la devo cuccare io!
Sento il nervosismo accumularsi nel mio cervello mezzo sveglio. No okay, calma, un bel respiro… Posso sempre lasciarla dalla padrona di casa!
Mi complimento per la trovata, e finalmente prendo coraggio ed esco.
La mocciosa si gira e mi sorride, per poi alzarsi dal divano con un salto e venirmi in contro.
- Buongiorno!-
La squadro da capo a piedi.
- Sei ancora in pigiama-
- Anche tu-
- Io mi sono appena svegliato-
- Ma è ora di pranzo!-
Mi passo una mano sugli occhi cercando di non esasperarmi fin dal primo momento.
- Vai a vestirti, io penso al pranzo-
Lei annuisce e saltella verso la camera di Kentin. Un momento: nella camera di Kentin?!
- Mocciosetta che fai? Quella non è la tua stanza-
- Kentin mi ha lasciato dormire con lui sta notte!-.
Risponde lei, già nella camera del mio coinquilino. Non riesco a tenere a freno dei brutti sospetti. Tiro fuori dal frigo qualche uova e i toast da un armadietto, in vena di una di quelle colazioni che sembrano stroncarti, ma che sono ben poco in verità.
La mocciosa esce dalla stanza di Kentin tutta allegra e prede ad osservare attentamente ogni mia mossa.
- Cosa fai?-
- Uova strapazzate e toast-
- I toast! Li adoro, ma la mamma dice che il pane bianco non fa bene-.
Ottimo, noi invece lo avremmo mangiato lo stesso.
La istruisco su dove trovare le stoviglie e in dieci minuti siamo a tavola, i piatti colmi di uova strapazzate e toast, Allegra che sembra stia per mangiare caviale da quanto è emozionata.
- Buon appetito!-
Strilla con la sua vocetta squillante che mi perfora le orecchie, prima di infilarsi una grande forchettata di uova e dare un morso alla prima fetta di toast.
- Cosa facciamo oggi?-
Mi chiede con la bocca piena.
- Cosa facciamo noi?-
- Sì. Io e te-
Ridacchia contenta. Mastico per un attimo la mia colazione, poi poso la forchetta e incrocio le braccia sul tavolo, sporgendomi verso di lei.
- Sarà molto semplice: io andrò a farmi i c… I, uhm, cavalli miei, tu invece andrai a giocare da una signora che ti vuole tanto bene-
- La nonna?-
- No, purtroppo la nonna non so dov’è-
Corruga le sopracciglia scure e mi rivolge un’occhiata dubbiosa.
- Perché non possiamo stare insieme?-
- Perché io non ne ho voglia-
- Ma i papà stanno sempre con i bambini! Sempre!-
Non so dove abbia visto questi padri sempre con i figli, ma il suo faccino si sta colorendo pericolosamente, e l’ultima cosa che voglio e una bambina frignante in casa, dopo solo mezz’ora dal mio risveglio per di più.
- Ne parliamo dopo, ora finisci di mangiare-.
Mi onora di un’occhiata risentita, poi riprende a torturare il cibo nel suo piatto. Poco importa, ora devo solo decidere con chi passare la giornata e dove. Una mocciosetta alta sì e no un metro non è nei miei programmi.
Finisco di mangiare e lavo in fretta le mie stoviglie. Allegra mi porge il suo piatto semi pieno.
- Ehi, frena, cos’è questo?-
- Sono piena-
- Non esiste, tu mangi tutto-
- Ma non ce la faccio! Se mangio ancora qualcosa esplodo!-
- Poche storie soldo di cacio, tu mandi giù tutto. Hai idea di quanto mi è costato il pane da toast? E le uova?-
La sua faccia tonda si rabbuia e sfodera i denti, pestando un piede per terra.
- Ma non ce la faccio!-
- E invece ce la farai!-
Fantastico, mi sto alterando. Sbatto la spugna nel lavello e mi giro per affrontarla, le mani sui fianchi e un’occhiata omicida. Quella che riservo esclusivamente a Nathaniel, ad essere sincero.
- Cosina, ascoltami bene: se non pulisci quel piatto non esci da questa casa oggi-.
Restiamo a fissarci qualche attimo, una scintilla di sfida che riempie lo spazio tra noi, poi si gira e sbatte il piatto sul tavolo, riprendendo posto e appoggiando la testa a una mano, arrabbiata e troppo orgogliosa per darmela completamente vinta. Pilucca un po’ di uova con rabbia, accurandosi di far stridere la forchetta sul piatto.
Digrigno i denti e mi avvio in bagno, curandomi di sbattere per bene la porta.
Dannati bambini. E dannata Li. Non poteva tenersela e lasciarmi in pace?
 
Quindici minuti dopo, eccoci qua davanti alla porta della padrona dello stabile. Truccata come un pagliaccio al solito, sta sorridendo mielosamente alla bambina. O meglio: il suo si potrebbe definire un ghigno agghiacciante, ma ormai ho imparato a decifrare le sue espressioni sotto quello strato chimico che ricopre la sua faccia. Non posso dire lo stesso di Allegra, completamente pietrificata al mio fianco. Mi è tornato in mente poco fa quello che Lysandre mi ha riferito del loro primo incontro catastrofico. Non che m'importi molto, comunque.
- Oh, ma questo angioletto è quello che era ieri con Lysandre a fare la spesa? Come ti chiami zuccherino?-
Pure la sua voce ha qualcosa di innaturale. Magari si è rifatta pure le corde vocali.
- Allegra. È così che si chiama-
Rispondo al suo posto, controllando di avere le sigarette in tasca.
La donna alza gli occhi su di me e si mette le mani sui fianchi.
- Ah, ora che ci penso: Lysandre ha detto che questa piccolina è tua parente… Non la starai educando male con i tuoi modi di fare-.
- È probabile. Per questo le faresti un favore a tenerla qui con te oggi-.
Allegra si riscuote dal suo stato comatoso, e apre la bocca con orrore.
- No ti prego! Non farò più i capricci per il cibo, ma non lasciarmi qui con lei!-
La signora la guarda un po’ offesa, poi ritorna a trafiggermi risentita.
- Ah, vedo che la situazione è già fuori controllo. È evidente che non vuole stare con me-
- Ma no, di certo si divertirà di più con una donna esperta come te che con un buon a nulla come me-.
Cerco di sedurla con le parole e con un sorriso d’intesa, ma la donna resta di sasso, e la bambina ignora la situazione starnazzando ai nostri piedi.
- Ti prego, farò la brava, farò tutto quello che vuoi. Lo giuro! Lo giuro su… Su… Sulla mamma! Ti prego, non voglio!-
Sento la sua vocetta farsi sempre più piagnucolante e i miei nervi si tendono pericolosamente, allora mi appoggio all’uscio della porta e m’avvicino alla donna.
- Sarò chiaro: non la voglio tra i piedi. E tu hai ancora un debito con me: se non ricordo male, sono stato, guarda un po’, proprio io a ripararti quella mensola in salotto-.
Le ringhio contro, poche spanne di aria che separano i nostri visi.
- Se non ricordo male, hai preteso una cena per quel lavoro, quindi non abbiamo proprio alcun conto in sospeso. La prossima volta che fai un favore, pensaci due volte prima di esigere una ricompensa-.
Mi risponde a modo, per poi sbattermi la porta in faccia offesa sia da me che dalla mocciosa, che solo allora smette di piagnucolare.
Il mio primo istinto mi suggerisce di dare un bel pugno alla porta. Alzo il braccio, ma mi fermo di botto, per poi girarmi lentamente verso la mia disgrazia, che ricambia il mio sguardo un po’ imbarazzata.
- Beh, complimenti! Bel casino hai fatto!-
Lei abbassa lo sguardo e prende a muoversi da un piede all’altro.
Ormai non ho scelta, me la devo tirare dietro. Potrei lasciarla all’università ai miei coinquilini, ma sono sicuro che troverebbero un modo per evitare quel compito. Maledetti studiosi.
Mi incammino stizzito verso la porta, la apro con un calcio e tiro fuori una sigaretta dal pacchetto che ho in tasca, cercando i fiammiferi nell’altra. Mi giro e vedo la bambina ancora davanti alla porta della tizia truccata, il cappellino bianco che le nasconde un poco il viso.
- Vieni o no?-
Le chiedo stizzito, al di là del vetro della porta.
Lei alza la testa, mordendosi il labbro inferiore in imbarazzo, ma non se lo fa ripetere due volte: si stringe nella sua giacchetta verde e muove goffamente le sue gambette fino a me.
Prendo una lunga boccata dalla sigaretta e butto fuori lentamente il fumo, studiando quel microbo, il nervosismo che si attenua ad ogni boccata.
- Sarò chiaro, cosina: mi hai appena rovinato la giornata e non ne sono felice. Hai già fatto troppi capricci per oggi, quindi da ora in poi, si fa quello che dico io. Domande?-
Lei scrolla forte la testa, i capelli neri che le volteggiano attorno e un nuovo sorriso che le illumina il visino tondo.
Inspiro di nuovo dalla sigaretta e butto fuori il fumo, scrollando la testa incredulo. Alla fine si fa di nuovo quello che vuole lei. Questa è di sicuro un piccolo demonio.
- D’accordo. Andiamo al parco. Pensavo di andarci in ogni caso-
Lei annuisce e mi si affianca, allungando una mano verso di me fiduciosa, per poi riabbassarla imbarazzata e stringerla sul bordo del suo cappellino.
Che si penta un po’, questa disgraziata. Infilo le mie mani nelle tasche del giubbotto e guardo le due direzioni della strada prima di attraversare, Allegra che mi trotterella di fianco.
Se non altro poteva andare peggio. In effetti, le donne vanno pazze per i padri scapoli che girano con i figli. Chissà che alla fine non si riveli un vantaggio questa marmocchia? Il parco è pieno di selvaggina…
   
 
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