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Autore: Amor31    01/04/2015    4 recensioni
Cosa succede quando una certa Jo finge indifferenza, ma in realtà è pazza di gelosia?
Le cose potrebbero mettersi male, soprattutto a causa di una medaglietta solo apparentemente innocua...
- Collocazione temporale: post Vendetta dell'Isola -
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brick, Jo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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La medaglietta

 

-Dai, ragazzi! Un’altra serie di addominali!-.
-Ancora da venti?-.
-Sì. Ne vuoi fare di meno, Tom?-.
-No, no! Mi metto subito al lavoro-.
L’istruttore osservava attentamente i movimenti dei ragazzi, stesi su tappetini blu di gommapiuma. Di tanto in tanto correggeva alcuni gesti sbagliati, riprendendo con aria bonaria il malcapitato di turno.
-Bene così, bravi. Ed ora passiamo ai piegamenti: una serie da cinquanta potrà bastare-.
-Che cosa?-, trillò un giovane alla sua destra, scattando in piedi.
-Hai capito bene, Jake. Ti conviene non protestare-.
-Ma ne abbiamo fatti già cento all’inizio della seduta… Non ce la facciamo più, abbiamo addominali e schiena a pezzi. Vero, ragazzi?-, domandò, scoccando un’occhiata complice e supplichevole ai compagni.
-È vero, mister…-.
-Siamo esausti-.
-Non possiamo fare una breve pausa?-.
-Abbiamo lavorato ininterrottamente per due ore!-.
Dieci voci diverse si accavallarono l’una sull’altra nel tentativo di convincere l’istruttore a concedere un break. Non mancava molto alla resa dell’uomo, quando un timbro forte e deciso fece zittire tutti i presenti.
-Ehi, pappemolli! La finite di frignare o devo ancora sorbirmi le vostre suppliche da quattro soldi?-.
Una ragazza bionda si avvicinò lentamente al gruppo che aveva circondato l’istruttore e passò tra i giovani, che la guardavano indispettiti.
-Che venite a fare in palestra, se poi non avete voglia di faticare?-.
Nessuno rispose. Lei continuò: -Il mister ha ordinato una nuova serie. Se siete troppo stanchi, siete pregati di togliervi dai piedi, perché qui c’è gente che ha intenzione di allenarsi duramente-.
-E tra quelle persone ci saresti tu?-, domandò con un sorrisetto il ragazzo chiamato Tom.
-Esattamente. Perciò smettetela di disturbare e levatevi di torno-.
La bionda si voltò. Aveva mosso solo pochi passi quando udì levarsi delle risatine sprezzanti nella sua direzione.
-Forse non mi sono spiegata bene-, disse, tornando indietro e guardando negli occhi uno ad uno i compagni, ora spaventati.
-Basta così, ragazzi. Adesso rimettetevi al lavoro!-, comandò l’istruttore, battendo le mani ed indicando ai ragazzi i rispettivi tappetini.
-Ma mister! Eravamo d’accordo nel fare una pausa!-.
-Infatti. Questi tre minuti passati a bisticciare vi sono serviti per riprendere le forze-, replicò l’uomo con una nuova scintilla negli occhi.
I ragazzi tornarono ai propri posti, scoccando occhiate furenti alla ragazza che si era intromessa nella trattazione del break.
-Ma chi si crede di essere quella?-, chiese in un sussurro Jake, cercando di non cadere a terra per lo sforzo causato dai piegamenti.
-Come, non la conosci?-, disse un compagno, sbarrando gli occhi.
-No e non mi interessa-.
-Quella lì è Jo “Braccio di Ferro” Jones-, rispose un altro ragazzo alla sua sinistra. -È diventata abbastanza popolare dopo aver partecipato ad un reality show-.
-Wow-, sospirò ironicamente Jake. -E vorrebbe venire a fare la predica a noi?-.
-Non ti conviene metterti contro di lei-, gli spiegarono. -Potrebbe ridurti a brandelli con una semplice stretta di mano-.
-Ma siete stupidi? Non mi sembra un granché…-.
-Ti sbagli di grosso, amico. Pensaci: ci sarà un valido motivo, se le è stato attribuito il soprannome “Braccio di Ferro”-.
-A me pare solo un gran pallone gonfiato. Al termine della seduta le darò una lezione-.
-Cosa vorresti fare?-.
-Sfidarla nel sollevamento pesi. Sono sicuro che non riuscirà a battermi: sono o non sono l’attuale detentore del record in questa palestra?-.
-Io non sarei così spavaldo. Quella lì è davvero forte…-.
Dieci minuti dopo i ragazzi si rialzarono e si diressero verso gli spogliatoi. L’unico a rimanere indietro fu Jake, pronto a lanciare il proprio guanto di sfida.
-E così tu saresti Jo Jones-, disse alla bionda, affiancandola.
-Già. Hai qualche problema?-.
-In verità sì-.
-Che cosa vuoi, smidollato?-.
Il ragazzo preferì sorvolare su quell’ultimo appellativo e continuò: -Sei stata scorretta a metterti in mezzo durante la discussione con il mister. Chi ti ha dato il diritto di intervenire in faccende che non ti riguardano?-.
-Uhm, vediamo un po’… Forse mi sono intromessa perché ci tengo veramente ad allenarmi in modo serio?-.
-E gli altri, invece? Credi che siamo qui a perdere tempo?-.
-No, anzi; voi siete qui solo per far perdere tempo a persone come me. Ed ora, se non ti dispiace, vado a farmi una doccia. Tu potresti farne anche a meno: gli esercizi non ti hanno fatto sudare-, disse con un ghigno.
-Non ti permetto di parlarmi in questo modo!-.
Jake la raggiunse e la strattonò, facendola voltare: -Se sei così sicura di essere tanto forte, dimostramelo!-.
-Penso che tu sappia quanto valgo…-.
-Ti sfido, allora!-.
-Cosa?-.
-Sì, hai capito: ti sfido nel sollevare quei pesi da 65 chili-.
-Vuoi scherzare, spero-.
-Mai stato più serio-, replicò Jake. -60 è il mio attuale record e nessuno, nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 18 anni, è ancora riuscito a superarlo-.
-Senti, perché non te ne torni a casa come tutti i tuoi amichetti? Sarà per un’altra volta d’accordo?-.
-A-Ah! Stai tentando di sottrarti alla prova!-.
-Niente affatto-.
-Allora prova a battermi!-.
Jo lanciò una rapida occhiata ai pesi tenuti in un angolo della grande sala e voltandosi si incamminò verso gli spogliatoi.
-Visto? Sei solo una femminuccia, come tutte le altre galline tue coetanee!-.
La bionda si arrestò. Strinse i pugni, cercando di calmarsi, ma ogni tentativo fu inutile: ormai era in preda all’ira e l’unico suo desiderio era quello di distruggere le convinzioni del ragazzino viziato che aveva osato sfidarla.
-Ti pentirai amaramente di avermi voluto provocare-, disse con occhi di fuoco, rivolgendosi a Jake.
Prese con foga i pesi e poco alla volta cercò di sollevarli. Non si era mai spinta oltre la soglia dei 60 chili, ma quella era un’ulteriore scommessa con se stessa. Distese le braccia e pian piano si portò al petto i pesantissimi dischi; poi, con un ultimo sforzo, riuscì a raggiungere il mento e superò l’altezza della testa sotto lo sguardo incredulo di Jake, rimasto a bocca aperta.
-Ehi, amico, tuo padre ti sta aspettando qui fuori-.
Dalla porta si era affacciato Tom, l’altro ragazzo che aveva protestato per ottenere una pausa. Vedendo il compagno imbambolato a fissare qualcosa, lo raggiunse ed assistette all’incredibile scena.
-Vado a chiamare anche gli altri!-, esclamò, uscendo di corsa ed urlando.
-Venite a vedere! Jo Jones ha superato il record di Jake, correte!-.
Cinque secondi dopo una piccola folla di quindici persone si radunò nella sala per godersi l’inusuale spettacolo. Nessuno osava proferire parola: la principale occupazione era cronometrare quanto ancora la ragazza avrebbe resistito sotto quell’enorme peso.
-Pensi che possa bastare?-, domandò Jo con la voce incrinata, rivolgendosi a Jake.
-S-Sì-, balbettò il giovane mentre la bionda lasciava cadere a terra i dischi di metallo con un terribile fragore.
-Bene, allora. Ci si vede… Perdente-.
La ragazza si strofinò energicamente le mani ed abbandonò la stanza rifugiandosi sotto l’acqua fresca della doccia. Un sorriso trionfale le distendeva le labbra, anche se era ancora stizzita per l’affronto subito.
“E così il record è mio”, pensò mentre si frizionava i capelli con l’asciugamano. “Presto tutti impareranno a temermi, come è giusto che sia”.
Si vestì in fretta, infilando la solita tuta grigia che l’aveva accompagnata per tutta la durata di quello strano reality di cui conservava ancora brutti ricordi. Certo, si era battuta valorosamente, ma essere eliminata per colpa di un idiota non aveva fatto altro che renderla ancor più suscettibile.
Uscì dallo spogliatoio e si diresse all’uscita: mentre camminava sentì gli sguardi di tutti i presenti indugiare su di lei e la cosa non poté che renderla felice. Quel pomeriggio aveva conquistato una nuova, memorabile vittoria.
“Non avranno più il coraggio di attaccarmi”, rifletté, sistemandosi meglio il borsone sulle spalle ed aprendo la porta a vetri della palestra. “Femminuccia… Mai insultare Jo Jones!”.
Il cielo, puntinato di nubi bianche, stava assumendo un colore rossastro, a metà tra l’arancione ed il rosa. Da lontano proveniva il rintocco di alcune campane che fecero intuire alla ragazza che ore fossero.
“Le sei… A quanto pare mia madre non è ancora uscita da lavoro: mi aveva detto che sarebbe venuta a riprendermi, se non ci fossero stati ritardi dell’ultimo minuto”.
Per tornare a casa avrebbe dovuto percorrere la bellezza di cinque chilometri. Normalmente avrebbe considerato quella distanza fin troppo breve, ma in quel momento, stanca e innervosita, non aveva la minima voglia di fare una lunga passeggiata.
“Appena arrivata preparerò un bel toast con uova e prosciutto. Ho una fame da lupi”, si propose, sentendo brontolare lo stomaco.
Era così presa dai suoi pensieri da non accorgersi dei passanti sul marciapiede e del rombo del motore delle automobili che saettavano sull’asfalto alla sua sinistra. Probabilmente non sarebbe stata in grado di riconoscere nemmeno i suoi genitori, se si fosse imbattuta in loro. Per questo motivo fu sorpresa nel sentire il suo nome venir pronunciato da qualcuno che, con passo veloce, le si avvicinava sempre di più.
-Ciao, Jo!-.
La ragazza si voltò, ritrovandosi davanti la persona che meno di tutte avrebbe voluto incrociare in quel momento.
“Ma guarda chi mi toccava incontrare”, pensò la bionda infastidita. “Non bastavano quegli idioti a mandarmi in bestia…”.
-Oh, Capitan Piscina a rapporto-, lo salutò ironica. -Qual buon vento?-.
-Non pensavo che vivessi qui-, disse il ragazzo, senza rispondere alla domanda.
-Infatti. Mi sono trasferita da un anno-, rispose con freddezza.
-Ti trovo bene-, affermò Brick con un gran sorriso. -Dove stai andando?-.
-Me ne torno a casa. Ciao-.
Jo gli diede le spalle e si incamminò nella direzione opposta.
-Ehi, aspetta! Non ci vediamo da un anno esatto e te ne vai così?-, la fermò il ragazzo con tono deluso.
-Sì, perché?-.
-Non mi chiedi niente dell’Accademia?-.
-Dovrei forse farlo?-.
-Siamo stati compagni di squadra e…-.
-Bravo, hai detto bene: siamo stati. Ora, se non ti dispiace, avrei una certa fretta…-.
-Quale palestra frequenti?-, domandò Brick, osservando il borsone e fermandola di nuovo.
-La Gold’s Gym. Sei forse interessato ad allenarti come si deve?-.
-No, era solo curiosità-.
-Figuriamoci! Faticare richiede troppo sforzo, vero?-, lo prese in giro Jo.
-Lo sai che non me ne sto con le mani in mano. Negli ultimi dodici mesi la mia massa muscolare è cresciuta del 5%-.
-Sì, come no… Te l’ha detto tua madre per farti contento?-.
-Veramente è stato l’esito dell’ultima visita medica in Accademia-.
-Bravo, complimenti-. La ragazza batté le mani con fare sarcastico.
-Sei più acida del solito o sbaglio?-.
-Che occhio, Bagnabraghe! Hai perfino affinato la magica tecnica dell’osservazione?-.
-Che ti è successo?-.
-Proprio niente. Voglio solo tornarmene a casa e mangiare come si deve-.
-D’accordo, allora. Ci si vede-.
Brick la salutò con un cenno della mano e si allontanò di qualche passo. Jo lo vide andarsene e lo richiamò indietro per fargli un’ultima domanda.
-Cos’è quella cosa che porti appesa al collo?-.
-Questa?-, disse il ragazzo, sollevando con delicatezza una collanina sottile. -È una medaglietta-.
-Lo vedo anch’io, intelligentone…-.
-È un regalo di mia madre-.
-Sembra una di quelle placche che si possono aprire-.
-Già-.
Brick le si avvicinò ed aprì il ciondolo, mostrandole una piccolissima foto ritraente una ragazza che poteva avere la loro stessa età.
-Mi è stato detto che, in questo modo, posso avere sempre vicino la persona a cui tengo di più. Ed io ho inserito questa foto-.
Jo guardò attentamente il volto della giovane: aveva lunghi capelli neri, occhi castani ed un bel sorriso che le illuminava il resto del viso. Immaginò che fosse la ragazza del cadetto e improvvisamente sentì il cuore precipitarle nello stomaco.
-Buon per te-, disse soltanto, distogliendo lo sguardo dal ciondolo. -Ora devo proprio andare-.
-Ci vediamo in giro, allora-, la salutò Brick, guardandola allontanarsi con passo svelto.
“Ci mancava anche questa!”, pensò Jo, più accaldata che mai. “Il Piscialetto ha trovato una… Fidanzata!”.
Rimuginando sull’incontro appena avvenuto, non si accorse di aver percorso praticamente di corsa i due chilometri che la separavano da casa. Quando giunse davanti al portone prese le chiavi dalla tasca della tuta e fece scattare la serratura, buttando il borsone sul pavimento dell’ingresso e precipitandosi in cucina per mangiare il toast che aveva deciso di preparare.
“Mi sembra incredibile. In questo modo posso avere vicino la persona a cui tengo di più… Bah! Ma perché me la prendo così tanto? Può fare tutto quello che vuole, tanto a me non interessa. Non mi chiedi dell’Accademia? Perché dovrei? Chi se ne importa della sua carriera militare! Lo avevo perfino rimosso dai ricordi… Lo odio con tutto il cuore, altroché!”.
Jo continuò a lambiccarsi il cervello, divorando famelica il toast senza neppure percepirne il sapore. Sentiva solo una grande ira farsi strada nel suo petto e risalire fino alla testa, occupandole ogni singolo pensiero. Eppure quella che provava non era solo rabbia: era certa che ci fosse qualcos’altro. Cosa fosse esattamente non avrebbe saputo spiegarlo.
Pulì il tavolo della cucina e si rifugiò in salotto, facendo zapping da un canale all’altro. Quando finalmente si ricordò della messa in onda dell’Excellent Wrestling Tournament si sintonizzò sul Fourth Channel ed assistette ai vari incontri della serata.
 

Juanito l’Ispanico si lancia dalla terza corda sull’indifeso Skull Man usando la micidiale mossa del Paso del Ángel!

 
-Vai così! Spacca la faccia a quel brutto muso!-, incoraggiò Jo, standosene comodamente stravaccata sulla poltrona e dimenticando finalmente Brick e la brutta giornata in palestra.

 
Attenzione, cari telespettatori! Skull Man si rialza ed afferra Juanito buttandolo a terra e sollevandogli le gambe! Ah, quella sì che deve fare male!

 
-No, stupido! Mettiti in piedi e mandalo KO!-.
-Jo, sono a casa!-.
-Ciao, mamma!-, le urlò la ragazza, rimanendo incollata al televisore.

 
Juanito esce dal ring e si arma di una sedia. Skull Man è appoggiato alla seconda corda, sembra che non ne abbia ancora per molto! Ed ecco che la sedia finisce dritta sulla testa del Teschio! Signori, che lotta formidabile! L’Ispanico è il vincitore di questo terzo turno! Appuntamento a giovedì prossimo per l’ultimo quarto di questo glorioso Wrestling Tournament

 
Jo spense la televisione e raggiunse la madre in cucina, pensando al trionfo di quel Juanito di cui era una grande fan.
-Ciao, tesoro! Come è andata la giornata?-.
-Sarebbe potuta essere migliore… Ho infranto un record, in palestra-.
-Bravissima! Ora sei campionessa di…?-.
-Sollevamento pesi. Sono riuscita a portare fin sopra la testa ben 65 chili-.
-Meraviglioso! Quando lo saprà tuo padre, sarà fiero di te!-.
-Sì, beh… È stata una sfida contro un ragazzino insolente che ha insinuato che fossi tutto fumo e niente arrosto. Ma per l’ennesima volta ho dimostrato il mio indiscusso ed indiscutibile valore-.
-Sono contenta per te. Hai mangiato?-.
-Sì. Penso che andrò a dormire-.
-Come vuoi. Stavi vedendo il Torneo in TV?-.
-Già. Ha vinto Juanito-, rispose la ragazza con uno strano scintillio che le illuminò gli occhi.
-Credo che tu abbia una cotta per quel wrestler…-.
-Cosa? Mamma, che dici?!-.
-Oh, beh… Sorridi e ti brillano gli occhi al solo nome-.
-Ma…-.
Non seppe replicare nulla: effettivamente sua madre aveva “quasi” centrato il bersaglio. Ed in quel momento le venne un’idea strepitosa.
-Mamma, hai ancora quella collana che papà ti ha regalato per il vostro primo anniversario?-.
-Quella con il ciondolo apribile?-.
-Esatto-.
-Certo che sì. Non la indosso molto spesso, ma la conservo nello scrigno che ho sistemato sul comodino. Come mai me lo chiedi?-.
-Potresti prestarmela per un paio di giorni?-, domandò Jo, cercando di mantenere un tono che non destasse alcun sospetto.
-Non c’è problema, ma vorrei sapere perché-.
-Mi piace, tutto qui-.
-Non sai mentire, ragazza mia. Dimmi la verità-, indagò la madre, sollevando un sopracciglio.
-Mi serve. Con urgenza-, rispose la ragazza, sottolineando le ultime due parole.
-Va bene, allora. Prendila pure. Ma fa’ attenzione: è molto delicata e non vorrei che la rompessi-.
-Stai tranquilla, con me è in buone mani-.
Jo si dileguò nell’arco di due minuti. Salì di corsa le scali che portavano al piano superiore e recuperò l’accessorio, poi si rifugiò nella propria camera ed accese il computer, collegandosi ad Internet.
-Questa no… Questa è troppo grande… Bleah, orribile! Ma non ci sono immagini normali? Oh, ecco quella che cercavo!-.
Salvò l’immagine appena trovata, la ridimensionò e la stampò su un comune foglio di carta; prese un paio di forbici che teneva riposte nel cassetto della propria scrivania e ritagliò la foto, inserendola nella medaglietta di sua madre.
-Perfetta! Vediamo come reagirà…-.

 

***

 

Nei giorni successivi si accertò di poter andare in palestra rigorosamente a piedi, senza cambiare mai tragitto. Ai genitori aveva detto di prepararsi per la maratona che si sarebbe tenuta al termine delle vacanze estive, ma la verità era che aveva intenzione di incrociare al più presto Brick facendo passare per fortuito l’incontro.
Indossava la collana sia per recarsi alla Gold’s Gym sia per tornare a casa: non aveva alcun desiderio di essere derisa dai suoi compagni di allenamento, soprattutto dopo aver superato la prova del sollevamento pesi.
Trascorse un’intera settimana senza avere notizie del tanto ricercato cadetto. Sempre più stizzita, Jo si chiedeva se valesse davvero la pena di continuare ancora con la farsa della medaglietta.
“Chissà che fine avrà fatto Sir Mattone! Sembra sparito nel nulla… Magari è tornato a casa per trascorrere il mese d’agosto in tutta tranquillità, tanto non è interessato a mantenersi in forma per l’Accademia”.
Entrò in palestra alle quattro in punto e ne uscì alle sei, come al solito. Quel giorno sua madre aveva insistito per andare a riprenderla e puntualmente si presentò di fronte all’edificio per adempiere al proprio compito.
-Ciao, mamma-, la salutò Jo, salendo in macchina.
-Tutto bene?-.
-Sì… Sono esausta!-.
-Stasera ceneremo più tardi del solito: tuo padre è rimasto bloccato sul posto di lavoro e non potrà tornare prima delle nove-.
-Wow, questo sì che mi consola-, disse ironicamente la ragazza.
-Puoi sempre riposare un po’, prima di mangiare. Almeno recupererai energia-.
-Sì, potrei fare così-.
Jo si chiuse nel più profondo silenzio e fissò lo sguardo oltre il finestrino, osservando sfrecciare i palazzi senza alcun interesse.
-Hai ancora la mia collana?-.
-Eccola qui-, rispose la bionda, mostrando alla madre il metallo brillante.
-Bene. Perché…-.
-Ferma!-.
Le gomme dell’auto stridettero sull’asfalto a causa dell’improvvisa e brusca frenata. La signora Jones, con il cuore in gola, domandò alla figlia che cosa fosse successo.
-Devo scendere, subito!-.
Jo aprì lo sportello e si catapultò sul marciapiede.
-Dove stai andando?-, la chiamò sua madre dal finestrino.
-Ho dimenticato una cosa in palestra!-.
-Ti accompagno io…-.
-No, ci metterò dieci minuti, non di più. Tu vai pure a casa, tornerò tra un’ora!-.
Jo corse a perdifiato, senza curarsi della perplessità di sua madre. Sapeva solo una cosa: lo aveva visto. E non poteva farselo scappare, dopo una settimana di estenuante ricerca ed attesa.
“Ma dove si è cacciato quell’idiota?”, pensò, guardando lungo il marciapiede e continuando a correre. “Eppure sono sicura che fosse lui…”.
Dieci minuti dopo si fermò, sentendo i muscoli delle gambe implorare per una pausa. I battiti cardiaci avevano superato di gran lunga la soglia del normale tenore tenuto e la ragazza temette di collassare a terra.
“Accidenti! Possibile che lo abbia solo immaginato?”.
Tenendosi una mano sul fianco sinistro e l’altra sul petto, Jo entrò nel bar più vicino e chiese un bicchiere d’acqua, che le venne versato senza alcun costo.
-Grazie-, disse al gestore, senza smettere di ansimare.
Uscì nella calda luce del tardo pomeriggio e riprese la lenta marcia verso casa, dandosi della stupida per quella assurda idea che le era venuta in mente alcune sere prima.
“Forse sono impazzita. Ma chi me lo fa fare? Perché, poi?”.
Aveva percorso poco più di un centinaio di passi, quando venne affiancata da un paio di stivali inconfondibili.
-Jo! Sei distrutta! A che razza di allenamenti ti sottoponi, in quella dannata palestra?-.
La ragazza si voltò e si ritrovò a guardare negli occhi Brick. Con un mezzo sorriso gli rispose: -Allenamenti che tu non ti prenderai mai la briga di eseguire-.
-Vieni, siediti qui e riprendi fiato. Ti sei perfino messa a correre?-, le chiese, facendole strada verso una panchina vicina alla fermata degli autobus.
-Sì, ne avevo voglia-.
-Tu sei pazza. Pazza!-.
-E tu sei un Bagnabraghe perdente di prima categoria-.
Sedettero l’uno accanto all’altra e rimasero in silenzio per una manciata di minuti.
-Dove sei stato?-.
-Ho fatto una passeggiata fino al parco e poi mi sono rifugiato al bar per bere qualcosa. Oggi è il giorno più caldo dell’estate, almeno secondo gli esperti del meteo-.
-Eri al bar?-.
Brick annuì.
-Come mai non ti ho visto?-.
Il ragazzo arrossì lievemente e abbassando gli occhi a terra disse: -Ero in bagno… Appena sono uscito ti ho vista per strada e ti ho seguita. Come mai me lo domandi? Mi stavi cercando?-.
-Che? N-no, niente affatto!-, balbettò in un primo momento Jo.
-Sai, sarei voluto venire in palestra per assistere ai tuoi allenamenti, ma quest’ultima settimana si è rivelata abbastanza impegnativa e non ho potuto lasciare l’Accademia neanche per un solo pomeriggio-.
-Beh, meglio così; mi avresti soltanto fatto saltare i nervi, improvvisando una visita-.
-Quindi vuoi che non ci vediamo più?-.
-Se l’Accademia è qui vicino, in un modo o nell’altro ci incroceremmo lo stesso-.
-E allora?-.
-E allora niente. Se ci incontriamo, ci incontriamo-.
I due tacquero. Jo cercava di evitare lo sguardo di Brick, ma ogni volta che verificava cosa stesse facendo il ragazzo, si accorgeva che non smetteva di fissarla.
-Sei rimasto imbambolato o cosa?-, chiese sgarbatamente per spezzare quel momento imbarazzante.
-No. Mi stavo chiedendo da quando indossi una collana-.
-Da un po’-.
-Non mi sembrava di averla vista, la settimana scorsa-.
-Questo è perché non sei un attento osservatore-, lo rimbeccò la ragazza.
-Sembra simile alla mia…-.
-Sì, anche questa si può aprire-.
Il momento tanto atteso era arrivato. Jo si sfilò la catenina e mostrò la medaglietta al cadetto.
-Chi è questo?-, chiese incuriosito Brick.
-È una persona a cui tengo molto-, disse la bionda, sottolineando quelle quattro parole per vedere la reazione del soldato.
-Penso di averlo già visto da qualche parte…-.
-Impossibile-.
-Ha un nome strano, ma credo che sia un wrestler-.
-D’accordo, hai ragione-, sbuffò lei, spazientita. -Io amo uomini del suo calibro-, affermò con fare deciso.
-Non pensavo che i super palestrati fossero il tuo tipo-, replicò Brick.
-Perché no? Hai in mente qualcosa di meglio?-, chiese provocatoria Jo.
-Forse…-.
-Senti, nella mia medaglietta conservo la foto di chi voglio! Tu hai la tua ragazza, io mi tengo il mio amato Juanito!-.
-La mia ragazza…?-.
-Già, Sir Pisciolotto! Non sono di certo venuta a contestare il fisico o la bellezza di quella che hai nel tuo ciondolo!-.
-Intendi questa?-.
Brick aprì la medaglietta che portava al collo; alla sola vista di quella minuscola foto, Jo sentì ribollire il sangue nelle vene.
-Sì! Ho forse detto che…-.
-Questa è Michelle, Jo. È mia sorella-.
La bionda si sentì svaporare. Era come se le stesse uscendo del fumo dalle orecchie.
-Come?-.
-Ha un anno meno di noi e si è trasferita a New York per un campus di studio. Non la vedo da sei mesi e non avendo la possibilità di contattarla tramite telefono sono costretto a tenere una sua foto per sentirla più vicina. Ti è tutto chiaro, adesso?-.
La bionda ammutolì, diventando rossa in volto.
-Credevo che fosse la tua ragazza…-.
-Sì, lo avevo capito-, disse Brick, guardandola e sorridendo. Trattenne a stento una risata, cercando di rimanere il più serio possibile per continuare ad ammirare l’evolversi della discussione.
-Beh… Forse è meglio che torni a casa-, riprese a parlare Jo, alzandosi molto lentamente.
-Va’ a riposare: te lo ripeto, il troppo allenamento fa male-.
-E il troppo poco danneggia gravemente quei due neuroni che ti sono rimasti!-.
La ragazza si scostò di alcuni passi, si voltò e lo salutò un’ultima volta: -Ciao, Bricco di Latte-.
-A presto, Jo-.
La bionda, ancora accaldata, si incamminò verso casa tenendo un passo sostenuto. Quando fu sicura di essere lontana dal soldato, ricominciò a correre, dandosi per l’ennesima volta della stupida.
-Che cosa avevi dimenticato in palestra?-, le domandò sua madre una mezz’ora dopo, appena rientrata in casa.
-Niente. Credevo di aver lasciato gli scaldamuscoli nello spogliatoio, ma mi ero sbagliata-.
-Dove vai così di fretta?-, le chiese ancora, vedendola salire le scale.
-Devo mettere a posto la tua collana. Non mi serve più-, rispose la ragazza, urlando dal pianerottolo del piano superiore.
Entrò nella camera dei genitori, aprì la medaglietta ed estrasse la foto stampata di Juanito. La guardò per una manciata di secondi e poi la fece a pezzi, pestandola sotto la suola delle scarpe da ginnastica.
“Che figura tremenda! E poi, proprio con Sir Mattone mi doveva capitare?”.
Mentre la giovane si torturava in quel modo, Brick era tornato in Accademia. Stava aspettando che la cena della mensa fosse pronta e nell’attesa se ne andò in dormitorio. Divideva la stanza con altri tre ragazzi, ma aprendo la porta scoprì di essere solo.
“Meglio così”, pensò, sedendosi sulla sponda del letto.
Si tolse con delicatezza la catenina che portava al collo e la tenne in mano, aprendo la medaglietta e togliendo la foto della sorella.
“Sei la persona più incredibile che conosca. Per questo sei così speciale”.
Nel pugno stringeva un piccolo ritratto, stampato tempo prima al ritorno dal reality ed inserito dietro l’immagine di Michelle: era un fotogramma ripescato da Internet, raffigurante una ragazza dallo sguardo fiero ed orgoglioso che gli restituiva un sorriso di sfida.
“Un giorno saprai la verità. Fino a quel momento ti terrò nascosta qui, a pochi centimetri dal mio cuore, perché è questo il posto che devi occupare, mia cara, testarda Jo”.

 

 

  

A Hitomi, per il suo compleanno.
E un grazie dal profondo del cuore per tutte le sue storie sul nostro OTP.

   
 
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