È seduta sul sellino della bicicletta del padre.

Il padre era un bell’uomo di quelli giovani con la barba, la cravatta blu che vola, la giacca elegante e i pantaloni blu di seta scuri.
Muove veloci le gambe per le strade rustiche di Castelvecchio.
La bambina del libro è appoggiata alla sua schiena con un libro aperto tra le mani piccole e delicate.
È la protagonista di un mondo che non vediamo, e non possiamo vedere, di un mondo che non possiamo varcare.
E lei è l’eroina di quel mondo e lotta per ciò che è giusto e difende innocenti.
La bambina virtuosa è in questo mondo, mentre i suoi capelli fini sono stretti in una coda dorata e le sue piccole grandi mani stringono forte il libro.
E sono avvinghiati, lei e il suo libro, perché anche lui non vuole nessun’altra cosa se non essere letto da quella bambina, che è dentro di lui, immersa nell’assoluta verità di un mondo che esiste, perché c’è, quel mondo, c’è, nel libro, nelle lettere scure che lo compongono, nelle più fresche immaginazioni della bambina che tingono quelle parole surreali nere d’inchiostro.

Ed è così che la bambina del libro e il suo papà volano verso l’isola che non c’è; lui che pedala forte e lei che fa avvenire ciò che solo una devastante magia del pensiero può far avvenire.