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Autore: teresartist    02/04/2015    1 recensioni
Tutti e 7 miliardi stavano vivendo, chi bene, chi male, chi rideva, chi piangeva, chi pensava, chi dormiva, chi beveva, chi mangiava, chi suonava, chi cantava, chi vedeva il mondo per la prima volta, chi soffriva, chi tirava l’ultimo respiro, chi baciava, chi picchiava, chi faceva l’amore, chi uccideva.
A Darren non importava nulla.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla mia Husband Alessia che mi ha fatto tornare l'ispirazione.
Scusatemi perché non ha alcun senso ma avevo bisogno di scrivere.


Darren si rigirò per l’ennesima volta nel letto tra le coperte, non riusciva ad addormentarsi in nessun modo. Quel letto gli pareva terribilmente freddo, terribilmente vuoto. Eppure spesso dormiva solo. Questa volta era diverso. Strizzò le palpebre una volta in più ma fu costretto a riaprirle, non sapeva perché, infondo sognare sarebbe stato molto meglio che vivere le vita nel mondo reale. Fece un altro giro su se stesso e attorno alle coperte e sbuffò. Il buio della stanza di solito lo faceva sentire al sicuro, nascosto, vivo.
Non hai bisogno della luce per brillare. Si ricordò di quella voce cristallina nelle sue orecchie, dolce, morbida, e avvolgente come la notte, come il buio. Stavolta il buio lo stava inghiottendo, non gli stava lasciando la possibilità di respirare, di pensare, di vivere i suoi sogni in pace.
Non aver paura. Gli tornò in mente la voce angelica della sua metà, era così lontano, così irraggiungibile.
Ci vediamo presto. Non sapeva perché gli stesse succedendo tutto ciò, lui e Chris erano già stati distanti ma questa volta la lontananza, il distacco, faceva molto più male, e lui non se lo sapeva spiegare.
Ormai provare a dormire era inutile, si alzò tremando un po’ quando il suo corpo lasciò la coperta. Si infilò una felpa e un paio di calzini spaiati. Pensò per un attimo do prendere il telefono e chiamare Chris ma non poteva, era ad un’importante cena di lavoro la Londra, glielo aveva detto. Si guardò intorno, gli occhi si erano abituati all’oscurità. Prese la chitarra da di fianco alla scrivania. Aprì la finestra del balcone e guardò il cielo. Erano le tre di notte. Le stelle sbiadite decoravano il cielo disegnando mappe, come i nei sulla pelle, la pelle fresca, giovane dei ragazzi innamorati che si sfiorano audacemente con un po’ di timore negli occhi. La pelle chiara e trasparente, che fa scorgere le vene dove scorre il sangue rosso, bruciante di passione.
Si sedette in un punto impreciso, sul pavimento freddo, freddo come la solitudine, prese la chitarra tra le braccia come in un dolce abbraccio di due amanti che condividono un momento.
Cominciò a muovere le mani sulle corde, in modo sconosciuto ma non casuale, sapeva cosa stava facendo, amava ciò che stava facendo, intonò un motivo dolce con la voce flebile e bassa guardando le stelle, non c’erano parole, c’era solo il suono e il cielo, lo stesso cielo sotto il quale vivevano 7 miliardi di individui umani, nello stesso istante, nello stesso attimo, tutti e 7 miliardi stavano vivendo, chi bene, chi male, chi rideva, chi piangeva, chi pensava, chi dormiva, chi beveva, chi mangiava, chi suonava, chi cantava, chi vedeva il mondo per la prima volta, chi soffriva, chi tirava l’ultimo respiro, chi baciava, chi picchiava, chi faceva l’amore, chi uccideva.
A Darren non importava nulla, si lasciava guidare dal suono della chitarra, il suo amore del momento era racchiuso in quei suoni, in quelle note e gli parve che il mondo si fosse fermato per un attimo, che non ci fossero altri suoni a parte le note della sua chitarra e che Chris, dall’altra parte dell’oceano lo potesse sentire.
 
 
Chris rimase incantato per un attimo, fissava il muro di quel ristorante di lusso senza sapere perché, i suoni si ovattarono fino quasi a scomparire, le parole delle persone che lo circondavano si congelarono nell’aria, gli parve di sentire una chitarra suonare per un momento, solo per un momento poi la magia sparì.
Mi mancherai. Quella cena era parecchio strana, Chris si sentiva oltremodo fuori posto, guardava i suoi commensali e credeva di essere capitato lì per caso. Sentì una fitta partirgli dallo stomaco e arrivargli al cuore, sapeva dove fosse il suo posto, non lì, non in quel momento, non in quel luogo, non seduto su quella sedia a quel tavolo con davanti quel bicchiere di vino rosso francese che non voleva dire nulla per lui, assolutamente nulla.
Mi mancheranno i tuoi baci. L’unico vino che voleva si trovava lontano, oltreoceano, era un sapore dolce, con un lieve sentore di amaro che lo faceva impazzire, quel sapore, quel profumo lo inebriavano come nessun’altra cosa al mondo sapeva fare, lo scaldavano, lo coccolavano, lo facevano sentire al sicuro, tra quelle braccia forti, guardando quegli occhi di quel colore che non sapeva definire, se non con la parola: magia.
Ti amo. Anche una voce sapeva essere il suo vino, la sua bevanda, la sua medicina per ogni ferita. Era lieve, calda, soave e dolce, musicale e armoniosa. Quando Darren cantava per lui sentiva i brividi percorrergli la schiena, le mani, il petto. Conservava quella voce nel cuore con gelosia, l’avrebbe protetta da tutti i mali come l’essere più fraglie e delicato, non l’avrebbe lasciata mai, come l’oggetto più caro, non avrebbe lasciato che qualcuno gliela prendesse, come l’amore della vita.
Quella sala di quel ristorante si stava facendo troppo piccola per i suoi pensieri, si alzò e con distacco ed educazione si allontanò, uscì in strada, l’aria fredda e pungente del principio della sera si scontrava con la pelle sensibile e chiara del suo collo.
Volse lo sguardo e il volto al cielo scuro, la luna piena era ancora bassa e gialla, la sua luce irruente nascondeva le stelle, quella luce toccava ogni cosa e la illuminava. Era diversa dalla luce del sole, il sole scalda e illumina, la luna illumina e basta, illumina quel poco che basta perché gli occhi possano scorgere le forme, i corpi. Chissà quante luci, chissà quante luci su quei 510.072.000 km² di terra in quel momento illuminavano qualcosa, un germoglio pronto a sbocciare, un gioco di un bimbo su una spiaggia, la nascita di un piccolo cerbiatto in un bosco, la scrivania di un uomo d’affari che lavora fino a tardi, il torace operato di una donna in ospedale, un segno stradale per evitare la catastrofe, un pannello solare per portare l’energia in una fabbrica, un libro su cui studiare, una stanza in cui pensare, una lacrima, un sorriso, un pugno, un bacio.
Tutto alla luce si mostra, nulla rimane nascosto.
Chris pensò al buio della stanza di Darren, lontana da lui un oceano e un continente, pensò al suo pavimento, alla sua sedia, al suo armadio, al suo letto, alle sue lenzuola, alla sua chitarra, pensò che l’avrebbe usata se mai si fosse sentito solo come lui in quel momento, in quel posto sbagliato, in quell’ora sbagliata, in quegli abiti sbagliati, tra quella gente sbagliata.
Perché là, lontano, altrove, con lui, era lì che voleva essere, che doveva essere per sentirsi giusto, corretto, perfetto.
  
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