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Autore: ciredefa    02/04/2015    2 recensioni
E' così che Rivalle conobbe Erwin, dietro le quinte di un teatro. E mentre Zoe parlava di come era stata meraviglioso su quel palco, lui notò ancora una cosa nel pianista. Un sogno.
Un'aspirazione a diventare grande, e Rivaille ammirava chiunque avesse un sogno. Perché lui non ne possedeva di propri.

{ modern!AU; Eruri; }
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Irvin, Smith
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Personaggi: Rivaille, Erwin Smith, Hanji Zoe.
Coppie: Erwin/Rivaille.
Genere: malinconico, modern!AU.
Note: una mia personale reinterpretazione della perdita del braccio di Erwin e delle conseguenti colpe di Rivaille, una rielaborazione del loro rapporto fuori dal mondo di SnK, ma in un tempo più moderno, in una metropoli di fine anni 90'.
Dedicata alla mia migliore amica, nonché mia musa, nonché donna della mia vita, che ama questa coppia. 


 
Empty lanes


Era un bellissimo pianoforte, quello che aveva Erwin. Un elegante pianoforte di un marmoreo bianco, posizionato nel salotto del suo appartamento, davanti alle grandi vetrate che davano sul mare. Così da far si che la luce si riflettesse sulla superficie laccata dello strumento, rendendolo candido come neve.
A Rivaille piaceva dire che che quel pianoforte era un esperto di sentimenti, un poeta, quasi. Solo lui sapeva, e il suo pianista ovviamente, quante emozioni aveva creato: gioia, paura, tristezza, felicità. Solamente premendo un degli innumerevoli tasti bianchi, una vibrazione si sarebbe dispersa nell'aria, e un altra, e ancora un altra a seguire. Fino a creare una melodia.
E si aspettava, a fiati tesi. Saranno lacrime o sorrisi? Si chiede chi comincia ad ascoltare il susseguirsi delle note.
Rivaille adorava il lavoro di Erwin, il musicista, appunto. Un occupazione all'apparenza monotona e grigia, ma provate ad immaginare. Quanto può essere meraviglioso arrivare a toccare l'anima delle persone, attraverso semplici suoni? 
Rivaille ne era affascinato, così come quando sentì suonare per la prima volta Erwin. Era stato trascinato ad una degli innumerevoli spettacoli che davano nei teatri della metropoli, complice la sua collega, quasi definibile amica, Hanji Zoe, che aveva insistito in modo ossessivo.
Ricordava che gli aveva gironzolato attorno per quasi una settimana, ripetendo: «Daaai, Rivaille! C'è questo famoso musicista in città, e dobbiamo assolutamente andare a vederlo! E poi sono sicura che un po' di distrazione ti faccia bene!» gli ripeteva più di una volta. Alla fine aveva ceduto, un po' per stanchezza, un po' forse perché voleva davvero distrarsi.
L'incontro con Hanji era verso la nove di sera, in un teatro in centro. Si ricordava bene le luci che illuminavano l'insegna della struttura, con di fianco un volantino, che mostrava gli orari degli spettacoli. 
Si scosse quando fu il loro turno alla biglietteria, e Rivaille cacciò fuori dalla sua tasca il biglietto. Solo in quel momento notò un particolare nome sul pezzo di carta, "Empty lanes, di Erwin Smith".
Ma non fece in tempo che il bigliettaio strappò il suo biglietto e lo mise via. 
Lui non era mai entrato in un teatro. Beh, è strano che un uomo di circa trent'anni non sia mai entrato in un posto del genere, ma Rivaille aveva passato metà delle sua vita vivendo per strada, pensando ad oggi e mai al domani. Non poteva permettersi di che mangiare, e un teatro gli pareva un luogo irraggiungibile.
Infatti, arrivati ai posti a sedere, trovò il luogo e le persone particolarmente altezzose. Donne di mezza età erano sedute ai primi posti, accompagnati da uomini dai visi annoiati.
Lui era abbastanza lontano dal palcoscenico, circa verso la sesta fila di poltrone. Si sedette anche lui, e luci si affievolirono lentamente, finché il sipario non si aprì, scoprendo un pianoforte a coda nero. 
Ci furono parecchi secondi di stasi, finché da un lato apparì il musicista, un uomo a alto, dai capelli biondi tirati all'indietro in modo molto ordinato, chiuso in uno vestito elegante bianco.
La prima cosa che notò Rivaille fu il contrasto che c'erano tra lui e il suo piano, che la luce direzionata su di loro non faceva altro che accentuare. 
Poi cominciò a suonare, e a lungo andare della musica, aveva notato una seconda cosa: il bianco e il nero, il pianista e il suo pianoforte, si stavano fondendo in un solo oggetto.
Rivaille rimase con gli occhi puntati sul palco per tutta la durata dello spettacolo e, al momento in cui il musicista alzò gli occhi dai tasti, annunciando la fine della musica, lui si alzò ed applaudì per primo.
Si levò un brusio di applausi e si notò Erwin Smith che accennava un sorriso, s'inchinò e sparì dietro al sipario.
Hanji – che era stata con lui tutto il tempo, presa ogni tanto da qualche scossa per l'emozione – gli rivelò che potevano andare dietro le quinte a parlare con l'artista, che anzi, dovevano andare entrambi a congratularsi per la splendida esibizione.
E' così che Rivalle conobbe Erwin, dietro le quinte di un teatro. E mentre Zoe parlava di come era stata meraviglioso su quel palco, lui notò ancora una cosa nel pianista. Un sogno.
Un'aspirazione a diventare grande, e Rivaille ammirava chiunque avesse un sogno. Perché lui non ne possedeva di propri.

Quei stessi sogni che, qualche anno dopo, andarono in frantumi.
La storia con Erwin continuò dopo quella serata: inviti, altri spettacoli, cene, feste, carezze, baci.
Erano arrivati al punto che Rivaille aveva cominciato a vivere nell'appartamento di Erwin, a seguirlo nei suoi tour, di assisterlo da dietro il palcoscenico, da dietro le videocamere di persone troppo curiose. Era diventato parte integrante dell'ambizione del pianista: diventare famoso con Rivaille al suo fianco. E a quest'ultimo piaceva questo pensiero.
Ma, come si dice spesso, un fiore ci mette mesi a sbocciare, ma ci vuole un secondo per strapparlo dal prato. 
Rivaille ricorda solamente che erano in auto, lui stava guidando, e stavano litigando malamente su un argomento ridicolo. 
Successe tutto molto in fretta: tra una cosa e l'altra, il litigio degenerò, tanto da non far più attenzione alla strada. Quello che poi gli hanno raccontato i medici fu che aveva avuto un violento frontale con un auto che veniva dalla direzione opposta, e che lui era stato sbalzato fuori dal veicolo. Invece Erwin, era rimasto bloccato nell'abitacolo fino all'arrivo dei soccorsi. Gli raccontarono anche che, nell'impatto, il cofano anteriore si è accartocciato completamente, facendo rimanere il musicista schiacciato tra il cruscotto e il sedile.
Rivaille si portò le mani alla testa, che scoprì fasciata da bende strette. 
« Dov'è » pronunciò con un tono freddo e tagliente. I medici non gli risposero subito, tanto che dovette ripetere ancora più fermamente.
« … purtroppo ha riportato un danni molto gravi e ha perso l'utilizzo del braccio destro » terminò un medico, e fu come una doccia fredda.
La prima volta che Rivaille vide Erwin dopo l'incidente fu qualche giorno dopo la parlata con i medici. Si era alzato a forza dal lettino e si era trascinato fino alla stanza dove avevano chiuso il pianista.
Era steso sul letto, con la testiera rialzata e tutti gli apparecchi affiancati, che producevano ogni tanto qualche suono robotico. Aveva il braccio completamente fasciato.
Rivaille prese una sedia e si poggiò con fare pensieroso sui bordi del suo letto. 
Stette in quella posizione per svariato tempo, con la fronte aggrottata per i troppi pensieri. Rimase lì, a guardare il profilo rilassato nel sonno di Erwin, mentre si chiedeva cosa sarebbe successo dopo il suo risveglio. Il grave infortunio non gli permetterà più di suonare, pensò Rivaille. 
Si ricordò gli occhi del pianista, il giorno in cui si incotrarono. Erano pieni di speranze, di voglia di vivere. Era sicuro che, una volta alzatosi da quel lettino, Erwin non avrà altro che occhi di un azzurro vitreo, morto.
Dopo qualche settimana, Erwin fu dimesso. Entrambi tornarono a vivere nell'appartamento nel centro città, ma qualcosa era profondamente cambiato, Rivaille lo sentiva sulla pelle, nell'aria.
Sul piano a coda bianco cominciò a formasi un strato di polvere, e per quanto venisse spolverato, la patina di grigio riappariva più spesso.
Così era diventata la relazione tra i due: impolverata. Non toccata. Fredda. Abbandonata.
Le giornate erano scandite da azioni ripetute, Erwin che combatteva contro il suo handicap, e Rivaille contro il crollo psicologico.
Non ci volle molto tempo, che una mattina il pianista andò via di casa. Senza preavviso, facendo la valigia con il minimo indispensabile durante la notte. Lasciò un biglietto sulla porta d'ingresso, "Tornerò". Poche lettere nel centro del foglio bianco.
Rivaille, preso dall'impulsività, diede un calcio ad uno dei piedi del pianforte, provocando un suono sordo, dovuto alle percussione violenta. Imprecò.
Avrebbe voluto spaccare le prime cose che gli capitavano sotto mano. Avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto esprimere tutto quello che provava. 
Prese il cappotto, se lo infilò in fretta e uscì di casa. La chiuse a chiave: decise che per un po' non sarebbe tornato lì. 

Passarono mesi, prima che Erwin tornasse.
Non fu mai palese dove andò a finire in quell'arco di tempo, Rivaille non glielo chiese mai. 
Appena varcò la soglia del loft, la trovò diversa. Qualche mobile spostato, un po' disordinata, segno che qualcuno lì ci viveva ancora. Per tutto il tempo in cui Erwin fu via, infatti, aveva avuto il terrore che Rivaille se ne andasse e, al suo ritorno, non avrebbe trovato nessuno.
Fece qualche passo nel salotto, che subito dal corridoio sentì dei passi veloci, e in pochi attimi si ritrovò la figura del compagno davanti, con gli occhi sgranati per la sorpresa. 
« Ehi » pronunciò Erwin, con tono dolce. Stese il braccio buono, come ad invitarlo ad abracciarlo, e Rivaille esitò. 
Per un momento, pensò che l'altro girasse i tacchi oppure gli rispondesse in malo modo. Invece gli si gettò tra le braccia, appoggiando la fronte sul petto del compagno. Non pianse, non era certo da lui, non disse nemmeno una parola. Per dei buoni munuti rimasero entrambi in silenzio, mentre Erwin carezzava lentamente la testa di Rivaille.
« Bentornato » disse poi, a bassa voce.
Rimasero insieme, quella notte, stretti l'uno a l'altro, in un abbraccio a lungo desiderato. Rivaille si era dimenticato cosa si provava ad addormentarsi al suo fianco, si era dimenticato com'era la sensazione calda di stare abbracciati a chi si ama, in questi mesi in cui il letto è stato sempre freddo.

« L'hai tenuto bene, vedo » disse Erwin, passando la mano sui tasti avorio del pianoforte. Gli era mancato quell'oggetto, gli era mancato il contatto con la musica, essenza della sua vita. Non toccava uno strumento da molto tempo. 
«Ho fatto del mio meglio» rispose solamente Rivaille, raggiungendolo. Erwin si mise a sedere, e provò a premere qualche tasto. Il suono nitido e melodioso si espanse per la stanza, ma si spense subito dopo.
Sospirò, « Con solo una mano, non potrò fare granché », affermò con tono triste. 
L'altro si sedette vicino a lui, e con sicurezza disse « Prova ancora ».
Erwin lo guardò, per poi tornare sul piano. Cominciò a suonare, poche note, ma quando stava per fermarsi, Rivaille continuò a suonare per lui, e così via, fino alla fine della canzone.
Erwin era senza parole. L'altro sorrise, compaciuto, « Ho imparato, sai? ». Da quel momento, anche Rivaille aveva un sogno: essere, per sempre, il braccio destro di Erwin, e far avverare così anche il sogno del pianista.
 
   
 
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