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Autore: BrokebackGotUsGood    02/04/2015    1 recensioni
Un'estate.
Una vacanza.
Un incontro che può salvarti la vita nel vero senso della parola, che può darle un nuovo significato e renderla più bella di quanto lo sia mai stata.
Tornare a casa, a volte, è l'ultima cosa che il tuo cuore desidera.
Perché non potevo appartenere eternamente alle sue braccia e far durare per sempre quel momento, quei giorni, quell'estate?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A love that will never grow old'
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June 5th





 
Ed eccoci lì, appena atterrati al LAX, anche se ancora stentavo a crederci.
Insomma, mio padre non si era mai preoccupato di far fare a me e mia sorella qualcosa di vagamente simile a una vacanza (se non una settimana dai nostri parenti a Sydney), mentre qualche giorno prima ci aveva fatti sedere con calma sul divano in soggiorno e ci aveva tranquillamente comunicato che saremmo partiti per gli Stati Uniti, e che ci saremmo rimasti per tutta l'estate, perciò era lecito essere leggermente confusi.
Cosa diavolo gli fosse preso, non ne avevo la più pallida idea.
Forse, dopo anni e anni, si era reso conto di fare effettivamente schifo come genitore e aveva deciso di rimediare cominciando da un bel viaggetto, forse voleva trovare un buon modo per distrarsi e non pensare al recente divorzio con la mamma (perché sì, faceva piuttosto schifo anche come marito. Diciamo che, più in generale, era un fallimento come uomo) o forse era semplicemente impazzito, fatto stava che mi aveva lasciato con un punto interrogativo grande come una casa stampato in fronte, soprattutto quando mi aveva detto che ci avrebbe ospitati lo zio Haydn, che non si faceva vivo da quando avevo circa quattro anni e non sapevo nemmeno se si ricordasse di avere due nipoti. 
Già, proprio una bella famiglia, la mia. Potete immaginare quanto avessi vissuto felicemente i diciassette anni della mia vita.
Comunque, sia io che mia sorella ci eravamo sempre fatti bastare le meravigliose spiagge della nostra Perth e non avevamo mai avuto un particolare desiderio di andare in vacanza all'estero, figuriamoci in America; avevamo pure detto a papà di non spendere così tanti soldi per qualcosa di non strettamente necessario, anche perché non è che navigassimo nell'oro e la prima cosa a cui avrebbe dovuto pensare sarebbe stata arrivare a fine mese, ma lui aveva insistito dicendo che, una volta tanto, voleva concedersi almeno uno sfizio.
Chiamalo sfizio! Negli Stati Uniti, cazzo!
Ad ogni modo, io e Kate non avevamo avuto voglia di ribattere e dare vita a nuovi litigi, perché di quelli ce n'erano già abbastanza ogni giorno, e avevamo fatto i bagagli senza chiedere ulteriori spiegazioni, pensando che, in fondo, non sarebbe stato poi così male trascorrere l'estate in una località balneare come Santa Monica, dove lo zio Haydn aveva la casa. E poi io avrei sempre potuto fare surf come era mia abitudine, almeno quello non me lo toglieva nessuno, e guai se qualcuno avesse osato farlo.
Non sapevo cosa aspettarmi da quell'estate, sarebbero potute succedere un sacco di cose così come non sarebbe potuto cambiare un bel niente, ma stranamente la curiosità, seppur non in maniera esagerata, aveva cominciato a farsi strada dentro di me una volta salito sull'aereo e, ora che eravamo giunti a destinazione, stava perfino cominciando ad aumentare.
Uscimmo dall'aeroporto cercando di farci strada tra la calca senza ammazzare nessuno con le valigie, giungendo non senza fatica nella zona dei parcheggi; venimmo subito accolti dal grande caldo tipico dell'estate californiana (cosa che mi fece molto piacere, dato che invece in Australia le temperature si aggiravano attorno ai 16°C), tant'è che fummo costretti a toglierci gli strati di vestiti in più che avevamo indossato alla partenza, poi mio padre tirò fuori il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni e compose il numero di Haydn per avvertirlo del nostro arrivo e per farci venire a prendere da lui, come si erano precedentemente messi d'accordo tramite email.
Mi appoggiai di schiena al palo di un cartello lì vicino, mentre Kate aveva iniziato a farsi aria con una rivista di gossip che si era portata dietro e, in effetti, anch'io stavo già cominciando a sentire parecchio il caldo.
-Secondo te gli americani sono come noi?- mi chiese ad un tratto, guardando un punto imprecisato davanti a sé. -Voglio dire...pensi che abbiano uno stile di vita tanto diverso?-.
Feci spallucce con aria indifferente, dando un calcio ad un sassolino e facendolo finire in una grata. -E che ne so. Sei tu quella che sta tutto il giorno su internet o davanti alla tv-
-E piantala, non è vero!-.
Risi sommessamente, evitando una pacca che cercò di tirarmi sulla nuca. -Non chiederlo a me comunque, non mi sono mai informato e non sono mai stato interessato a farlo. Diciamo che mi sono sempre stati piuttosto sulle palle, dall'immagine che ho sempre avuto di loro-
-Sarebbe a dire?-
-Figli di papà con i soldi che escono dal buco del culo-.
Ci pensò su un momento, facendo poi una smorfia rassegnata. -Mh. Forse hai ragione. E poi penso proprio che i ragazzi siano più carini in Australia-
-Modestamente-
-Perché oggi sei particolarmente insopportabile?!-
-Non so, sarà l'idea di dover condividere la camera con te per un'intera estate!-
-Aaahh vieni qui, brutto...-.
Iniziammo una mini-lotta contro il palo del cartello, lei che cercava ancora di darmi una pacca sulla nuca e io che la bloccavo per i polsi, entrambi ridendo, perché alla fine non si trattava mai di veri e propri litigi: ci punzecchiavamo a vicenda (soprattutto io mi divertivo un mondo a darle fastidio), e anche piuttosto spesso, ma adoravo la mia sorellona e quello era un po' il nostro modo di dimostrarci affetto, di cui non ci lamentavamo mai, in fin dei conti.
-Buoni, voi due!- ci ammonì nostro padre, reduce dalla telefonata. -Non avete più due anni, per l'amor di Dio-.
Alzai gli occhi al cielo senza farmi vedere, non capendo perché a volte si ostinasse a voler fare il padre che impartiva la buona educazione ai figli quando era lui in primis a fare una cazzata dopo l'altra e quando, soprattutto, eravamo sempre stati io e Kate a badare a noi stessi senza che lui ci dicesse cosa fosse giusto o sbagliato, anche perché non si poteva esattamente definire un modello da seguire con ammirazone, come ogni figlio normalmente faceva con il proprio padre.
-Vostro zio arriverà tra venti minuti al massimo, la spiaggia di Santa Monica non è molto lontano da qui- disse poi, accendendosi una sigaretta e appoggiandosi al mio stesso palo.
E così, venti minuti dopo, sarebbe iniziata la nostra vacanza.
Quello che avevo detto poco prima a mia sorella riguardo agli americani lo pensavo davvero, ma, ora che ci riflettevo, non mi ero mai fatto un'idea precisa sugli Stati Uniti, su come potesse essere la vita lì o sui modi di fare e di comportarsi della gente; ero sempre stato piuttosto chiuso anche da quel punto di vista, perché per me erano esistite sempre e solo Perth e le sue spiagge, gli unici luoghi in cui riuscivo a trovare un po' di pace, a dimenticarmi della vita di tutti i giorni e ad essere me stesso senza regole o limiti di nessun genere, e mi ero sempre convinto del fatto che non sarei mai potuto stare così bene in nessun altro posto. Non avevo mai avuto voglia né la necessità di cambiare aria, nemmeno una volta e il fatto che non avessi amici (o almeno, non che io considerassi tali) non mi aveva mai disturbato, anzi, ero il primo a non volerne. 
Ma quella volta c'era qualcosa che, senza che io stesso me lo aspettassi, mi stava inconsciamente spingendo a considerare eccitante l'idea di passare un'intera estate in un altro continente, cosa che mai mi sarei sognato di fare prima d'allora, nemmeno se fossimo stati la famiglia più ricca del pianeta; avevo una strana sensazione al riguardo, come se una vocina in un angolo angusto della mia mente sapesse già che molti eventi avrebbero reso quei mesi in qualche modo indimenticabili e che non avrei dovuto lasciarmeli sfuggire, ma era una cosa che non riuscivo a spiegarmi. Era come un presentimento, lo sentivo invadermi lo stomaco e il petto.
Speravo solo che le mie sensazioni ci avessero preso giusto.
Venti minuti furono, anche se a me sembrò una vita, avendoli trascorsi sotto il sole cocente: vedemmo una Chevrolet grigia, il cui arrivo venne annunciato dal suono del clacson, accostare a pochi metri di distanza da noi e subito dopo si abbassò il finestrino dalla parte del guidatore, mostrando un uomo quasi completamente calvo (fratello di mio padre, ovvio), occhialuto, sulla cinquantina, che ci salutò con un gesto della mano.
-Benvenuti negli States!- disse con tono affabile e un tipico accento californiano, mostrando il suo miglior sorriso. -Heath, Kate, quanto tempo! Guardate come siete cresciuti, accidenti-.
Noi due ci limitammo a un debole ''ciao'', nello stesso modo in cui lo avremmo detto ad un estraneo (e in effetti ci si avvicinava molto) e facemmo un sorrisino tirato, mentre io stetti zitto riguardo al fatto che fosse stato lui ad essersi volutamente perso la nostra crescita e quindi non si doveva meravigliare se il tempo era passato senza che se ne fosse accorto.
-Anche tu non ti facevi vivo da un po', eh, Kim?- disse poi rivolgendosi a nostro padre, che si avvicinò all'auto e ci fece cenno di seguirlo. 
-Beh, io e i cellulari o i computer non abbiamo mai avuto un buon rapporto-.
E quando mai hai avuto un buon rapporto con qualcuno?
-Finché non devi sfruttare le persone per una vacanza- rispose Haydn scherzosamente, beccandosi uno sguardo sarcastico.
-E piantala...Forza ragazzi, caricate pure le valigie nel bagagliaio e salite a bordo-.
Così facemmo e, una volta accomodati sui sedili posteriori e chiuse le portiere, partimmo alla volta della Ocean Avenue, affacciata sulla spiaggia dove avrei trascorso la maggior parte del tempo durante tutta l'estate, anche se ancora non sapevo quali motivi mi avrebbero spinto a farlo.
In pochi minuti di viaggio Haydn riuscì a farci domande sulla nostra intera esistenza, come se improvvisamente gli interessasse di noi: tutto bene? Come va a scuola? Hai già un ragazzo, Kate? E tu, Heath, qualche ragazza che ti ronza intorno? Avete qualche progetto per il futuro? E' la prima volta che venite in vacanza? e bla, bla, bla.
Noi ovviamente rispondemmo a tutto, anche se non fornimmo dettagli di alcun genere, ma più volte ci scambiammo sguardi scocciati e mi sembrò che nostro padre se ne accorgesse attraverso lo specchietto retrovisore. 
Poi giungemmo nel grande, luminoso e moderno appartamento che ci avrebbe ospitati (si trattava bene, lo zietto) e fui molto contento di scoprire che, poco più in là del letto che avevo scelto per dormire, c'erano tre bellissime tavole da surf nuove di zecca, che decisi avrei provato subito il giorno seguente; in quel momento, però, tutto quello di cui io, mia sorella e mio padre avevamo bisogno era una sana e lunga dormita, perché il fuso ci aveva letteralmente distrutti e non saremmo stati in grado di compiere qualsiasi movimento.













-Piccola precisazione: in realtà i genitori di Heath divorziarono quando lui aveva circa undici anni, mentre qui ne ha diciassette, ma mi serviva per rendergli la vita ancora più complicata XD

Ed ecco l'AU di cui vi avevo accennato :P Questo è semplicemente un capitolo introduttivo ed è il meno interessante, più avanti ovviamente succederanno molte più cose.
Sì, lo so, con questa ho ben tre storie in sospeso, ma...avevo troppa voglia di pubblicarla. Era un'idea che avevo in testa da troppo tempo e non ho saputo trattenermi oltre dal cominciare a buttarla giù. Ed è un'idea che, strano ma vero, mi piace abbastanza (sottolineo abbastanza), quindi...beh, penso che trascurerò un po' le altre due per scrivere il prossimo capitolo, dato che non vedo l'ora di far incontrare Heath e Jake (hehehe), ma anche perché per Sometimes when we touch sono totalmente priva di idee e per quanto riguarda Untitled devo aspettare che mi torni la vena depressiva (?) che avevo quando l'ho iniziata. Forse farò un'eccezione per il compleanno di Heath, che è tra due giorni ç__ç
Spero che questa nuova fic sia di vostro gradimento, per una volta che piace anche a me un frutto della mia mente contorta XD
Ci vediamo al prossimo (con le vacanze di Pasqua dovrei riuscire a portarmi abbastanza avanti)!
Baci
Melissa

P.S. Cassie, se ho sbagliato o se sbaglierò ancora qualcosa su Santa Monica o sugli Stati Uniti in generale, correggimi, ti prego XD
 
   
 
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