Ucarn entrò nell'imponente sala del trono. Gli piaceva quella sala, sopratutto per la porta: era l'unica di tutto il castello che permetteva al giovane di passare a testa alta. Ucarn non sopportava piegare la testa ma, dato i suoi due metri e dieci di altezza, non poteva fare altrimenti. La stanza era molto grande, fiancheggiata da colonne a spirale e con una pavimentazione nera come l'inchiostro. Ucarn arrivò al cospetto del trono d'ebano. La gigantesca sedia intagliata metteva in risalto la piccola statura dell'uomo seduto su di essa. L'uomo piccolo e calvo con le mani sudaticce si alzò in piedi. <> chiese Ucarn con il suo vocione profondo. <> Parla parla parla, l'uomo piccolo e calvo con le mani sudaticce parlava sempre. Da quando Ucarn aveva memoria l'uomo piccolo e calvo con le mani sudaticce aveva sempre parlato; parlato di alchimia, parlato di scenza, parlato a vanvera, aveva pronunciato ogni genere di discorso: comico, servile, supplice, arrabbiato, paterno, vuoto. un tempo Ucarn aveva ammirato e rispettato il suo maestro alchimista, ora non più. L'uomo piccolo e calvo con le mani sudaticce aveva adottato Ucarn quando era ancora neonato e gli aveva insegnato tutti i segreti dell'alchimia, vecchio stoloto. <> concluse l'uomo piccolo e calvo con le mani sudaticce. Ucarn si avviò silenzioso verso la porta, gli sarebbe piaciuto molto ucciderlo, ma aveva ancora bisogno di lui, doveva ancora insegnarli qualcosa. Allora Ucarn lo avrebbe ucciso, definitivamente.