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Autore: Magicwolf02    02/04/2015    1 recensioni
Rebecca è una normalissima sedicenne che vive con una madre non troppo presente e un fratellino pestifero di appena sei anni. Poi ci sono Micheal e Gina i proprietari del market dietro l'angolo che sono amici di famiglia. Poi c'è la vecchietta sorda del primo piano. Poi c'è Jessica la migliore amica di Rebecca e insieme ne combinano di tutti i colori. Poi ci sono Brenda e Kim due ochette amanti del gossip che non si fanno mai gli affari propri. Poi c'è la bidella Giovanna che nasconde un segreto. Poi William il capitano della squadra di football amato da tutte le ragazze. Ted il nerd della classe ma con un cuore d'oro. E poi Ryan un delinquente che presto farà parte della vita di Rebecca. Ci saranno litigi, amori, feste, professori rompiscatole, compiti a sorpresa, puntate di dragon ball, ma soprattutto ci saranno tante ma tante risate.
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Sono seduta in una sedia davanti ad un tavolo, pensando a come abbia fatto a trovarmi in una situazione assurda come questa. Due poliziotti davanti a me discutono a bassa voce, ma riesco comunque a sentirli dato che sono a due passi da me.
-dobbiamo cercare di farla parlare- dice uno.
-è quello che abbiamo fatto finora, ma lei non si decide a spiaccicare parola- dice l’altro. Si girano lentamente verso di me, mi guardano un attimo e poi riprendono a parlare. Mi hanno fatto un po’ di domande poco fa’ riguardo a dei soldi rubati trovati nel mio armadietto a scuola  ma ho risposto solamente che volevo vedere mia madre. Così loro l’hanno chiamata e fra un po’ dovrebbe arrivare. Sono pronta a sorbirmi tutte le sue lamentele.
-hai chiamato la madre?- chiede il poliziotto che a parer mio è il più stupido.
-ti ho già detto di sì, attiva quel cavolo di cervello per una buona volta- gli risponde l’altro.
-scusate dovrei andare al bagno- dico alzandomi, interrompendo quell’assurda conversazione.
-ehm si, per favore Trevor potresti accompagnare la signorina al bagno?- si rivolge il poliziotto al collega.
-subito!- esclama l’altro accompagnandomi all’esterno di quella stanza che ormai stava diventando opprimente. Appena usciti ci dirigiamo ad un lungo corridoio stracolmo di poliziotti che si prendono il caffè e discutono degli ultimi casi. Ecco, io un giorno vorrei essere proprio come quei poliziotti, vorrei poter parlare di casi e riuscire magari a risolverli. Ma forse il lavoro del poliziotto non è così bello come credo, forse la mia mente è piena di scemenze prese da film, molto probabile. Arriviamo davanti a due porte una con un omino maschio sopra e l’altra con un omino femmina. Mi fa’cenno di entrare così apro la porta.
-io ti aspetto fuori, non provare a scappare- mi dice cercando di avere un tono autoritario, ma fallendo miseramente. Qualcosa mi dice che anche se scappassi non se ne accorgerebbe. Comunque, scappare da una caserma non è tra i miei programmi. Appena entro non trovo nessuno così mi sciacquo la faccia e mi guardo allo specchio. La mia espressione è alquanto sconvolta ma penso sia del tutto normale data la situazione. Provo a darmi una sistemata ai capelli arrangiandomi come posso. Avrei voluto chiamare mia madre con il cellulare ma purtroppo quei poliziotti me l’hanno sequestrato non appena sono entrata. Decido di uscire per non allarmare Trevor-mister-poliziotto.
-eccoti finalmente, mi hanno detto che tua madre è appena arrivata, ti aspetta in segreteria, percorri tutto il corridoio e gira a destra, più avanti c’è una porta, là si trova tua madre insieme al mio collega Jim- mi spiega. Quale stupido poliziotto lascia andare un sospettato in giro per i corridoi da solo? Ah, si, questo stupido poliziotto!
-ok, grazie Trev- dico mettendomi poi a correre seguendo tutte le sue indicazioni.  Trev? Ma da quando prendo così confidenza con i poliziotti? Oggi mi sento un po’ strana, sarà stato tutto quello che è successo che mi ha scombussolata. Arrivo davanti la porta e rallento spaventata da quello che potrei trovarci all’interno. Magari mia madre non è affatto arrabbiata ma solo preoccupata e appena varco quella porta corre ad abbracciarmi piangendo. No, questo potrebbe benissimo accadere in un film drammatico. Oppure magari è arrabbiatissima e quando entro mi prende per le orecchie e comincia a dirmene di tutti i colori. Si, questa mi sembra plausibile. Mentre penso a queste cose la porta davanti a me si apre rivelando mia madre con in braccio mio fratello che parla con il poliziotto.
-e quindi abbiamo pensato che fosse stata lei..- Jim s’interrompe vedendomi. Io continuo a guardare mia madre ma lei pare non interessarsi a me e continua a guardare il poliziotto annuendo. Mi verrebbe da urlare “ehi, sono qui!” ma mi trattengo. Ad un certo punto quando vede che il poliziotto non continua si gira e mi guarda.
-continui pure- dice mia madre al poliziotto come se non mi avesse per niente notata.
-forse è meglio che vi lasci parlare un minuto da sole, poi dovrebbe venire nel mio ufficio per firmare delle cose- dice Jim lasciandoci poi da sole. Mia madre annuisce e mette giù mio fratello che mi viene incontro abbracciandomi. Io gli sorrido e ricambio l’abbraccio calandomi per raggiungere la sua altezza.
-che hai combinato sorellona?- mi chiede staccandosi dall’abbraccio.
-niente fratellino- gli dico scompigliandogli i capelli.
-senti vuoi che ti compri uno snack al distributore automatico?- gli chiedo poi. Lui annuisce e comincia a saltellare per il corridoio. Lo prendo per mano e lo conduco verso il distributore.
-ecco- gli dico porgendogli lo snack. Mi prende lo snack e comincia a smanettare con la carta cercando di aprirlo. Mi giro verso mia madre che ci aveva seguiti fin lì e la vedo che legge un cartello insignificante appeso al muro. Bene, io sono meno importante di un cartello.
-sei arrabbiata?- gli chiedo dopo un po’ facendomi coraggio. Mi mordo il labbro, forse non avrei dovuto dirlo ma quel silenzio era insopportabile. Lei si gira di scatto sorpresa e mi guarda.
-perché mai dovrei essere arrabbiata se mia figlia ruba qualcosa?- dice ironicamente.
-io non ho rubato niente, lo sai vero?-.
-e chi me lo dice?-.
-io! Io te lo dico!- comincio ad alzare la voce facendo girare tutti i poliziotti che giravano di là.
-non alzare la voce con me, ti ricordo che sono tua madre- dice con un tono troppo calmo.
-beh, grazie per avermelo ricordato dato che a volte pare che io non ce l’abbia nemmeno una madre-continuo dopo –a volte sembra che io non esistessi, ti fai sempre i cavoli tuoi e poi mi vieni a dire che sei mia madre?-. Ormai ho perso il lume della ragione.
-mamma, me lo apri?- ci interrompe James con lo snack. Mia madre fa’ come gli ha detto. Io non so davvero certe volte come fa a rimanere così calma. All’improvviso arriva Jim e ci chiede di seguirlo nel suo ufficio. Io e mia madre non diciamo una parola e lo seguiamo. Arrivati lì ci sediamo nelle sedie davanti alla grande scrivania piena di cianfrusaglie da poliziotti. Mi guardo intorno e vedo una miriade di cassetti con documenti messi sicuramente in ordine alfabetico dato che ogni cassetto ha una lettera incisa sopra. È tutto molto affascinante mi sento tanto in un film. Peccato che non mi stia godendo tanto questa cosa a causa della conversazione appena avuta con mia madre.
-allora signora, lei mi ha detto che non sa niente riguardo al fatto che sua figlia molto probabilmente ha rubato i soldi della sua scuola?- comincia Jim guardando prima mia madre e poi me.
-no assolutamente niente- risponde tranquilla.
-e tu Rebecca? Perché non hai voluto rispondere a nessuna delle nostre domande?- mi chiede poi.
-perché non ho la risposta- rispondo imitando la tranquillità e l’indifferenza di mia madre.
-si ma lo sai che così facendo non possiamo sapere chi è stato?-.
-senta non lo so nemmeno io chi è stato, so solo che io non ho fatto niente e mi deve credere se le dico che è così- rispondo cercando di mantenere la calma ma non riuscendoci.
-calmati- mi dice mia madre toccandomi una mano che io scosto prontamente.
-senti Rebecca aldilà di cosa tu non abbia fatto, devo sapere se per caso c’è qualche fatto che ultimamente ti ha particolarmente colpita nella tua scuola, non lo so magari qualcuno che può averti voluto incastrare- riprende a parlare Jim.
-come faccio a saperlo? La scuola è ricominciata solo oggi-. Aspetta, aspetta, aspetta! Oggi è successo qualcosa di strano. Mi alzo di scatto dalla sedia lasciando mia madre e Jim sorpresi.
-si, ora ci sono! Ryan! È Ryan!- esclamo tutta felice come se la mia risposta mi portasse a vincere un ambito premio di chissà quale quiz televisivo. Il poliziotto e mia madre continuano a guardarmi come se fossi una malata da compatire.
-Ryan!-ripeto –il ladro che ho acciuffato al negozio di Gina e Micheal- dico per farmi capire meglio da mia madre.
-ah si mi ricordo-. Per un momento pare che i disaccordi tra me e mia madre siano spariti.
-scusate ma di che state parlando?- chiede Jim. Giusto! Lui non sa niente.
-del ladro che ho fermato ben due volte dopo aver rubato- dico orgogliosa.
-e come fai a sapere che si tratta di lui?- mi chiede. Mi aspettavo delle congratulazioni e un posto come poliziotta in cambio, ma va bene lo stesso.
-perché l’ho rivisto questa mattina, era nella mia scuola a ricreazione e diceva di essersi trasferito là-.
-si chiama Ryan giusto?- chiede. Io annuisco e mi risiedo.
-i miei amici Gina e Micheal l’hanno denunciato qualche giorno fa’- dico dopo un po’. Jim comincia a cercare dei documenti nei cassetti. Dopo un po’ ritorna alla scrivania con un plico in mano.
-ecco, qua ho la denuncia dei vostri amici, adesso sappiamo dove dobbiamo cercare, grazie per il vostro aiuto e scusate per il malinteso-.
-non si preoccupi- dice mia madre prima di alzarsi.
-però prima di andarsene signora deve firmare delle carte- ci ferma Jim. Mia madre annuisce e prende la penna che Jim le stava porgendo.
-quindi..come hai fatto ad acciuffare questo ladro Rebecca?- mi chiede sorridendomi Jim. Aspettavo quella domanda.
-oh beh, niente di che l’ho solo fermato ma non sono stata abbastanza brava dato che tutte le due volte me lo sono lasciato scappare prima di aver chiamato la polizia- rispondo. Jim mi sorride di nuovo e poi stringe la mano a mia madre e in seguito a me.
-per qualsiasi cosa chiamate- dice prima di lasciarci andare. Stiamo per uscire dall’edificio quando mi fermo all’improvviso.
-O mio Dio, James!!- urlo a mia madre che era quasi arrivata al parcheggio. Corro di nuovo dentro e vado verso la segreteria.
-mi scusi per caso ha visto un bambino di sei anni qui?- chiedo alla segretaria. Lei annuisce e sorride indicandomi una porta accanto. Io la ringrazio e ci vado dentro. La scena che mi ritrovo davanti e a dir poco scioccante. Vedo mio fratello circondato da poliziotti in pausa pranzo che ridono ad ogni sua mossa. Cosa caspita sta facendo mio fratello?
-ehm..scusate il disturbo ma mio fratello deve andare- dico trascinando per un braccio mio fratello fuori da quella folla.
-è tuo fratello? Allora sei tu la famosa Rebecca! James ti stava imitando- dice una poliziotta.
-eheh..si è molto simpatico mio fratello- dico lanciandogli un’occhiataccia a mio fratello che stava ridendo come un matto.
-ok, noi togliamo il disturbo-.
Nel tragitto in macchina per tornare a casa ripenso a tutto quello che è successo oggi, e ci impiego un ora buona perché sono successe veramente tante cose. Sono stanchissima, l’unica cosa che vorrei fare in questo momento è buttarmi nel letto ed infatti è la prima cosa che faccio quando finalmente arrivo a casa. Casa dolce casa. L’unica cosa che non mi riesco a spiegare è il perché delle azioni di Ryan, sempre che sia stato lui ad incastrarmi. Ma finora è l’unico sospettato. Ok, devo finirla di parlare come se fossi in una serie crime. Basta sognare! Comunque è strano che sia stato lui dato che l’ultima volta che ci siamo visti sembrava quasi che le cose tra di noi si fossero sistemate. Ma forse mi sbagliavo. Stamattina quando l’ho visto a scuola sembrava un po’ strano, sono stata una stupida a non accorgermene prima. Ad un certo punto mi squilla il cellulare. “Jessie Jess”. Sapevo che mi avrebbe chiamata, e se non lo avesse fatto lo avrei fatto io.
-ehi bella!- dico cercando di usare un tono allegro ma tutto quello che mi esce dalla bocca è qualcosa simile ad un mugolio di uno che si appena svegliato.
-ehi Ro, tutto bene?- mi chiede abbastanza preoccupata.
-si, è solo che mi stavo quasi per addormentare-.
-ah ok, allora com’è andata alla polizia? Che ti hanno detto?-.
-semplicemente che hanno trovato dei soldi rubati nel mio armadietto e che quindi sospettavano di me ma io ovviamente non c’entravo niente-.
-e chi è stato allora?-.
-Ryan, il ladro che ho fermato durante le vacanze, quello di cui ti ho parlato-.
-oh, ho capito-.
-a scuola invece com’è andata?-.
-se intendi dire se hanno sparlato di te allora male, non hanno fatto altro per tutta la giornata-.
-non sei d’aiuto-.
-scusa, ma è la verità, soprattutto quelle due oche come le chiami tu-.
-che dicevano?-.
-“non è per niente alla moda rubare dei soldi alla scuola”- dice imitando la voce stridula di Kim.
-e poi “quella là è talmente povera che ha bisogno di rubare”- dice poi imitando Brenda. Mi metto a ridere non pensando alle parole ma solo all’imitazione appena fatta dalla mia amica. Io lo so che lei lo sta facendo per me, per farmi sorridere e gliene sono grata, ma mi sento comunque uno schifo. Sento sospirare dall’altra parte del telefono.
-vuoi che venga a farti compagnia? Magari ci guardiamo un bel film e poi sparliamo di quelle due davanti a una vaschetta di gelato- mi propone.
-no, oggi non ne ho voglia mi dispiace-.
-magari posso semplicemente farti compagnia-.
-non c’è bisogno veramente…sto bene-.
-sicura?-.
-si,sicura-.
-ok, allora ti saluto ma per qualsiasi cosa chiama, va bene?-. Non posso fare a meno di sorridere.
-va bene, ciao Jessie Jess-.
-ciao, Rebby Ro-. Detto questo chiudo la telefonata e riprendo a sonnecchiare ad occhi aperti guardando il soffitto.
Il giorno dopo mi sveglio abbastanza tardi. Ho ancora i vestiti addosso. Ieri sera dopo aver cenato non ho avuto neanche le forze per infilarmi il pigiama e mi sono addormentata così. Mi alzo controvoglia e corro in bagno. Mi preparo molto velocemente non badando molto a cosa mettermi e alla fine mi metto una tuta ed una felpa larga. Mangio due biscotti al volo, saluto mia madre e corro verso la scuola. Arrivata all’entrata vedo che non c’è nessuno, in effetti sono le 8:30 saranno già tutti dentro. Nei corridoi vedo solo qualcuno che come me si affretta ad entrare. Appena arrivata davanti alla mia classe busso e poi entro.
-buongiorno, scusi per il ritardo professoressa-. A prima ora abbiamo arte quindi appena sono entrata ho trovato la professoressa Mccurdy intenta a disegnare qualcosa simile a un picasso alla lavagna.
-Rebecca, alla buon’ora- mi dice avvicinandosi alla cattedra per scrivere il mio ritardo. Vedo tutti i miei compagni bisbigliare all’orecchio qualcosa di poco carino nei miei confronti. Cosa ho fatto per meritarmi questo? Mi limito a sorridere timida e a sedermi nel mio banco accanto a Jessica.
-ciao- gli dico a bassa voce dandogli un bacio sulla guancia.
-ciao- ricambia lei sorridendomi. Devo farmi coraggio, tutto passerà. Comincio a prendere i miei libri dallo zaino quando il suono di due voci stridule e familiari mi fa girare.
-sei troppo povera che non puoi neanche permetterti dei vestiti decenti per venire a scuola?- comincia Kim. Io sbuffo e non mi prendo neanche la briga di rispondergli, ma è una cosa impossibile ignorarle dato che sono nel banco di fronte al mio.
-quei vestiti l’hai presi nella spazzatura prima di venire- continua Brenda.
-smettetela, siete delle odiose vipere che sanno solo parlare, se voi non avesse quei vestiti firmati e quelle scarpe di marca non avreste neanche un briciolo dell’autostima che ha Rebecca indossando una semplice tuta ed è proprio questo che la rende migliore di voi- mi difende Jessica. Le sue parole le lasciano basite e senza parole. Se solo quello che avesse detto fosse vero, se solo avessi tutta questa autostima. Di certo dopo quello che mi hanno detto me l’hanno abbassata di molto. Invece quello che ha detto Jessica in qualche modo mi ha risollevato il morale. Gli sorrido e lei ricambia. Le due oche si girano e noi ci diamo il cinque. Non so cosa farei senza di lei. Le ore passano velocemente e finalmente arriva la ricreazione.
-ehi Rebecca, come..come stai?- mi chiede Ted grattandosi la nuca prima che io possa uscire dalla classe.
-tutto bene- dico sorridendogli. Lui arrossisce di poco e io non posso che sorridere ancora di più. La dolcezza di questo ragazzo è insuperabile. Sento qualcosa pungermi il fianco, mi giro e vedo Jessica che sta ammiccando verso di noi. Ted abbassa lo sguardo imbarazzato e noi due ci prendiamo per braccetto e usciamo dalla classe prima che la ricreazione finisca.
-ragazza, è cotto- dice Jessica una volta fuori.
-si, di te ragazza- dico ridendo.
-continui a negare l’evidenza-. Una volta fuori vedo tutti che smettono di fare quello che stanno facendo per girarsi verso di me. Continuano a guardarmi tutti senza dire una parola per un minuto buono. Poi all’improvviso mi sento trascinare via per un braccio da Jessica. Ci mettiamo in un angolino del cortile e ci sediamo sul muretto. Abbasso lo sguardo e poi lo rialzo dopo un po’ per vedere se hanno smesso di fissarmi. Niente da fare, sembra che oggi io sia l’unica cosa interessante della giornata. Fantastico! Ted dopo aver osservato bene la situazione improvvisa una delle sue cadute al centro nel cortile. Si vedeva lontano un miglio che l’aveva fatto apposta. Tutti gli studenti si mettono a ridere e cominciano a prenderlo in giro con battute poco carine. Dopo essersi alzato si gira verso di me e mi sorride. Ricambio il sorriso e gli mimo un “grazie” con le labbra. La ricreazione sta quasi per finire, per ora le cose stanno andando bene e nessuno si è fatto vivo con qualche battuta poco carina nei miei confronti. Sto buttando la carta del mio panino nel cestino quando scorgo una figura familiare fuori la scuola. È dietro la ringhiera e mi guarda. Non è possibile. No devo per forza avere le allucinazioni. Ma se sto bene quello che vedo è proprio lui, è Ryan. Rimango immobile ancora a fissarlo.
-ehi, tutto bene?- Jessica mi risveglia dal mio stato di trance. Mi giro di scatto spaventata. Devo avere una brutta cera.
-ehm..si, stavo solo…ero..-.
-Rebby che hai?- mi chiede preoccupata. Mi giro di nuovo verso il punto in cui l’avevo visto ma non c’è più. Sto seriamente prendendo in considerazione di essere pazza.
-no, niente mi sembrava di aver visto qualcuno di familiare…ma mi ero sbagliata, sto bene- dico facendo un mezzo sorriso. Lei annuisce non ricambiando il sorriso e tutti e due poi torniamo in classe al suo della campanella. Per le seguenti ore mi dimostro distratta e più volte vengo richiamata dai professori per questo. Poi, finalmente, all’orario la campanella suona e mi dirigo verso casa dopo aver salutato Jessica e Ted. Sto per arrivare a casa quando sento dei passi dietro di me. Mi giro ma non vedo nessuno. Mi trovo in un vicolo, è la solita scorciatoia che prendo sempre e da qui non è mai passato nessuno a parte qualche gatto randagio in cerca di cibo. Ricomincio a camminare auto convincendomi che è solo un gatto quando sento di nuovo dei passi. Mi giro di scatto ma si ripete la scena di poco prima, non c’è assolutamente niente. Sono pazza non c’è altra spiegazione. Non ho neanche il tempo di rigirarmi che sento una mano premere sulla mia bocca. Provo ad urlare ma la presa è talmente forte che a malapena riesco a respirare. Eppure quelle mani hanno qualcosa di così familiare.
-sta zitta,sono io-. Quelle parole rimbombano nella mia testa. Quella voce. Quelle mani. Ryan. La presa comincia ad allentarsi. Rimango ferma senza neanche girarmi, ormai so chi è la persona dietro di me. Comincio a sentire tutta la rabbia salirmi. Tutto quello che mi è successo, tutto quello che ho dovuto sopportare in questa giornata, è tutta colpa sua. Mi giro di scatto e gli mollo uno schiaffo in piena faccia lasciandolo sotto shock. Ne approfitto di questo suo momento e comincio a tirargli pugni e calci sfogandomi fino a quando lui non mi ferma.
-ehi, ma che c’è?-.
-c’è che io non voglio più vederti e che più mi stai lontano meglio è- dico nervosa.
-e io che volevo sapere come stavi-.
-come sto? Come sto?? Sto uno schifo ed è solo colpa tua!- urlo ricominciando a dargli pugni, ma lui questa volta si arrabbia e mi prende il polso con forza.
-non urlare hai capito? Voglio sapere che ti ha detto la polizia, mi sta cercando?- mi chiede come se fosse la cosa più normale del mondo.
-si, e ti troverà dato che sanno dove cercarti-.
-gliel’hai detto?-.
-no ma posso anche farlo se voglio-.
-sei solo una stupida ragazzina presuntuosa, non sai niente, tu giudichi le persone perché non sai cosa passano-. Le sue parole mi colpirono anche se non ne capivo a fondo il senso.
-ah si? e allora dimmi perché hai rubato dei soldi dalla mia scuola e poi hai fatto in modo che la polizia incolpasse me-.
-perché dovevo, e non potevo fare in modo che mi arrestassero-.
-si, e allora facevi arrestare me? Un innocente?-.
-ma come vedi non sei stata arrestata quindi non ha più senso arrabbiarsi-.
-non sarò stata arrestata ma a scuola tutti adesso mi trattano come una ladra e in più ho litigato con mia madre per questo motivo per colpa tua…-.
-mi dispiace…-. Mi bloccai subito al suono di quelle parole. Non so perché ma suonavano particolarmente sincere uscite dalla bocca di un delinquente. Ok, devo assolutamente finire di definirlo così, forse ha ragione lui, forse non dovrei giudicarlo.
-dispiace anche me- dico dopo qualche minuto abbassando lo sguardo.
-per cosa?- mi chiede confuso.
-per averti giudicato male-finisco la frase. Lui mi sorride e io ricambio. Ad un certo punto vedo che comincia ad agitarsi e così deduco a cosa sta pensando.
-non ti preoccupare, farò in modo che non ti arrestino-. Lui si gira sorpreso e mi guarda.
-perché dovresti farlo?-.
-perché tu non meriti di andare in galera, non importa cosa tu abbia fatto in passato so solo che non sei una cattiva persona e se hai fatto quello che hai fatto avrai avuto dei motivi-. Lui mi guarda ancora più sorpreso.
-e te lo dice una che da grande vuole fare la poliziotta- gli dico sorridendo. Lui si mette a ridere e anch’io con lui. È la prima volta che lo vedo ridere e devo dire che preferisco questo lato di lui a quello antipatico e scontroso.

Ehilà gente!!! *glitiranoipomodori* no niente ehilà, ok. Va bene ho fatto un piccolo e innoquo ritardo, ok piccolo non è ma abbiate pazienza, il mio computer mi ha abbandonato e solo adesso ha deciso di ripartire. Questo capitolo fa' letteralmente schifo! Ma non avevo idea di cosa scrivere e non mi ricordavo neanche il capitolo precedente quindi ho dovuto rileggerlo. Ma adesso sono qui! ed è questo l'importante no? no,ok! Se volete dirmi qualcosa anche stupida ditemela in una recensione accetto tutto, si anche i pomodori! va bene ora vi saluto popolo di efp.
notte.
   
 
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