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Autore: Word_shaker    03/04/2015    2 recensioni
Anche Fred e George Weasley, grazie alla Mappa del Malandrino, arrivano allo specchio delle Emarb. Per loro, però, non è nulla di eclatante.
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, Harry, Potter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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{25 dicembre 1991 - Dormitorio di Grifondoro; Terzo anno}

«Fred!» la voce di George, impastata dalla stanchezza, planò sull’orecchio del gemello, che aveva chiuso gli occhi solo cinque minuti prima.
«Che vuoi?» Fred chiese bruscamente. Dopo aver giocato fino a circa le due del mattino a Spara Schiocco, gli sembrava più che lecito usare quel tono di voce.
«La Mappa del Malandrino! Guardala!» esclamò il fratello, elettrizzato, sovrastando il russare di Lee Jordan e Kenneth Towler.
Rassegnato, Fred si alzò a sedere, si stropicciò gli occhi e guardò quella benedetta Mappa nel punto indicato da George. Il suo piccolo indice si trovava sopra due scritte collocate in un’aula in disuso: “Harry Potter”, “Albus Silente”. «Chissà da quanto sono fermi lì!» osservò con uno sbadiglio e scese dal letto.
«Se non sono nell’ufficio di Silente, vuol dire che stanno parlando di qualcosa che si trova in quella stanza. Per parlare del Quidditch esistono gli uffici degli insegnanti, e per le punizioni ci sono Gazza e Mrs Purr» fece il gemello. Avevano provato sulla pelle tutte le situazioni appena elencate da George, per cui arrivare alla conclusione che i due stessero discutendo di un oggetto misterioso non fu un’impresa.
«Perché non andiamo a controllare…», incalzò Fred… «…Non appena se ne vanno?», finì George, gli occhi sbarrati dall’euforia.
«Sempre che…», iniziò a confutare il primo… «…Non portino l’oggetto con loro, quando se ne vanno», terminò il secondo.
«Ma se ne stanno discutendo lì… E non nell’ufficio di Silente…», mugugnò Fred, fra uno sbadiglio e l’altro «Vuol dire che non si può trasportare facilmente».
«O che non vogliono essere sentiti dai ritratti».
«Ma i ritratti sono ovunque! L’attività più interessante che possano fare è passare negli altri quadri e spettegolare, per cui dubito che sia per quel motivo»
«Giusto. Ehi… Hai visto, Fred? Si stanno muovendo!» disse George, ormai con palese impazienza nella voce.
«Aspettiamo che ritornino alle loro postazioni e poi andiamo a vedere di che si tratta» convenne Fred con una scintilla di emozione che fece svanire il sonno che aveva cercato invano di inseguire.

Mrs Purr non c’era. Gazza dormiva nel suo ufficio. La Mappa segnava solo due scritte nel corridoio che portava all’aula abbandonata, ed erano i loro nomi. I gemelli si guardarono attorno un’ultima volta ed entrarono.

L’aula era enorme: il buio totale la avvolgeva, fatta eccezione per una finestra che sembrava minuscola, vista dall’altro capo della stanza, e che proiettava la sua luce su quella che sembrava una lastra di vetro, le quali zampe di leone la separavano dal pavimento. Attorno ad essa era affissa una strana scritta:

«Erouc li amotlov… Li ottelfirnon?» Fred lesse con incertezza, guardando il bordo di quel vetro.
«Hai alcuni rimasugli del pasticcio di rognone incastrati in gola, per caso?» gli chiese il fratello con un velo d’ironia, la fronte aggrottata a mostrare la sua perplessità sulle parole appena sentite.
«E’ quello che c’è scritto qui sopra, scemo!» fu la risposta che ricevette. Una volta riletto quello strano messaggio, i due guardarono la lastra di vetro per intero e si videro riflessi: era uno specchio.
«Tutto qui?» osservò Fred, un po’ deluso «Abbiamo aspettato che quei due finissero di parlare per vedere una scritta strana attorno ad uno stupido specchio impolverato?».
I due si guardarono ed un piccolo ghigno si impadronì delle loro labbra.
«Forse c’è qualcosa sotto lo specchio!», osservò George.
«O, cosa più probabile, Silente si sarà messo a filosofeggiare», convenne il fratello.
George cercò di chinare il capo per vedere se ci fosse una botola sotto lo specchio, ma ciò che vide fu solo un cumulo di polvere che, confrontato a quelli che imperavano nella loro stanza, era davvero insignificante.
«Uffa, credevo che fosse qualcosa di più interessante!» esclamò George senza preoccuparsi di camuffare la delusione.
«Dai, torniamo a letto» lo incitò il gemello, che nel frattempo stava controllando sulla Mappa che i due avessero la via libera. 
«Sì, fratellino», approvò l’altro «le baggianate lasciamole a quello svitato».

{3 giugno 1998 - La Tana}

George si guardò allo specchio: era pallido, le occhiaie, ormai tendenti al nero, imploravano pietà; gli occhi erano due buchi neri pronti a raccogliere tutto ciò che li circondava. Il sorriso, quel sorriso che pensava che sarebbe stato perenne sul suo volto, non c’era più. Era morto con Fred.
Il ricordo di quella notte, del mistero di quello specchio con una scritta strana, un ricordo che, rispetto agli altri, gli parve insignificante, balzò nel suo cervello più vivo che mai. Fece così male che sentì anche un dolore fisico, come un fil di ferro che si interponeva fra un lato del cuore e l’altro.
Fortunatamente, accanto a George c’era Harry. Senza guardarlo, gli chiese: «Che ci facevi sette anni fa, a Natale, davanti ad uno specchio con Silente?».
Harry rimase spiazzato.
«Io… Tu come lo sai?» fu ciò che uscì dalla sua bocca, la fronte aggrottata in un’espressione dubbiosa.
«…La Mappa del Malandrino» rispose semplicemente il rosso. Evitò accuratamente di coniugare il verbo “avere” in quella frase per evitare che un altro fil di ferro si accingesse ad una lenta e deleteria agopuntura nel suo cuore.
«Oh, giusto» mormorò Harry distrattamente, per poi proseguire: «Io… Ehm… Era lo specchio delle Emarb, no? Io mi sono visto insieme alla mia famiglia e… Be’… Silente si è visto con un paio di calzini. Credo che mi abbia mentito. Ma come mai sai che c’era uno specchio in quella stanza?».
«Cosa? Quello specchio aveva dei poteri?». Stavolta George lo guardò negli occhi. Dire che fosse incredulo era un eufemismo.
«Lo specchio delle Emarb fa vedere ad ogni persona tutto ciò che desidera e ciò che lo renderebbe felice» spiegò il ragazzo, stanco e un po’ spaventato per l’atteggiamento che George da ora in avanti avrebbe adottato.
«Ecco perché io e Fred abbiamo visto semplicemente il nostro riflesso in quel momento» annuì brevemente e nuove lacrime scavarono il suo volto «Non passerà mai, vero? Il dolore, intendo» chiese a Harry, la voce che tremava pericolosamente, gli occhi che fissavano di nuovo il proprio riflesso.
Tutto ciò che Harry sentì di dire fu: «Temo proprio di no».

   
 
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