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Autore: Fissie    21/12/2008    28 recensioni
Appena prima di aprire il cancello, Bella Black, cinquantaquattro anni, leva lo sguardo verso il cielo e il sole lambisce il suo viso con una carezza. In quell’esatto istante, quando un’immensa sensazione di completezza la pervade, sa cos’è l’eternità.
[ N.B.: non è una what if nè una AU, benchè possa sembrarlo ]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Jacob
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Bla...bla...bla...
Scrivere qualcosa su Bella e Jacob era un mio dovere morale. Adoro Jake, adoro Bella insieme a Jake, e adoro il loro triste destino: due anime gemelle che, in un mondo normale, sarebbero state legate per la vita. Tuttavia non odio affatto Edward nè la Bella/Edward, e questa one-shot non è una what if né un’alternate universe; tiene conto di tutti i fatti accaduti e della fine della saga, sebbene possa non sembrare finchè non si arriva in fondo. Bè, ad ogni modo, buona lettura!
P.s.: ringrazio le due persone che hanno recensito la mia one-shot su Leah, e ringrazio tutte quelle che – eventualmente – lo faranno in futuro. Grazie mille ^.^


«La cosa peggiore è che ho visto tutta... la nostra vita assieme.
E la desidero, Jake, la desidero più di ogni cosa.
Vorrei restare qui e non andarmene mai più.
Vorrei amarti e renderti felice. Ma non posso, e mi sento morire.
È come tra Sam ed Emily: non ho mai avuto alternative.
Ho sempre saputo che niente poteva cambiare.».


- Cielo

Ogni mattina, alle 6.00, la piccola sveglia laccata di rosso gracchia il suo stridulo buongiorno.
Trentasei secondi e un margine di qualche decimo dopo, una grossa mano abbronzata emerge dalla coltre di lenzuola e coperte, rimesta per un attimo l’aria e infine si abbatte sull’arnese infernale, mettendo a tacere lo strenuo drin drin. Il proprietario riaffonda il viso nel guanciale, borbotta qualcosa e la sua gamba sfiora quella della donna al suo fianco, con un movimento distratto e preciso al contempo.
Soltanto allora Bella Black, cinquantaquattro anni, si sveglia.
Rotola sulle coperte, prima a destra, poi a sinistra, beandosi della sensazione del cotone ruvido sulla pelle, così grezzo e familiare. Poi stiracchia i muscoli e ne approfitta per dare un colpetto casuale alla spalla dell’uomo che le dorme accanto. Suo marito schiude gli occhi, la guarda, lei ricambia e sorride angelica; lui sa dell’intenzionalità del gesto e se ne compiace segretamente, lei sa che se dovesse chiedere negherebbe sempre.
Ancora intorpidita dal sonno, scalcia le coperte aggrovigliate al suo corpo e si tira a sedere sul letto. Mentre tasta coi piedi il pavimento in cerca delle ciabatte, sua figlia le sorride radiosa dalla foto sul comodino, accanto al viso paffuto del nipote racchiuso nella cornice vicina.
Sospira, mentre una calda gioia le si irradia nel petto, e infine si alza.
Il tragitto fino alla porta è un percorso ad ostacoli e lei non è mai stata un tipo sportivo. Fa lo slalom tra scarpe e mobili, evita abilmente i piedi di una sedia e, compiaciuta da quella straordinaria prova di agilità, si congratula con se stessa, prima di imbattersi nel nemico giurato: il comò. E' uno a zero per lui, come sempre. Si aggrappa allo stipite della porta per non cadere, poi finalmente avvolge le dita sull’agognata maniglia.
Dieci minuti più tardi, la caffettiera sprigiona l’intenso odore del suo contenuto. La signora Black apre i battenti della credenza, preleva due tazzine e le ripone sul tavolo con un sonoro rintocco, quindi richiude le ante, facendo attenzione a che lo scontro produca un rumore soddisfacente.
Si appoggia al ripiano della cucina, lo sguardo distrattamente perso nello scorcio di giardino visibile dal ritaglio della finestra: la signora Black ama i fiori, ma i fiori non amano la signora Black, eppure il suo giardino è il più rigoglioso del vicinato. Bella sa che suo marito rinnova le piante nei vasi di frequente - ogni volta che le vecchie appassiscono -, e finge di non accorgersi di come ridacchia il fioraio quando passa davanti al negozio; sa anche che quella mattina uscirà in giardino per annaffiare le piante come ogni giorno e sa che Jacob sorriderà contento da dietro il giornale.
Persa in quei vaghi pensieri, inizia a contare.
Uno… due… tre…
A sedici avverte un fruscio dalla camera da letto e a ventidue uno scalpiccio di pantofole; a ventiquattro uno stonk l’avvisa che il comò ha mietuto un’altra vittima; a ventisette, finalmente, suo marito fa capolino dalla porta della cucina. Senza preoccuparsi di mascherare uno sbadiglio, si stropiccia gli occhi e barcolla fino alla sedia, dove ricade con un tonfo.
La donna, avvolta nella vestaglia rosa pallido, sta già sorseggiando il suo caffè, quando il marito versa il proprio nella tazzina e sfora di poco il bersaglio.
- Due anni in meno perché hai macchiato la tovaglia - gli dice, bonaria.
Jacob assaggia il liquido nero, attendendo il noto sapore troppo dolciastro.
- Quattro in meno perché hai esagerato di nuovo con lo zucchero - ribatte, con la voce ancora impastata dal sonno.
Quando Bella prende il bagno d’assedio e Jacob sprofonda nella poltrona con la pagina sportiva tra le mani, hanno entrambi vent’anni.
Bella lo sa, anche quando si accorge di una nuova ruga che le solca la fronte o di un capello argentato che brilla sotto la luce artificiale della lampadina a basso consumo.
Bella lo sa, però qualche volta se ne dimentica. Quando succede, Jacob trova una nuova boccetta accanto ai cosmetici anti-età disposti in fila sulla mensola del bagno, per questo ha appiccicato un post-it di fianco allo specchio:
Do you know that Bella in italian means beautiful? You’ll always be Bella, recita il quadrato di carta gialla.
Bella arrossisce ogni volta che lo legge, mentre massaggia la crema sulle guance e osserva la propria immagine riflessa ricambiarle il sorriso.
Sorride, perché sa che quando tornerà in cucina suo marito solleverà lo sguardo dal giornale e lo poserà su di lei, prima di venirle incontro e baciarla.
Sorride, perché in quell’esatto istante sentirà di essere la donna più bella del mondo e niente potrà abbattere quell’incrollabile certezza finchè suo marito la stringerà tra le braccia.
- La mia Bella -, dirà.
E lei saprà che essere sua ed essere se stessa sono la medesima cosa, e l’intreccio dei loro corpi sarà perfetto come i pezzi incastonati di un puzzle.
Ogni mattina, alle 7.30, Bella Black, cinquantaquattro anni, esce di casa. Inciampa sul tappetino con scritto welcome e lancia un’occhiata stizzita alle proprie spalle, da cui proviene la risata di Jacob, ma Jacob ridacchia e non smette di farlo, neanche quando sua moglie pesta due volte il piede per terra.
Bella Black allora alza il mento, si volta e procede con fiera goffagine verso il cancello. Con la soddisfazione negli occhi, registra una sfumatura giallognola nei petali della rarissima wingandia caracasana, indiscussa regina del giardino, e pregusta già la rivincita, immaginando il marito setacciare tutti i fiorai della città.
Sospira.
E’ felice.
Appena prima di aprire il cancello, Bella Black, cinquantaquattro anni, alza lo sguardo verso il cielo e il sole lambisce il suo viso con una carezza. In quell’esatto istante, quando un’immensa sensazione di completezza la pervade, sa cos’è l’eternità.

***


Isabella Marie Cullen non si è mai più chiesta cosa avrebbe potuto essere dal giorno del suo ultimo addio a Jacob. Le lacrime hanno lavato via tutti i se e il suo cuore non ha più contemplato l’ipotesi di un mondo normale, neanche per un istante. Ha rinunciato alla vita per abbracciare la felicità eterna insieme a Edward e nulla potrebbe farle rimpiangere quella scelta.
Eppure, nelle giornate di sole, Isabella Marie Cullen, diciannove anni meno un giorno da centotrentaquattro, alza lo sguardo verso il cielo.

   
 
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