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Autore: Choi Yume    03/04/2015    2 recensioni
AU| Ichijo x Sara | OOC|
c'erano una volta una princiessa superba e bellissima che cercava marito e un sarto dall'armatura di sarcasmo e il cuore puro di un bambino, incompatibili, agli antipodi, ma il destino si è sempre divertito ad intrecciare i fili delle vite delle persone e vedere che strada avrebbero preso i fili intrecciati.
Un vestito per una festa li unirà e sarà un libro capace di farli dividere o li avvicinerà ancora di più?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sara Shirabuki, Takuma Ichijo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta


 
La principessa Sara era sempre stata dotata di un’innaturale bellezza, sin da bambina quando la pelle diafana le conferiva l’apparenza di una bambola di porcellana fino a quando ormai in età da marito i buccoli biondi le sfioravano dolcemente il fondoschiena, quando gli occhi blu risplendevano come due zaffiri sotto le ciglia lunghe, ma nonostante ciò la bellissima principessa non aveva ancora un fidanzato, non perché non ci fossero pretendenti, anzi arrivavano principi da ogni paese per lei, ma nessuno era alla sua altezza; che la principessa Shirabuki fosse superba? Probabile. Che ricercasse negli uomini che si presentavano alla sua corte una perfezione che non apparteneva al genere umano? No di certo; cercava solo qualcuno che stimolasse il suo intelletto, qualcuno che non la trattasse come una bambola che si poteva comprare con costosi regali totalmente futili, voleva solo qualcuno che la trattasse da persona.

Ichijo Takuma era il nipote di un ricco mercante di stoffe che stava imparando il mestiere mercantile viaggiando con suo nonno, Takuma era un ragazzo dai capelli color biondo grano e gli occhi vispi e di un vivido color verde smeraldo che si muovevano freneticamente spinti dalla fame del sapere, molto giovane Takuma (appena diciannove anni) era assai più sveglio di persone di anche vent’anni più grandi di lui, sapeva essere gentile e solare con i clienti, ma allo stesso tempo arguto e pungente con chi stimolava le sue doti intellettive; bello e intelligente il giovane Ichijo aveva un solo grande difetto, aveva la lingua davvero troppo lunga, per quanto cercasse di essere accondiscendente non era il tipo da nascondere il proprio disappunto o il fatto che fosse in totale disaccordo sui pensieri e i modi di fare degli altri cosa che molto spesso metteva alle corde il suo rapporto con i suoi stessi clienti che erano irritati dal suo comportamento.
Come avrebbero potuto una principessa e un apprendista mercante con la lingua lunga incontrarsi appartenendo a mondi completamente opposti se non per merito del fato che si diverte ad intrecciare i fili della vita.
Il nonno di Takuma da anni serviva il sarto di svariate corti principesche ed una di quelle era la corte della famiglia Shirabuki, ma il vecchio si era sempre ben guardato dal far immischiare il suo giovane nipote in quegli affari data la loro importanza, insomma non sia mai che il suo nipotaccio parlasse a sproposito davanti ad un principe o ad una principessa, sarebbe stata la fine per i loro commerci e del loro conseguente benessere economico, ma suo figlio lo aveva pregato così tanto, suo nipote aveva ormai diciannove anni e doveva iniziare a capire come si stava al monto si ripeteva mentalmente il vecchio mentre si accingeva a far visita a suo nipote; anche se anche lui aveva le sue motivazioni per compiere un tale gesto, un uomo d’affari come lui aveva imparato a non cedere alle preghiere neanche se erano quelle di suo figlio, la vera motivazione della sua bontà nell’accogliere le richieste che gli erano state fatte era sicuramente che Takuma a differenza di suo padre e suo nonno aveva un certo talento per la sartoria, aveva iniziato cucendo i completini alle bambole delle sue sorelline e non aveva mai smesso più per diletto che per mestiere, ma non appena suo nonno lo aveva scoperto a cucire insieme pezzi di scarto di stoffe per farne uno stupendo abito da sera aveva subito pensato di usarlo a suo vantaggio usando suo nipote come sarto personale dei clienti più importanti.
Ecco perché in quel momento si trovava lì a ripetersi mentalmente che si sarebbe dovuto comportare bene tenendo a freno la lingua per non farsi strappare via anche quella passione.
Si guardava attorno, i ritratti di antenati adornati in oro, la sua famiglia era abbastanza benestante ma tutto quel lusso non se lo sarebbe mai sognato, anzi credeva di non poterlo neanche immaginare.
“Chiudi la bocca Takuma” lo ammonì severamente il nonno “In tutti i sensi”. Continuò.
“Venerabile il mio è genuino stupore non oserei farle mancare un’entrata di denaro, sia mai che le si svuotino le stracolme tasche” disse pungente.
Il vecchio punto sul vivo si limitò a borbottare un “Sarà meglio”.
La stanza della principessa aveva le pareti di un femminile color pesca e nell’aria aleggiava odore di camelie selvatiche. “Principessa Shirabuki” disse il venerabile inchinandosi per la delizia della superba Sara, il vecchio dovette trascinare con sé il nipote che si era imbambolato a guardare la regale bellezza della ragazza che indossava un lungo soprabito nero leggermente gonfio sotto la vita, Ichijo non aveva mai visto nulla di così bello, molti l’avrebbero definita angelica, ma non lui, lui avrebbe usato una parola diversa, diabolica, in quella donna c’era davvero qualcosa di diabolico e il ragazzo non avrebbe saputo dire se questo lo inquietasse o gli piacesse.
“Mi avete parlato così bene di questo sarto, ma dov’è?” disse la voce dolce della principessa.
“Forse ci aspettavate un uomo con più anni ed esperienza vostra altezza? Mi scuso profondamente in tal caso, ma il sarto sono io giovane e modesto ragazzo se non gradite andrò via e voi chiamerete un famoso sarto che ha già fatto vestiti uguali pe ogni damigella del vostro reame” disse il ragazzo sorridendo appena.
Sara rimase sorpresa nell’udire le parole impudenti di quel ragazzo che quasi la trattava come una sua pari eppure non era una sensazione del tutto spiacevole quella che provava, forse un leggero senso di fastidio lo provava, ma assieme a quello si mescolava la piacevole consapevolezza di aver trovato un uomo dotato di un minimo d’intelletto.
“Non mi permetterei mai di offendere un modesto lavoratore come voi sono semplicemente sorpresa, il venerabile mi aveva promesso un grande sarto”.
“Ha ragione principessa forse non ne ho l’apparenza, ma un libro non si giudica dalla copertina, lasci i giudizi ai bozzetti che le preparerò il prima possibile”
La ragazza sorrise “Allora invece di chiacchierare sarebbe il caso di mettersi a lavorare” disse con finta gentilezza liquidando con un gesto della mano il vecchio nonno di Ichijo facendo così restare i due giovani soli.
I due si fissarono per un attimo negli occhi mentre il silenzio ronzava nella loro orecchie, poi il fruscio del soprabito della nobile Shirabuki che cadeva al suolo, sotto solo l’intimo, il bustino e lo scheletro di una gonna a crinolina, Takuma inghiottì a vuoto, ad essere bella lo era davvero tanto, ma anche così era circondata da quell’aura quasi diabolica che non riusciva a decifrare più spessa di mille scudi.
“Deve prendere le mie misure prima di tutto no?”
Il ragazzo annuì prendendo il metro e iniziò dalle spalle, poi il seno e la vita, le misure erano sorprendentemente perfette pensava il giovane sarto ad ogni misura “Deve togliere lo scheletro o non potrò prenderle la misura dei fianchi” un sussurrò appena udibile, starle così vicino metteva in soggezione Ichijo come risucchiato da un buco nero, come sotto ipnosi, piantato al terreno ed inutile servo.
“Non vedo a cosa possa servirle se le gonne sono sempre a crinolina”.
“Avevo in mente qualcosa di diverso lei ha delle curve perfette sarebbe un peccato coprirle con una gonna pomposa”.
“Ho fatto tagliare la lingua a persone per molto meno signor sarto” aveva detto con un tono così stucchevole che il ragazzo fu percorso da ripetuti brividi che partivano dal fondo della spina dorsale fino a raggiungere la nuca.
“Mi scusi vostra altezza, cercavo solo di provare per quanto mi sia possibile a farla essere più bella”.
“Sta insinuando che non sono abbastanza bella?”.
“Assolutamente no. Solo che alla perfezione non c’è limite”.
La ragazza sorrise ancora una volta, era in grado di deviare ogni malinteso a suo favore, sveglio senza dubbio, ma pur sempre un popolano si disse mentre toglieva lo scheletro di crinolina per fargli prendere le misure dei fianchi per poi congedarlo al suo progetto creativo.
Il giovane sarto aveva passato la notte a disegnare pensando a cosa potesse donare alla principessa, avrebbe voluto riprendere il blu dei suoi occhi e il biondo perfetto dei suoi capelli, mettere in risalto la curva perfetta dei fianchi, la figura perfettamente slanciata, le spalle piccole e lasciare lo spazio per una preziosa collana al suo collo, forse troppe cose per uno inesperto come lui, ma sempre troppo poco per il superbo carattere di Sara.
Alla fine la sua mente aveva disegnato un abito blu ceruleo a sirena con una pomposa coda di tulle dorato, una collatura a cuore e dei pezzi di tessuto dorato a farle da spalline. Erano le sei del mattino quando alzò la testa dal disegno, il sole stava appena sorgendo.

La principessa dal canto suo era più che ansiosa divedere cosa il sarto aveva pensato per lei, o anche di rivedere il sarto stesso, non seppe ben dire quale delle due, in entrambi i casi era ansiosa di poter avere a che fare ancora una volta con il suo genio.
Il ragazzo però la raggiunse solo verso le dieci del mattino, non appariva ne sfatto ne stanco nonostante non avesse chiuso occhio quella notte. Le mostrò il suo disegno attendendo un responso, pregando mentalmente che fosse positivo.
Ma il viso della donna non fece mai alcuna piega, guardò il disegno per una manciata scarsa di secondi per poi riporlo sul tavolo. “Questo è il vestito che secondo la vostra opinione mi farebbe toccare l’apice della perfezione?” aveva detto piatta.
“La perfezione lo sa mia principessa è irraggiungibile”.
“Mi sta quindi dicendo che non è fiero del suo lavoro?”.
“Mai insinuato questo, le sto solo dicendo che per quanto lei possa essere bella e per quanto il mio vestito sia perfetto per la sua fisicità l’apice della perfezione non riuscirà mai neanche a sfiorarlo con le punte delle dita, come ogni essere umano d’altronde”.
Sara assottigliò gli occhi irritata, lei era già l’apice della perfezione non aveva bisogno assolutamente di nulla, avrebbe voluto dire.
“Bene allora può andare” disse improvvisamente lapidaria.
Il viso di Takuma si piegò per poco più di un attimo in una smorfia di delusione, non ce l’aveva fatta e molto probabilmente ora il nonno se la sarebbe presa con lui, forse l’avrebbe preso a cinghiate un’altra volta, come ogni volta che non si comportava da bravo oggetto nelle sue mani, cosa che accadeva molto spesso in realtà, ma lui non aveva mai smesso di comportarsi come meglio gli sembrava, il dolore fisico dura un attimo la repressione dell’anima tutta la vita pensava.
Il ragazzo si voltò e si diresse verso la porta della stanza “La sartoria del palazzo è al primo piano separata dalle stanze della servitù per lavorare le ci vorrà silenzio immagino” disse quasi divertita la principessa, si era presa gioco di lui, aveva apprezzato il suo vestito e anche se non lo avesse fatto gliene avrebbe fatto disegnare un altro piuttosto che cacciarlo via.
Takuma avrebbe voluto voltarsi farle vedere i suoi occhi verdi dilatati dalla sorpresa, ma non lo fece, non le avrebbe dato quella soddisfazione, si limitò semplicemente ad annuire.
“Le conviene mettersi da subito al lavoro, verrò a verificare i progressi in prima persona”.
“obbedisco” disse per poi lasciare la stanza e recarsi dritto in sartoria mordendosi freneticamente le labbra e le guance per non scoppiare a ridere… ce l’aveva fatta.
Solo una volta che si fu chiuso nella sartoria totalmente deserta scoppiò in una fragorosa e limpida risata, era riuscito a convincere una principessa, ce l’aveva fatta, dopo anni passati a cucire in segreto per puro hobby era riuscito a convincere una principessa ad indossare un suo vestito, si sentiva felice.
Nonostante il giovane Takuma sentisse in qualche modo di aver vinto una sfida non tardò neanche un secondo a mettersi a lavoro per completare il vestito della nobile Shirabuki, sapeva che sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro che quella non era la solita minaccia che un capo fa al proprio impiegato, una di quelle promesse vuote che non vengono mantenute, no lei sarebbe arrivata lo sentiva.

E, in effetti, così fu. Erano circa le cinque del pomeriggio quando Sara fece la sua comparsa nella sartoria del palazzo, i capelli erano tenuti indietro da delle spille probabilmente d’argento, indossava un vestito chiaro che rendeva la sua carnagione ancora più pallido.
“A che punto è il mio vestito?” chiese con un tono fintamente curioso.
“I vestiti non si finiscono in un giorno principessina” aveva risposto Takuma puntando degli spilli sulla stoffa blu.
“Ne sono consapevole, infatti, non ho chiesto se è finito”.
“Questi sono i miei progressi se v’interessa” disse una volta messo l’ultimo spillo.
“Stai lavorando al corpino vedo”. A Ichijo ovviamente non era sfuggito che la donna aveva smesso di usare il lei per scendere ad un più confidenziale tu, ma preferì non parlare continuando a lavorare.
“Esattamente principessa”.
Ma la donna non sembrava voler smuovere un passo da quella stanza, cosa che sorprese il ragazzo, che volesse cacciarlo e aspettasse che lui facesse un errore per usarlo come pretesto? Poteva essere qualcuno così perfido e meschino? O meglio poteva essere una ragazza così bella così perfida e meschina? Forse, Takuma non aveva comunque intenzione di fare passi falsi che gli sarebbero costati il lavoro.
“Bene” disse poi in un sospiro la donna sedendo si in un angolino vuoto del grande tavolo della sartoria “Voglio proprio vedere come lavori” disse infine accavallando le gambe e posandoci sopra un gomito che avrebbe dovuto sopportare il peso della testa pigramente posata su una mano.
Allora voleva controllarlo davvero, pensò per un attimo il ragazzo guardandola con la coda dell’occhio.
“Non sono nessuno per impedirglielo” disse lui fingendo di non degnarla di uno sguardo quando in realtà il suo sguardo non toccava minimamente il vestito che stava imbastendo.
“Questo lo so. Non mi pare infatti di averti chiesto il permesso” disse lei annoiata.
Il ragazzo si morse il labbro, quella donna, in effetti, aveva ragione, nonostante lui la trattasse con freddo sarcasmo a comandare era lei, avrebbe potuto davvero ucciderlo appena avesse voluto.
“Mi chiedo solo perché lei sia qui a fare da guardia ad un umile sarto” chiese continuando a lavorare malgrado la pressante distrazione data dalla presenza della principessa.
“Mi sono assunta la responsabilità di assumere un bambino inesperto come te, devo controllarti” disse lei con tono ovvio.
“Perché non farmi tenere d’occhio da una cameriera? Sarà una donna molto impegnata vostra altezza”.
“Ti hanno mai detto che essere impertinenti non porta a nulla di buono ai piccoli topolini come te? Il gatto potrebbe mangiarti” disse lei guardandolo con uno sguardo che avrebbe raggelato anche il fuoco.
Ichijo deglutì, quel giochetto doveva aver annoiato la principessa, pensò.
La donna saltò giù dal tavolo con un balzo felino, sarebbe morto ne era certo; Sara si diresse verso la porta pronta per andare via “Non credo che una cameriera ne capisca di vestiti piccolo topolino” disse per poi uscire. Il gatto questa volta si era limitato a giocare con lui, la prossima volta non sarebbe stato così fortunato.

Nei giorni seguenti la principessa Shirabuki tornò più volte alla carica mentre Ichijo cercava di parlare il meno possibile per evitare di essere mangiato dal gatto; ma quel giorno Sara sembrava in vena di giochi, si era seduta come suo solito sul tavolo lasciando penzolare i piedi oltre il bordo del tavolo.
“Sai Takuma stai diventando noioso” disse distendendo il corpo formoso sulla lunghezza del tavolo “ Il gatto ti ha forse mangiato la lingua?” disse con un mezzo ghigno dipinto sulle labbra piene.
Il ragazzo si limitò ad abbassare il capo nascondendo i suoi occhi color smeraldo dietro alcuni ciuffi color grano, nella sua testa si stava iniziando ad insinuare il pensiero che la nobile Shirabuki lo avesse assunto unicamente per poter giocare con lui, ma non le avrebbe dato tale soddisfazione, non avrebbe assecondato il suo giochetto rispondendo alle sue provocazioni.
La donna sbuffò annoiata guardandosi attorno finché la sua attenzione non fu attirata da un libro, quello che il ragazzo stava leggendo il quel momento “Notre Dame” sussurrò accarezzando con le dita le lettere dorate sul dorso del vecchio volume.
Takuma si preparò mentalmente ad una provocazione sul genere del libro che Sara aveva trovato, ma quest’ultima non arrivò anzi la donna aprì il libro su una pagina a caso e iniziò a leggere. “– Oh! L'amore! – lei disse, e la sua voce tremava, e il suo occhio brillava. – è essere due e non essere che una persona sola. Un uomo e una donna che si fondono in un angelo, è il cielo.”
In quel frangente la sua voce gli sembrò stranamente dolce e angelica, piuttosto strano per l’idea che si era fatto dalla prima volta che aveva ascoltato la voce di Sara, ne rimase stupito e le forbici gli caddero dalle mani solo per la gravità dei suoi pensieri.
“Cosa c’è Takuma non avevi letto questa bellissima frase?” disse lei con un tono che le apparve fin troppo genuino.
“Non l’ho ancora letto in realtà” disse lui riacciuffando le forbici”.
“Oh è un peccato è davvero un libro stupendo, è una delle poche cose che amo, leggere intendo. Sai le vita di una principessa è noiosa spendo gran parte del mio tempo tra falsità doveri e apparenze, ma quando leggo vivo un'altra vita che sicuramente è più emozionante della mia” disse stringendo il libro al petto.
Il ragazzo non parlò, non le parlò della povertà vista tra le strade delle città che venivano appositamente ripulite al suo passaggio, la sua vita era quella che ognuno di quei bambini visti per strada agognava e lei se ne lamentava, gli saliva la rabbia fino alla punta dei capelli o non avrebbe più avuto un lavoro e non avere un lavoro significava sia essere fustigato da suo nonno che non poter prendere una piccola somma della paga e comprare del cibo a quelle povere famiglie. Ecco il segreto di Takuma Ichijo, creava vestiti da regalare ai bambini per farli giocare o semplicemente coprire d’inverno, aveva un cuore buono, fin troppo, gli era sempre stato recriminato.
La donna dal canto suo guardava con insistenza il ragazzo di quattro anni più piccolo di lei, non si aspettava una risposta, non sapeva neanche perché gli aveva rivelato quel particolare della sua vita, solo che le sembrava una di quelle persone in grado di ascoltare, capire e rielaborare in un altro punto di vista, probabilmente totalmente opposto al suo perché certo Takuma proveniva da una famiglia di ricchi mercanti, ma viveva in città a contatto con la gente comune, di certo sapeva più cose di quante lei ne avrebbe mai scoperte in vita sua.
Sara sospirò “ Trecentoquarant’otto anni, sei mesi e diciannove giorni or sono, i Parigini si svegliarono allo squillo di tutte le campane che sonavano a distesa nella triplice cinte della Citta Vecchia, dell’Università e della città” la ragazza iniziò a leggere dalla prima pagina ad alta voce, Takuma non obiettò anzi si riscoprì sereno mentre ascoltava la voce della principessa leggergli quel libro.

I giorni passavano e la principessa continuava a leggere per Ichijo in una tacito accordo fatto da entrambi.
Ma il diavolo mi scortichi se riesco a capire ciò che vogliono dire col la loro Esmeralda” disse la donna chiudendo il libro “Direi che per oggi basta” e il ragazzo annuì, il vestito ormai era quasi finito, un altro giorno al massimo e poi ci sarebbe stata la prova con le eventuali correzioni quindi Takuma era troppo concentrato sulla sua opera per darle una vera e propria risposta.
La donna si avviò verso la porta della sartoria sospirando “Il vestito è quasi finito vero?”.
“Sì vostra altezza” disse il ragazzo.
“Bene” sussurrò la ragazza malinconicamente per poi uscire dalla stanza.
Molti pensieri turbavano la principessa in quel periodo, ad ogni pagina, ad ogni lettera, ad ogni sguardo sentiva che il ragazzo non era più il suo nuovo passatempo, non che lui parlasse molto durante quelle ore di lavoro e lettura, ma sentiva di stare imparando molto da lui, persino il suo silenzio era capace di insegnargli cose che non conosceva e questo la affascinava e allo stesso tempo la terrorizzava.

Il giorno dopo Sara provò il vestito pensato da Takuma per lei, era perfetto, esaltava le sue forme, i colori risaltavano la sua carnagione e i suoi occhi, sembrava che le fosse stato cucito addosso eppure c’era qualcosa che non andava, una strana sensazione attanagliava le membra della donna. Il lavoro di Ichijo era finito e lei non aveva avuto le risposte alle domande che segretamente si erano fatte spazio dentro di lei.
“Le piace vostra altezza?” chiese speranzoso il ragazzo.
“Hai davvero talento piccolo topolino” sussurrò lei guardando il suo riflesso nello specchio.
Il ragazzo arrossì per un secondo poi la guardò in viso, sembrava tutto tranne che felice. “Qualcosa non la convince principessa?” chiese sinceramente preoccupato, Sara si stupì della sua gentilezza, la verità era che il piccolo Takuma faceva tanto il duro, ma aveva un cuore puro nascosto tra le costole.
“Takuma…tu cosa pensi davvero di me? Non mentirmi tanto ormai il tuo lavoro è finito non devi più essere gentile”.
Il ragazzo la guardò non era sicuro di potersi fidare, ma il suo sguardo, quei malinconici e splendidi zaffiri, lo convinsero a parlare. “Lei è una donna davvero piena di sé, è stronza, manipolatrice, diabolica, intelligente e bellissima” sputò tutto quello che aveva dentro guardandola dritto negli occhi, ma l’espressione della principessa non sembrò piegarsi in nessun modo.
“Per te sarei una brava regina?” chiese ancora.
“Deve imparare a vivere nella realtà, a guardare dietro le cose e non attraverso un costoso diamante, me ne sono reso conto quando mi ha parlato della sua orrida vita”.
“Tu non pensi che la mia vita sia orrida mi pare di capire”.
“No, ci sono bambini che non hanno vestiti per coprirsi d’inverno e lei ha un sarto personale”.
“Se non sei d’accordo allora perché mi hai cucito quest’abito”.
“Perché chi non sogna di cucire un abito alla principessa e per non creare dispiacere a mio nonno, nessuno dovrebbe vederlo furioso”.
“il venerando è davvero una persona molto gentile e pacata non vedo cosa possa fare di male”.
“Proprio quello che intendevo prima, lei ha gli occhi offuscati principessa, lasci che le mostri la realtà” la camicia del sarto gli scivolò lungo le spalle magre mostrando la schiena martoriata di cicatrici alla futura regnante. “Queste me le ha fatte lui, non sono mai stato un nipote degno del nome degli Ichijo, rispondevo a tono ai clienti ricchi, me ne stavo ore a leggere, rubavo scampoli di stoffa per cucire i vestiti ai bambini e queste sono le mie punizioni”.
La principessa inorridita non fiatò, si limitò a sfiorare la pelle del ragazzo tracciando con le dita i segni delle cicatrici gesto che fece mancare l’aria in gola al ragazzo.
“Mi dispiace Takuma” sussurrò quando sentì la pelle dell’altro rabbrividire.
Il ragazzo si risistemò velocemente la camicia “Ora sa che per capire veramente il mondo bisogna scendere tra la gente, ascoltare le loro storie e vivere nei loro panni, o almeno spero di averglielo fatto capire” disse mentre cercava di sfuggire alla figura di quella donna che gli faceva vibrare il sangue nelle vene.
“Aspetta Takuma” disse la donna afferrandogli con la sua esile e femminea mano il polso.
“Cosa c’è ancora?” disse freddo lui, il suo tocco scuoteva le viscere del ragazzo e quella sensazione come ogni cosa sconosciuta all’uomo lo impauriva da morire eppure nel profondo lui lo sapeva, era consapevole di quella latente attrazione che provava nei confronti di Sara peggiorata solo dalla sua dolcezza nel leggere e dai suoi sguardi trasognanti che erano il chiaro segno che quello che leggeva le stava assorbendo l’anima.
“Io…io ho bisogno di qualcuno come te che mi mostri la verità del popolo”.
“Questa non è la mia città principessa è la sua deve capire lei come comportarsi col popolo” pronunciò con freddezza senza però guardarla in volto.
In quel momento anche Sara realizzò, comprese quello che le attanagliava lo stomaco, paura, non voleva che Takuma la abbandonasse, voleva leggere a qualcuno, voleva ancora godere di quello sguardo concentrato durante il lavoro, voleva ancora ascoltare il suo sarcasmo che era quasi in grado di zittirla; non voleva che andasse via se lo amava. La sua mano affusolata andò a stringere la mano calda del ragazzo. “ Ma una brava regina ha bisogno di un re” disse lei abbassando lo sguardo.
“È per pena che parlate” disse lui senza però scacciare la mano della donna.
“Non provo pena per nessuno, sono troppo piena di me per provare pena nei confronti degli altri, per questo ho bisogno di un cuore gentile accanto. Io ti voglio Takuma, ti voglio accanto a me per sempre”. Gli strinse la mano in un gesto disperato, lo amava, lei Sara Shirabuki che amava qualcuno, quasi surreale a sentirlo.
“Lei è proprio una principessina viziata” disse il ragazzo ricambiando la sua stretta.
“Lo so” pronunciò la ragazza sorridendo appena.
“Siete una stronza superba” disse sollevandole il viso.
“E ho bisogno di una persona che mi metta sulla retta via correggendo i miei difetti”.
“Le va bene un umile sarto?”.
“Non potevo chiedere altro di meglio”.
Le loro labbra si unirono facendo tremare le loro viscere nel bacio dell’amore represso.
Ora i pezzi andavano al loro posto mentre le mani tremanti si sfioravano, considerazioni, pensieri, paure, il loro era solo amore represso e chiuso sul fondo di un anima.


Shirabuki Sara fu una giovane regina che aveva sposato il nipote di un ricco mercante, famosa per la sua bellezza che non era mai sfiorita nel tempo. Era stata una regina viziata e superba? Certo che no, anzi era stata la regina del popolo amata da tutti, scendeva ogni giorno tra il popolo camuffata per aiutare tutti, per giocare con i bambini distribuendo giocattoli nuovi. Cercava ancora l’irraggiungibile? No aveva trovato il principe perfetto in un uomo che non aveva neanche una goccia di sangue blu nelle vene ed era felice della sua scelta viveva felice con suo marito Takuma, innamorandosi ogni giorno dei suoi modi sarcastici ma gentili, dei suoi vispi occhi color smeraldo, dei suoi baci, di ogni sua cicatrice che baciava ogni notte per cancellare gli orribili ricordi a loro legate.
Ichijo Takuma fu un giovane regnante conosciuto come il re gentile, era bello e intelligente, acuto e sagace, sarcastico e ironico, aveva un solo difetto che fu anch’esso amato dalla sua regina anzi, la lingua lunga del re la aiutò a prendere sempre le decisioni più giuste senza pensare solo al suo bene. Il re non era più un giovane sarto per un vestito cucito sulla pelle per poi essere abbandonato ai piedi del letto su cui le lenzuola sfatte troneggiavano testimoni di un amore nascosto sul fondo delle anime di due giovani che avevano finito per urlarsi in faccia quello che provavano per il resto dei loro giorni.




“Sei una principessina stronza superba e viziata e ti amo”.
“Sei solo un piccolo popolano inutile e saccente ed io ti amo di più”.





angolino dell'autrice che è credo l'unica ad amare questa coppia....
ehm ehm ehm... insomma eccomi qui a pubblicare questa cosa che è la prima che pubblico su questo fandom, è diciamo un esperimento ho iniziato a scribacchiarla in classe in un momento di noia e ne è uscito questo....bhe spero che vi piaccia.
Baci Chloe
  
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