Libri > I segreti di Nicholas Flamel
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Autore: Lilaviandante    04/04/2015    4 recensioni
Dee, Machiavelli, i Flamel.. sono notoriamente nemici giurati.. ma cosa accadrebbe se, per una notte all'anno, fossero costretti a mettere da parte l'odio reciproco per partecipare ad un ballo in maschera?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una notte limpida e stellata, un beffardo spicchio di luna illuminava una Venezia ebbra dei fumi del carnevale, era la sera del martedì grasso e le finestre dei palazzi erano illuminate dalle luci delle numerose feste esclusive.

Il freddo non scoraggiava i turisti che facevano una passeggiata notturna mentre gli ultimi invitati si affrettavano lungo le calli.
Tra questi c'era un uomo dall'aria bizzarra che indossava gli abiti da cerimonia tipici dell'età elisabettiana.

William Shakespeare camminava svelto, era in ritardo. Di nuovo.
Da secoli ormai arrivava tardi a quell'appuntamento, tutti gli anni era l'ultimo a varcare il portone del palazzo dove si teneva al festa e, tutti gli anni, si riprometteva che non sarebbe accaduto più.
Venezia però aveva sempre la capacità di stregarlo: lo rapiva, lo intrappolava tra i suoi dedali di calli e canali e non lo lasciava più.
Forse perché  quella città aveva la forma del suo cuore: un luogo sospeso nel tempo, un ponte sogno e realtà.

-Un ponte.. Mormorò il bardo sorridendo tra sé: una metafora estremamente pertinente dal momento che quella notte tutti gli immortali si sarebbero riuniti interrompendo per qualche ora qualsiasi odio o rancore reciproco.

Non sapeva chi avesse istituito quell'usanza ma doveva andare ben oltre al semplice accordo tra immortali, sospettava ci fosse lo zampino di qualche forza superiore, forse un antico signore o forse qualcosa di ancora più potente.

La notte del martedì grasso, ormai da tempo immemore, ci si trovava a Venezia a festeggiare il carnevale.
D'altra parte cosa c'era di meglio di un ballo in maschera per loro che erano condannati a fingere costantemente e a cambiare spesso identità?

Il bardo svoltò in un vicolo e vide la sagoma scura del palazzo stagliarsi contro il cielo stellato, si affrettò a raggiungere l'ingresso, sollevò il pesante battente metallico del portone e lo lasciò ricadere sul legno con un tonfo secco e forte.
Subito la porta si aprì ed un maggiordomo in giacca e cravatta lo invitò ad entrare
-Buona sera, Dagon
Lo salutò il poeta riconoscendo l'autista di Machiavelli
-Da questa parte, prego..
Rispose quello, brusco. Shakespeare non se la prese: l'ibrido non era costretto ad essere garbato con lui, non era coinvolto nell'accordo dopotutto.
Immaginò che fosse lì solo per tenere d'occhio il suo padrone, non si fidava degli altri immortali e probabilmente quella situazione gli risultava incomprensibile.
Lo seguì su per le scale fino ad una porta socchiusa; una volta dentro fu avvolto da una luce calda, la grande sala dall'aria antica era tappezzata di tende ed arazzi, un imponente lampadario di cristallo pendeva dal soffitto disegnando sul parquet complicati arabeschi.
La stanza era gremita, uomini e donne di ogni nazionalità chiacchieravano riuniti in gruppi, nel corso della sua lunga vita il poeta aveva avuto a che fare almeno una volta con la maggior parte di loro, ciononostante poteva affermare di conoscerne solo alcuni.

Individuò subito Nicholas Flamel dall'altro capo della stanza: indossava abiti semplici, neri, ed un bizzarro cappello con una spilla a forma di runa che lo identificava come alchimista; di fronte a lui c'era la moglie Perenelle, elegantissima nel suo vestito da sera viola, portava una sottile maschera in pizzo le incorniciava i grandi occhi.
Shakespeare si diresse verso di loro e salutò entrambi con un elaborato inchino, la donna rispose con un sorriso:
-Ben trovato, William

La fattucchiera non ebbe il tempo di aggiungere altro perché udì alle sue spalle una voce conosciuta che la chiamava.
Si voltò e vide una coppia che si avvicinava procedendo a braccetto, a parlare era stata la giovane che subito riconobbe come Giovanna d'Arco.
La guerriera indossava un vestito lungo, varie tonalità di rosso ed arancio si rincorrevano dipinte sulla stoffa e sulla pelle della ragazza dando l'impressione che il suo corpo fosse avvolto dalle fiamme; dalle maniche del vestito scendevano dei veli di stoffa color porpora che, fissati in vita, si tendevano come ali spiegate quando lei apriva le braccia.
-una fenice..
Mormorò Shakespeare ammaliato
-Perché mi guardate così, che c'è?  Il fatto che io sia Giovanna d'Arco non implica che debba sempre vestirmi da maschio!
Esclamò lei ridendo
-Jeanne, sei incantevole..
Sorrise Perenelle andandole in contro, la pulzella d'Orleans mosse un passo verso di lei e dalla gonna fece capolino una scarpa da ginnastica.
Gli occhi delle due donne si incrociarono per un momento, la fattucchiera scuoteva il capo senza smettere di sorridere
-Non ho mai sopportato i tacchi
Si giustificò Giovanna con un'alzata di spalle.

-Monsieur Saint-Germain..
Esordì Nicholas
-Che danni hai combinato ultimamente?
-Nulla di interessante, maestro, i soliti battibecchi con prometeo per quella faccenduola del furto del fuoco..
-Maestro..
Mormorò l'alchimista
-E' strano che tutti i miei guai siano cominciati da questa parola..
-Non direi.. hai sempre avuto un pessimo criterio nella scelta degli apprendisti
Lo stuzzicò Perenelle
-Ci sarà un motivo se dopo aver avuto a che fare con te ho smesso di insegnare..
Proseguì l'alchimista rivolto al conte, ignorando l'intervento della moglie
-Direi che potevi svegliarti prima..
Fece notare quest'ultimo
-Stendiamo un velo pietoso..
Disse Will con un mezzo sorriso. Ciò che era accaduto dopo il suo tradimento bruciava ancora come una ferita aperta: non se lo sarebbe perdonato mai. Quella sera tuttavia era quasi disposto a riderci su. Quasi.

Perenelle lo capì e si affrettò a cambiare argomento:
-Guarda chi si vede..
Mormorò,attirando l'attenzione su di  una figura ammantata col volto nascosto da una maschera bianca con un lungo becco ricurvo
-Dee..
-Parli del diavolo e spuntano le corna..
Affermò in tono non troppo serio una voce alla sua destra; la fattucchiera sussultò, non si era accorta dell'arrivo di un giovane con un cappello da giullare:
-Billy the Kid.. e tu da dove salti fuori?
La loro conversazione fu interrotta dall'arrivo del negromante, il brigante salutò con disinvoltura il nuovo venuto:
-Buona sera, Dottore..
Disse tendendogli la mano. Quello non si mosse, si limitò a rispondere al saluto con aria di sufficienza:
-Buona sera, William Bonney
I due si fronteggiarono per qualche istante, Billy non sembrava intenzionato a ritirare la mano, il negromante non intendeva stringerla; alla fine l'americano cedette:
-Perdonami, quasi dimenticavo: non sono alla tua altezza
Sorrise infilando le mani nelle tasche dei jeans.

L'inglese tremò di collera, tuttavia non ebbe il tempo di ribattere perché una donna alta e snella li raggiunse con un vassoio di frittelle; sotto alla maschera di piume nere brillava l'affascinante sorriso di Virginia Dare:
-Prego..
Disse porgendo i dolcetti agli altri immortali
-Sono così buone da far resuscitare i morti, vero John?

William fu l'unico ad allungare la mano per prenderne una ma Billy glielo impedì afferrandolo per un braccio e trascinandolo verso l'altro lato della stanza:
-Fanno resuscitare i morti eh? e morire i vivi..
Il poeta cercò di contraddirlo:
-Ma.. questa notte non..
-Timeo danaos et dona ferentibus
Shakespeare conosceva quella frase, era diventata proverbiale per esprimere diffidenza verso i doni dei nemici
-Latino? Billy ti senti bene?
L'americano annuì:
-Mac sta provando ad insegnarmi pure questo..
-Il tuo maestro Machiavelli?
Il brigante annuì, Shakespeare era allibito:
-D'accordo ma non avrei mai pensato di sentire una simile frase da te..
-Semel in anno licet insanire: una volta all'anno si può essere folli
Rispose lui divertito; il bardo scosse il capo davanti all'ennesima dimostrazione che il mondo quella sera girava al contrario.

Billy si fermò di colpo indicando un giovane con un copricapo apache:
-Scusami un momento, Will, vado a salutare un vecchio amico
Detto questo liberò dalla stretta il braccio del poeta e si allontanò piantandolo in asso nel mezzo della sala.
Shakespeare per un momento non seppe se seguire il brigante o tornare indietro, poi però vide accanto al muro un volto conosciuto che sembrava studiare con interesse la folla di immortali.
Indossava un completo formale: camicia bianca, giacca grigia e pantaloni dello stesso colore, sarebbe sembrato un uomo d'affari diretto ad una riunione se non fosse stato per la maschera cangiante che gli incorniciava gli occhi di ghiaccio. Era fatta in modo che non si riuscisse a definirne il colore.
Il bardo lo salutò con un cenno del capo, Machiavelli rispose sollevando appena una mano
-Bella maschera, Segretario
l'italiano accennò un sorriso, attento a non far trapelare un velo di malinconia per il titolo che gli era appartenuto secoli prima:
-Ti ringrazio, è una delle mie preferite
Il poeta sapeva che quell'uomo aveva una collezione senza eguali di maschere e costumi tradizionali, ciononostante probabilmente aveva lavorato personalmente a questa: elegante sobria e d'effetto, si adattava perfettamente al suo carattere ambiguo.
Doveva dimostrarsi anche di una certa utilità dal momento che attirava l'attenzione dell'interlocutore distraendolo dalla conversazione
-La maschera che indosso quotidianamente è più che sufficiente
Mormorò il fiorentino come leggendogli nel pensiero, Shakespeare si sentì raggelare.

Ad interrompere la conversazione fu l'arrivo di Billy, il bardo notò che aveva sostituito il cappello con una coloratissima maschera integrale:
-Indovina chi sono..
Chiese rivolto al maestro che inclinò il capo divertito:
-Un idiota con una maschera
Rispose senza batter ciglio; il brigante ci pensò un momento, poi tolse la maschera:
-Ed ora?
Sul volto di Machiavelli si dipinse un ghigno sottile:
-Un idiota con una maschera diversa
Billy annuì:
-Sapevo che avresti dato una risposta simile.

La musica partì all'improvviso ma tutti gli immortali furono pronti a mettersi a ballare, Shakespeare notò come in quel vorticare di auree e di abiti colorati non esistessero più divisioni tra loro, secoli di lotte e di rivalità venivano spazzati via da quella melodia.
Le sue dita sporche di inchiostro, i guanti neri di Dee, le mani di Machiavelli segnate dalle cicatrici, le unghie curate di Perenelle, quelle rosicchiate di Giovanna.. si intrecciavano come i loro destini, uniti li uni agli altri per il tempo di una danza.
Per un istante gli parve di comprendere il perché di quella ricorrenza, pensò di afferrarne finalmente l'essenza, capì che si trattava semplicemente di questo:
Un ballo in maschera per ingannare la morte.
Un ballo in maschera per rimanere umani.

 
 
   
 
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