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Autore: BJgirl    04/04/2015    1 recensioni
"Ma Holmes era in grado di capire l'impossibile lasciandosi sfuggire le cose più ovvie"
Pre-Reichenbach
[EX "It's so overt it's covert"]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! :)
Questa storia è nata un po' per caso, ma spero vi piaccia.
Sarei molto felice di ricevere suggerimenti e consigli, se ne avete voglia! 
Ovviamente nessuno di questi personaggi mi appartiene (e nemmeno gli attori), nessuno fa davvero queste cose (credo) e nessuno mi paga per scriverle.






Sherlock aprì il laptop con uno scatto deciso. 
Sbattè un paio di volte le palpebre quando vide che la password immessa era errata. Meno di trenta secondi dopo era in pieno possesso del computer di John.
Ovviamente la password era stata cambiata ancora una volta dal proprietario del computer. 
"Per quanto tempo ancora si ostinerà a voler fare questo gioco?" si chiese Sherlock mentre aspettava che la pagina che aveva appena aperto si caricasse.
Nelle ultime due settimane John aveva cambiato password almeno una ventina di volte. Roba da trenta secondi o meno di ragionamento. Sherlock si chiedeva perché a John piacesse far perdere tempo ad entrambi. Non c'era nulla di significante in quel computer - qualche cartella di fotografie, bozze degli articoli per il blog, qualche file riguardante la vita di John nell'esercito.
Era difficile in effetti per un uomo come Sherlock Holmes capire che John, più che proteggere quello che era nel computer, stava proteggendo una cosa che a volte assumeva il nome privacy, altre quello di spazio personale. 
O almeno ci stava provando. 
Ma Holmes era in grado di capire l'impossibile lasciandosi sfuggire le cose più ovvie. 

Mentre scorreva i risultati della ricerca 'come smaltire i postumi di una sbronza', Sherlock emise un verso di disappunto. 
Si chiese perché la gente continuasse a chiamare sbronza ciò che si sarebbe dovuto definire come le conseguenze di un consumo improprio di bevande ad alto contenuto di alcool che..
Lasciò il pensiero a metà, poiché il mal di testa si era fatto più forte e lo schermo accecante del computer non migliorava la situazione. Stava lentamente realizzando perché quella situazione fosse semplicemente definita 'postumi di una sbronza'.
Era stanco solamente dopo aver pensato metà di quella frase. E ad essere onesti, aveva scritto solo metà della frase che aveva cercato, affidandosi poi ai suggerimenti forniti da Google.
In breve trovò quello che stava cercando; prese un paio di compresse per il mal di testa, passò un'ora a dormire e si fece una calda e confortante tazza di the.
Il problema fu che nessuna di queste cose funzionò.
Due ore dopo era nelle stesse condizioni di prima. L'unica differenza era che il computer di John si era spento. Batteria esaurita.

Erano ormai le 8 del mattino quando John rientrò nell'appartamento.
La prima cosa che notò fu Sherlock disteso sul divano che emetteva lamenti incomprensibili con la faccia premuta contro il cuscino. Era davvero stanco dopo il turno di notte e l'ultima cosa che voleva era dover assistere ai capricci di Sherlock. La seconda fu che il suo caro coinquilino aveva di nuovo usato il suo computer. 
Si avvicinò al detective emettendo un grugnito,; stava per iniziare uno sproloquio contro l'amico quando il detective si alzò di scatto e corse via dal salotto. Poco dopo John lo sentì tossire e tirare lo sciacquone del bagno. 
Decisamente qualcosa non andava.
Sherlock tornò poco dopo ciondolando fino al divano dove riprese la stessa ed identica posizione. 
"D'accordo. È evidente che non hai dormito e questa non è una novità. Ma che diavolo hai combinato stanotte?" chiese il dottore.
"Scotland Yard sarà presto rasa al suolo".
"Sherlock. È una risposta senza senso, te ne rendi conto, vero?" disse John, con una leggera punta di preoccupazione che aleggiava nella sua voce. Sherlock era davvero capace di una cosa simile. 
La risposta del detective fu un altro lamento.
Quella di John un sospiro.
"Sono ubriaco. O forse lo ero ieri sera. O forse lo ero e lo sono. Non lo so"
"Perché ti sei ubriacato da solo qui?" sussurrò John perplesso, appoggiandosi al muro. Più che una domanda per Sherlock, era più un quesito verso se stesso. 
"Davvero credi che sia arrivato ad un tale livello di noia?"
John lo fissò senza dire una parola. Davvero non capiva.
"Ieri sera a Scotland Yard c'era una specie di festa. Qualcosa a che fare con un caso che hanno risolto, o meglio, che ho risolto, che la stampa ha catalogato come uno dei più difficili degli ultimi anni" cominciò Sherlock, dopo aver sospirato per l'ennesima volta. "Ricordi che ero davvero scocciato dal fatto che mi avessero costretto a presenziare a quell'inutile e patetico evento? Bene, nel corso della serata non so chi né perché ha mischiato dei liquori alle mie bevande. È l'unica spiegazione possible. Sai che non bevo. La quantità è stata relativamente poca, credo, ma gli effetti si sono fatti sentire. I miei sospetti ricadono per la maggior parte su Anderson comunque. Il movente più plausibile è la vendetta."
Sherlock aveva iniziato il suo discorso con la solita velocità, dovendo però rallentare man mano che andava avanti.
"Oh" esclamò John. "Direi che la serata è stata divertente" continuò sorridendo;  Sherlock ubriaco doveva essere uno spettacolo più unico che raro.
"Non lo so" disse Sherlock, ignorando il senso di quello che aveva appena detto l'amico. 
"Non lo sai?"
"John, se avessi voluto un pappagallo sarei andato in un negozio di animali."
"Come puoi non saperlo?" continuò il dottore ignorando il detective. 
"La mia mente ha cancellato la maggior parte degli avvenimenti della scorsa notte. Non credo nemmeno di averli registrati"
"Oh" ripeté John, sorridendo ancora di più. "Allora dovevi essere proprio fuori. Mi sarebbe piaciuto vederti" disse ad alta voce questa volta.
"Cosa ti fa sorridere così tanto John?" chiese Sherlock, con la sua consueta punta di acidità che non scompariva mai, nonostante poco prima sembrasse mezzo moribondo.
"Credo che tu ieri abbia mostrato il tuo lato più umano. E questo mi fa sorridere."
"Non sai quanto detesti quel mio lato" rispose Sherlock.
"Vai a riposare. Per oggi pomeriggio sarai quasi come nuovo" disse John mentre andava ad accomodarsi sulla poltrona.
"Non funziona" protestò il consulente.
"Ti assicuro che ci vorrà solo un po' di tempo." continuò John mentre pensava a cosa poter mangiare. I turni di notte lo sfiancavano sempre. 
"Come lo sai?" chiese il detective facendo emergere la faccia dal cuscino e facendole assumere un broncio che John catalogò come tenero.
"Sherlock. Sono un medico. E posso dire di avere una discreta vita sociale, che include diverse..."
John lasciò la frase a metà. Il suo cervello aveva appena metabolizzato quello che era successo. Aveva appena pensato che il suo coinquilino, il suo migliore amico, fosse tenero. 
Non che non avesse mai pensato che un qualche suo amico potesse essere tenero; lo aveva pensato di Mike quando lo aveva visto tenere in braccio la figlia, oppure di James quando si era ripreso dell'incidente e aveva preso un cucciolo di cane. In quei casi c'era un motivo ben preciso che aveva fatto nascere quel pensiero. 
Ma adesso? Quella domanda stava tormentando John, che si accorse di essere rimasto in silenzio solo quando vide la mano del detective agitarsi a pochi centimetri dalla sua faccia.
"..occasionali paralisi temporanee?" chiese Sherlock, con il tono più beffardo che riuscì ad avere.
Il medico di girò veso di lui e si ricordò che Sherlock stava ancora male - a dire la verità aveva visto momenti peggiori, ma per lui un mal di testa era peggio che una pallottola.
"Hum? No non era questo che... Lascia stare. Vai a riposare ho detto" tagliò corto John, che credeva di aver anche trovato una risposta alla sua domanda: Sherlock stava male e aveva bisogno di aiuto, quindi il suo istinto di soccorritore si era mescolato alla sua ragione. Sì, era andata sicuramente così. Un ragionamento degno di Sherlock, vero dr. Watson?
Dopo un altro paio di moine Sherlock si decise ad andare nella sua stanza.

Anche John fece lo stesso, ma nonostante fosse molto stanco non riuscì a dormire. Pensò a come la sua vita fisse cambiata da quando era andato a vivere al 221B di Baker Street.
Si rese conto che in effetti, da un anno e qualcosa ormai, la sua vita girava letteralmente intorno a Sherlock. Non che non ne avesse una al di fuori di lui, ma tutto ciò che gli interessava era comunque legato a quella specie di sociopatico.
John sbuffò. Sentiva che qualcosa di molto ovvio gli stava sfuggendo, ma non riusciva proprio a capire cosa. Si alzò e decise di andare in cucina. 

Dal canto suo Sherlock era in camera disteso sul letto. Non lo aveva mai notato, ma in quel momento trovava il soffitto davvero molto interessante.
I postumi della 'bevuta' della sera precedente erano passati in secondo piano - non che fossero spariti, ma adesso aveva cose molto più importanti a cui pensare.
Credeva di dover morire solo su quel divano. Poi era entrato John e tutto era passato. O meglio, si era dimenticato di stare così male. Non riuscire a trovare una spiegazione logica lo tormentava.
A dirla tutta una l'aveva trovata, ma era davvero improbabile.
'Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità' cominciò a ripetere una voce nella sua testa.
Sbuffò; per quanto gli desse fastidio in quel momento, sapeva che aveva ragione.
Iniziò a sentirsi di nuovo stanco - e anche leggermente annoiato; decise quindi di chiudersi nel suo palazzo.
Poco dopo si addormentò.
  
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