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Autore: Sam27    04/04/2015    3 recensioni
Giada ha quindici anni, i capelli color cenere e una cotta plateale per Simone. La tiene nascosta per due lunghi anni finché in un bel pomeriggio d’estate escono insieme. Peccato che non sia un giorno qualunque: è una giornata in cui il sole è troppo caldo, le granite sanno troppo di menta e la favola di Aladdin è la più bella di sempre.
In questo pomeriggio Giada non può far a meno di ridere.
Perché Giada è innamorata di Simone.
Giada è innamorata dell’amore.
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Storia partecipante al contest "L'amore è uno stato d'animo" indetto da Shinkari
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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INNAMORATA DELL’AMORE


Introduzione:
Giada ha quindici anni, i capelli color cenere e una cotta plateale per Simone. La tiene nascosta per due lunghi anni finché in un bel pomeriggio d’estate escono insieme. Peccato che non sia un giorno qualunque: è una giornata in cui il sole è troppo caldo, le granite sanno troppo di menta e la favola di Aladdin è la più bella di sempre.
In questo pomeriggio Giada non può far a meno di ridere.
Perché Giada è innamorata di Simone.
Giada è innamorata dell’amore.
 
 
Esco di casa e lancio le chiavi in aria con la mando destra, tento di riprenderle con la sinistra ma cadono a terra, finendo dritte in una pozzanghera frutto del temporale estivo appena concluso. Le raccolgo, scoprendole piene di fango e scoppio a  ridere.
Inizio a camminare salterellando e facendo qualche giravolta, qua e là.
Una dolce vecchina –che non ho mai sopportato prima- mi rivolge uno sguardo stupefatto vedendomi saltellare e girare in mezzo alla strada ma io, per tutta risposta, la saluto allegramente; quella, spaventata, corre –per quanto le permetta la veneranda età- nella sua casa giallo canarino, chiudendosi la porta alle spalle con forza.
Inizia a girarmi la testa, così, mentre arrivo alla fine della via e svolto a destra, smetto di fare giravolte ed inizio a canticchiare una simpatica canzone di Jovanotti che fa circa così:
Posso stare in apnea due minuti,
 dopo tre secondi muoio se io non respiro te,
posso digiunare un giorno ed anche tre
ma non posso stare un’ora senza che io mangi te
Un signore che porta un simpatico berretto sulle ventitré alza gli occhi dal giornale e si sistema meglio sulla panchina prima di lanciarmi un’occhiata e esclamare: -Bello il mal d’amore eh ragazzina?-
-Salve!- esclamo io per tutta risposta, salutandolo con la mano e superandolo mentre inizio a camminare normalmente.
Finalmente arrivo in piazza e mi lascio scappare un verso indistinto: questa mattina c’è stato il mercato nonostante la pioggia e le bancarelle hanno lasciato una sporcizia non indifferente ma trovo questo sole troppo bello per potermi arrabbiare.
Mi guardo nervosamente attorno, torcendomi le mani ed i polsi.
Improvvisamente sento una portiera sbattere alla mia sinistra e sobbalzo: un ragazzo rifila un saluto seccato alla madre e viene verso di me.
E’ lui.
Mi manca il fiato mentre lo osservo di sottecchi. Non che sia particolarmente bello o attraente, ha il viso troppo squadrato, le sopracciglia troppo folte ed i capelli troppo ribelli per esserlo ma in compenso la natura gli ha fornito due stupendi occhi grigi. Paiono due nubi burrascose pronte ad afferrarti, indurti ad entrare nel loro turbine mortale e restituirti al mondo completamente diverso da come mamma ti ha fatto.
Non credo che mi stancherò mai di immergere i miei stupidi occhi castani nei suoi o di divorarli a suon di sguardi.
No, non credo proprio lo farò.
Bando alle ciance e ciancio alle bande: è appena ad un metro da me e questo è il terribile momento in cui non so se guardarlo dritto negli occhi e sorridergli o far finta di non averlo visto e sbloccare il cellulare. Opto per una via di mezzo lanciandogli un’occhiata furtiva e trovando improvvisamente molto interessante una ciocca di capelli sfuggita alla treccia.
-Buongiorno- dice piazzandosi di fronte a me e superandomi di ben venti centimetri.
-Buongiorno- rispondo tentennando un po’ sulle punte ed un po’ sui talloni, non sapendo bene che cosa si aspetti da me.
Lui si morde il labbro come trattenendosi dal fare qualcosa di peccaminoso ed io faccio finta di non notare i suoi occhi sulle mie labbra mentre dico: -Andiamo?-
Mi ha promesso un gelato in una delle nostre interminabili chat alle tre di notte, perciò lo guido verso “Tutti i gusti +1”-la gelateria più buona della città- lasciando che il silenzio si mischi con l’afa.
Prendo un cono cocco e puffo, evitando il cioccolato per non rischiare di sembrare la donna barbuta, insiste per pagare lui facendomi arrossire per la milionesima volta in dieci minuti.
Ci sediamo in una panchina e, mentre inizio a leccare il mio gelato, spero che non senta la puzza di sudore che il mio povero deodorante non riesce a coprire. Così cerco di non stargli troppo vicina ma neanche troppo lontana perché, altrimenti, penserebbe che non mi piace la sua vicinanza ed io amo la sua vicinanza!
Santo Koala Marsupiano, perché mi faccio tutti questi viaggi mentali?
Mi sento come se fossi sul bordo di un precipizio e stessi per svenire a causa delle vertigini ma morissi dalla voglia di volare nello stesso tempo.
-Voglio il mare o una doccia gelata- dico ad un certo punto, sbuffando.
-O tutte e due- aggiunge lui con una smorfia.
-Dicono che sia l’estate più calda degli ultimi dieci anni-
-Lo dicono tutti gli anni- risponde scrollando le spalle.
Cala di nuovo il silenzio ed io non posso fare a meno di notare come le nostre mani siano spaventosamente vicine realizzando finalmente che, porca miseria, sono seduta con il ragazzo che mi piace da quasi due anni e stiamo mangiando un gelato!
Il buon umore mi travolge di nuovo e scoppio a ridere, stropicciando le mie labbra troppo sottili.
Lui mi lancia un’occhiata stranita, sorridendo ed aggrottando le sopracciglia.
-Scusa è che… Ora penserai che sono pazza e molto probabilmente hai ragione ma, insomma: sono seduta qui con te, non potrei essere più felice e tu sei stupendo perciò perché non dovrei ridere?-
Subito dopo averlo detto mi sento morire: per quale assurdo motivo non sto mai zitta?
-Credo che sia una delle cose più dolci che mi abbiano mai detto-
-Devono averti detto davvero poche cose dolci- ribatto io riprendendo a ridere.
-Forse hai ragione- annuisce lui –Però per questa frase meriti un premio, cosa vorresti?-
Sarà l’euforia, il contrasto tra il freddo del gelato e il caldo soffocante o il nervoso ma qualcosa manda in cortocircuito il mio cervello che comanda alla mia bocca di esprimersi con assoluta sincerità: -Un bacio-
Lui si lecca le labbra, quasi senza accorgersene e mi rivolge un’occhiata maliziosa: -Lo avrai-
Inutile dire che sto tentando di essere risucchiata dalla terra che, tanto per cambiare, non mi obbedisce riducendomi ad insultare mentalmente la mia boccaccia in tutte le lingue che conosco che –per precisare- sono solo due, una delle quali è il sardo.
-Non credi sia una giornata fantastica?- gli domando dopo un po’.
Iniziamo così una vera e propria conversazione. Mi sembra talmente surreale che non mi faccio troppi complessi su cosa dire e cosa no, dico ciò che penso, sentendomi sempre più a mio agio; tanto che, mentre rido alle sue battute e rispondo con altrettante senza abbandonare il sorriso, piego una gamba e l’appoggio sulla panchina mentre lui mette un braccio attorno alle mie spalle e gesticola con l’altra mano, appoggiandola –spesso e volentieri- sulla mia gamba.
Questo suo sfiorarmi appena mi sta facendo letteralmente impazzire,  intervallo i sorrisi al mordermi il labbro ed il parlare al fissare la sua mano ipnotizzata.
Dopo quasi un’ora di chiacchiere inutili  o meno – che comprendono lo scoprire di avere lo stesso film preferito della Disney,  Aladdin, e gusti decisamente differenti in fatto di musica (come si può preferire il rock al rap?)- riesco a lamentarmi di nuovo per il troppo caldo.
-Potremmo prendere una granita in due-
Aspetta: cosa?
Fino al mese scorso pensavo che non si ricordasse nemmeno della mia esistenza ed ora vuole bere dalla mia stessa granita?
Credo che questo sia troppo per il mio povero cuoricino…
-Tranquilla, chiediamo due cannucce- aggiunge osservando la mia espressione piacevolmente sconvolta.
Al diavolo l’infarto!
Sto morendo dalla voglia di appoggiare le labbra sulla sua stessa cannuccia o sulla sua cannuccia, non fa troppa differenza…
Mi mordo l’interno della guancia nel tentativo di non ridere alla mia stessa battuta -tra l’altro pessima- e, mentre lui entra nella gelateria per comprare la granita, un signore che vende dei braccialetti mi si avvicina.
-Vuoi portafortuna? Aiuta a trovare vero amore, solo un euro- mi dice con un forte accento extracomunitario.
-Mi dispiace- dico senza smettere di sorridere –Ho già trovato l’amore-
Lui lancia un’occhiata a Simone, che sta tornando da me e sorride: -In questo caso, bellissima, ti regalo io bellissimo braccialetto-
Me ne porge uno, blu mare, esito appena ma lui me lo infila al polso con insistenza ed un sorriso così accecante da far invidia alla pubblicità della Mentadent.
-Auguri per il vostro amore- dice mentre Simone mi porge la granita.
Io arrossisco mentre quelli si allontana.
-Chi era?- mi domanda Simone perplesso.
Io faccio le spallucce, sorridendo tra me e me.
Non credevo che un pomeriggio potesse passare così velocemente, eppure accade. Se poco fa eravamo su quella panchina a sorseggiare la stessa granita alla menta e a guardarci negli occhi, filtrando quasi senza rendercene conto, ora siamo su quest’altra panchina in un parco giochi isolato a ridere come mai ho fatto in vita mia.
-Che ne dici di andare?- mi domanda osservando distratto l’orologio, sempre con il braccio intorno alle mie spalle.
Il sorriso mi si spegne sulle labbra, trasformandosi in un una smorfia triste.
-Okay- dico annuendo e facendo per alzarmi.
Un attimo prima la malinconia, un attimo dopo il paradiso.
La rassegnazione che indica la conclusione di un bel pomeriggio mi stava raffreddando il cuore quando qualcos’altro l’ha sostituita, facendo lavorare il mio organo vitale come mai nei suoi quindici anni di vita.
Ho le sue labbra sulle mie, che scottano e fremono ed ancora non capisco come sia stato possibile.
Mi stavo alzando e lui, invece di assecondarmi, mi ha tirata a sé baciandomi.
Ed ora sono davvero in paradiso: questo semplice attimo mi sembra infinito e non credo che qualcuno possa provare così tante emozioni nello stesso momento.
Sento ogni cosa con chiarezza, sono consapevole di ogni contatto tra di noi e potrei dire con precisione quanta distanza c’è esattamente tra i nostri corpi.
Lui si stacca delicatamente da me, guardandomi negli occhi.
-Ci tengo a te, Giada. Sei davvero importante per me-
-E quanto ci tieni a me?- dico in un sussurro che vorrebbe sembrare malizioso ma suona come il dolce soffio di un gattino.
-Tanto- risponde sulle mie labbra.
-Tanto tanto- domando parlando a bassa voce
–O tanto tanto?- aggiungo calcando sulle parole.
-Tanto tanto- ride lui mischiando i due sostantivi.
Mi bacia di nuovo, leccandomi le labbra ed invitandomi ad aprirle, lo faccio senza alcun indugio e mi ritrovo a giocare con la sua lingua in una danza maliziosa.
Quando ci alziamo per andarcene mi prende per mano ed io sorrido, non solo con la bocca ma con ogni parte del copro –dalla mia treccia color cenere alla punta dell’alluce rovinata a causa delle scarpette di danza- e mi chiedo come questo sia possibile mentre parto in quarta con le mie chiacchiere vane e saltello.
-Sei bellissima- mi dice quando siamo ormai arrivati in piazza, interrompendo a metà un mio stupido discorso sull’utilità delle paperelle di gomma.
Io lo guardo e mi avvicino, sollevandomi sulle punte per dargli un altro interminabile bacio.
Quando entro in macchina non posso fare a meno di raccontare tutto a mia madre, senza che lei faccia in tempo a chiedermelo, aggiungendo dettagli futili come il sole troppo giallo ed il gelato squisito.
Lei scoppia a ridere, mentre gira il volante verso destra.
-Cosa c’è?- chiedo perplessa.
-Come sei bella innamorata!- dice ridendo e contagiandomi.
Credo di essermi innamorata.
Sì: sono innamorata dell’amore.
 
 
Mi giro e rigiro nel letto, provo a girare il cuscino, sbuffo, scalcio le coperte di lato, rotolo prima a destra e poi a sinistra, prendo il lenzuolo, rigiro il cuscino ed emetto qualche altro sospiro; infine spalanco gli occhi nocciola nel buio fitto della stanza e questi sembrarono emettere un luccichio quasi felino.
Sorrido alla candida luna che si staglia nel cielo stellato e sorrido persino alla buffa e stramba ombra che fa capolino da sotto il letto.
Improvvisamente balzo in piedi silenziosa come un gatto ed attraverso il corridoio facendo, qua e là, qualche giravolta, arrivo in cucina  e con due balzi sono davanti al frigorifero: lo apro, do un’occhiata al suo interno, lo richiudo, sorrido, apro il mobile a fianco, osservo i ripiani semi vuoti, faccio qualche altra smorfia ed afferro una barretta Kinder Cereali.
Mi dirigo poi in camera mia, camminando all’indietro per tutto il tragitto ed andando quasi a sbattere contro lo stipite della porta.
Mangio il mio spuntino seduta a gambe incrociate sul letto mentre la mia mente viaggia, fantasticando sul mio primo appuntamento e su Simone.
Miseriaccia: Simone!
Il solo pensiero mi fa arrossire.
Aspetto qualche altro minuto prima di dirigermi al bagno tendendo l’orecchio in attesa di qualche rumore proveniente da camera dei miei, ringrazio il cielo che mia madre e mio padre abbiano un sonno così pesante.
Una volta davanti allo specchio mi osservo per bene, scoprendo che questa notte non provo fastidio alla vista del naso a patatina né trovo il caschetto biondo troppo riccio o le guance perennemente arrossate fastidiose, nemmeno la pelle quasi perlacea o il visetto ancora così infantile mi intristiscono.
No, questa notte, guardandomi allo specchio, mi scopro bella.
Incrino le labbra sottili all’insù, scoprendo le fossette ed estendendo il sorriso anche agli occhi, faccio qualche smorfia, osservandomi divertita.
Tornata a letto mi ricordo del vero motivo per il quale ero andata in bagno e, trattenendo a stento le risa, mi fiondo a fare pipì.
Quando finalmente mi infilo sotto le coperte tiro un gran sospiro e continuo ad osservare la luna attraverso l’abbaino: c’è qualche nuvola che promette una bella giornata e le stelle sono più numerose che mai. Mentre tento di contarle come facevo quand’era bambina i ricordi del pomeriggio appena passato riaffiorano, lieti.
E’ stato, senza troppi giri di parole, il pomeriggio più bello ed assurdo della mia vita. L’immagine del viso di Simone così vicino al mio da potermi contare le lentiggini  mi fa sobbalzare, mi stringo il cuscino al petto al ricordo di come mi ha baciata e mi mordo furiosamente il labbro nel rammentare le nostre mani allacciate.
Stringo il cuscino ancora più forte e sorrido al caldo buio estivo. Mi viene l’improvvisa voglia di cantare o di correre per la stanza o, forse, di fare entrambe le cose.
Mi passo una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora poi prendo il cellulare sbloccandolo freneticamente, apro la conversazione su whatsapp di appena qualche ora prima e la rileggo per l’ennesima volta.
Tamburello sul bordo del letto le note di qualche componimento di Einaudi per tutto il tempo mentre qualche cuore e mezze frasi non dette mi scivolano davanti agli occhi.
Poco dopo lo schermo del mio telefono si illumina e il nome di Simone compare mentre il mio cuore saltella sul posto e poi si butta a capofitto nello stomaco. Mi dirigo freneticamente in bagno e chiudo la porta cigolante, poi rispondo.
Gonfio appena la voce e dico:-Dai, spara: qual'é la cosa che desideri di più?-
Lui fa un attimo di pausa prima di rispondere.
-Beh, ci sarebbe una ragazza...-
-Errore: non posso far innamorare nessuno, te ne sei dimenticato?-
-Ah, ma Genio! Lei è intelligente e spiritosa e...-
-Carina?- domando con il cuore in gola.
-Stupenda!- esclama mentre sento chiaramente che sta sorridendo.
-Mh...- rispondo dubbiosa, non capendo più se stia citando il nostro cartone preferito o parlando di me.
-Ha due occhi che sembrano... e i capelli... wow! E il suo sorriso... ohh!-
-E cosa intendi fare?-
-Renderla la mia principessa-
Il cuore mi si blocca mentre penso che se non muoio d’infarto adesso non ne morirò mai più.
-Quando hai intenzione di farlo?-
-La prossima volta che usciremo!- esclama entusiasta -Credi che mi dirà di sì?-
-Non ne dubito-
-Allora ti lascio riposare Genio, dormi bene-
-Anche tu, scemo-
Lui ride, poi mette giù.
Io mi dirigo in camera mia con un sorriso ebete, l’ultimo mio pensiero è rivolto a lui poi il sonno mi attira tra le sue braccia trascinandomi in un mondo fatto di geni, principesse e granite alla menta.
  
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