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Autore: Kastel    04/04/2015    2 recensioni
“Che coincidenza trovarsi qui.”
Kuroko Tetsuya alzò lo sguardo dal libro che stava sfogliando, posandolo sul proprietario della voce che l'aveva distratto. Era di nuovo lui. Ancora.
“Già... E' proprio una strana casualità.”

{AU!AkaKuro}
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Che coincidenza trovarsi qui.”
Kuroko Tetsuya alzò lo sguardo dal libro che stava sfogliando, posandolo sul proprietario della voce che l'aveva distratto. Era di nuovo lui. Ancora.
“Già... E' proprio una strana casualità.”
Così come l'essersi scontrati ai tornelli della metropolitana. Oppure l'essersi incrociati il giorno seguente al bar dell'università. E come non citare lo strano incontro avuto durante la lezione di Letteratura giapponese avvenuto il giorno dopo ancora.
Tutte incredibili coincidenze.
“Senti... Uhm...”
“Akashi. Akashi Sejiuuro.”
“Akashi-kun, eh? Un momento... Non sarai figlio di quel Akashi?!?”
“Dobbiamo proprio parlare di mio padre?”
“Sì! E' il mio scrittore preferito!”
Gli mostrò il libro che stava tenendo in mano: Una delirante poesia, l'ultimo libro di racconti di Akashi Kazuo.
“Ah...”
Kuroko lo fissò, intuendo la verità.
“Non ami molto tuo padre... Vero?”
Akashi rimase in silenzio, lasciando vagare lo sguardo sulla copertina del volume che aveva deciso di comprare.
“Non amo il suo modo di scrivere, tutto qui.”
“Davvero? Io lo trovo molto scorrevole e poetico. E' raro possedere un talento del genere.”
“Sì, non posso negarlo. Personalmente però preferisco altri stili.”
Kuroko abbassò lo sguardo, domandandosi come potesse dire una cosa del genere. Avrebbe desiderato lui avere Akashi Kazuo come padre...!
“Lasciamo perdere, dai. Puoi dirmi come ti chiami?”
Quella domanda lo riscosse dai suoi pensieri, facendolo tornare alla realtà.
“Kuroko... Tetsuya Kuroko.”
“E' un piacere conoscerti, Kuroko.”

 

 

I capelli della giovane donna erano delle piume fatte d'inchiostro. Così amava pensare il suo amante, lasciando scorrere le dita su di essi.
Era l'unico gesto d'affetto che gli concedeva e il solo che accettava da lui. Si definiva “amante”, ma avrebbe potuto usare ben altri termini, tra cui il più forte era “schiavo”. Era prigioniero delle sue piume e delle lame che rappresentavano le sue parole. Era incastrato nell'ingranaggio che la donna era stata capace di creare per tenerlo rinchiuso dentro il suo sentimento di amore. Si domandava semmai sarebbe riuscito a sfuggire da esso.
Mi ami?”
Il viso della giovane donna si girò a quella domanda, fissandolo con uno sguardo indecifrabile.
Io

 

Il telefono squillò proprio sul più bello.
Kuroko socchiuse il libro con un gesto secco, prendendo il cellulare con la mano destra e premendo il tasto per leggere il messaggio arrivatogli.

Lontano dal sole
Lontano dagli occhi
Osservo ciò che mi si para davanti
E non posso fare a meno di notare
Che esso è niente
Rispetto a quel qualcosa
Che solo un'ombra può donarmi.

Era di nuovo Akashi. Da quando aveva accettato di scambiarsi i numeri di telefono gli scriveva almeno una volta al giorno. Poesie, racconti brevi, resoconti e vicissitudini: tutto quello che, evidentemente, gli saltava alla mente e che aveva voglia di condividere.
Aveva notato la differenza di stile tra padre e figlio: il primo era poetico ma comprensibile, non lasciando spazio ad idee diverse dalla propria; il secondo era più diretto ma nebuloso, quasi volesse lasciare agli altri la possibilità di interpretare il testo come più si desiderava. Due visioni dello scrivere completamente diverse ma che Kuroko trovava interessanti in egual modo.
Era un peccato che nessuno dei due sembrava pronto a scendere a compressi con l'altro: un'unione dei due stili sarebbe stato veramente magnifico.
Chissà perché Akashi odiava così tanto lo stile del padre.

 

 

“Mio padre ha sempre desiderato che io seguissi le sue orme. Voleva che io diventassi un suo prolungamento, la sua copia carbone. Ed io da piccolo non ho mai protestato o impedito che questo accadesse. Anzi, ero davvero contento. Scrivere mi piaceva -e mi piace tutt'ora-, soprattutto se riuscivo a ricreare le atmosfere dei successi del grande Akashi Kazuo.”
Si prese un attimo di pausa, come se dovesse ponderare bene come continuare il discorso.
“Un giorno, però, mio padre mi iscrisse a un concorso letterario per giovani promesse. Secondo lui ero pronto per buttarmi nel mondo letterario. Il problema venne quando il racconto fu rifiutato perché troppo simile, se non addirittura identico, a quello di mio padre. Non servì a niente dimostrare che ero io l'autore dello scritto: non ci credeva nessuno. Fu lì che compresi che se volevo diventare uno scrittore -non un successo letterario, semplicemente uno scrittore- dovevo impegnarmi e trovare un mio stile.”
Sorrise amaramente, come se il ricordo di tale momento fosse troppo dolce-amaro per essere sopportato.
“Ma qui sono iniziati i problemi. Tu ammiri mio padre, ed è giusto così, perché tu non sai quanto è mentalmente chiuso sulla scrittura. Per lui lo stile migliore è il suo, non ci sono santi che tengano. Egocentrismo: ecco qual è il suo difetto.
Per questo ora io e lui non ci parliamo. Non accetta la dimostrazione del fatto che io so e posso ragionare con la mia testa.”
Gli mostrò il libro che si era portato dietro. Kuroko lo prese in mano, ancora incapace di accettare che il suo idolo era nella realtà un narciso. Era un duro colpo.
Osservò la copertina del volume, iniziando a studiarlo. Il titolo era, semplicemente, Attimi. E l'autore era...
“Uhm...? Akashi Sejiuuro?”
“Esattamente.”
Akashi bevve un po' del caffè offertogli da Kuroko. Con il fatto che aveva dovuto raccontare per filo e per segno il rapporto con suo padre non aveva ancora approfittato della sua ospitalità.
“Questa è la mia prima raccolta di racconti. Ci ho lavorato duramente per non farli apparire come delle copie di quelli di mio padre. E le recensioni mi stanno dando ragione.”
Kuroko lo fissò con la bocca spalancata. Che grande, grandissima forza di volontà!
“L'ho portato per te. Ci terrei che lo leggessi.”
Si alzò, finendo di bere il caffè in un unico sorso.
“Quando l'hai concluso... Beh, dimmi che ne pensi.”

 

 

Era difficile dare una valutazione a quel libro. Non tanto per lo stile, che era identico a quello che Akashi usava per i suoi sms, ma per il contenuto.
Era cento volte più difficile comprendere cosa diavolo volesse dire. Poteva solo fare delle supposizioni, senza essere sicuro del fatto che esistesse una risposta giusta. Nonostante ciò trovava il tutto molto scorrevole e incredibilmente bello. Non faticava a credere che avesse ricevuto parecchie recensioni positive.
“Uh...?”
Dovette rileggere più volte il titolo dell'ultimo racconto, perché gli sembrava assurdo. Quando mai uno scritto aveva tre titoli diversi (Blu, Fantasma, Ricordo) segnati come se fossero sbagliati, per poi salvare solamente il quarto, Ombra?

 

Vedi? Non riesco a decidere. Non posso farlo. Del resto, ciò che sei non può essere descritto con una sola parola.
Ti nascondi dietro il sole, lasciando agli altri il compito di scoprirti. E no, non pensare che questo possa essere un difetto. E' la tua essenza, il tuo essere, il tuo Io. Sta agli altri accettare ciò.
Io l'ho fatto. Ti ho cercato, ti ho trovato. Ho scoperto cosa sei, anche se ancora mi sfugge in parte.
Sei fatto di carta e inchiostro, che vive per tracciare un racconto nella vita degli altri.
Sei parole descritte dentro una tazza di caffè, da assaporare a piccole dosi.
Sei il silenzio che copre una sala d'attesa, pronto ad esplodere in qualsiasi momento.
Sei una frase che non vuole essere finita.
E chissà se riuscirò a mettere il punto ad essa

 

 

“Ti ringrazio per la lettura. Mi è piaciuto molto.”
Ridiede il libro ad Akashi, sorridendo gentilmente.
“Davvero?”
“Sì, soprattutto l'ultimo racconto.”
Akashi spalancò gli occhi, non riuscendo a trattenersi nel cercare lo scritto.
Un sorriso fu l'unica risposta che diede a Kuroko.

 

 

Sei una frase che non vuole essere finita.
E chissà se riuscirò a mettere il punto ad essa.

 

 

 

Note

 

L'idea della storia mi è venuta in mente ascoltando “Una delirante poesia” di Samuele Bersani, uno dei miei cantanti preferiti.
Un grazie enorme a Nokey per i consigli datemi!

 

   
 
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