Serie TV > Doctor Who
Ricorda la storia  |      
Autore: Rusty 93    04/04/2015    0 recensioni
[Ambientato prima della morte di Danny] Un'avventura come le altre, fatta di scoperte, quesiti e risposte... Un nuovo personaggio si imbarca brevemente sulla Tardis ...e Clara ed il Dottore sono costretti, ciascuno a suo modo, ad esporsi.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DOTTORE

Anno 5020, pianeta Terra.


Nathan camminava solo per una strada del centro di Nuova Glasgow. Passeggiava annoiato e mangiando un panino, osservava gli alti palazzi che si stagliavano nell’aria ghiacciata della città.

Aveva da poco finito un lavoro per il giornale nel quale lavorava part-time ed ora, si stava rilassando nel modo che più preferiva al mondo: cercando nuovi soggetti e paesaggi per le sue fotografie.


Il sole creava strani riflessi sui vetri dei palazzi, e questi giochi di luce si riflettevano sui volti dei passanti... Il ragazzo li osservava tutti, alla ricerca di un viso che potesse immortalare di nascosto.

Mentre masticava con calma, decise di iniziare con qualche scatto generico: la moltitudine di pendolari e lavoratori che uscivano in massa dalla ferrovia sotterranea, presi di spalle. Uomini e donne senza volto, così tanti e indistinti da sembrare formiche, che uscivano dal buio entroterra e si immergevano nella luce scintillante di Glasgow.

Era appoggiato ad una ringhiera, bevendo una bibita e osservando le ultime foto scattate, quando udì un forte suono: un’esplosione.

La testa di Nathan si sollevò all’istante in direzione del boato, i suoi occhi azzurri guizzarono come saette alla ricerca della fonte del rumore, senza trovare nulla. Si infilò al collo la macchina fotografica e iniziò a camminare velocemente in quella direzione. Quando vide del fumo nero alzarsi ad un paio di isolati di distanza, cominciò a correre.

Arrivò a destinazione sudato ed ansimante: forse avrebbe dovuto decidersi ad iscriversi in palestra, dopo tutto. Non puoi avere il fiatone a vent’anni dopo solo qualche minuto di corsa, non è normale: Nathan era certo che se sua madre fosse stata ancora viva, l’avrebbe preso in giro per quella debolezza.

Si passò una mano fra i capelli bruni e ribelli (rendendoli ancora più scarmigliati di prima), costringendosi a riprendere fiato rapidamente. Si avvicinò ad un folto gruppo di curiosi, che osservavano a distanza di sicurezza, un grosso palazzo in fiamme.

“Mi scusi, sa dirmi cosa è successo?”

“ Qwaryterv dodshf, higrtchgitr!!” Gli rispose il signore dal lungo naso a trombetta che aveva interpellato. Fantastico, di tutte le persone a cui poteva chiedere, doveva imbattersi proprio in un mutante che non parlava la sua lingua.

“Non fa niente, grazie comunque.” Nathan tornò a fissare l’enorme palazzo che assomigliava sempre più ad un falò nel bel mezzo della città. Decise di fare qualche foto: rivendere quegli scatti al giornale e guadagnare soldi extra, non poteva certamente fargli male.

Sentiva una strana sensazione, come un pizzicore dietro alla nuca: mamma gli ripeteva sempre che quando si hanno queste sensazioni inspiegabili, di solito è perché qualcosa di importante sta per accadere. Pochi minuti dopo arrivarono i pompieri e le squadre di sicurezza, che fecero allontanare tutti i curiosi e posizionarono un gran numero di barriere ad aria: si trattava letteralmente di aria solidificata che poteva essere creata a piacimento dalle forze dell’ordine, quando c’era necessità di isolare una zona. Erano invalicabili, nessuno senza gli appositi strumenti (forniti solo alle squadre di sicurezza) poteva infrangere quelle barriere... e per forza, avete mai provato a tagliare l’aria? Impossibile!

Nathan se ne stava lì, curiosando lungo il perimetro della barriera di aria cristallizzata, quando ad un tratto, li vide: un uomo alto e dinoccolato con corti capelli grigi, i vestiti bruciacchiati e sporchi, insieme ad una donna più giovane, i capelli bruni arruffati, e il volto sporco di fuliggine. Decisamente erano dei civili e decisamente, erano appena usciti da quel macello infuocato e pieno di fumo.

I due arrivarono alla barriera e si fermarono. Per poco la donna non vi sbatté contro... Nathan pensò che a quel punto la loro corsa fosse conclusa e li osservava, in attesa che qualcuno li notasse ed arrestasse. Invece, l’uomo fece una cosa: estrasse un cacciavite sonico, lo regolò e lo puntò contro la barriera ...e l’aprì.

Nathan rimase di sasso, la macchina fotografica ancora stretta in mano, mentre quei due riprendevano a correre.

Il Dottore. Dopo più di due anni di ricerche, l’aveva trovato finalmente ...e non se lo sarebbe lasciato scappare. Certo, era molto diverso da come l’aveva visto in fotografia, ma sua madre gli aveva spiegato che era possibile che cambiasse, per cui non se ne stupì.

Iniziò ad inseguirli... cavoli, avrebbe dovuto veramente iniziare a fare un po’di sport. Per fortuna non andarono molto lontano: imboccarono un vicolo ed arrivarono ad una cabina blu della polizia di Londra... certo, a Glasgow. Ovvio.

“Hei!” il ragazzo gridò con quanto fiato aveva in corpo e intanto, infilò una mano nella sua borsa a tracolla “Dottore!”

L’Ultimo Signore del Tempo si girò a guardarlo, mentre Nathan estraeva una grossa pistola e la puntava dritta alla sua testa.

“Io vengo con voi!”

“Oh fantastico, la giornata continua a migliorare... Metti subito giù quell’affare ragazzino!” Gli urlò la donna che era col Dottore, visibilmente arrabbiata e spaventata.

Il Dottore lo squadrò da capo a piedi “Non preoccuparti Clara, non ha mai sparato un colpo in vita sua e certamente non comincerà con me. Perché dovrei farti entrare nel mio TARDIS, ragazzo?”

Nathan gli sorrise “Perché ho una pistola e chi ha una pistola, comanda.” Detto questo, rivolse l’arma verso la compagna del Dottore: così l’avrebbe convinto sicuramente.

Il Dottore lo guardò intensamente per qualche secondo. Una volta a bordo avrebbero sempre potuto abbandonarlo in qualche punto indefinito del tempo e dello spazio: era decisamente il modo più semplice per togliersi quel ragazzino di torno “D’accordo. Ma la pistola resta qui.”

“Non ci penso nemmeno.”

“E questa è la prima ragione per cui io e te non potremmo mai andare d’accordo. Anzi, è la seconda: la prima è che possiedi un’arma.”

Nathan sorrise “Non lascio la mia pistola, la tengo sempre con me.”

“Anche io tengo sempre con me il mio TARDIS e fidati, so per esperienza che nessun tipo di arma dovrebbe entrare nel TARDIS.”

Nathan annuì leggermente... Sapeva a cosa si stava riferendo.

A quel gesto, lo sguardo del Dottore si illuminò “Perché fai così?”

“Cosa?”

“Quella cosa, quell’espressione ... Clara aiutami.” Si batté le tempie, tentando di ricordare.

“Ha annuito. Si chiama annuire.” Lei li guardava entrambi con aria scettica, senza capire.

“Giàgià... hai annuito. Chi sei? Qual’ è il tuo nome e perché vuoi entrare nel TARDIS?”

Per tutta risposta, il ragazzo gettò a terra la pistola: non aveva più bisogno della sua arma, perché sapeva di averlo incuriosito a sufficienza. “Ti spiegherò tutto quando sarò sicuro che non potrai piantarmi in asso.”

Il ragazzo aprì la porta della cabina blu e vi entrò senza fare complimenti, seguito dagli altri due.

“Carino l’arredamento. Stile contemporaneo minimale, dico bene?” Non un singolo commento sul fatto che il TARDIS fosse più grande all’interno. Salì le scale che portavano al pannello di controllo e si appoggiò su una delle ringhiere. “Allora, dove si va di bello?”

Nathan decisamente non si aspettava ciò che accadde subito dopo: un ceffone in pieno viso. “UhOh! Ma che... sei impazzita?”

“Ne riceverai molti altri se non mi dici chi sei e cosa vuoi da noi, ragazzino.” La donna che lo stava fronteggiando che se Nathan non aveva capito male, si chiamava Clara, era un’umana di razza caucasica, bruna, di qualche centimetro più bassa di lui e dai lineamenti delicati, di una bellezza antica, Nathan l’avrebbe definita un avvenenza Vittoriana... ma dal modo che aveva di contrarre la mascella, le labbra ridotte ad una linea sottile e dalla luce determinata che aveva negli occhi, il ragazzo capì che Clara era ciò che di più lontano potesse esistere dalla delicata dama vittoriana.

“Non sei mia madre e non hai il diritto di parlarmi in questo modo, o di prendermi a schiaffi.” La squadrò con rancore. Lei non distolse lo sguardo.

“Bene. Allora credo che dovremmo riportarti da tua madre, così potrai ricevere qualche schiaffo da lei.”

Lui sorrise amaramente “E’ morta.”

“Tuo padre?”

“Lo sto cercando.”

“Bene... allora credo che dovremmo trovarlo.”

“Ho ragione di credere che si trovi proprio in questa stanza, in questo momento.” L’espressione della donna cambiò molto rapidamente: era basita e incredula, aprì la bocca un paio di volte e poi la richiuse senza che ne uscisse alcun suono, poi si voltò di scatto verso il Dottore, altrettanto stupito e scettico.

“Non è possibile...” Sussurrò lui.

“Dottore?! C’è qualcosa che devi dirmi?”

“Non è possibile!” Ripeté con maggior fervore.

“A quanto pare questo ragazzo pensa che sia possibile. E mi pare anche abbastanza convinto.”

“Non io! Non questa versione di me sicuramente, Clara.”

“Oh, benissimo, allora siamo a cavallo... Tolta una rigenerazione, ne rimangono altre undici! Ah no, dodici, perché c’é anche War-Doctor: ma in effetti, non credo che lui avesse molto tempo di copulare mentre combatteva l’ultima guerra del tempo... o mi sbaglio?!”

“Non credo che risponderò a questa domanda...”

“Fai sul serio?!”

“Ma perché sei così arrabbiata? Credevo che fosse una cosa normale, soprattutto per voi umani.”

“Perché sono arrabbiata?? Sul serio? Perché dovresti essere l’essere più intelligente dell’universo, ma a quanto pare non conosci l’esistenza dei preservativi!”

“Nonono, non ci sto. Non entrerò in questa conversazione imbarazzante con te...”

“Perché? Non hai appena detto che è una cosa normale?”

“Scusate... Forse se chiedeste a me, invece che trattarmi come il semplice incrocio fra uno spermatozoo ed un ovulo, vi chiarireste un sacco di dubbi.” Intervenne Nathan.

Il dottore gli si avvicinò a passo svelto “Voglio dati anagrafici, subito: Nome, Cognome, Data di nascita e nome dei genitori biologici.”

“Mi chiamo Nathan Rory Pond, ho vent’anni e mezzo e sono nato nell’anno 4999, il tre maggio, a Nuova Glasgow, pianeta Terra. Mia madre era Melody Pond, meglio nota come la Dottoressa River Song, conosciuta per aver ucciso il Dottore. I miei nonni erano Amelia Pond e Rory Williams. Ti basta o vado avanti?”

A giudicare dalla faccia, sembrava che il Dottore avesse appena ingoiato un rospo velenoso. “Vai avanti.” Rispose, anche se non sembrava molto convinto di voler sapere di più.

“Stando a quello che mi ha raccontato mia madre, sono stato concepito da lei e dall’undicesimo Dottore, sul TARDIS in pieno Vortice del Tempo. A dimostrarlo, ci sono gli esami del mio DNA: provano che sono a tutti gli effetti, un Signore del Tempo.” Nathan riprese fiato.

“Sisi ok, è chiaro che tu sia figlio di River: sei un saputello!” disse il Dottore, visibilmente sconvolto “Voi avete questa brutta abitudine di ricordarmi sempre la storia del mio popolo: anche io la conosco ...e non ho avuto bisogno di prendere una laurea in archeologia!” stava gesticolando, brutto segno.

“Dottore...” Disse Clara esitante “E’ davvero tuo figlio?”

“E come faccio a saperlo? Certo, se dovessimo fidarci della sua parola ti direi di si... ma io non mi fido degli scozzesi!”

Clara si portò una mano al viso, massaggiandosi le tempie disperata, cercando di sorvolare per un attimo su quell’atteggiamento infantile “Dottore... se non sbaglio mi hai detto che ti eri sposato... eri sposato con lei? Questa River?”

“Si, e allora?”

“Bèh era tua moglie, ci avrai fatto l’amore qualche volta!”

“Questo non dimostra affatto che lui sia mio figlio!”

“Ma comunque, ci permette di avere una buona percentuale di probabilità che sia realmente così!”

“Heihei, vedete di mantenere la calma ok?” Il ragazzo estrasse dalla tracolla un fonendoscopio e lo diede al Dottore, senza aggiungere altro.

“Fai sul serio, ragazzo?”

“Servirà a convincerti che sono come te?”

“Il fatto che tu abbia due cuori non dimostra comunque che tu sia mio figlio.”

“Oddio! Ma come puoi essere così idiota? Certo, mamma mi aveva avvertito che avresti negato fino alla morte... ma Cristo, hai qualcosa come 2000 anni, si suppone che tu abbia un minimo di senso di responsabilità!”

“Non ha tutti i torti...” Commentò Clara in sottofondo.

“Clara, per favore! Potrei avere un minimo di appoggio in questa faccenda, almeno da te?” Poi si rivolse nuovamente a Nathan “e in quanto a te... heiheihei, aspetta un attimo che stai facendo? Fermati subito!”

Il ragazzo si era appena  diretto alla console del TARDIS  ed ora stava tirando leve e schiacciando tasti, apparentemente a caso... ma forse non era così.

“Vuoi delle prove? Ti sto dando delle prove.” Girò un’ultima manopola e il TARDIS si mise in moto rombando: l’atterraggio fu un po’ turbolento e tutti e tre rischiarono di cadere.

“Hei, attento! Vedi di trattarLa bene, è una signora delicata!”

“Provaci tu a prendere una patente senza pratica...”

“Chi ti ha insegnato a guidare un TARDIS?”

“Indovina...” il ragazzo non poté trattenersi dall’alzare gli occhi verso l’alto, mentre si dirigeva rapido all’uscita. Aprì la porta ed uscì nel buio, ma ricomparendo quasi subito. “Ok, credo che dovremmo esserci. Forza venite.” E scomparve nuovamente.

“Dovremmo fidarci di lui?” Chiese Clara.

“Non lo so. Aveva una pistola ed è scozzese... non è esattamente la miglior combinazione del mondo.”

“Dottore...?”

“Si, Clara?”

“Tu sei scozzese!”

“No! Io sono un alieno... Il mio stupido accento è scozzese, e non l’ho scelto io!”

Clara evitò di dirgli che lui stesso aveva affermato di amare la Scozia... e che il primo posto dove erano stati dopo l’ultima rigenerazione era appunto, Glasgow (solo quella vecchia, del 21° secolo). Era capace di essere molto volubile e testardo su queste cose, per cui evitò di insistere. “Lo sai, potremmo semplicemente partire e lasciarlo qui.”

“E’ un idea.” Rispose lui, distratto da altri pensieri.

“Ma non lo farai.”

“No, infatti.” Detto questo, si diresse all’uscita e si precipitò fuori. “Sono troppo curioso di vedere perché ha scelto proprio questo tempo e questo spazio.”

“Inoltre non abbandoneresti mai tuo figlio...”

“Non è mio figlio!” Ora erano in uno stretto sgabuzzino, fra una pila di secchi e due scopettoni. Il Dottore trovò l’uscita e aprì la porta leggermente, ma lo spazio era talmente ristretto che nel farlo, diede una gomitata nelle costole alla sua compagna “Haia!”

“Scusa!”

“Perché bisbigli adesso?”

“A quanto pare, siamo in un ospedale.”

“Non c’è bisogno di bisbigliare: è un ospedale, non un cimitero o una chiesa.”

“E’ un ospedale terrestre del 51° secolo.” Detto questo, uscì seguito da Clara, sempre bisbigliando “Limita le parole e i rumori al minimo e se devi parlare, fallo a bassa voce.”

Il corridoio nel quale si trovavano ora, era lungo, stretto ed immerso nella luce bianca, che sembrava provenire letteralmente dalle pareti: non c’erano lampade o finestre.

Nathan li aspettava appoggiato ad un muro, armeggiando con la macchina fotografica. “Ce ne avete messo di tempo.” Detto questo si incamminò lungo il corridoio “Venite, la stanza è da questa parte.”

Clara cominciava a capire. E dall’aria confusa del Dottore, capiva anche che quest’ultimo non aveva ancora compreso perché si trovassero lì. Ma era un ospedale del 51° secolo e se le avessero chiesto di tirare ad indovinare, avrebbe potuto scommettere qualunque cosa che si trovassero ancora a Nuova Glasgow, precisamente nell’anno 4999.

Si fermarono davanti ad una porta bianca “Bene, ora credo che dovresti entrare.”

“Chi c’è la dentro, ragazzo?”

“Mia madre e probabilmente, un me neonato. Se non ti fidi di tuo figlio, spero che almeno ti fiderai delle parole di tua moglie.”

“Non entrerò lì dentro.”

Stettero li a guardarlo mentre se ne tornava al TARDIS senza esitare. Nathan era allibito, sconvolto e deluso.

Clara non sentiva di provare emozioni molto diverse... Come poteva Il Dottore, l’uomo millenario che aveva salvato il pianeta Terra centinaia di volte, che si trovava quotidianamente a prendere decisioni impossibili, che sacrificava vite per salvare intere popolazioni, che troppo spesso sembrava avere tutto il peso dell’Universo sulle proprie spalle... come poteva quest’uomo (che in realtà umano non era), essere così irresponsabile e codardo? Come poteva essere così umano?

Dopo un paio di secondi di esitazione, la bruna lo seguì attraverso il corridoio, bloccandolo all’entrata dello sgabuzzino, cercando di incrociare lo sguardo antico di colui che fin troppo spesso, guardava altrove. A Clara era già capitato di pensare che nell’ultima rigenerazione, qualcosa fosse andato storto, perché il nuovo Dottore era geniale certo, ma a volte le sembrava di cercare il dialogo con un bambino autistico. Scacciava quotidianamente quei pensieri, ripetendosi che dopo tutto quello che il Dottore aveva vissuto e patito, era normale a volte, evitare l’affetto e lo sguardo di persone che di lì a pochi minuti, sarebbero potute morire per causa tua. Ma questo le faceva ancora più male, perché lei non era una persona qualsiasi, lei era con lui da tanto, era ancora viva e non l’aveva ancora abbandonato.

“Perché fai così?”


Lui pareva molto concentrato sulla pila di secchi alla sua sinistra. “Dottore, rispondimi!”

“Vai a dirgli che se vuole lo riportiamo dove l’abbiamo preso... Ma che non si azzardi a pronunciare una sola parola durante il viaggio, o lo scarico in pieno vortice temporale!” Perfino con la coda dell’occhio e nella penombra, il Dottore era in grado di vedere lo sguardo lucido e colmo di delusione della sua amica. “Non farlo.”

“Non fare cosa? Cosa non dovrei fare?”

“Non giudicarmi, perché non hai idea di come io mi senta o di cosa stia pensando in questo momento. E non fare quello sguardo deluso, non essere delusa.” Disse in tono implorante, con uno sguardo che raramente gli aveva visto in volto. Clara se lo ricordava, quello sguardo: era lo stesso che aveva visto quella volta a Glasgow, quando lui le chiedeva disperatamente di vedere lui, di guardarlo veramente, senza cercare un’altra persona.

“Io vorrei farlo, veramente... Ma tu non provi nemmeno a spiegarmi cosa ti passa per la testa... e se tu non mi parli, non mi resta altro che fare supposizioni. E non vorrei doverle fare, ma sei tu che mi costringi.

Oh, e vuoi sapere un’altra cosa? Io non sono al tuo servizio, non sono un postino, per cui se vuoi dire qualcosa a Nathan, fallo di persona. Io vi aspetto nel TARDIS.” Detto questo gli girò attorno ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle.

Lui la seguì all’interno, silenzioso più che mai.

“Tu pensi che io stia scappando dalle mie responsabilità.”

“Se devo essere sincera, si.”

“Io chiudo gli occhi prima di ogni rigenerazione e quando li riapro, sono due occhi diversi, ho una faccia diversa, il corpo di un’altra persona e una personalità completamente diversa... Eppure sono sempre io, il Dottore. Ricordo ogni singola azione, decisione od emozione dei dottori precedenti, ma non sono le mie... Quello che voglio dire è che non sono più l’uomo che ha sposato River Song, l’uomo che l’amava e che ha fatto l’amore con lei... sebbene ricordi ogni cosa di quei momenti, li ricordo come se io fossi un intruso, un estraneo che spia dal buco della serratura.


Clara, so che non è facile da capire, ma io non sono il padre di quel ragazzo: suo padre è scomparso con l’ultima rigenerazione e vive solo nel ricordo di quelli che l’hanno conosciuto. Io non amo River Song e la River in quella stanza d’ospedale non aspetta me, ma l’undicesimo dottore... Io mi ricordo di lei, ma lei non mi conosce.”

“Ok, lo capisco... ma quel ragazzo è un Signore del Tempo come te, questo varrà pure qualcosa! Hai davvero intenzione di abbandonarlo così, a se stesso?”

“Sarà molto meglio per lui se vivrà come un umano, lontano da tutto questo. Essere Signore del Tempo non è un privilegio, è una condanna. E’ più starà lontano dal TARDIS, meglio sarà per lui.”

Fu in quel momento che Clara decise di farlo, anche se non era per niente da lei tentare di risolvere certi casini al posto degli altri: andò a parlare con Nathan e lo convinse a tornare nel TARDIS.

Non ci fu bisogno di dire al ragazzo di non parlare al suo Padre-Non-Padre, non ne aveva nessuna intenzione. Si sedette sugli scalini della scala a chiocciola ed aspettò in silenzio, lo sguardo basso e concentrato sulla sua macchina fotografica.

Clara si sedette qualche scalino più in basso di lui: ancora una volta, si ritrovava a cercare lo sguardo di qualcuno che semplicemente, la evitava. La ragazza si chiese perché si prendeva tanto disturbo, e stava per alzarsi e abbandonare Nathan in balia del suo malumore, quando lui parlò.

“Quindi tu sei la nuova compagna del Dottore?”

“Si... ma no, non in quel senso. Io ho un fidanzato.” Si sentiva sempre in imbarazzo quando la definivano a quel modo: lei era semplicemente un’amica del Dottore, lo sosteneva, lo aiutava e viveva avventure fantastiche in sua compagnia. La parola Compagna non si adattava in nessun modo e in nessun senso, al loro rapporto.

“Non saresti la prima.”

Clara si riscosse dai suoi pensieri “A fare cosa?”

“Ad avere un fidanzato. Mia madre mi ha raccontato di tutte le compagne del Dottore delle quali era a conoscenza.”

“Un’ottima favola della buonanotte...” L’unica strada per uscire dall’imbarazzo, era il sarcasmo.

Nathan fece spallucce “Era un tipo originale, ma anche una brava madre... Mi ha cresciuto bene.

Lo ami?”

“Di chi stai parlando adesso?”

Lui fece uno sbuffo divertito “Lascia perdere... con questo, hai già risposto alla mia domanda.”

Clara non sapeva se essere più infastidita, o più sorpresa: Nathan era molto intelligente e intuitivo ovviamente, era figlio dell’undicesimo Dottore! Ma ancora come si permetteva questo ragazzetto di vent’anni di giudicarla o di saltare a conclusioni così affrettate? Si sentì punta nel vivo e sentì il bisogno di dare delle spiegazioni.

“Sai qual è il problema di voi adolescenti? Che credete che un amore impossibile e sofferto, in un certo senso valga di più, sia più prezioso, di un amore reale, di quelli che portano ad una vita normale, con una casa e dei figli. Bene, ti do una notiziona: soffrire non è una bella esperienza e non rende più nobili, soffrire fa schifo e basta; e io non voglio soffrire, voglio essere felice, voglio avere una casa, un lavoro e magari anche un marito e dei figli, un giorno. Voglio vedere nascere e crescere i miei nipoti e voglio invecchiare di fianco a mio marito.”

“E allora perché sei qui? Lo stai usando per avere un po’ di avventura prima di sistemarti?” Questa frase gli procurò un altro dei potenti ceffoni di Clara. Nathan si massaggiò la guancia, guardandola allibito.

“Non hai il diritto di insinuare queste cose. Tu non sai niente. Sono qui perché me l’ha chiesto lui, perché lui ha bisogno di me ed è mio amico... Forse lo amo anche? Si, non lo so. Che senso ha pensarci, quando è ovvio che fra noi non potrà mai esserci nulla? Lui sembra umano Nathan, ma non lo è... e per questo, non potrò mai chiedergli di condurre una vita da umano.”

Pronunciare quelle parole ad alta voce le faceva male... Già solo così le sembrava di tradire Danny, di fargli un torto. E lei amava Danny, non avrebbe mai voluto farlo soffrire.

E il Dottore... lui stesso le aveva detto “Non sono il tuo fidanzato, Clara”  frase che era suonata molto più come un Non posso, che come un Non voglio, ma in ogni caso, il risultato non cambiava... e Clara sapeva che era molto meglio lasciare le cose come stavano: esporsi troppo avrebbe significato rompere l’equilibrio precario nel quale si trovavano lei, Danny e il Dottore. E anche se quell’equilibrio era fatto di cose non dette e mezze verità, a lei stava bene così, perché così era felice.

Nathan la riportò sulla terra ferma: “Quindi secondo te, non ho alcun diritto di chiedergli di farmi da padre?”

“Credo che tu debba solo avere pazienza...  un giorno inizierà a farlo e lo farà a modo suo. Lo farà nello stile del Dottore, non sicuramente nello stile degli Esseri Umani o dei Signori del Tempo.”

“Forse anche per te vale lo stesso... devi solo avere pazienza e le cose si sistemeranno.”

“Stiamo per atterrare.” Rispose Clara senza espressività, alzandosi di scatto. Non voleva illudersi, ma soprattutto, non voleva iniziare a desiderare qualcosa di diverso da  quello che già possedeva... perché "diverso" ne era certa, significava scegliere fra Danny e il Dottore e questo lei non poteva farlo.

*FINE*

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: Rusty 93