-Yuma,
cos’è
questo oggetto?-chiese il fantasma, indicando un misterioso oggetto. Il
ragazzino si voltò verso l’amico, lanciandogli
un’occhiata tra il confuso e lo
scocciato.
Ormai erano passate
diverse settimane da quando Astral era giunto sulla Terra e Yuma aveva
smesso
di sorprendersi per le sue domande. I primi giorni erano stati i
più duri;
doveva abituarsi all’idea di poter vedere una creatura che
nessun altro intorno
a lui poteva vedere e doveva abituarsi a dividere ogni suo momento
libero,
anche quelli più privati, con la figura invadente della
creatura astrale,
sebbene l’altro non volesse esserlo. Era anche normale, da un
certo punto di
vista. Astral era giunto in un luogo completamente diverso dal suo
pianeta d’origine
e aveva perso tutti i suoi ricordi; probabilmente si sentiva spaesato e
confuso. Per non parlare di tutti gli oggetti che non conosceva e che
vedeva
per la prima volta. Proprio come un bambino. O come un esploratore nel
momento
in cui scopriva una terra straniera e inesplorata. Probabilmente suo
padre
provava le stesse emozioni quando scopriva un nuovo tesoro. Yuma se
l’era
sempre chiesto. Si era sempre chiesto cosa provasse suo padre Kazuma
quando
trovava un oggetto di un’epoca passata sommerso di terra,
ghiaccio o sabbia. Ricordava
che sorrideva come un bambino, come faceva lui quando la nonna gli
preparava il
suo piatto preferito, o come faceva Akari quando trovava uno scoop
eccezionale.
Doveva essere un vizio di famiglia, quel loro sorriso spontaneo e
genuino, che
riusciva sempre a contagiare gli altri. O forse sarebbe stato
più giusto
chiamarla virtù. Perché far sorridere le altre
persone doveva essere per forza;
almeno era questo che continuava a pensare Yuma.
-A cosa ti riferisci?-chiese
il ragazzino, scendendo dall’amaca e avvicinandosi per vedere
cosa stesse
indicando l’amico invisibile.
-Questa strana
scatola nera.
-Quella è una
macchina fotografica!-esclamò l’altro, afferrando
l’oggetto con entrambe le
mani e togliendola dal baule di legno in cui si trovava, insieme a
tante altre
cianfrusaglie, per farla vedere meglio all’amico. Si trattava
di una polaroid,
uno di quei vecchi modelli che stampavano direttamente le fotografie,
senza
bisogno di andare a far sviluppare il rullino. Non era una di quelle
macchine
fotografiche super tecnologiche che suo padre utilizzava sempre durante
le sue
spedizioni. Era un apparecchio piuttosto vecchiotto, anche per una
polaroid, e
ricoperto di polvere; probabilmente era stato messo in soffitta per
essere
sostituito da uno più nuovo e moderno. Difatti Yuma non
ricordava di aver mai
visto suo padre utilizzarla; probabilmente risaliva a molti anni prima,
forse
anche a prima della sua nascita.
“Forse Akari se la
ricorda…” pensò, mentre toglieva
grossolanamente la polvere dalla sua
superficie con un lembo della maglietta.
-Una macchina
fotografica? Davvero interessante! A cosa serve?-chiese Astral,
avvicinando il
volto all’oggetto misterioso per osservarla meglio e cogliere
tutti i suoi
dettagli, anche quelli più piccoli e insignificanti.
-Serve per fare
le fotografie. Non dirmi che non ne hai mai vista una?!
-Ne dubito. In
base ai miei ricordi, non c’è niente di simile nel
mondo da cui provengo.
Comunque sia, è davvero interessante!
-Davvero non
avete niente di simile?
-Nei miei
ricordi non c’è traccia di un oggetto simile,
perciò ne dubito. Piuttosto, cosa
sarebbe una fotografia?-chiese di nuovo il fantasma, mentre cercava
inutilmente
di toccare l’oggetto nero che il ragazzino stringeva in mano.
Yuma gli lanciò
un’altra occhiata sconcertata; non riusciva a credere che non
sapesse cosa
fosse una fotografia. Credeva che durante la sua permanenza sulla Terra
avesse
imparato a conoscere almeno gli oggetti quotidiani.
-Sono come dei
quadri, soltanto che sono stampati su carta e non sono dipinti o
disegnati a
mano, ma sono dei momenti reali immortalati da questo oggetto.
Il tono di Yuma
era molto vago e la sua spiegazione talmente confusa e disordinata che
Astral
sollevò il sopracciglio, in segno di disappunto. Non capiva
cosa stesse
cercando di dirgli l’amico.
-E cosa sarebbe
un quadro?
-Non conosci
nemmeno quello?!
Il fantasma
scosse la testa. Il ragazzino lo fissò per qualche minuto,
cercando di pensare
a come spiegare all’altro cosa fossero. Poi, si
ricordò di avere qualche
fotografia nel cassetto di un mobile al piano di sotto e, dopo aver
detto ad
Astral di aspettarlo, scese velocemente al piano sottostante. Dopo aver
cercato
per qualche minuto, trovò ciò che stava cercando
e ritornò al piano di sopra
con un piccolo album.
-Cos’è quello?-chiese
il fantasma, non appena vide l’amico fare capolino.
-Un album. Noi
umani mettiamo le fotografie qui dentro, per poterle conservare ed
evitare che
si sciupino.
-Una mossa
astuta, non c’è che dire. La carta si rovina
facilmente.
Yuma abbozzò un
sorriso di fronte all’osservazione dell’altro, ma
non aggiunse niente. A volte
non sapeva proprio cosa dire.
Aprì l’album ed
iniziò a sfogliarlo, di fronte alla curiosità di
Astral, indicandogli ogni
tanto qualche fotografia e raccontandogli chi o cosa rappresentasse,
quando era
stata scattata e per quale motivo.
-E’ molto
interessante…-commentò il fantasma, non appena
Yuma terminò di raccontare l’ultima
fotografia e chiuse l’album.
-Di solito,
scattiamo fotografie per avere un ricordo di qualcosa o di qualcuno,
soprattutto
se quella persona non ci rimarrà vicini per sempre.
-Capisco…-mormorò
l’altro, abbassando lo sguardo verso l’oggetto che
era stato appoggiato sul coperchio
di un baule lì vicino.
-C’è qualcosa
che non va?
-Stavo solo
pensando che mi piacerebbe molto avere una fotografia con te…
-Credo che sia
impossibile; tu sei invisibile e non puoi comparire in una
fotografia.-disse l’altro,
sorridendogli come per tirarlo su di morale, sebbene non sapesse se
fosse
veramente abbattuto. A volte era talmente impassibile che era difficile
riuscire a capire cosa provasse realmente e Yuma non poteva fare altro
che
sorridergli.
-Però possiamo
sempre provare! Anche se questa macchina fotografica è
vecchia dovrebbe
comunque funzionare. Non mi sembra rotta; se si accende possiamo
provare a
vedere se compari in una fotografia.
Detto questo, il
ragazzino si mise ad armeggiare con i pochi pulsanti
dell’apparecchio finché
non sentì un leggero clic e il rumore del motorino che si
trovava all’interno,
segno che si era appena accesa.
-Che bello,
funziona!-esclamò Yuma, iniziando a saltellare per la stanza
dalla felicità.
Astral lo osservò quasi divertito; gli piacevano molto le
reazioni dell’amico.
Era talmente espansivo, genuino e ingenuo che non riusciva a non
sorridere di fronte
alle manifestazioni delle sue emozioni. Lui non riusciva a nascondere
niente,
nemmeno il dolore o la tristezza. Era fatto così! Il suo era
un modo di fare
che Astral non riusciva a comprendere, ma che ammirava profondamente.
Yuma e il
suo ottimismo era ciò che legava Astral a questo mondo ed
era l’unica cosa che
lo faceva sentire parte di quel mondo sconosciuto. E probabilmente era
quello
il motivo per cui si stava affezionando a quel fragile umano e al suo
piccolo
mondo.
-Allora, ci
facciamo questa fotografia?-chiese il ragazzino, voltandosi verso
l’amico
fluttuante. Il fantasma fece un breve cenno d’assenso, poi,
seguendo le
indicazioni del dodicenne, si mise in posa, accanto
all’altro, cercando di emulare
il sorriso dell’amico. Una piccola luce si accese e
lampeggiò per qualche
minuto, poi si spense del tutto. Subito dopo si sentì un
rumore provenire dall’interno
dell’apparecchio e, dopo qualche minuto, un pezzetto di
carta, quadrato e grande
quanto il palmo della mano di Yuma, uscì da una fessura
posta sul lato
inferiore della polaroid. Il ragazzino la afferrò, curioso
di vedere se l’amico
era stato catturato dalla lente dell’oggetto.
-Che peccato…-mormorò
Astral, incrociando le braccia al petto e sorridendo
all’amico. Sembrava
leggermente abbattuto, sebbene non si potesse dire con certezza. La sua
espressione era troppo misteriosa per poter stabilire cosa stesse
provando in
quel momento. Probabilmente non lo sapeva nemmeno lui.
-Non ti preoccupare,
so io come fare per rimediare!-esclamò l’altro,
posando l’apparecchio sul suo
tavolino e appoggiando lì accanto il pezzo di carta. Poi
prese un pennarello
blu e iniziò a scarabocchiare qualcosa sulla fotografia.
Stesse diversi minuti
in silenzio, continuando a tracciare strani segni, senza dire nemmeno
mezza
parola e talmente concentrato da non sembrare nemmeno lui. Una volta
terminato
il lavoro, lo osservò con un’espressione fiera sul
volto, poi si alzò e si
diresse verso un piccolo mobiletto che si trovava dall’altra
parte della
stanza, mezzo sommerso di oggetti e manufatti. Aprì un
cassetto, estrasse una
scatola di puntine, ne prese una e si diresse verso la finestra. Astral
lo
seguì con lo sguardo, curioso di sapere cosa stesse
architettando l’amico. Non
aveva idea di cosa avesse scarabocchiato e non riusciva ad immaginare
niente di
razionale. Yuma appuntò il quadrato di carta sullo stipite
della finestra,
proprio all’altezza del suo volto quando si sdraiava
sull’amaca.
-In questo modo,
anche tu puoi comparire in una fotografia!
-Disegnare non è
proprio il tuo forte, però grazie!-disse Astral, facendolo
arrossire
leggermente.