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Autore: CreepyGeek    05/04/2015    1 recensioni
Storia partecipante al Kissing Booth Contest indetto da Chappy_ sul Forum di EFP
Stralcio di vita nell'appartamento 221B, in cui la quotidianità cede il posto al dubbio. Senza una vera conclusione, nè un preambolo, solo la fotografia di un momento agrodolce.
Dal testo: "A che gioco stai giocando?" Chiesi. Il tono, da aspro che voleva essere, mi uscì in un sussurro basso.
Ancora lo guardavo e, lentamente, i suoi occhi scivolarono nei miei. L'azzurro intenso delle iridi era quasi totalmente oscurato dalla pupilla dilatata, la bocca era socchiusa e ora che il mio viso era rivolto verso di lui ne sentivo il respiro direttamente sul viso.
"La schiena, Jhon." Mi ammonì ancora, candidamente, soffiandomi le parole in faccia. "Più dritta."
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Experiment

Fissava il libro da sopra la mia spalla e il suo respiro era pesante sul mio collo. Piccoli brividi causati dal suo fiato caldo sulla mia pelle fredda mi scuotevano a tratti, irrigidendomi la schiena già innaturalmente dritta e tesa: mi rendeva nervosa.
Difficile era ormai concentrarsi sul libro, in bilico sulle mie ginocchia, così come era difficile non perdersi in quell'odore o in quella camicia bianca, candida, perfetta, vicina.
Con la coda dell'occhio vedevo il suo pomo d'adamo muoversi su e giù mentre parlava, sentivo il suo calore nel piccolo spazio circoscritto dalle sue braccia, che mi circondavano, senza davvero toccarmi. E sentivo la sua voce, così bassa che già a due passi di distanza sarebbe risultata poco più che un sussurro. Guardava il libro sulle mie gambe, ma la vicinanza era tanta che il suo sguardo incrociava obbligtoriamente il profilo del mio viso, facendomi sentire i suoi occhi addosso, così come il suo fiato.
Oh, la voglia di colmare quella breve distanza! Il cuore mi pulsava forte nelle vene del collo, là dove batteva il suo respiro, anelando la sua bocca.
Blateravo in modo automatico parole vuote, in preda a sensazioni così forti e viscerali che pareva che coesistessero in me due persone diverse e l'un l'altra sconsciute: una razionale, che gli parlava, e una primordiale, che lo voleva.
"Non credo di aver capito dove vuoi andare a parare, Sherlock." Dissi, la voce ridotta ad un sussurro, concentrato sul testo che avevo davanti e al contempo vibrante.
"Cosa c'è di così assurdo?" Rispose, con una nota di polemica nella voce, avvicinandomisi ancora per leggere meglio. Ormai la mia spalla sfiorava il suo petto. "Non ci trovo nulla di strano."
Abbassai un po' la testa sul libro per mantenere la concentrazione  e al contempo provare a non mostrargli il mio imbarazzo, incapace di scostarmi da lui. "Questo libro parla dell'attrazione erotica omosessuale." Gli feci notare e lui non replicò.
"Teorie freudiane, post-freudiane, Jung..." Feci una pausa e da lui solo silenzio. Scossi la testa, deciso a porre fine a... a qualsiasi cosa avesse in mente. "Sono un medico, non uno psicanalista. Potrei parlarti della sintomatologia dell'attrazione, ma non credo ci siano differenze tra eterosessuali e..." Deglutii. " E poi non mi capacito del perchè ti serva il mio parere su una cosa del genere, non centra niente con..."
"Devi tenere la schiena più dritta." Mi interruppe in tono brusco. Alzai gli occhi su di lui, sorpreso nel trovarlo a fissare la curva che il mio busto formava sul libro.
Prima che potesi replicare, la mano con cui fino a quel momento si era puntellato sulla spalliera dietro di me, scese alla base della mia schiena. Il suo palmo aperto era tanto grande che ne copriva quasi l'intera larghezza, trasmettendomi il calore di un gesto delicato ed in qualche modo deciso.
"A che gioco stai giocando?" Chiesi. Il tono, da aspro che voleva essere, mi uscì in un sussurro basso.
Ancora lo guardavo e, lentamente, i suoi occhi scivolarono nei miei. L'azzurro intenso delle iridi era quasi totalmente oscurato dalla pupilla dilatata, la bocca era socchiusa e ora che il mio viso era rivolto verso di lui ne sentivo il respiro direttamente sul viso.
"La schiena, John." Mi ammonì ancora, candidamente, soffiandomi le parole in faccia. "Più dritta."
Quelli che prima erano solo leggeri e sparuti sussulti iniziarono a divenire un tremore viscerale, intenso, continuo. Raddrizzai lentamente il busto come voleva e mi avvicinai a lui, fino a che, inevitabilmente, non raggiunsi l'altezza del suo viso.
Se riuscii a staccarmi dai suoi occhi fu solo per la vicinanza involontaria delle sue labbra.
Senza pensare, come in trance, avvolto come dalla nebbia di un sogno, gli sfiorai la bocca con la mia, prima di sgranare gli occhi. La mia parte razionale, tradita da quella emotiva, mi obbligò ad allontanare subito la testa.
"Che diamine, Sherlock!" Esclamai io, del tutto rinsavito, alzandomi dal divano e spingendolo da parte, valicando così la barriera che le sue braccia mi avevano imposto.
Quasi spaventato da quel gesto, lo guardai, temendo una sua reazione, il suo sdegno, ma, prima che potessi dare una giustificazione, una spiegazione, lo vidi aprirsi in un sorriso. Non si scompose, mi guardò con un lampo di malizia negli occhi.
"Come volevasi dimostrare." Disse, semplicemente, congiungendo le mani davanti al viso, così che ogni dito fosse unito al suo corrispettivo dell'altra mano.
Sentii montare la rabbia: "Come vole..." Ripetei, strabuzzando gli occhi. "Era uno dei tuoi assurdi esperimenti? Mi stavi usando come cavia?" Ormai urlavo, ma lui non mutò espressione. Si limitò ad alzarsi, lentamente, con calma, allacciarsi la giacca, sistemarsi la camicia e, con la sua solita, odiosa, grazia, voltarmi le spalle per nascondersi in quella sottospecie d laboratorio che in realtà era la nostra cucina, probabilmente per annotare l'esito del suo esperimento, da bravo ricercatore.
   
 
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