D-ormire, dor-mire, dormi-re, dormire. Come sono buffe le parole, anche quella più seria, più complessa, se ripetuta il giusto numero di volte diventa buffa, impacciata. A quanto ricordava era un gioco che aveva sempre fatto, e se a volte l'oggetto, il verbo scelto, era del tutto casuale, quella notte no. In realtà non ci sarebbe nemmeno da stupirsi, i pensieri che soppraggiungono alla mente e che combattono il sonno difficilmente sono casuali, e ancor meno probabilmente stupidi. Si stiracchiò sotto le coperte e ritrasse la gamba fino a posizionare il piede destro sotto il ginocchio sinistro, amava quella posizione innaturale. Le mani erano congiunte, come un morto in una bara, sul ventre. Molta gente teme il sonno, teme che i sentimenti, i ricordi, li assalgano nella notte, fino a farli svegliare di soprassalto. Per lui invece era un rifugio nel nulla, un nulla materno che lo cullava e lo teneva stretto a se. Come un amante ambisce visceralmente all'oggetto dell proprio amore egli ambiva a questa sensazione di pre-morte, nient altro al mondo avrebbe potuto donargli la stessa pace dei sensi. Dischiuse le mani e le dispose lungo i fianchi. In realtà non è del tutto vero che non sognasse, ma erano anni che, al risveglio, non ricordava assolutamente nulla. Nessun sogno, nessuno che, nella notte, avesse deciso di fargli compagnia. Ricordava distintamente di aver pregato Dio, quando ancora era un bambino devoto, affinchè il suo sonno fosse libero e sereno. Ora era cresciuto e non credeva più, ma quel dono, concessogli da un Dio compassionevole, era realtà. Gli occhi rotearono. Ora poteva nascondere a se stesso, anche nella notte, ciò che provava. La bocca si aprì leggermente. La vita non gli apparteneva, l'angoscia lentamente spariva. I pensieri fuggirono come impazziti. Il nulla lo aspettava, e lui lo desiderava come fosse una donna, prima di una notte d'amore.