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Autore: FlaviaNatoli01    06/04/2015    1 recensioni
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Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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~~Adoro la medicina.
Ero sdraiata sull’erba e pensavo a quanto fosse bello il cielo, coperto di nuvole bianche come la panna e con le strisce bianche di aerei.
Non avevo mai assaggiato la panna: non me lo potevo permettere. L’avevo vista di sfuggita sopra i coni gelati delle persone felici mentre io ero accanto alla mia famiglia che nel frattempo rovistava tra i cassonetti. Eravamo gente povera, che non aveva niente, solo dei vestiti di forse un mese o anche due mesi fa. Facevamo come gli zingari. C’è solo una cosa che non ci accomuna: noi non rubiamo; noi al massimo ci arrangiamo, ma non rubiamo.
Mi chiamo Sarah e avevo 14 anni. Amavo studiare, anche se non l’avevo mai fatto. Ho una passione per la medicina da quando un mio amico mi faceva visita con dei libri di medicina e li leggeva accanto a me: è da li che ho imparato la maggior parte delle cose. Questo ragazzo di cui vi ho parlato era Mirko, il mio migliore amico, e lo è tutt’ora.
Ero ricoperta di erba e foglie con i capelli spettinati e unti. Non ho mai provato il piacere di farmi una bella doccia calda… forse qualche volta, quando Mirko mi portava a casa sua e mi dava dei vestiti nuovi. Avevo una gonna lunga bianca che era praticamente diventata nera e una maglietta rosa, anch’essa un po’ nera.
Ho un fratello, si chiama Jonathan. Jonathan è più grande di me fisicamente ma mentalmente ne dubito.
È un giocherellone ed è un idiota. Gli piacciono le donne… e non dico altro!!!
Ci diciamo i segreti più segreti: lui sa tutti i miei e io so tutti i suoi.
Un giorno ero sicura che da un momento all’altro sarei scoppiata ed avrei detto tutto quello che pensavo. Preferivo andare a lavorare che vivere così: rovistando tra la roba. NO.
Era un lunedì mattina e io stavo dormendo sotto un ponte. Mi svegliai e vidi mio padre rovistare in un cassonetto. Io e mio padre non avevamo un bel rapporto, mentre con mia madre ci parlavo e lei sapeva tutto di me.
Mentre eravamo in giro in cerca di cassonetti mi fermai e iniziai a piangere. Mia madre vedendo che ero rimasta indietro mi corse in contro e quando vide che stavo piangendo mi abbracciò. “Io scappo. Vado via di qui. Vado a lavorare. Voglio studiare. Voglio avere degli amici. VOGLIO UN FUTURO MIGLIORE!”-la gente mi guardava ma a me non importava e continuavo a gridare.-
“Ei amore, devi stare tranquilla, calmati. Questa è la tua vita! Non ci puoi fare nulla. Allora, adesso ascoltami bene... Io farò tutto il possibile per farti studiare okay? Chiedi a Mirko titoli di libri ed appena avrai un pochino di soldini te li compri e studi… e forse un giorno potrai andare anche a scuola, cosa dici? Resta solo la parte più difficile: devi parlare con tuo padre.” –mi calmai.-
“No, papà mi risponderà malissimo. Già lo so.” – iniziai di nuovo a piangere come una disperata- “Non posso, davvero. E se scappo?”
“assolutamente no. Tu dovrai dirlo a tuo padre e subito.”
“va bene, ma stasera.”
“ Son contenta. Ora andiamo però. Io ci sono, devi stare tranquilla piccola mia.”- disse mia mamma rassicurandomi.”
Così, sempre avvolta dai miei desideri, mi incamminai vicino a mia madre verso la nostra “casa-ponte.”
Quella sera non mangiai nulla. Me ne stavo al freddo sotto a un ponte con il rumore e le luci delle macchine  sdraiata su un materasso lercio.
Mi feci coraggio e andai da mio padre. Lui mi accolse con un abbraccio e io ricambiai.
“Papà forse ti sembrerà strano tutto questo: il mio rifiuto nel cercare cose utili per sopravvivere, il mio piangere, il mio urlare… ma io sono stanca, sono distrutta da tutto questo. Papà tu sai quanto vi amo… ma io voglio inseguire la mia passione, voglio diventare una dottoressa, quelle ragazze belle, vestite bene, truccate, pulite e che lavorano in quei grandi edifici bianchi… io voglio essere una donna fiera di me stessa. Papà io voglio andare a lavorare. Voglio fare qualche cosa che mi possa dare dei soldi per comprare i libri e andare a scuola. La mamma è d’accordo ad iscrivermi in una scuola ma volevo sapere la tua opinione… ti prego, non mi capisci neanche un po’? –guardò di sfuggita la mamma e poi abbassò gli occhi, e io continuai- Lasciami andare, vi verrò a trovare, te lo prometto. – e ovviamente nel frattempo piangevo.-
Non rispose. Stette zitto per un minuto. Avevo capito. Senza dire una parola me ne andai piangendo dalla mamma. Come facevo sempre la sera quando ero stressata presi il primo autobus che vidi e, senza biglietto, come era solito fare, andai a fare una passeggiata lontano da quell’ambiente un po’ troppo triste.
Quando ritornai trovai mio padre seduto sull’asfalto, mia mamma dormiva e mio fratello non c’era.
Mi sdraiai accanto a mia madre e cercai di dormire ma improvvisamente udii un rumore acuto e delle luci rivolte verso di noi; una macchina andò fuori strada e si dirigeva verso mio padre che non fece in tempo a spostarsi. Io alzai subito lo sguardo e per il rumore assordante anche mia mamma si era svegliata di colpo. Rimasi immobile a fissare la scena. Mia madre gridò e si buttò sul corpo di mio padre che giaceva in una pozza di sangue. Io mi ammutolii. Il conducente scese e chiamò subito l’ambulanza e la polizia. Si mise a piangere anche lui e disse una parola strana che non conoscevo “sorry”. Avevo capito soltanto che era straniero.
Quando l’ambulanza arrivò ci diede subito una notizia spiacevole: era morto, mio padre era morto.
Quell’uomo si consegnò alla polizia e quando si avviarono vidi mia mamma che piangeva in un angolo della strada.
Mio fratello arrivò e capì subito anche perché era presente una pozza di sangue e noi due stavamo piangendo.
Quella notte non dormii per niente. La mattina mi alzai e spiegai tutto a mio fratello che mi diede l’approvazione per andare a lavorare. E come era solito fare me ne stavo in giro tutto il giorno, scalza, a cercare lavoro che potesse darmi qualche soldo.
 
   
 
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