Ciò che accade è quello che era più probabile accadesse
When
I see your smile, tears roll down my face. I can't replace.
And
now that I'm strong, I have figured out,
How
this world turns cold and it breaks through my soul.
And
I know, I'll find, deep inside me, I can be the one.
(Your Guardian Angel)
Dal momento in cui avevo rimesso piede nella campo base di Konoha, malconcio e senza un braccio,dopo aver affidato Sasuke alle cure dei ninja medico ed essermi scrostato la polvere residua di dosso, tutti i miei amici e addirittura i 5 kage mi hanno battuto almeno una volta una vigorosa pacca sulla spalla, congratulandosi con me per il mio coraggio e per aver salvato l’intero mondo ninjia. In realtà, penso volessero soltanto lavarsi la coscienza per avermi dato del pazzo furioso nel mia estenuazione nel salvare Sasuke e nel avventurarmi senza aspettare nessuno all’attacco di Madara e Obito con il rischio, secondo le normali probabilità di sopravvivenza, di essere spacciato.
Solo lei non ha osato sfiorarmi con un dito.
Non una stretta di mano, un colpetto sull’avambraccio, un lieve dolce pugno sullo stomaco, soltanto uno sguardo muto e tagliente, le labbra strette, serrate in una linea sottile, un muscolo lievemente contratto sulla tempia. Mi è sembrato che avesse gli occhi lucidi, ma sono quasi sicuro di essermi sbagliato. Sakura-chan sembrava incazzata e certamente non voleva apparire debole ora che il suo amato Sasuke-kun era di nuovo a casa. Tutto ciò che le è uscito di bocca è stato un grazie pronunciato con un filo di voce; successivamente, lasciando il tempo a Kurama di farsi una bella risata , è corsa via dietro la barella di Sasuke, camminandogli a fianco mentre gli accarezza i capelli e gli sussurava parole d’amore nell’orecchio. Io, rimasi impalato lì, ritirato nell’ombra a guardare la scena, mentre Kurama dentro di me cominciava a parlare dell’amore e dei giovani d’oggi che non sono più come un tempo, disgustato e amaregato, non ho fatto altro che sbuffare stupidamente che avrei voluto essere a posto di Sasuke per ricevere le amorevoli cure di Sakura, salutare Iruka cercando di evitare lo strangolamento e andare a chiudermi nella mia tenda.
Ho trascorso lì circa un' ora senza quasi muovere un muscolo, fissando il vuoto, evitando di ascoltare le prese in giro di Kurama nel tentativo di non pensare a niente. Dire che mi aspettavo un bacio da film, dove l'eroe torna a casa e la bella lo sta aspettando, è forse troppo, ma almeno un segno d'affetto, una frase gentile, un grazie più euforico, non le sarebbero costati così tanto.
Ho cominciato a chiedermi per quale motivo ho fatto di tutto per mantenere quella promessa. Perché volevo davvero salvare Sasuke dall'oscurità, o perché mi aspettavo di essere idolatrato da lei per il mio atto di coraggio?
Tutti qui, dopo la battaglia contro Pain, hanno preso a trattarmi da tempo come uno di loro, uno di quelli che agisce per il bene universale in nome di un innato coraggio intriso di altruismo, ma la verità era che quello che davvero mi interessava era sentirmi per una volta oggetto della sua ammirazione.
Non perchè io abbia bisogni di ricevere la sua approvazione per ogni mio gesto.No, è che semplicemente avrei voluto ricevere un indizio del fatto che lei nutra un qualche tipo di patetico sentimento nei miei confronti, che vada oltre l'amicizia, dato che per me da quando sono piccolo è così: l'amavo, da quel lontano tre aprile di tanti anni fa quando avevo visto per la prima volta il suo delicatissimo sorrio e la sua bellissima fronte, l'amavo cosi tanto che mi vergognavo perfino ad ammetterlo con i miei amici.
Ad ogni modo, avrei gradito da parte sua un minimo di gratitudine, per le mie ridicole pene di renderla felice.
E
invece, niente di niente.
È corsa da Sasuke, dopo avermi a
malapena degnato di uno sguardo e di una parola a mezza voce.
Nonostante ci fossi anch’io a rischiare di morire contro
Madara, va bene che il chakra di Kurama mi ha curato subito le
ferite, ma, evidentemente, il sottoscritto è totalmente
indegno di ricevere le sue cure preziose.
Sono
talmente irritato che potrei rischiare di prendere a calci la mia
stessa tenda, motivo per cui decido di allontanarmi e di andare a
vedere come sta il Teme. So bene che probabilmente la troverò
lì al suo capezzale ad osservarlo con le lacrime agli occhi,
ma ormai il mio autolesionismo ha raggiunto limiti tali che questa è
solo una bazzecola al confronto. Magari potrò anche divertirmi
a bersagliarla con battutine per farle notare quanto sia stata
impietosamente ingrata nei miei riguardi, così poi la farò
irritare e finirò con una guancia gonfia come d’abitudine.
Ma almeno la smetterà di stare col fiato sul collo a
Sasuke.
Mi avviai
all’area medica, in silenzio. Sento Kurama che mi sta tenendo
d’occhio con insistenza perché percepisce la mia
evidente frustrazione, ma non ho voglia di parlarne e lui lo sa. Ha
notato che ormai da un po’ di tempo sono strano, che da quando
l'oggetto delle mie attenzioni mi ha dichiarato i suoi falsi
sentimenti, sono diventato irrequeto, che tutte le volte che Sakura
mi passa davanti io mi irrigidisco e assumo un’espressione
cupa. Ma non ha senso abbandonarsi a confidenze sconsolate,
sopratutto con Kurama, non risolverebbe assolutamente niente: io
continuerei ad avere una pericoloso demone dentro di me, e lei a non
ricambiare i miei sentimenti.
Mi faccio indicare seccamente il luogo in cui hanno portato Sasuke, e pochi attimi dopo faccio il mio ingresso trionfale in una tenda enorme in cui il mio amico dormiva privo di coscienza in un letto, un respiratore che lo tiene in vita, un ninjia medico che assiste all’intera operazione producendo occasionali brontolii e una serie di Guardie ad osservare la situazione per evitare che il Teme scappi di nuovo. Sakura è lì, come previsto. Non emette un suono né muove un solo muscolo, fino a quando non le rendo manifesta la mia presenza camminando verso di lei, mentre tento inutilmente di ostentare un'aria da eroe. Getto prima un’occhiata fugace a Sasuke, rabbrividendo per lui poi faccio un altro paio di passi e mi affianco a Sakura, tenendo le mani incrociate dietro la schiena, domandandomi quale potrebbe essere l’argomento più adatto con cui dare avvio alla conversazione. Le condizioni di Sasuke? Scontato. La sua freddezza nei miei confronti? Suicidio. I miei sentimenti per lei? No, non posso davvero pensare di dirglielo, suonerei assurdo alle mie stesse orecchie.
“Come
sta?” ho optato per l’ipotesi scontata, considerata la
potenziale pericolosità delle altre due: una mi avrebbe
portato a dolori fisici e una seria di insulti, l’altra a
polverizzare in un solo istante tutta la dignità che ancora
posso vantarmi di possedere.
“È
fuori pericolo, per fortuna,” mi risponde, con un insolito
calore.
“Magnifico.”
Un
pizzico di gelosia mi sfugge. Non era proprio mia intenzione –
o forse sì. Al diavolo. Purtroppo non sono in grado di
correggere il tiro.
“Tu
stai… bene?”
Distolgo lo sguardo dal corpo di Sasuke che dorme inerte nel letto, fissando Sakura dritto negli occhi con un’espressione apertamente stupita.
“Mi
reggo in piedi senza problemi, non lo vedi?” rispondo,
calcando intenzionalmente il sarcasmo nel mio tono di voce, e
muovendo irriveramente il braccio sano. Lei storce la bocca in
un’espressione di rabbia, distogliendo lo sguardo da me.
“Hai
ragione, non so proprio perché ho perso tempo a
domandartelo.”
Già, è la stessa cosa che mi
chiedo anch’io. Non sono così stupido da illudermi che
le importi veramente qualcosa della mia salute, quando fino ad ora
non si è staccata un momento dal capezzale di Sasuke.
“Ti ringrazio comunque per il sincero interessamento,” borbotto a denti stretti, anche se probabilmente avrei fatto meglio a trattenermi.
“Cosa pretendevi, di essere lodato e riverito?”
Oh, è riuscita a cogliere l’ironia della mia affermazione. Magnifico.
“Perché
ritenevo che per aver salvato la vita al tuo amato Sasuke-Kun
meritassi qualcosa di più dei tuoi freddi
ringraziamenti.”
Devo riconoscerlo, non sono mai stato
particolarmente furbo nell’intuire quando è il momento
più opportuno per lasciar cadere una discussione e ritirarmi
in un dignitoso silenzio, soprattutto nei casi in cui il mio
interlocutore è una ragazza testarda e manesca che risponde ad
ogni mia provocazione con scoppi di rabbia assolutamente dolorosi e
particolarmente dannosi per il sottoscritto, soprattutto nei momenti
in cui intervengo a forzare la mano mentre lei è evidentemente
sotto pressione. La vedo stringere le labbra e fissarmi con uno
sguardo infuocato.
“Non mi sembra né il luogo né
il momento adatto per le tue discussioni infantili, Naruto” mi
dice. Sarò anche un caso senza speranze, ma adoro vederla
arrabbiata. Forse perché è l’unico tipo di
occasione in cui giunge pericolosamente vicina a perdere il controllo
e essere veramente se stessa.
“Per
te non esistono mai un luogo e un momento adatti,” rispondo, a
denti stretti. Non ho più voglia di discutere. Il ricordo
della falsa dichiarazione di qualche settimana prima ha risvegliato
in me una serie di sensazioni spiacevoli che non desideravo rivivere
proprio ora, in un momento in cui mi sarebbe fondamentalmente
necessario mantenere la mia superiorità distaccata.
“Senti,
ti siamo tutti estremamente grati per quello che hai fatto, hai
salvato Sakuke e sconfitto Madara, ma ogni tanto limitare le tue
manie di protagonismo ti farebbe soltanto bene…”
“Allora
perché se tu mi sei grata per la promessa,non me lo dici
chiaramente?”
“L’ho già fatto, ma
evidentemente deve esserti sfuggito,” replica lei, inarcando un
sopracciglio. Io mi pianto saldamente sulle gambe, affrontandola a
viso aperto.
“Ed è il massimo di cui sei
capace?”
“Non riesco a capire che pretese tu
abbia!”
“Perché evidentemente le tue capacità
affettive si esauriscono del tutto nei confronti del Teme.”
Questo
non avrei dovuto dirlo, nella maniera più assoluta. Magnifico,
Naruto. Le hai espressamente detto che sei geloso marcio di Sasuke,
complimenti davvero.
“Ti comporti come un bambino,”
sentenzia lei, in tono tagliente. Io mi stringo nelle
spalle.
“Dovresti provare ad ascoltarti, sei… un vero
idiota.”
Si mette sempre d’impegno quando si tratta di
insultarmi.
“Perfetto, la prossima volta mi metterò
da parte e lascerò che sia qualcun altro a mantenere quella
assurda promessa anche a costo della vita.”
In questo
momento, la parte più nera della mia coscienza mi sta
sibilando all’orecchio che forse davvero l’ho fatto
soltanto perché speravo nella sua calorosa riconoscenza.
“Mi
sembra di averti detto che per me non era più fondamentale la
promessa.”
Si sta infervorando sul serio, e io non riesco a
fare che dare sfogo a tutte le mie esigenze di impulsività.
“Hai
ragione, ma d’ora in poi mi chiamo fuori. La parte del principe
azzuro sfigato non mi soddisfa nemmeno un po’,”
sentenzio.
“Sicuramente ti si addice molto meno rispetto a
quella del buffone di corte.”
“Ammettilo, è
proprio questo che ti piace di me.”
“Ora basta,
Naruto, sparisci!”
Con le guance imporporate di un rossore
violento, Sakura mi spinge verso l’uscita in preda ad una furia
incontrollata. Io assecondo i suoi gesti, troppo sorpreso e inebetito
per opporre una qualche resistenza.
Mi volto di scatto, fermo in
piedi davanti a lei, proprio davanti all'uscita, mentre mi sforzo di
ergermi in tutta la mia altezza per sovrastarla, in realtà
riuscendo soltanto a sentirmi avvampare per la pericolosa vicinanza
che ho involontariamente instaurato tra me e lei.
Ed è in
quell’attimo che realizzo l’entità del mio
impellente desiderio di baciarla. Istintivamente terrorizzato dalla
prospettiva di compiere un gesto così fuori controllo, spingo
la testa all’indietro imbarazzato come per allontanarmi quel
tanto che basta da raggiungere una distanza di sicurezza dalle sue
labbra. Lei mi restituisce uno sguardo a metà fra il velenoso
e l’imbarazzato.
Improvvisamente la porta della tenda mi si
chiude in faccia.
Rimango
a fissarla a labbra strette per qualche secondo, nel disperato
tentativo di scacciare dalla mia testa tutte quelle fastidiose voci
interiori che continuano a darmi dello stupido. Trascorso questo
breve lasso di tempo, Kurama mi parla cogliendomi nella mia perfetta
immobilità, e solo allora riesco a riscuotermi e a ridarmi un
contegno.
“Ok, amico, andiamocene via,” gli dico,
senza attendere conferma. Mentre mi incammino per i corridoi
semivuoti, il rauco parlare del mio compagno peloso mi risuona
dentro con insistenza. Sospirando, mi blocco su due piedi e gli
rispondo.
“No, non ho esagerato. È lei che non si può
permettere di trattarmi così.”
Lo sguardo che Kurama
mi riserba non è proprio così concorde e sostenitore
come mi aspettavo. In risposta ricevo un risata
irriverente.
Riflettendoci in silenzio, giungo alla conclusione
che forse la mia osservazione non è poi così campata in
aria, dopotutto. Magari se me lo ripeto un paio di volte di seguito
finirà per sembrarmi un’argomentazione convincente, e
riuscirò a riacquistare un briciolo di sicurezza in me stesso.