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Autore: Nono23    06/04/2015    2 recensioni
Già il titolo dice tutto, ma se al posto degli animali ci mettessimo il padre di Tom, Ichiro, come gatto e sostituissimo Tom e Holly ai topi, forse potreste immaginarvi qualcosa in più! La decisione del figlio, il padre in partenza e il Campione del Sol Levante con strane idee in testa miscelate a tante risate... beh, fate un po' voi i calcoli!
Dedicata a tutte le fan della coppia Tom/Holly, in particolare a baby junior.
Genere: Comico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'L'Artista e il Capitano-Love Story'
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Era da un po’ che lo osservava. Più precisamente, da quando si erano salutati quella mattina al campo per allenarsi. Aveva notato subito che c’era qualcosa che non andava, sì, ma cosa? Bella domanda. Sapeva che se Tom voleva celare qualcosa, era un campione. Sapeva anche che se voleva risposte, doveva attendere un suo minimo segnale e sfruttarlo per captare la maggior parte delle informazioni. Nonostante ci fosse qualcosa che adombrava la sua bellezza, nessuno lo aveva capito. Non aveva dato il massimo neppure durante gli allenamenti, continuava a rimanere silenzioso e distratto.
Anche ora, per esempio, che lo stava richiamando per andare a cambiarsi, sembrava assente. Si avvicinò, gli si parò di fronte e, poggiando una mano sulla spalla, disse:
<< Tom… Tom! Ci sei?>>
<< Eh?>>
<< Dobbiamo andare a fare la doccia!>>
<< Ah! … Scusa, stavo pensando…>> disse abbassando lo sguardo.
<< A cosa?>> chiese Holly dolce.
<< A noi… Dovremmo parlare dopo, per favore. È importante.>> lo disse sussurrando, per non farsi sentire dagli altri compagni che si stavano dirigendo nello spogliatoio.
<< Non puoi farlo adesso? Mi vuoi lasciare? Sei stanco di stare con me? Hai capito che tu preferisci le ragazze rispetto a me? Dimmelo subito, non farmi aspettare!>> disse in preda al panico.
<< Ma che cavolo stai dicendo? Secondo me giocare troppo a calcio ti ha fatto male col passare degli anni!>> rispose voltandosi e andando a fare una doccia.
Lui rimase sbigottito, ma non potendo fare altrimenti e pendendo totalmente dalle sue labbra, lo seguì.
Si ritrovarono dopo venticinque minuti seduti ad un bar nel parco vicino alla casa degli Hutton.
<< Di cosa mi devi parlare?>> domandò ansioso, stringendo le mani attorno al bicchiere di thè al limone ghiacciato. Il freddo gli penetrava nella carne ma stava sudando.
Dal canto suo, Becker spostò lo sguardo sul piccolo laghetto lì accanto, poi prese un profondo respiro, ma tenne comunque gli occhi bassi e mormorò:
<< Holly, mio padre vuole andare in Italia per cercare l’ispirazione per i suoi quadri…>>
<< …E tu che centri?>> chiese, immaginando però la risposta.
<< Secondo te? Forse dovrei seguirlo anche in questo viaggio, non ti pare? Secondo me ti sei davvero danneggiato il cervello col tuo migliore amico sferico bianco e nero!>> sbottò lui con espressione tirata in volto.
<< Ehi! Rispetto al mio amico pallone! E comunque, scusa, quanti anni hai?>> gli domandò sorprendendolo. Tom lo guardò chiedendosi se in quel thè non gli avessero messo delle sostanze stupefacenti… Non che normalmente il suo tasso di stupidità fosse più basso, però… decise di rispondergli comunque, giusto per farlo contento.
<< 18 anni e mezzo. Perché?>>
<< Sei adulto, maggiorenne, quello che ti pare! Dovresti lasciarlo partire e costruirti una vita da solo, ormai. Non ti pare?>>
Stava seriamente pensando di chiedere al cameriere che cosa gli avesse rifilato a Holly… cioè, lui che pensa a cose così… così… giuste? Non sapeva dare una definizione, ma di sicuro questa era la conferma effettiva che non era il suo Holly, ma un prototipo intelligente, audace e malizioso che non pensa solo al calcio lanciato sulla Terra quando era andato a fare la doccia quel famoso pomeriggio uggioso. Avrebbe voluto vederli davvero questi alieni e ringraziarli.
<< Beh… hai ragione, ma…>>
<< Ma?>> lo incalzò lui.
<< Ma non l’ho mai lasciato partire da solo… e se gli dovesse succedere qualcosa? E se non si dovesse sentir bene? Io sono dall’altra parte del mondo!>> dipinta sul volto c’era una preoccupazione esagerata.
<< Capisco il tuo punto di vista.>> “Holly che comprende qualcosa che non sia sferico? Miracolo!” pensò in quell’istante Tom. << Ma vedila così: avrai più cose da raccontargli quando lo rivedrai e tu potrai concederti nuove esperienze!>> usò quel suo tono convincente che riusciva a caricare la squadra anche quando era sotto di tre goal ed erano già al secondo tempo.
<< Non lo so… cosa gli potrei dire? –Sai, papà, pensavo di rimanere qui in Giappone perché sono insieme agli amici e a Holly!- Ti sembra che possa funzionare?>> domandò scettico.
<< Fai leva sul fatto che hai un buon posto in squadra qui e che lasciandolo perderesti molte basi future…>> buttò lì lui e per una volta Tom pensò che il calcio avrebbe anche potuto aiutarlo.
<< Va bene, farò un tentativo. Al massimo ci rivedremo tra quattro mesi, male che vada…>> si alzò e Holly gli rubò un bacio.
<< Dai, siamo in luogo pubblico!>> lo rimproverò lui.
<< E chi se ne frega! Farei l’amore con te anche subito!>>
<< Te lo concedo solo dopo la conversazione con mio padre. Ciao Holly.>>
<< Ciao Tom.>> si scambiarono un cenno di mano e ognuno prese la direzione verso casa propria.
Casa Becker, ora di cena…
Si vedeva che era nervoso e teso come una corda di violino. Sembrava una bomba pronta ad esplodere. Il cibo nel suo piatto sembrava andato sulle montagne russe di un luna park da tanto che lo aveva strapazzato e rigirato.
<< Hai intenzione di farla raffreddare del tutto quella carne? Non ti piace?>> chiese suo padre un po’ stizzito.
<< …N-No… È che non ho molto appetito stasera…>>
<< L’ho notato. Mi vuoi dire cosa c’è che non ti fa mangiare il tuo piatto preferito?>> domandò, allora, leggermente più rilassato.
<< Beh, ecco… io… io non voglio andare in Italia. Io voglio rimanere qui.>> disse infine deciso fissandolo negli occhi. Era in questi momenti che usciva il lato forte, testardo e coraggioso dei Becker.
<< Perché?>> chiese incuriosito dalla richiesta inaspettata del figlio.
<< Perché qui, ora come ora, ho una casa, degli amici e una posizione fissa e sicura in una squadra rinomata in tutto il Giappone.>> il padre lo fissò per capire se era sincero.
<< Pensavo che ti facesse piacere venire con me.>> lo provocò per vedere la sua reazione.
<< Non ho mai detto il contrario. Il punto è… è diverso. Non posso passare la mia vita a palleggiare dietro di te che dipingi. Ho 18 anni e voglio vivere in modo indipendente. Non posso seguirti dovunque l’ispirazione ti chiami. Cerca di capirmi, ma io voglio costruirmi una vita il più stabile possibile qui in Giappone. E poi… non significa che non ti voglia più bene. Anzi! In questo modo avremmo qualcosa in più da raccontarci quando ci rivedremo!>> era agitato e stava sudando. Quando smise dovette riprendere fiato siccome non l’aveva fatto durante il discorso.
<< Va bene.>> acconsentì il padre.
<< Eh? Mi stai prendendo in giro?>> domandò sgranando gli occhioni castani.
<< No. Ho detto che va bene. Capisco il tuo punto di vista e ti do ragione. Tutti devono crescere, prima o poi. E tutti devono diventare indipendenti, ma questo non significa non provare più affetto per i propri genitori. È vero. Ora tu qui hai basi stabili: casa, amici e una squadra di calcio ben pagata. Partirò solo per l’Italia ma ad una condizione.>> disse lui in tono serio e paterno al contempo.
<< Quale?>> chiese traboccante di gioia il figlio.
<< Non farmi diventare nonno nel frattempo!>> e scoppiò a ridere.
Dal canto suo, Tom, se non fosse stato seduto sarebbe di certo caduto facendo la figura dell’idiota. Beh, in compenso stava per strozzarsi con l’acqua che aveva appena bevuto…
<< N-Non preoccuparti di questo, papà. Non può accadere… sono single, lo sai…!>> e ridacchiò imbarazzato.
<< Come se non lo sapessi che hai la ragazza e non me la vuoi presentare! Sono vecchio, non stupido!>>
Temette davvero di morire in quell’istante con un altro sorso d’acqua. Come cavolo era potuto accadere? Lui non aveva detto una sola parola! Diavolo! Quella, però, sarebbe stata una conversazione da affrontare un’altra volta. Perché l’aveva detto lui stesso: non era stupido, ma era vecchio e probabilmente non avrebbe retto un altro colpo. Insomma dire al proprio padre di essere gay non era semplice… già, un’altra volta sarebbe stato meglio. Magari tra quattro mesi, quando sarebbe ritornato dall’Italia… probabilmente in Occidente avevano una mentalità più aperta su certe questioni e per quando sarebbe “rincasato” in Giappone anche lui sarebbe stato pronto per incassare la “batosta”.
<< P-Papà!>> spiccicò rosso come un peperone in volto.
<< Ahahah, va bene, va bene. Me lo dirai quando sarai pronto! Adesso ci conviene sparecchiare, che domani devo preparare le valigie!>> appena finirono si fiondarono a letto, entrambi più leggeri. Tom non chiamò di proposito Holly: voleva lasciarlo ancora un po’ col fiato sospeso! Tanto poi sapeva come farsi perdonare…! Sghignazzò del pensiero e si addormentò col sorriso sulle labbra.
Casa Hutton…
<< La smetti di andare avanti e indietro? Aspetti una telefonata?>> gli disse la madre con una mano sulla fronte a sostenerla.
<< Beh… forse.>> rispose vago lui.
<< In che senso “forse”? O l’aspetti o non l’aspetti! E ti vuoi sedere! Mi stai facendo venire mal di testa!>> lui sbuffando si sedette e incrociò le gambe.
“ Accidenti Tom! Perché non mi chiami? Dopo sto a torturarmi il cervello e viene a me il mal di testa! Non sono abituato a pensare troppo tempo di seguito, cavolo! Uff… se tra cinque minuti non chiami domani… domani… ah, lasciamo perdere. Domani ti cadrei ancora ai piedi e sarei succube di tutti i tuoi dolci sguardi che mi lanci quando meno me li aspetto. Quanto ti amo Tom, solo i Kami lo sanno! Cacchio! Se penso a te arrossisco! Chissà la figura dell’idiota che sto facendo con mia madre. Mi sta osservando stralunato!”
<< Perché sei arrossito? A cosa stavi pensando? Se escludo i film porno di cui non conosci neanche l’esistenza… stai pensando alla tua fidanzata che non ti sei ancora deciso a presentarmi, vero?>> ragionò la madre a voce alta.
Lui passò in rassegna stampa tutte le gradazioni del rosso (a causa del padre di Tom ne conosceva molte) e balbettò come un demente:
<< M-Mamma! Cosa stai dicendo!?!>>
<< Oh, dai! Non hai più dieci anni con in testa solo il pallone! Su, perché non inizi a dirmi come si chiama la fortunata?>> si fece vicina al figlio con sguardo indagatore.
<< C-come fai a essere sicura che sono fidanzato?>> “…con una ragazza?” pensò, ma non lo disse, cercando di temporeggiare.
<< Sono vecchia, non stupida! Quando torni a casa cammini tre metri sopra il cielo, hai la testa tra le nuvole e la mattina ti pettini addirittura! E tu non ti pettini mai, almeno sino a quattro mesi fa…>> osservò la madre risoluta.
<< Oh, ma guarda com’è tardi! Notte, notte, mamma!>> e si dileguò alla velocità della luce, lasciando con un pugno di mosche la signora Hutton.
“ Fiuuu! Certo che quando ci si mette mia madre è peggio di una zitella!”
Il giorno dopo…
Era uscito venti minuti prima del solito sapendo dove poteva incontrarlo. Indossava la tuta della Nazionale con la felpa aperta. La maglietta azzurra lasciava intravedere benissimo i suoi muscoli sotto la stoffa che si muovevano regolari, coordinati alla respirazione. In un certo senso sembravano loro due in campo durante una partita. Si era appostato sul tronco di un albero di ciliegio in piena fioritura. In fondo, lo conosceva davvero bene il suo Holly! E poi… era abbastanza prevedibile… Dove vuoi che sia un ossessionato di calcio alle 06.30 del mattino? Al parco a correre palla al piede, no? Sorrise per i suoi pensieri e notò una figura in avvicinamento. Si staccò e con le mani in tasca gli si parò sul percorso, impedendogli di avanzare.
Alzò la testa e, appena lo riconobbe, aumentò il ritmo. Gli saltò letteralmente in braccio quando giunse a dieci centimetri dal suo corpo perfetto.
<< Ehi! Come siamo allegri oggi!>>
<< Il solo fatto di vederti mi mette di buon umore. E poi quella maglietta è così provocante…>> gli rispose, passando un dito sui suoi pettorali. Sentì il fremito di Tom e ne gioì:
<< Vedi che non sono l’unico a pensarla così?>> ammiccò di sfuggita ai gioielli di famiglia del compagno, che arrossì tendente al carminio.
<< Smettila…>> “Continua…” sussurrò fra i denti, ma pensò a tutt’altro.
<< Pensi che non sappia che quando tu sibili una cosa fra i denti è perché intendi tutto il contrario? Beh, mi dispiace, ma siamo in un luogo pubblico e poi… volevo fartela pagare per due motivi…>>
<< Quali?>>
<< Per quella volta quando siamo andati al centro commerciale e per ieri sera che non mi hai chiamato.>>
<< Oh, quante storie! E poi, siamo sicuri che a rimetterci sia solo io?>> lo guardò sogghignando.
<< Uffa! Perché riesci sempre a convincermi?>> domandò con una voce da bambino piccolo
Lui rise seguito a ruota da Holly, poi lo prese per mano e lo condusse ad una panchina nei paraggi. Vi si sedettero sopra e si guardarono negli occhi. Tom prese una sua mano calda tra le proprie e iniziò a parlare.
<< Holly, tu conosci abbastanza mio padre. Io ho provato a spiegargli le mie ragioni, dicendogli della squadra, degli amici, di volere una mia indipendenza e lui…>> disse con tono afflitto, come se dovesse annunciare una brutta notizia. Vedeva come Oliver era preoccupato e lui faticava a trattenersi: stava per scoppiargli a ridere in faccia.
<< … E lui?>> chiese con voce tremante, cercando di incalzarlo, anche se non era sicuro di voler sapere il seguito.
<< E lui ha detto che posso rimanere qui! Ahahah!>> scoppiò letteralmente a ridergli in faccia: dopo la sua voce tremolante, anche la sua faccia con due occhi sgranati.
<< T-Tu r-rimani q-qui?>> domandò ancora incredulo.
<< Sì, amore mio. Rimango qui, in Giappone, con te.>> smise di ridere all’istante e lo guardò dolce.
Dire che lo soffocò con un abbracciò, era un eufemismo. L’intero Giappone rischiò di perdere uno tra i suoi migliori centrocampisti, meglio conosciuto come L’Artista del campo.
<< M-Mi… stai… s-soffocando!>> tossicchiò un po’ rosso in volto, poi Holly gli sollevò il viso e lo baciò con ardore. Tom si riprese quasi subito e ricambiò. Naturalmente una voce nella sua testolina gli diceva che era meglio smettere per entrambi, che non era quello il luogo per scambiarsi effusioni… alla fine gli diede retta, un po’ perché si era spazientito di sentirla e un po’ (più che altro per questo) perché senza fiato.
<< Ma la tua specialità è infilarmi la lingua in bocca quando meno me l’aspetto?>> chiese, dopo aver riacquistato dell’autocontrollo, ma sempre con un colore vivace a colorargli le guance lisce e morbide.
<< Può darsi…>> rispose il suo compagno sensualmente.
<< Dai, Holly, l’hai detto tu stesso!>>
<< Cosa?>> chiese non capendo.
<< Siamo in luogo pubblico! Sai… Atti osceni in pubblico, denuncia, verità ai nostri genitori…>> gli fece memore lui.
<< Uff! Che barba! A proposito, a che ora parte tuo padre?>>
<< Domani alle 09.25 da Tokyo, perché?>>
<< Faccio un salto con mia madre a salutarvi, se non vi dà fastidio.>>
<< Va bene, nessun problema. Piuttosto, ora dobbiamo andarci ad allenare, giusto?>>
<< Sì, che razza di domande!>>
<< Beh, tu hai un palese problema che potremmo anche risolvere ma non so dove.>> disse lui sogghignando ammiccando distrattamente alle parti basse.
<< Cacchio!>>
<< Non è mica colpa mia se tu mi baci in quel modo! Tanto subisco, tanto ricambio!>> poi aggiunse: << Tieni. Indossa questa. A me sta un po’ larga, quindi avendo la stessa corporatura, dovrebbe starti abbastanza da coprirti i tuoi adorabili e vistosi gioielli!>> prese a ridere, mentre gliel’appoggiava sulle spalle.
Notò che arrossì e sibilò fra i denti.
<< È l’effetto che mi fai, stupido!>>
Si diressero velocemente al campo degli allenamenti e Holly precipitò sotto un getto di acqua gelata.
<< La smetti di ridere?>> per tutta riposta, Becker rise ancora più forte.
<< Dai, andiamo al campo a riscaldarci. Dopo arriveranno gli altri e se ci trovano qui si costruiranno film mentali che ci toccherà negare finché campiamo.>>
Gli allenamenti si svolsero tranquilli (per quanto lo potevano essere…) e i ragazzi erano perfettamente in forma. Alla fine i due si separarono ad un incrocio. Si guardarono in giro e vedendo che non c’era nessuno nei paraggi, si rubarono un bacio.
<< Ti amo, Holly.>>
<< Anch’io, Tom. Ti amo.>>
Cenarono e andarono a dormire.
La mattina seguente, ore 09.15, aeroporto di Tokyo…
Avevano entrambi gli occhi lucidi, ma si sorridevano.
<< Ciao papà, mi raccomando stai attento e chiamami tutte le settimane. Per qualunque cosa, non esitare a fare un fischio. Io arriverò lì subito. E poi… divertiti e dipingi tanti quadri meravigliosi!>>
<< Siamo sicuri che non devi partire te? No, perché sembri un padre con il figlio che va in viaggio per la prima volta!>>
<< Beh, meglio essere prudenti.>>
Una voce metallica annunciò che tutti i passeggeri verso Milano, Italia, dovevano recarsi al loro imbarco.
I due si strinsero forte, poi diede la mano a Holly e alla signora Hutton e strizzò l’occhio al figlio:
<< Mi raccomando, non farmi diventare nonno!>> disse, mentre si dirigeva alla propria passerella d’imbarco. Tom divenne bordeaux e gli urlò:
<< Non può succedere!>> poi lanciò un’occhiata distratta a Oliver, che anche lui non stava messo meglio di lui per quanto riguardava il colorito rossiccio del suo viso.
<< Eh, già, non può succedere…>> mormorò ridacchiando imbarazzato.
<< Forza voi due, andiamo. Holly, perché non passi un po’ di tempo con Tom? Scommetto che non gli dispiacerebbe avere un po’ di compagnia, ora che il padre andrà in Italia, ho ragione?>> propose la signora Hutton ingenua.
“ Povera, piccola, ingenua e candida Maggie! Non sai neppure quanto siano veritiere le tue parole, se visto col doppio senso!” pensarono entrambi guardandosi con quegli occhi carichi d’intesa, la stessa che avevano in campo e… a letto!
<< Ma certo, Maggie! Holly mi sento tanto solo ora, ti offro un buon pranzo!>>
<< Chi, tu?>>
<< Sì, io! Pensi non sappia cucinare?>> domandò leggermente piccato.
<< Sia mai! Allora andiamo!>>
Presero un taxi e si divisero alla casa di Tom. Salutarono la mamma del suo fidanzato e poi Becker domandò con aria maliziosa e tremendamente sexy:
<< Sai, mi sento taaanto solo… mi fai compagnia sul divano? O preferisci un altro posto, amore?>>
<< Sul letto si sta più comodi…>> rispose lui afferrando al volo cosa intendesse.
<< Come vuoi.>>
Salirono di corsa in camera e si baciarono, facendo danzare le proprie lingue nella bocca del compagno. La mano di Holly s’infilò sotto la maglia a maniche corte gialla di Tom, che fremeva sotto ogni suo tocco. Becker prese a passare le dita leggere sui pettorali del fidanzato. Sentivano l’eccitazione in circolo nel loro corpo, mentre si levavano le magliette e i pantaloni. Caddero sul letto e tutto ciò che si sentiva in quella calda mattinata di Aprile nella casa dei Becker erano i sospiri e i gemiti dei due innamorati. Non resistettero a lungo e, togliendosi i boxer, si unirono. Le loro anime e corpi erano uniti e sentivano che niente e nessuno li avrebbe mai potuti separare. Rimasero abbracciati nel letto, sotto le lenzuola bianche di cotone, dopo che Holly si era tolto dal petto candido di Tom.
<< Solo i Kami sanno quanto io ti ami.>>
<< Lo stesso vale per me.>>
<< Mi prometti di non lasciarmi mai?>>
<< Certo, sulla mia vita. E tu?>>
<< Uguale. Sul calcio, io prometto di non lasciarti mai.>> Tom rise di gusto.
<< Perché diavolo stai ridendo?>> chiese piccato il numero 10.
<< Perché riesci a tirare in ballo il calcio dappertutto. Ma sai una cosa? Ti amo così come sei.>> suggellarono il tutto con un dolce bacio e si addormentarono.
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Note dell’autrice:
Ehi, ragazze! Come va?
Mi sono ritrovata a scrivere questa One-shot perché era “di vitale importanza”! Sì, perché sarà il perno di tutte le altre che ho in mente di scrivere! Ebbene, il padre di Tom parte per il Bel Paese e non tornerà per i prossimi quattro mesi… credo sia più che appropriato dire “Quando il gatto non c’è, i topi ballano!” Ahahah! XDXDXD! Che altro aggiungere? Ah sì, Buona Pasqua in ritardo e vi prego, commentate! Mi farebbe piacere cosa ne pensate delle mie Fanfiction, se vi piacciono o meno, se sono riuscite nella missione a loro affidatagli: farvi sorridere almeno un po’! detto questo, mi dileguo pensando alla prossima Fanfiction!
Bye bye,
Nono23.
 
   
 
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