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Autore: Ladyoftherainbow    07/04/2015    4 recensioni
BEFORE THE MAZE RUNNER.
"La prima volta che accadde, fu un errore."
"La seconda volta, Thomas non sapeva se si fosse trattata di una coincidenza, o se semplicemente aveva avuto voglia di tornare."
"La terza volta Thomas era venuto di sua spontanea volontà. "
"Non ci fu una quarta volta."
Gladers|bambini. Come è avvenuto il primo incontro tra Minho, Thomas e Newt? Una Thominewt friendship, preslash.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta che accadde, fu un errore.

Stava cercando di evitare Teresa. Gli accadeva, di tanto in tanto, di volersi isolare completamente, di voler rimanere chiuso nei propri pensieri. Certe volte questo lo portava persino a pensare, a pensare sul serio, se quello che stessero facendo fosse giusto. Insomma, testare soggetti che non sapevano nemmeno di essere testati? Fare su di loro esperimenti, mentre loro non avevano idea di cosa stesse succedendo? A Teresa questi pensieri non passavano mai nella mente. Lei credeva ciecamente nella WICKED.

Lui non conosceva i soggetti. Non sapeva la loro età, i loro nomi... tutto ciò che conosceva di loro era se facevano parte del gruppo A o del gruppo B, ed il loro numero. E per quanto potesse sembrare strano, conosceva in minimi particolari i loro cervelli.

Oggi era uno di quei giorni in cui si sentiva giù, e immerso nei suoi pensieri. Si rese appena conto di stare camminando su un corridoio mai visto prima. Alzò lo sguardo solamente quando si ritrovò fermo da vanti un’enorme porta bianca. Non si ricordava di essere mai entrato dentro.

Curioso com’era, Thomas non resistette. Prese la propria chiave magnetica, e la passò sulla porta. Dopo meno di un secondo ci fu un leggero rumore e la porta si aprì.

Thomas fu sorpreso da quello che aveva davanti. Era una stanza da letto. Ma una stanza da letto enorme, piena di letti a castello. Erano probabilmente un totale di circa sessanta letti sparsi per la stanza. E vi erano un sacco di altre porte.

La curiosità ebbe la meglio, e Thomas entrò nella stanza. Camminò lentamente verso una delle porte, quando notò una figura sdraiata su uno dei letti. Incuriosito si avvicinò per vedere meglio di chi si trattasse.

Era un bambino, un bambino come lui. Forse un po’ più grande, ma Thomas non avrebbe potuto dirlo con certezza. Aveva i capelli ramati ed era addormentato. Aveva anche delle sopracciglia ben definite, ad ali di gabbiano.

Thomas lo fissò sorpreso. Non aveva visto altri bambini in giro, tranne per se stesso, Teresa, Aris e Rachel. Questo era il primo bambino che vedeva da un bel po’ di tempo, da quando era stato portato via dalla propria casa.

Il bambino borbottò qualcosa poi aprì gli occhi di scatto. I suoi occhi si dilatarono quando vide Thomas, così vicino al proprio viso e urlò. Thomas urlò a sua volta, e si mise a correre per lasciar la stanza. Fece appena in tempo a vedere un delle porte aprirsi e un nutrito gruppo di bambini entrare, prima di richiudersi la porta alle spalle.

Aveva il cuore a mille. Chi erano quei bambini? Che ci facevano lì? Perché non li aveva mai visti in vita sua?

Pensava e pensava, ma non trovava una risposta. Ma una cosa era certa: non ne avrebbe parlato con nessuno. Teresa aveva una mania per il seguire le regole, e sinceramente lui non aveva alcuna intenzione di metterlo nei guai. Rachel era sempre con Teresa, lui non le aveva mai parlato molto spesso. Aris invece era un po’ come Thomas, ma avrebbe di sicuro voluto mettere Teresa e Rachel al corrente. E Thomas non poteva rischiarlo.

***

La seconda volta, Thomas non sapeva se si fosse trattata di una coincidenza, o se semplicemente aveva avuto voglia di tornare.

Si era reso conto di essersi comportato da gran maleducato: Teresa gli aveva detto che non è una buona cosa guardare una persona mentre ella dorme.

Quando arrivò davanti alla porta, notò uno dei cuochi della WICKED, un enorme carrello pieno di cibo davanti a sé. Guardò Thomas in confusione, prima di notare la chiave magnetica che aveva al collo ed i vestiti da scienziato addosso. Poi lo fissò con sospetto. “Che ci fai qua?” Thomas si rese conto in fretta di due cose: la prima era che quei bambini erano un segreto della WICKED, dato che l’uomo sembrava sospettoso del fatto che Thomas fosse lì; secondo che l’uomo di sicuro non aveva idea di chi fosse Thomas. Il ragazzo gli sorrise. “Sono qui per lavorare, signore.” Fece, professionale.

L’uomo gli credette, e aprì la porta. Stavolta Thomas fu preparato alla vista che gli si presentava davanti.

Bambini. Bambini ovunque, seduti sui letti, sdraiati per terra, che parlavano gli uni con gli altri. Il cuoco lasciò il carrello di cibo nella stanza e uscì, senza degnare Thomas di uno sguardo.

I bambini lo fissavano, stupiti e incuriositi alcuni, sorpresi ed arrabbiati altri. Thomas rimase davanti alla porta, facendo passare lo sguardo su tutti quei bambini nella stanza. Si morse il labbro innervosito dai loro sguardi, prima di raschiarsi la gola e dire. “Ciao. Mi chiamo Thomas. Voi chi siete?” era nervoso, un poco spaventato, ma soprattutto curioso.

Uno dei ragazzi, probabilmente il maggiore tra di loro si avvicinò a Thomas, gli occhi che trapelavano emozioni contrastanti. “Io sono Albert, o meglio Alby. Che cosa vuoi?” fece, e Thomas fu sorpreso dal tono poco amichevole. Sentì il proprio sorriso tremare. “Niente. È solo che non ho mai visto altri bambini qua dentro.” Spiegò.

Intanto, altri tre ragazzi si erano avvicinati. Uno era il bambino dell’altra volta, quello con le sopracciglia ad ali di gabbiano. L’altro era un ragazzo biondo, abbastanza alto e magro. L’ultimo un ragazzino asiatico, di corporatura più grossa del biondo.

Il ragazzo dai tratti asiatici fece un sorriso. “Ciao, bambino. Mi chiamo Minho. Sei uno nuovo?” chiese, e forse fu il sorriso, o il suo tono con una nota di leggera superiorità, ma a Thomas piacque subito. “No. Mi chiamo Thomas, e ho sempre vissuto qua.” Spiegò.

“Beh, allora che ci fai qua adesso, Tommy? Non mi pare di averti mai visto prima d’ora. Mi chiamo Newt.” Fece il ragazzo biondo, sorridendogli apertamente. Thomas rispose con un sorriso a sua volta. “Non mi lasciano andare in giro per conto mio di solito, ma certe volte non sopporto di essere rinchiuso in quella saletta di controllo.” Fece sbuffando.

“Io mi chiamo Gally. Scusami per la volta scorsa.” Fece il ragazzo dai capelli ramati. Thomas scosse la testa. “Scusami te. Mi sono comportato da maleducato.” Minho si intromise, interessato. “Aspetta, sei stato te a far urlare Gally? Strillavate entrambi come femminucce.” Fece, un sorriso beffardo sulle labbra.

Gally gli tirò una spinta. “Non stavo strillando!” fece, arrossendo. Minho rise. “Sì invece!” “No!” “Sì!” “Tappatevi la bocca!” fece Alby, irritato. Thomas scambiò uno sguardo con Newt ed entrambi scoppiarono a ridere.

Anche gli altri bambini si erano avvicinati e avevano cominciato a presentarsi, quando il telefono di Thomas il walkie-talkie di Thomas vibrò. “Tom! Dove sei?” Il ragazzo spalancò gli occhi, prima di muoversi verso la porta. “Devo andare!” sussurrò agli altri. Newt gli afferrò la mano. “Tornerai?” gli chiese, titubante. Minho gli sorrise incoraggiante. “Tornerai a giocare con noi, non è così?” chiese, speranzoso. Thomas sorrise, e fece sì con la testa, prima di catapultarsi fuori.

***

La terza volta Thomas era venuto di sua spontanea volontà. Era passata una intera settimana prima che si ripresentasse alla porta.

Questa volta Thomas entrò senza esitare. Fece un sorriso quando notò Newt e Minho, seduti su un letto a castello. Gli altri non c’erano.

Minho lo vide entrare e sorrise. “Lo sapevo che saresti tornato!” fece, scendendo e abbracciandolo. Thomas sorrise a sua volta. “Lo avevo promesso.” Newt gli fece cenno di sedersi accanto a loro. “Gally, Alby e gli altri non mi credevano.” Fece, scrollando le spalle. Thomas chiese. “Dove sono gli altri?”

Minho indicò una delle porte. “Sono fuori a giocare.” Spiegò. Thomas li guardò, sorpreso. “Voi non giocate con loro?” domandò. Newt gli mise una mano sulla spalla. “Giochiamo con te, Tommy, no?” fece, pratico. Thomas sorrise.

Passarono l’intero pomeriggio insieme, a divertirsi e giocare. E anche quando Gally e gli altri tornarono, Minho e Newt non lo lasciarono andare via. Gli permisero di andarsene solo quando Teresa lo richiamò con il walkie-talkie. Solo allora gli diedero un bacio su ciascuna guancia e gli fecero ciao con la mano, dandosi appuntamento alla prossima volta.

Non ci fu una prossima volta.

Il giorno dopo, Janson lo richiamò, dicendogli che i soggetti sarebbero partiti per il Labirinto.

Thomas annuì, infastidito. Aveva ancora una mezza idea sul fatto che tutto ciò fosse sbagliato, ma non disse nulla.

Non disse nulla finché le guardie non entrarono, tenendo Alby, Gally, Newt, Minho e altri ragazzi tra le mani.

Gally aveva le lacrime agli occhi. “Lasciatemi! Lasciatemi, ora!” Thomas fissò i bambini, un senso di fredda paura nello stomaco, mentre venivano depositati su un tavolo ciascuno.

Gli occhi di Gally si soffermarono su Thomas. “Tu! È tutta colpa tua!” strillò.

Newt fissò Thomas, con sorpresa. “Tommy?” chiese, la voce che tremava. Janson si volse verso Thomas. “Come fa il soggetto A5 a conoscere il tuo nome, Thomas?” chiese, sospettoso.

E Thomas capì. In un lampo capì che i ‘soggetti’ altri non erano che quei bambini. Né più, né meno.

“Lasciateli andare!” si ritrovò ad urlare, correndo verso i tavoli. Una guardia lo fermò, Teresa e Janson che lo fissavano come se gli fosse andato di volta il cervello.

“Quelli sono i miei amici! Lasciateli andare!” strillò nuovamente, e tirò un calcio negli stinchi alla guardia, che si piegò in due dal dolore. Corse verso Minho e Newt. “State bene?” chiese preoccupato. Entrambi annuirono, mentre Thomas stringeva loro la mano.

Sentì Janson dire qualcosa. “Questo complica la faccenda. Non possiamo avere Thomas che rovina tutto.” Borbottò. “Portatelo via.” Disse ad una guardia.

Thomas sentì una guardi afferrarlo. “No! Lasciatemi andare!” strillò, cercando di non lasciare le mani di Newt e Minho. E strillò più forti quando le loro mani si staccarono dalla sua.

“Brutti idioti, lasciatelo andare!” urlò Minho, scalciando e cercando di liberarsi dalla guardia che aveva addosso. “Tommy!” fece Newt, quando Teresa si avvicinò di scatto, una siringa nelle mani. Thomas la guardò, implorante. “Teresa dobbiamo salvarli! Tutto questo è sbagliato, sbagliatissimo!” fece. La ragazza lo fissò senza espressione. “La WICKED è buona.” Fece, iniettandogli il tranquillante.

“Minho… Newt… Mi dispiace.” Fece, le lacrime calde che gli scorrevano sul viso, la vista che si appannava. Riuscì a malapena a vedere una donna iniettare dell’anestetico a Newt, mentre Minho continuava a urlare e scalciare. “THOMAS!”

Thomas perse i sensi.

Il suo ultimo pensiero fu: mi dispiace.

   
 
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