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Autore: JoJo3    07/04/2015    0 recensioni
Il mio cuore incominciò a battere forte, il volto iniziava a diventare caldo ed era completamente rosso, non riuscivo a reggere il suo sguardo, quindi abbassai il mio, come se, quello che stavo provando, non fosse giusto, come se fosse qualcosa di sbagliato.
(Tratto dal capitolo uno)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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                Qualcosa Di Sbagliato
 
Mi stavo accendendo una sigaretta in cortile quando, alzando lo sguardo, non lo vidi, la sigaretta mi cadde dalla bocca e il mio sguardo pieno di stupore occupò il posto delle parole.
“E lui sarebbe il tuo nuovo compagno di classe? Mamma mia se è figo”.
Affermò Arianna, una delle mie più care amiche, ma non riuscivo ancora a staccare il mio sguardo da quel ragazzo.
“Oi, Jo? Ci sei? Non mi dire che ti piace quel ragazzo?! Mica sei gay vero?”.
E si mise a strattonarmi, ma per fortuna ciò bastò a distaccare il mio sguardo.
“Ripeto, non è che sei gay? Da come lo guardavi, eri inquietante...”.
E le scappò una mezza risata, mentre io ancora confuso provavo a risponderle.
“No... no, solo che lo avevo immaginato... diverso...”.
“Diverso?”
“Sì, nessuno va nella sezione D volontariamente, devi essere o un folle o un teppista per finirci dentro... “.
“Beh, almeno d’ora in poi avrai qualcuno con cui parlare durante le lezioni, qualcuno di normale. “
“Apparentemente di normale”.
Ma il nostro discorso fu interrotto dal suono della campanella che segnava la fine dell’intervallo, allora calpestai la sigaretta, ormai irrecuperabile, e la spensi.
Arrivato in classe mi adagiai al mio posto, vicino al mio “caro” amico di banco Finn, un ragazzo amante dei piercing e dei tattoo (anche il perché ne era ricoperto), che iniziò a rompermi le palle, come suo solito.
“Uè, adesso dovrebbero presentarci il nostro nuovo compagno di classe, per me qua dentro non durerà neanchè due mesi”.
“Ma nemmeno due settimane”
Risposi in tono seccato, quel ragazzo lo odiavo, ai compiti pretendeva sempre che gli dovessi suggerire e quando non portava i libri da casa, me li rubava, quanto avrei voluto cambiare di posto, ma lui, in confronto a tutta la classe, era il più calmo, gli altri erano molto peggio, come Angelo, un coatto che sa solo andare in discoteca e ubriacarsi, l’unica cosa che riesce a fare in classe è sbraitare e prendere a parolacce i prof, o come John, dico solo che durante una lezione si era alzato e aveva rubato la borsetta alla professoressa, ricevendo anche una denuncia.
La professoressa d’italiano entrò in classe, accompagnata da un ragazzo dai capelli mori, alto circa 1.70 e che portava un piercing al labbro, ma io non riuscivo a staccare il mio sguardo dai suoi occhi marroni, profondi, di una bellezza unica, e in quel momento mi guardò, il mio cuore incominciò a battere forte, il volto iniziava a diventare caldo ed era completamente rosso, non riuscivo a reggere il suo sguardo, quindi abbassai il mio, come se, quello che stavo provando, non fosse giusto, come se fosse qualcosa di sbagliato.
 
 
“Il suo nome è Marco Resta, trattatelo bene d’ora in poi, e non fatemi fare brutte figure!”.
Disse la professoressa speranzosa che per una volta potessimo comportarci bene.
“Finn spostati vicino ad Angelo, metteremo Marco vicino a Jonathan, così avrà almeno qualcuno di normale accanto”.
“Oh no, che vuole questo da me? Perché si deve mettere qui? Ci sono come minimo tre banchi vuoti perché qua?” Ero andato nel pallone, non mi ero mai sentito così, nemmeno con la mia attuale ragazza, Maria, era qualcosa a me di estraneo.
Si sedette e poi si rivolse a me.
“Scusa, non è che avresti il libro di Poesia? A me non è ancora arrivato... “
Gli passai il libro di poesia in silenzio, posandolo sul banco evitando contatti e cercando di non incrociare il suo sguardo.
“Grazie!”
Mi sorrise, riuscii a vederlo chiaramente “Ha un sorriso meraviglioso... no! Ma che dico?!? Ma sono matto? Mica sono Gay!” Mentre le mie idee diventavano sempre più confuse, lui mi disse.
“Tu devi essere Jonathan, piacere Marco”.
E mi tese la mano, non potevo rifiutare allora glie la strinsi, non aveva una presa forte, aveva una mano delicata, quasi come la seta, ma quello bastò per farmi battere di nuovo forte il cuore.
“Ti va di raccontarmi un po’ di te? Sembri l’unico normale in questa classe...”.
“B-bhe, I-io...”
“Jonathan! Marco! Parlate alla fine dell’ora, soprattutto tu, Marco! Sei appena arrivato e gia parli?”
“Mi scusi professoressa”
Gli rispose con tono sicuro, sorridendogli, sembrava un ragazzo deciso, ma soprattutto sembrava normale, “era da tanto che non vedevo persone come lui in questa classe, forse è per questo che sono agitato? Perché finalmente c’è qualcuno di non casinista/ubriacone/punk/truzzo in questa classe e non ne sono abituato?” Così mi rassicurai, inculcandomi nella testa che era per questo se ero imbarazzato.
Per il resto seguimmo la lezione normalmente, senza proferir parola, al contrario degli altri ovviamente.
Al suono della campanella preparai lo zaino e corsi fuori, era l’ultima ora e finalmente potevo andare a casa, ma mentre mi dirigevo alla fermata dell’autobus, udii una voce familiare.
“JO! ASPETTAMI!”
Arianna mi raggiunse, e continuammo a camminare.
“Come ti sembra quello nuovo? E’ un coglione anche lui come gli altri o...”.
“O non voglio parlarne”
Risposi in tono freddo.
“Ma daai, non è che ti piace eh?”
“Sai che ho una ragazza, Arianna”
“Allora sei bisex!”
“Biche?”
Non avevo idea di che stesse parlando.
“Bisessuale, quando ti piacciono sia uomini sia donne”.
La mandai sonoramente a quel paese, poi lei si fermò alla fermata ed io attraversai la strada, la mia si trovava poco più distante.
Arrivato alla fermata, notai che seduto al marciapiede, sotto il palo giallo della fermata, era seduto Marco, era seduto al mio posto, evitai contatti quindi mi sedetti a circa due metri da lui, ma la situazione non sarebbe cambiata di molto, in fondo a quella fermata non c’era nessuno, tranne noi due ovviamente. “Per favore, signore, fai in modo che non si accorg”.
“Hey! Jonathan! Siediti qui, dai, così mi tieni compagnia!”.
Non rifiutai la sua offerta, sarei stato scortese, allora presi la mia cartella e mi avvicinai, lui tolse le cuffie e mise l’altoparlante al telefono.
“Ti piacciono i Red Hot Chili Peppers?”
Li adoravo, ne avrei potuto parlare per ore, ma mi limitai a dire.
“Ne conosco qualcuna...”
Partì la canzone, la riconobbi subito, era Snow, però non riuscivo a darle troppo conto, il fatto che un ragazzo che avevo conosciuto quattro ore fa già mi trattava come un amicone mi turbava.
Ma mentre pensavo in silenzio Marco attaccò a cantare.
Hey oh listen what i say oh
Mi prese la mano e la alzò in cielo
I got your hey oh, listen what i say oh
La musica continuava a suonare, non la badavo più, il mio volto era a pochi centimetri dal suo, un caldo sole ci scaldava a vicenda e ci illuminava il viso, i suoi occhi mi stavano di nuovo incantando, lentamente mi avvicinai al suo volto, ma l’arrivo fortuito dell’autobus interruppe quel momento imbarazzante. “Cosa mi sta succedendo? Non ci capisco più nulla! Cazzo!” Ero confuso, troppo confuso, dovevo trovare un rimedio, poi mi venne il colpo di genio “Ma certo, Maria! Devo vedermi con lei il prima possibile!”, la chiamai e mi fissò l’appuntamento a casa sua alle venti, senza genitori, era tutto perfetto.
Arrivai alle 20.05 sotto casa di Maria, citofonai, nessuna risposta, ritentai, di nuovo nulla, la chiamai e dopo qualche squillo rispose.
“Pronto? Maria?”
“Oh ciao Jo, scusa ma ho avuto urgenti impegni, mia nonna si è sentita molto male e abbiamo dovuto correre in ospedale!”.
“Oh, povera lei, speriamo si rimetta presto!”.
“Si, ciao!”
Maria non attaccò il telefono, pensando che avessi attaccato io, allora, curioso, ascoltai ciò che diceva, ignara del fatto che potessi ascoltare.
“Il coglione ancora non ha capito nulla, vero?”.
“Eh gia, amore mio, ma adesso non parliamo di lui, sai che non m’importa più, mi ero anche dimenticata che oggi dovevo stare con lui, ahahah”.
A sentire quelle parole, preso dalla rabbia, tirai il telefono contro il muro, che si frantumò in centinaia di pezzi.
Iniziai a piangere, la confusione nella mia testa era troppa, come il dolore nel mio petto, come se migliaia di aghi fossero conficcati nel mio cuore, potevo sentire quella sofferenza.
Inizia a prendere a pugni un muretto, urlando e sbraitando, non bastava per sfogarmi, ero furioso, confuso, incapace di agire.
Mi accasciai lentamente al terreno e rimasi li, dopo poco iniziò a piovere e la pioggia colpiva dolcemente il mio corpo, bagnandomi totalmente.
Ciò che stavo provando era troppo doloroso, non riuscivo a sopportarlo, le lacrime non bastavano, non riuscivo a sopportarlo, sentivo il mio cuore esplodere, lo stomaco che si contorceva, come se le farfalle che prima erano presenti per colpa sua ormai avessero divorato tutto.
Mentre pensavo, un’ombra comparve davanti a me e mi coprì con il suo ombrello.
“Cucù!”
Disse Arianna
“Perché barboneggi qui da solo? Se non metti il cappellino per terra i soldi non te li danno mica eh!”.
La guardai con disprezzo, lei sbruffò.
“Vieni con me a casa, ti darò un cambio di mio fratello, non vorrei che ti ammalassi...”.
Non aveva tutti i torti, una polmonite non mi avrebbe sicuramente aiutato, quindi mi alzai e in silenzio la seguii, qualcosa stava cambiando, non capivo ancora cosa.
Arrivai a casa sua, mi diressi nella camera del fratello e mi vestii con ciò che mi aveva lasciato Arianna sul letto.
“Sediamoci sul divano e mi racconti tutto, ok?”.
Mi disse sorridente, diavolo, non l’ho mai vista triste.
Mi accomodai sul divano e le raccontai tutto, da Marco a Maria, senza tralasciare nulla.
“Povero il mio cucciolo!”
Mi disse ironicamente.
Si sedette accanto a me e appoggiò la sua testa sulla mia spalla.
“Posso fare qualcosa per te, per aiutarti?”.
Il suo sguardo incrociò il mio, Dio se era carina.
“Allora?”
Misi la mia mano sulla sua guancia e la avvicinai alla mia, le nostre labbra erano a pochi centimetri l’una dall’altra.
“Ne sei sicuro?”
Mormorò lei, con voce soffocata, come se non volesse interrompere quel momento.
“Sicuro”
Gli risposi.
La baciai.
Le sue labbra calde toccavano le mie, mise la sua mano sotto la maglietta toccandomi il petto.
Mi tolsi la maglietta e lei fece lo stesso, la sua pelle candida risaltava in confronto alla mia, molto più scura.
Ci spostammo in camera e ci gettammo sul letto, le tolsi i pantaloni e lei contraccambiò, eravamo entrambi in intimo, la sua pelle bianca quasi splendeva nel buio della stanza.
Mi poggiò una mano sui fianchi, iniziava a baciarmi con un ardore che da lei non mi sarei mai aspettato.
Non riuscivo più a trattenermi, il suo corpo mi attirava e ormai mi ero spinto troppo in la per fermarmi adesso.
Quella notte Arianna era riuscita a togliermi tutti quegli aghi dal cuore, il suo caldo corpo ospitò il mio per la prima volta, quella fu una notte meravigliosa.
 
 
Grazie a tutti per aver letto il primo capitolo della mia prima Storia! ^o^ se vi piace lasciate un commento o scrivetemi in P.M Grazie!
Ps: Il secondo capitolo uscirà in un lasso di tempo abbastanza lungo
 
 
   
 
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