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Autore: Artemide12    07/04/2015    2 recensioni
Settembre.
Kadic.
20 anni dopo.

La preside Delmas dà il benvenuto a Franz Belpois, Emma della Robbia, Carlotta Dunbar e Chris Stern.
Sei amici si rincontrano per l'ennesima volta.
Nulla sembra veramente cambiato al Kadic. Tranne in fatto che XANA è stata sconfitta ovviamente.
Franz, Rebecca, Emma, Carlotta, Ludovic e Chris sembrano ragazzi normali, ma presto dovranno fare i conti con ciò che i loro genitori hanno fatto tanti anni prima.
Realtà e Mondo Virtuale si intrecciano e si confondono per chi ha immediato e incontrollato accesso ad entrambi. È la conseguenza di una metamorfosi che nessuno aveva considerato.
Ma quando questo potere diventerà un pericolo?
Presto il Kadic tornerà ad essere ciò che non ha mai smesso di essere: lo scenario di una guerra virtuale che non è ancora finita.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, X.A.N.A.
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Metamorfosi Cap1;

begin

    write('Benvenuti, o bentornati');

    readln;

end.


Elisabeth incrociò lo sguardo del proprio riflesso sul portafoto vuoto, poi tornò a fronteggiare i due ragazzi seduti davanti a lei dall’altra parte della scrivania.

Le sembrava solo ieri la prima volta che se li era ritrovati nel suo ufficio, aveva riconosciuto i loro cognomi e si era rassegnata agli anni di tormento che sarebbero seguiti.

Ludovic Dumbar e Rebecca Belpois.

L'indisciplinato e il genio.

Nel corso di un solo anno scolastico, lui si era presentato in presidenza almeno due volte al mese. Ad un certo punto aveva preso tanta confidenza con l’ambiente che a volte sembrava lui il preside ed Elisabeth la studente indisciplinata. Era una sensazione frustrante – Ludovic aveva un talento naturale per mettere a disagio le persone. Forse il segreto stava nei suoi occhi, così neri da essere tutta pupilla, e nello sguardo fisso e perforante. O forse, più in generale, stava nel suo modo di muoversi, camminando come se tutto il mondo fosse suo e atteggiandosi con la consapevolezza del suo corpo prestante.

Il primo giorno che Elisabeth lo aveva visto non le era sembrato altro che uno di quei ragazzi che sono cresciuti troppo all’improvviso, estremamente alto e magro, con una zazzera incontrollabile di capelli scuri e un certo scoordinamento dovuto alle nuove proporzioni del suo corpo. Non avrebbe mai immaginato che in pochissimi mesi sarebbe diventato un atleta così dotato che il professore di ginnastica aveva smosso mari e morti per non parlo espellere.

Rebecca era tutta un'altra storia.

L'unico ricordo che aveva di lei era di quando aveva trascinato lei stessa Ludovic in presidenza per la prima volta perché le aveva danneggiato dei dischi, o qualcosa del genere. Elisabeth ricordava i capelli rosa perché erano una particolari, ma per il resto era praticamente impossibile richiamare alla memoria le altre caratteristiche fisiche. Aveva gli occhi azzurri, praticamente trasparenti, ma portava gli occhiali? Era alta o bassa? Femminile o no?

Il suo nome ricorreva quando si parlava di eccellenze. Era sempre puntuale e non perdeva neanche una lezione. Dire che sapeva tutto di tutto era dire poco – il suo cervello sembrava capace di immagazzinare tonnellate di informazioni senza nessuno sforzo. Le attività scolastiche per lei erano una specie di semplice routine quotidiana: si svegliava, mangiava, andava a scuola e poi… Cosa ci fosse “poi” era un mistero. Si chiudeva in camera sua? Andava in giro per la scuola? Passava il tempo a studiare sui tetti?

Appena la campanella suonava, di Rebecca Belpois si perdevano definitivamente le tracce.

Si era presentata in presidenza prima dell’inizio delle lezioni del secondo anno perché Ludovic aveva lanciato sassi alla sua finestra.

Dopo averli congedati, Elisabeth si voltò a guardare fuori dalla finestra.

Il cortile esterno era ormai pieno di nuovi studenti appena arrivati.

Era il momento di entrare in scena.


ʘ –


Carlotta saltò giù dalla panchina appena li vide arrivare.

Emma corse ad abbracciarla e per un momento le due non furono altro che un groviglio unico di braccia e di capelli neri e lunghi di una e corti e biondi dell’altra. Quando finalmente si separarono, Chris e Franz salutarono Carlotta con un sorriso e andarono a sistemarsi su un muretto.

Da lì potevano vedere oltre la calca di gente.

«Wow, la preside non è niente male!» commentò Chris individuando la donna vestita di rosso ferma in cima alle scale d’ingresso. Aveva già iniziato il suo discorso di benvenuto.

Franz si portò una mano sopra gli occhi per ripararsi dal sole. C’era una luce particolare quel giorno, fredda ma intensa, che faceva sembrare bianchi i suoi capelli biondi.

Entrambi ridacchiarono. Pensare che la preside una volta aveva una cotta per il padre di Chris li divertiva, già pensavano di mettere in giro quella voce.


ʘ –


Elisabeth prese un bel respiro, poi sfoggiò un altro sorriso studiato e prese un elenco.

«Classe I A» annunciò. «Xavier Audrier.»

Un ragazzo con naso e guance bruciati dal sole salì i gradini e le venne a stringere la mano.

Stese le labbra in una sottospecie di sorriso e ritornò al foglio. Gli angoli della bocca si abbassarono all'istante, ma riuscì a ricomporsi in fretta.

«Franz Belpois» chiamò e subito sollevò lo sguardo per vedere chi tra i ragazzi della folla.

Un ragazzo che aveva tutta l'aria di essere mezzo albino scese dal muretto e si fece largo tra la folla.

In effetti era molto pallido, ma non poteva essere albino. Non con quegli occhi.

Dorati.

È solo la luce, si disse.

Il ragazzino le porse la mano e lei si ricordò di stringerla, ma non ricambiò il sorriso.

«Fratello di Rebecca Belpois?» chiese, ricordandosi all’improvviso che anche lei era molto pallida.

Franz annuì vigorosamente, poi si voltò e tornò indietro.

Elisabeth tornò all'elenco. E si chiese se non lo avessero fatto apposta. Se il fato non se la fosse presa con lei.

«Carlotta Dunbar.»

Un'altra figlia di William. Sperò che non le avrebbe creato tanti problemi quanto il fratello.

Appena si mosse, quella ragazza attirò su di sé gli sguardi di tutti. Era alta e slanciata proprio come il fratello, con lunghissimi capelli mossi, così neri da avere riflessi viola, e enormi occhi blu elettrico.

Carlotta le arrivò davanti e le porse la mano con un movimento fluido. Quasi troppo fluido, come se il suo intero corpo fosse fatto di fumo.

Non sorrise minimamente, proprio come avrebbe fatto Yumi.

Sissi – improvvisamente sentì tornare a galla quel suo vecchio soprannome – si sentì obbligata a fare altrettanto.


ʘ –


Jeremy, che aveva finalmente trovato parcheggio, corse per raggiungere gli altri.

«Hanno già cominciato?» chiese tirandosi su gli occhiali.

«Sì» rispose Aelita. «E hanno già chiamato Franz. Classe I A»

«Questa sì che è sfortuna!» commentò il biondo, riferendosi chiaramente al fatto di essere arrivato in ritardo.

«Hanno chiamato anche Carlotta, ma non Emma e nemmeno Chris» riassunse William.

«Sembra strano tornare qui dopo tanto tempo» osservò intanto Odd, le braccia incrociate e le spalle appoggiate al muro.

Ulrich saltò giù dal muretto. «Almeno questa volta non ci sono mostri digitali in circolazione.»

«Già, una vera noia» continuò Odd. «Senza Lyoko dove passare il tempo libero, come faranno a sopportare le giornate?»

«Forse se la caveranno meglio di noi» osservò Yumi. Lei, tra tutti, era forse quella che era cambiata di più.


ʘ –


Carlotta si stava costringendo a rimanere composta, ma un’orribile sensazione di disagio si stava facendo strada dentro di sé. Era cominciata appena era scesa dalla macchina e si intensificò appena entrò nell’edifico del Kadic.

Sembrava che migliaia di occhi la stessero osservando attraverso le pareti. Percepiva una specie di presenza.

«Stessa classe» esultò Franz e lei sussultò nel ritrovarselo davanti.

«Come sempre» fu tutto ciò che trovò da replicare.

Ormai la classe si era formata.

«Non ci sono Emma e Chris.»

Carlotta fece spallucce.

Furono condotti in un'aula ampia e luminosa. Carlotta e Franz si sedettero accanto alla finestra. La ragazza allungò la testa per guardare fuori e incrociò lo sguardo di un uccello variopinto.

Lui strillò qualche nota pimpante e un po' comica che la fece sorridere. Poi l’'uccello prese a cantare ininterrottamente.

Carlotta dovette tapparsi le orecchie ad un certo punto.

«Sshh» gli fece, ma quello la ignorò.

Afferrò la prima cosa che trovò sul banco e gliela lanciò contro. La piccola gomma gli passò attraverso, ma l'uccello si zittì. I suoi occhi divennero cerchi bianchi e azzurri, spiegò le ali e volò dentro la stanza.

Nessuno si accorse di nulla.

L'uccello si posò sulla spalla di Carlotta, gli artigli praticamente affondati nella carne. Cercò di scacciarlo, ma proprio non voleva lasciarla.

«Carlotta, sta' ferma, che ti prende?» fece Franz.

«Maledetto uccello!»

«Quale uccello? Non hai niente sulla spalla.» Per dimostrarglielo agitò la mano dove c'era l'uccello. Lo attraversò, ma produsse un suono stranissimo fendendo l’aria.

L'uccello si zittì di nuovo e volò via.

Carlotta si ricompose. Si guardò intorno preoccupata e lo sguardo le cadde sulla porta socchiusa. Suo fratello era proprio lì fuori e la fissava con occhi sgranati.

Carlotta chiese di poter andare in bagno e corse fuori.

«Che ci fai qui?» sussurrò.

«È anche la mia di scuola.» Ludovic la afferrò per un braccio e si incamminò verso le scale.

«Che stai facendo? Dove andiamo?»

«Non dire nulla. Non qui.»

«Perché? Cosa dovrei dire?»

«Tu li vedi.»

«Vedo chi?»

Salirono le scale velocemente e non si fermarono neanche davanti al cartello che avvertiva dei lavori all'ultimo piano.

«Ludo, che stai facendo?»

«Non ci sono i lavori, tranquilla. Il soffitto perde e le aule sono tutte messe male, non vogliono che gli studenti ci vadano.»

Si fermarono di botto. Carlotta riuscì a liberarsi dalla stratta del fratello.

«Cosa c'è?»

Ludovic indicò l'allarme. «Ehi, Jonny, che si dice?»

L'allarme si accese, ma non suonò.

«LUDOVIC! È GiÀ PASSATA TUTTA L'ESTATE?»

Carlotta strillò. «Ma che… ?»

«Sì dormiglione. Dì a Jessy di chiudere un occhio.»

«SPIACENTE, MA ABBIAMO LITIGATO E...»

«E non vi rivolgete più la parola se non in caso di emergenza, proprio come l'anno scorso. Dai, su, che vi presento una persona.»

L'allarme produsse uno strano suono, una specie di sbuffo.

Carlotta guardava il fratello e il sistema elettronico con gli occhi sgranati.

Una telecamera, posizionata poco più in alto, ruotò all’improvviso e si puntò su di loro. «QUELLA Sì CHE È UNA BELLA RAGAZZA, COME LA CONOSCI?» gracchiò stridula.

«Carlotta è mia sorella, dobbiamo andare sul tetto.»

«UN MINUTO E 30 SECONDI: 90, 89, 88,...»

Ludovic la condusse fuori dalla finestra in una scala antincendio piuttosto pericolante. Arrivarono sul tetto proprio mentre la telecamera strillava gli ultimi numeri.

«Ludovic, cosa diavolo significa?»

«Tu lo vedevi, quell'uccello? Lo vedevi, vero?»

«Certo che lo vedevo! Perché me lo chiedi?»

«Perché è un anno che quei mostri mi perseguitino e se anche tu li vedi, se anche tu senti parlare l’allarme e la telecamera, significa che non sono pazzo.»

«Cosa sono?»

«Non lo so. Ma anche Jonny e Jessy li vedono. Per questo mi sento al sicuro sotto qui.»

«E non possono venire qui su?»

«Non possono uscire dalla scuola.»

  
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