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Autore: Veronica_Rosazza    07/04/2015    0 recensioni
[Trilogia di Chiara Palazzolo]
Sulla base della trilogia di Chiara Palazzolo, le "trame fantasma", il non detto della storia, del personaggio che più mi affascina: Max.
In 2000 parole, ho voluto immaginare l'incontro con Gabriel, quella sera a New York, a casa di Maria, narrato in prima persona dal protagonista stesso, cercando di riprendere l'inconfondibile stile dell'autrice.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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La musica assordante mi entra dalle orecchie e mi rimbomba nelle vene. Fa uno strano effetto, un misto di gioia e fierezza, riascoltarla così. La mia opera, la mia ultima creazione, il mio più recente capolavoro alla mia festa. La festa in mio onore.
Cammino, avanti e indietro. Maria mi saluta da lontano e io ricambio. Lontano, si fa per dire. Questa casa è davvero troppa piccola, per tutta questa gente. Ho già parlato con tutti e con tutti ho già sfoggiato ogni mia dote; secoli con queste gente. Sempre la stessa. I mortali vanno e vengono, sono più infelici ma anche meno annoiati. Cavolo! Come si fa a resistere? Con quanti di loro ho già vissuto, sono andato a caccia, ho giocato, ballato, narrato!
Noi ce ne andiamo, dice uno dei gemelli, non so quale.
Sì, magari si fa uno spuntino, vieni? Aggiunge l’altro.
Non sono cambiati di una virgola, uguali nella vita e nella morte. Lungo l’eternità. Noiosi, anche loro. Come tutti gli altri. Anche se sono meglio di niente, in fondo. E così mi convinco di avere fame e con un salto li precedo verso la porta.
Max! urla Maria afferrandomi il braccio. Dove credi di andare? Questa festa è per te, ingrato!
È colpa dei baschi! Mi stavano portando via! rispondo. Io volevo restare, e loro sono cattivi! Mi portavano via!
Anche io posso esserlo, con te, tesoro. Mi strattona verso il centro della sala e voltandomi, vedo le ombre allontanarsi sul vialetto. Addio gemelli.
Lui è Gabriel, dice. Gabriel, questo è il festeggiato: Max.
Gli stringo la mano e non posso fare a meno di dimenticarmi dei gemelli. È bello, alto, distinto e giovane. Non giovane quanto i baschi, ma sicuramente più recente, con uno sguardo distaccato e annoiato quasi quanto il mio.
Gabriel, eh? dico. Sei un mio fan? È ovvio! Sei alla mia festa!
Ho solo pensato che avreste dovuto conoscervi, dice Maria maliziosa.
E penso abbia avuto ragione! Già mi piace. Altro che quei due, insopportabili e deleteri, noiosi e bugiardi. Dalle mie spalle viene un rumore assordante e quando mi rigiro, Gabriel è sparito. In compenso, Machesi è riuscito a distruggere lo stereo.
L’hai fatto apposta! urlo. Hai distrutto la mia musica!
Non esagerare, Max, dice. Sono inciampato! E la tua “arte” è salva.
Vero. È il mio stereo che è andato! interviene Maria.
Non c’è fine al peggio. Non solo questa festa è uno strazio; ma i Txabarri mi hanno fatto venire fame, il bel Gabriel è sparito e l’unica cosa che stava allietando la squallida notte Newyorkese è andata distrutta! È deciso. Ora me ne vado.
Mi giro, vado verso l’uscita, furibondo, e noto, lontano, fuori dalla finestra aperta, Gabriel. Ha osservato la scena da lontano e deve aver sicuramente visto quel bugiardo di Machesi mentre attentava deliberatamente alla mia felicità! O, almeno, questo è ciò che gli dirò.
Mi alzo e scavalco tutta questa gente. Mi vede e si sposta fuori sul terrazzo. Per me, questo è un invito. Forse sarà più facile del previsto.
Tu sei un testimone, dico. Hai visto tutto, vero?
Non farmi entrare in questa cosa, mi risponde fissando il cielo; non conosco nessuno e non ho intenzione di farlo.
È indubbiamente bello; ma non so se mi piace. Non vuoi conoscere gente come noi? Quando sei tornato?
Una trentina di anni fa.
Ah! Lo sapevo! Sei giovane, dico. Io ho qualche anno in più, e sorrido.
Lo so, mi risponde, e per un secondo mi sembra di vederlo sorridere. È fatta.
Bibi e Mikel sono andati ad una cerca; tu hai fame?
 
Dì di sì.
 
No.
 
Ecco.
 
Però un giro me lo faccio, Maria non me ne vorrà.
È davvero fatta. Forse l’ho sopravvalutato, penso mentre ci caliamo dal terrazzo, nessuno in strada, per sfuggire alla padrona di casa.
La morte annoia la gente. Gli anni, ti distruggono. È la giusta punizione per coloro che non si sono accontentai della vita. C’è un motivo se l’uomo è mortale, diceva sorella Agostina. Solo che la morte mi ha insegnato qualcosa che lei non ha mai conosciuto, almeno non nel modo in cui la conosco io. Noi non temiamo niente, non dobbiamo. Possiamo permetterci di non assaporare ogni istante, ogni momento, perché possiamo riviverlo all’infinito. Un amore. Una passione. La noia.
Dove stai, qui a New York?
Al Mark, dice sicuro; si tratta bene, a quanto pare. Tu?
Io sto da Maria. È più sicuro, nessuno ti viene a cercare a casa di una sconosciuta.
Forse hai ragione, ma tanto vale avere i soldi, se poi non li si usa. Anche questo, penso, non fa una piega.
Lavori per Gottfried? Non lo sopporterei se lavorasse per Gottfried. Quel bastardo mi ha quasi distrutto la morte: morto e mutilato. Si può?
No, ho una mia clinica privata; sono chirurgo estetico. Si guadagna bene a mettere le mani in faccia alla gente.
Immagino di sì, rispondo. I viventi vogliono così disperatamente ciò che abbiamo noi, che spesso rido pensando a come noi abbiamo bisogno di loro, dico, e rido. Di gusto. Mentre Gabriel comincia a guardarmi strano, io rido. E lui non fa che amplificare il mio buon umore. Conoscerlo, in fondo, potrà venirmi utile.
Camminiamo ancora per un po’ fino a che non mi accorgo di essere davanti all’ingresso di un locale, buio e strano. Credo di avere il volto sorpreso ma l’espressione di Gabriel mi fa capire che devo averlo guidato io fino a lì. Magari ho seguito la musica, senza accorgermene.
Non è la solita musica di merda che si sente nei locali di solito, è profonda, alta e cupa, piacevole e coinvolgente. Il tipo di musica che sarebbe stata mia, se fossi nato qualche secolo dopo, immagino.
Offro io, dice Gabriel tirando fuori il portafoglio. A me sta bene.
Dentro è buio, nero e viola. Affollato di persone nere e sexy, il tipo di persone che più di tutte sembrano poterci apprezzare, il tipo di persone fatte e facili da portare fuori.
Non c’è bisogno di parlare; lo capisco quando mi volto e incrocio lo sguardo di Gabriel. Eloquente e nocciola, divertito. Mi fa un cenno con il capo e ho io il controllo. Vuole vedere come opero? Come mi diverto? Mi vuole studiare? Bene, perché ho tutta l’intenzione di lasciarmi studiare.
Un ragazzo bello, alto, con i capelli corti a spazzola, in tema con tutto quell’oscurità mi passa davanti e va verso il bagno. Io lo seguo, e so che Gabriel è dietro di me. Mi segue come un’ombra, ma l’eccitazione è troppo forte, non lo dividerò con lui. Per fortuna il bagno è pieno. E succede il finimondo. A sinistra, una ragazza è ben in vista con il suo amante e un ragazzo li sta guardando molto da vicino; dietro una porta aperta, un ragazzo ha una siringa; dietro di me, un ragazzo le sta prendendo. La mia preda, con loro. Sto per farmi venire un’idea ma Gabriel mi passa.
Va dal mio ragazzo, gli tocca una spalla e gli chiede cosa stia succedendo. Lo fa con una calma e un fare quasi affabile, che il ragazzo non sembra nemmeno arrabbiarsi.
Ci deve dei soldi, risponde, e piazza un calcio.
Avete della roba?
Ok, vorrà dire che guarderò io come agisce lui.
Tu ci paghi?
Ma certo, dice aprendo il sorriso più sexy che abbia visto.
È un momento. il mio ragazzo colpisce piano l’amico e fa cenno a Gabriel di uscire. Li seguo mentre camminano veloci, facendosi largo tra la folla che balla, che si struscia, che sta male, che si diverte. Evito di farmi timbrare la mano, e così Gabriel.
È con me, dice rispondendo alle occhiate dei due.
Continuo a seguirli e per l’eccitazione a volte non riesco a controllarmi. Mi devo impegnare per rimanere a terra. Loro conoscono la zona, ci porteranno dove non ci sono telecamere, finestre, e gente. Solito schema da drogati. A Gabriel piace andare sul sicuro, a quanto pare.
Siamo alla periferia di New York e non lontano troviamo solo capannoni e strade deserte. Un vicolo, una mano in tasca, un sacchettino e la domanda. Dove sono i soldi?
Piano, dice Gabriel. Cosa ne so che è roba buona?
Non ti fidi? chiedono. Vuole farli incazzare? Vuole rimanere a secco?
Capirete, immagino. Usatela con noi, e noi vi diamo tutto.
I due sembrano pensarci e si guardano. Io mi tengo pronto; non voglio che si droghino, lascia uno strano sapore. È come se quella roba schifosa rimanesse a noi, dopo. Nessun effetto, ovvio. Ma la sensazione, il gusto di plastica pungente. Uno schifo.
Sono stufo di aspettare, e così gioco anch’io. Non ti fidi, Nick?
Non ci metto niente a leggere l’espressione di rabbia sul suo volto. Se s’incazza è tanto peggio per lui. Non sono abituato a stare a guardare.
Mi avvicino, prendo la busta. La guardo e poi guardo il mio ragazzo, negli occhi azzurri socchiusi per perforare il buio della notte.
Sai che c’è? Non mi va più, dico. Mi voglio divertire, mica farmi fino a stare male.
Con questa roba ti diverti, fidati, mi dice lui, mentre l’altro comincia ad essere nervoso.
Non vi hanno mai detto che è pericoloso seguire gli sconosciuti nei vicoli bui? È Gabriel a parlare, e sono sorpreso, perché stavo per dire qualcosa di molto simile.
Vale anche per voi, fa quello di Gabriel.
Sì, è vero. Ma questa volta è andata male a voi.
Un secondo dopo, Gabriel ha schiacciato il suo moro anonimo contro il muro del capannone e io sono sopra il mio, a terra.
A pancia in giù, lo afferro per quei fantastici riccioli biondi, che gli coprono disordinati le fessure di ghiaccio che ha ora al posto degli occhi. Sono ancora più belli, quando hanno paura. E il profumo che emanano, è una gioia.
Mi volto quel tanto che serve per vedere i denti di Gabriel affondati nel collo del ragazzo moro, le lacrime che rigano il volto distrutto. Il profumo di latte e miele che si espande veloce, l’odore del terrore, del dolore, di acqua e sale, il profumo del suo ritorno, la voglia di seguirlo.
Mi alzo in volo e porto il mio biondo con me, lo schiaccio alto, sull’altro capannone e lo faccio guardare. Vedo il suo sgomento e l’idea della morte che si fa largo nei suoi occhi. Non lo lascio gridare, non gliene do il tempo. Stringo il mio pugno sulla sua gola e comincio dal petto.
Il resto è confuso. Sento il cuore battere, l’aria che mi riempiei i polmoni, i brividi di freddo e la gioia della vulnerabilità.
Ogni volta è come la prima. Non ci si abitua mai alla vita, non importa quante volte torni. La sensibilità, l’aria gelida della notte, il peso del tuo corpo sospeso, a tre metri dal suolo e sempre più su. La confusione, la pressione, il sangue al cervello, la rinascita. La sua mano sul mio fianco, le sue labbra gelide sulle mie e il piacere confuso, di vita e di amore.
Con i cuori vivi, io e Gabriel impariamo a conoscerci, ad amarci, a sentirci vicini, mentre il profumo di latte e miele si spegne, lento, poco lontano da noi.
 
Stava tentando di andarsene, dice Gabriel togliendo la camicia sporca di sangue.
È vero. Il mio biondino ha arrancato mezzo metro più in là di dove devo averlo lasciato cadere.
Avresti dovuto ucciderlo, non si gioca col cibo. È serio mentre lo dice, e resto confuso dalla sua natura. Ha così tanta pietà per i viventi da voler evitare loro troppa sofferenza, eppure li considera solo cibo. Il brillante e bel chirurgo è forse più simile a me di quanto potessi immaginare.
Mi volto, e vedo che il suo moro ha il collo spezzato. Giusto. L’ha finito per raggiungermi, mi è volato accanto e mi ha preso. Sono stato io la sua preda facile, non lui la mia.
Finisco di cambiarmi, lancio a lui i vestiti sporchi e mi alzo nell’aria buia.
Allontanati, dico. Mi accendo una sigaretta, un tiro. Due. La butto. Secche come sono le erbe intorno a questi capannoni, tutto prende fuoco quasi subito. Guardo la scena dall’alto e saranno le 3 del mattino; non ci vorrà molto prima che notino l’incendio.
Hai finito? chiedo. Gabriel infila i miei pantaloni nella borsa del mio biondo, la chiude. Sì.
 
 
Cosa vuol dire che se ne sono andati???
Maria mi guarda arrabbiata. Avete dato fuoco al capannone, Max? Ti è sembrata una mossa prudente?
MI HANNO LASCIATO QUI!! QUEI DUE BASTARDI MI HANNO MOLLATO DA SOLO QUI!
Urlo. Urlo e sono incazzato. Urlo sempre più forte, perché Maria non mi ascolta. Hanno suonato alla porta.
Andare ad aprire è più importante che aiutarmi! È COSÍ CHE MI SEI AMICA?? MARIA!
Perfetto! Da te non me lo sarei mai aspettato! la sento dire e sbono ancora a pochi centimetri dal soffitto, quando entra Gabriel.
Li hanno trovati, io me ne vado, non so tu. Sta parlando con me, ignorando gli sguardi malevoli di Maria. Sono venuto solo a darti questo consiglio.
E dove vai tu? chiedo scendendo; Maria che mi ringrazia, spaventata dai vicini.
Torno in Argentina, a Buenos Aires.
Vengo con te! O vieni tu con me! Meglio ancora… Sì, vieni con me a Matera! Ti piacerà! Non c’è posto migliore al mondo per gente come noi.
Il suo sguardo è evidentemente sorpreso, ma dura solo un paio di secondi, lasciando spazio alla stessa espressione pratica che aveva la sera prima.
Per me va bene, hai il tuo documento falso? Non posso prendere il mio privato se non so dove farlo atterrare.
Bene! È Maria ora ad urlare. Andatevene! Max, ti amo, ma sei un disastro! Non mettere più piede in casa mia! E tu! Mio caro Gabriel, sei tale e quale a lui: due stronzi, ecco cosa siete. Fuori di qui!
Mi butta la mia valigia addosso e mi spinge fuori di casa, fino alla porta. Quando sono fuori, si fa da parte e fa passare Gabriel, dietro di lei. Mentre chiude la porta, la vedo chiaramente ridere.
Ecco perché adoro Maria. È pazza almeno quanto lo sono io, e non sa tenermi il muso.
A che ora è l’aereo? chiedo.
Tra cinque ore, al Kennedy; ci arriviamo con l’autobus, abbiamo meno possibilità di essere riconosciuti o notati.
Prima devo passare da un amico, dico. Devo dire addio, capisci?
Non sembra dargli importanza, e a me va meglio così. Meno domande, meno risposte. Inutili.
 
Entro da solo; lascio Gabriel ad aspettare vicino all’ascensore, a qualche passo dall’entrata. Schiaccio il campanello con il gomito e pochi secondi dopo la voce sempre un po’ allarmata che ho tanto amato fino ad ora chiede chi sia. Mi apre e mi fa passare, rannicchiandosi, come sempre, in un angolo.
Fran, dobbiamo parlare.
Vedo lo stupore, ne assaporo la sensazione di impotenza, che mi dona potere, di rimbalzo.
Ho imparato a farlo nella maniera più indolore possibile, ma oggi le cose andranno diversamente. Non può essere normale, o giusto. La fine di un amore ha sempre conseguenze, e per questo ragazzino viziato e per i suoi occhi grigi e terrorizzati, quello che gli ho donato sarà il primo e ultimo. Non potrebbe dimenticare: la morte, la vita, il volo, la forza, le fughe, la storia. Troppe cose, per uno così.
 
Tiro fuori un fazzoletto di carta e abbasso la maniglia. Gabriel mi guarda preoccupato e un po’ sconcertato. Non credo abbia sentito lo sparo; questi appartamenti super-lusso sono a prova di suono.
Gli sorrido e mi lascio alle spalle, con un ultimo sguardo, la casa che mi ha ospitato troppe volte nell’ultimo mese, gli occhi che ho ammirato, la labbra che ho baciato, le mani che ho tante volte accarezzato e che ora stringono la morte.
Ho giocato bene le mie carte, non c’è dubbio. Nessuna impronta, sono certo. Ho fluttuato sul tappeto, come sempre mi chiedeva di fare, affascinato.
Il bacio che gli ho dato, prima che lo facesse, è stato molto utile, l’ha convinto.
Non importa più, è solo un altro dei miei bambini. E ora, ho un giocattolo tutto nuovo, che mi accompagna giù dalle scale, in volo, oltre la porta e alla fermata del bus.
 
In meno di 24 ore saremo a casa, nella mia masseria. Con i miei suoni, i miei spazi, e il mio Gabriel.
 
Sono felice che tu venga con me a Matera, dico. Ho paura di volare da solo, sai?


*ANGOLETTO RIFLESSIONI*
Questo breve racconto si basa su quanto narrato nel romanzo Strappami il Cuore di Chiara Palazzolo ed è fondato su miei semplici supposizioni e fantasie. Non pretendo in alcun modo di aver dato voce alle intenzioni dell'autrice.
Ho cercato di mantenere e replicare il suo stile di scrittura, che non coincide con il mio solito. Perdonatemi, pertanto, se vi sembra eccessivamente confuso ma se avete letto questa emozionante trilogia, saprete certo capirmi.
 
   
 
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