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Autore: Zola_Vi    08/04/2015    3 recensioni
“So perché hai paura di parlarmi. O guardarmi. O toccarmi.”
Aggrottò le sopracciglia, forse infastidita. 
“Il tuo cuore sa benissimo che torneresti da me, se solo tu lo facessi.” 
“Io ascolto la mia testa, Harry. Il mio cuore non c’é più, ormai.” 
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“Ti detesto.” 
Lui rise. 
“Davvero, Harry.” 
I suoi occhi brillavano di una luce strana, che ultimamente non aveva visto. 
Mi soffermai ad osservarli. 
Era da tempo che non lo facevo, che non lo guardavo attentamente. 
“Ti sei incantata?” 
Scrollai la testa, alzandogli ben in vista il mio dito medio sulla faccia, con un sorrisetto beffardo disegnato sul viso. 
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Corrugò la fronte e con passi impercettibili cercò di tornare indietro verso la porta, poiché io mi mossi verso di lei, intrepidamente e senza ripensamenti. 
Toccò la maniglia, ma non riuscì a girarla: avevo chiuso a chiave. 
Spalle contro il muro, alzò lo sguardo per guardarmi negli occhi. 
Il suo flebile respiro, adesso scostante, arrivò al mio petto. 
Mi avvicinai al suo orecchio, abbassandomi di qualche centimetro. 
“Devi fare solo ciò che ti dirò.” 
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Voleva la guerra? 
“E guerra sia.” pensai. 
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 4

 

“Ha più sentito Arya?” 

Niall aggrottò le sopracciglia, forse non sapendo cosa dire: se confessarmi la verità oppure no, pensando m’importasse ancora, in un qualche modo.

“Tu dovresti saperlo.” 

“Perché ti interessa?” 

“So che sembra assurdo, ma voglio che lui sia felice, nonostante tutto.” 

L’irlandese sorrise timidamente, abbassando lo sguardo. 

“Penso non ti capiremo mai, tutti noi. Sei così… strana, a volte.” 

“Non é la risposta alla mia domanda.” 

Mi fissò per qualche istante, toccandosi le mani nervosamente. 

Aggrottai le sopracciglia.

Perché ci metteva così tanto a sputare una così piccola verità?

“Non dovrebbe essere così difficile dire un ‘si’ o un ‘no’.” affermai severa.

“Si, si sono sentiti.. Per qualche tempo.” 

“E…?” 

Alla fine sbottò, alzandosi dalla sedia nervoso. 

“Chiedilo a lui cos’é è successo. Non spetta a me dirtelo.”

Sgranai gli occhi, sorpresa. 

Non c’era affatto bisogno di reagire in quel modo.

Il biondo s’allontanò da me, andando in cucina a prendere qualcosa da mettere sotto i denti. 

Mentre lo vidi allontanarsi da me, sorrisi compiaciuta. 

Era cambiato in nove mesi: evidentemente aveva fatto palestra, poiché la sua pancetta era completamente scomparsa. 

Tuttavia, non mi dimenticai della domanda che gli avevo posto. Rimanevo comunque curiosa. 

Mi alzai dal divano su cui ero comodamente seduta per uscire a fare una passeggiata fuori casa. 

Il tempo era perfetto: poche nuvole, un sole splendente ma non caldo, aria fresca. 

“Stai scappando?” sentii sghignazzare Louis. 

Alzai gli occhi al cielo, anche se divertita da quella richiesta. 

“Vieni a fare un giro con me?” 

Annuì. 

Prese la giacca posata sul tavolo e mi raggiunse sorridente. 

Stare con lui era piacevole, come sempre. 

Il suo spirito allegro mi rasserenava, facendomi dimenticare il mio stato perenne d’amarezza e solitudine. 

Anche in mezzo ad una folla, a volte, mi sentivo completamente abbandonata a me stessa. 

“Dove andiamo?” 

“Dalla mia vecchia scuola.” 

Era da un mese, ormai, che ero ad Holmes Chapel, ma poco avevo frequentato quei posti che mi ricordavano tempi passati: a parte la casa di Harry, che ormai era diventata il mio rifugio, proprio come per gli altri. 

Avevo venduto casa mia, a chi non lo so nemmeno.

Fatto sta che non vi potevo mettere più piede. Non che mi dispiacesse, in fondo. 

 

Era proprio come l’avevo lasciata quasi un anno fa. 

Quel vecchio edificio si reggeva malapena in piedi, tuttavia, rimaneva lì e continuava a svolgere il proprio lavoro. 

In quel momento vidi una classe, un gruppo di bambini, uscire dal portone: forse una seconda elementare. 

Sorrisi pensando che un tempo, probabilmente, io ero proprio così, come quei marmocchi strillanti. 

Una bambina catturò la mia attenzione.

Canticchiava, saltellando allegramente, tamburellando i propri piedi sul terreno a ritmo della musica. 

Mi ricordò me, un tempo. 

Forse era ricca di sogni, speranze, convinzioni. 

Un arcobaleno di emozioni le vorticavano in testa, allegra. 

Guardarla gioire era un po’ come se potessi farlo io stessa. 

Ad un certo punto, però, si fermò. 

Alzò lo sguardo e mi vide. 

Seria, studiò il mio corpo. 

Le feci un gesto con la mano, per salutarla dolcemente. 

Scappò via. 

Louis rise, divertito forse dalla scena. 

“L’hai spaventata.” 

Sbuffai, pensando di aver a che fare con un cretino. 

“O forse ha visto la tua faccia ed é stata traumatizzata.” 

Mi fece il verso e sorrise, non controbattendo. 

Poi, mise la sua mano sulla mia spalla, in segno di confidenza e tranquillità. 

Lo fulminai, spostando subito il mio corpo lontano dal suo. 

Se c’era una cosa che odiavo, ora come ora, era il contatto fisico non richiesto. 

“Scusa, non volevo infastidirti.” 

Sorpresa che potesse dire sul serio qualcosa di non sciocco lo guardai per qualche secondo in più del solito. 

“Che c’é?” 

“Niente, va.” 

Non parlai più da quel momento in poi, mi girai semplicemente intorno per vedere il paesaggio: i fiori, i prati, le villette con i giardini. 

 

“Mi aiuti a preparare la cena, Ploon?” 

Annuii, raggiungendo Liam con passo svelto. 

Posai la mia borsa sul divano del soggiorno, in testa a Zayn, che scherzosamente mi insultò, e andai a lavarmi le mani prima di sbucciare le patate. 

La porta del bagno era chiusa. 

Aspettai qualche minuto. 

Alla fine, bussai. 

“C’é qualcuno là dentro?” 

Sentii il rumore della chiavi girarsi nello stipite. 

Indietreggiai di qualche passo. 

 

Narra: Harry. 

 

Era Ploon. 

Di fronte a me, la ragazza bionda, guardava il mio volto attentamente, seria. 

Fu solo dopo molti istanti che passò lo sguardo sui miei addominali. 

Ne sembrò imbarazzarsi, come un tempo, ne compiacersi. 

Io, al contrario, ero sempre catturato dal suo bellissimo viso. 

Gli occhi color ghiaccio, sebbene meno dolci di quanto ricordassi, riuscivano inevitabilmente a catturarmi ogni volta. 

Indossava una gonna celeste, accompagnata da una camicetta bianca abbottonata fino al seno. 

I capelli, lunghi e più mossi del solito, erano raccolti in un semplice alto muccio, che la faceva sembrare ancor più pacata di quanto già non fosse. 

La treccia laterale che le pendeva costantemente sulla spalla tempo addietro, ormai era solo un lontano e tenero ricordo. 

“Ho solo bisogno di sciacquarmi questi.” disse indicandosi i palmi.

Mi misi di lato, osservandola, poiché più alto di lei, dall’alto verso il basso, passare dal corridoio alla stanza. 

Era così tranquilla, ormai. 

Delicatamente e silenziosamente, aprì il rubinetto e aspettò che l’acqua la bagnasse lentamente. 

Successivamente, con altrettanta calma strofinò l’asciugamano sul suo corpo, asciugandosi. 

“Fatto.” disse, semplicemente. 

Mi sorrise debolmente e cercò di uscire. 

Ma la fermai. 

Istintivamente, le bloccai la strada. 

Corrugò la fronte.

Cercai di non farle notare la mia agitazione, trattenendo il respiro, gonfiando il petto. 

“C’é qualche problema?” 

In effetti, era proprio quello il punto. La domanda esatta. 

Da quando era entrata in casa mia, il mese precedente, parlava con tutti, tranne che con me. 

Era come se mi evitasse. 

Volevo capire. 

Perché tanta ostilità nei miei confronti?

“Dovresti dirmelo tu.” 

Non mosse il capo di un solo millimetro, continuando a guardarmi dritto negli occhi, con estrema freddezza. 

“Ne abbiamo già parlato. Non abbiamo nulla da dirci.” 

Cercò di farmi capire di non voler essere rinchiusa e intrappolata: fece un passo avanti come per voler uscire dal bagno. 

Tuttavia, non mi spostai. 

Restammo in silenzio. 

Continuava a fissare il vuoto alla sua altezza, forse come per voler trapassare il mio corpo con lo sguardo e ammirare altro. 

“Se vuoi passare devi spostarmi tu.” 

Da quanto c’eravamo rivisti, non aveva osato minimamente toccarmi. 

A parte in ospedale mentre dormivo, che mi teneva per mano. 

Sapevo non l’avrebbe fatto neanche adesso. 

Sarebbe stata una scusa per studiarla più attentamente ancora per un po’. 

“So perché hai paura di parlarmi. O guardarmi. O toccarmi.”

Aggrottò le sopracciglia, forse infastidita. 

“Il tuo cuore sa benissimo che torneresti da me, se solo tu lo facessi.” 

“Io ascolto la mia testa, Harry. Il mio cuore non c’é più, ormai.” 

Ciao ragazze :3 
Come state? Spero sia tutto ok. 
Avete visto come sono brava? AHAH. Vi sto postando tutto velocemente! Ogni giorno c'é qualcosa per voi *0* 
Mi fa sentire in colpa farvi aspettare troppo. 
Alors, 
Come vi pare questo capitolo?
Ho voluto dar rilievo anche ai "rapporti d'amicizia" di Ploon <3 
Ho fatto bene? Parlare sempre di lei e Harry poi magari annoia :\ 
Ogni tanto bisogna variare un po'. 
E che dite? Per ora cosa preferite? Piccola Peste o Piccola Peste 2?
Spero di sentirvi presto :3 
Un bacione enorme a tutti, 
-Zola. 

 
   
 
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