EPILOGO
Avvolta
in un tubino nero, osservava la candida lapide bianca su cui capeggiavano i
kanji del nome del suo amato, nonché una piccola foto che lo ritraeva
sorridente e felice. Appoggiò il bocciolo di rosa rossa sulla tomba e mormorò
una frase augurandosi che la brezza la facesse volare fino al luogo in cui il
suo grande amore ora riposava, una frase che le provocò un turbinio di
sensazioni nel cuore…
«Lo
voglio…»
Si
immaginò vestita di bianco mentre accanto a lui viveva una favola interrotta
sul nascere, mentre circondata dagli affetti si legava per la vita a
quell’uomo che le aveva insegnato non solo ad amare, ma anche ad essere
felice. Quando si accorse di non essere sola ebbe un piccolo sussulto: dietro di
lei l’agente Yamamizu osservava la tomba del calciatore; in mano aveva un
bouquet di viole del pensiero.
«Pensavo
che questi fiori… avrebbero reso l’idea…» mormorò, e Sanae si accorse in
quel momento che per la poliziotta essere lì rappresentava un grande sforzo
emotivo.
«È
stata molto gentile a venire fin qui… Tsubasa lo avrebbe apprezzato…»
Sanae
scorse un tremolio del labbro inferiore della donna, che continuava a fissare la
lapide con uno sguardo perso. Si vedeva che soffriva terribilmente, ma anche che
cercava di non cedere sotto il peso delle emozioni.
«Da
quanto tempo…?»
Quella
domanda riscosse Aya, che alzò lo sguardo verso la giovane, non intuendo subito
dove volesse andare a parare.
«Ah,
capisco- disse poi, quando capì –si sta chiedendo quanto dura la
sofferenza… credo di non essere un buon elemento di paragone, non sono mai
stata brava a superare il dolore…»
«Ognuno
di noi reagisce a proprio modo… anche se è difficile continuare la vita di
tutti i giorni senza avere accanto la persona che si ama…»
«Ha
intenzione di tornare a Barcellona, Sanae?» le domandò Aya, incamminandosi
verso l’uscita seguita dalla ragazza.
«Sì,
ma solo insieme a Natsuko, la madre di Tsubasa: svuoteremo l’appartamento in
cui abitavamo e…» un groppo in gola le impedì di continuare.
«Io
non ci sono mai tornata, nell’appartamento: è stata Mikiru… l’agente
Hakitawa… a svuotarlo. Lei e Katsuo hanno portato via tutto, dividendo le mie
cose da quelle di Keisuke.»
«Non
vivrò nemmeno qui a Nankatsu, credo che mi trasferirò a Tokyo e inizierò
cercandomi un lavoro: conosco lo spagnolo e l’inglese, non dovrebbe essere
difficile trovare un buon posto.»
«Glielo
auguro, Sanae, Lei se lo merita, soprattutto dopo tutto quello che Le abbiamo
fatto passare.»
«Voi
facevate solo il vostro lavoro… a proposito, come procede?»
«Mademoiselle El
Cid ha confessato la sua complicità dopo che l’Interpol europea ci ha
comunicato la provenienza della pistola: si tratta di un’arma che è stata
rubata in Francia, a Marsiglia, e da lì sono riusciti a risalire, grazie ad una
fitta rete di informatori, fino al trafficante che l’ha rivenduta a Mademoiselle El
Cid a Montmartre, circa due mesi fa. La pistola è stata accuratamente smontata
e i vari pezzi sono stati inviati a diverse caselle postali a Sugimoto-san,
naturalmente usando mittenti fittizi. Una volta arrivati, i vari pezzi sono
stati riassemblati. Sugimoto-san ha organizzato il tutto, quindi si tratta di
omicidio premeditato, con l’aggravante che ha cercato volontariamente di far
ricadere la colpa su di Lei…»
«Ancora
non posso credere che Kumi abbia fatto tutto questo, e Rosemary! Sembrava così
felice il giorno del matrimonio! E Naoko? È nei guai?»
«Faremo
in modo che i giudici capiscano la sua fragilità e la sua paura…»
«È
una brava ragazza, l’hanno plagiata e raggirata! Se avesse saputo cos’aveva
in mente Kumi, non l’avrebbe mai aiutata!»
«Ne
sono certa, è per questo motivo che la stiamo aiutando a uscirne pulita.»
Arrivate
all’ingresso del cimitero, Sanae alzò lo sguardo e sorrise notando le due
persone che la stavano aspettando. I suoi due angeli custodi l’avevano
lasciata da sola a dare l’estremo saluto a Tsubasa, ma non l’avevano
abbandonata: avevano rispettato il suo bisogno di solitudine vegliando però su
di lei. Si avvicinò a Genzo e Taro e sorrise, mentre alcune lacrime le rigavano
le pallide gote che parevano segnate da solchi di dolore: il portiere le carezzò
delicatamente una guancia mentre il centrocampista le circondava le spalle con
un braccio. Aya, rimasta indietro, osservò la scena provando una tenerezza
infinita; si incamminò lentamente e mentre percorreva i pochi metri che la
separavano dal terzetto si voltò verso sinistra come richiamata da una
sensazione. Sotto un salice, con la mano appoggiata al lato destro del tronco e
un pallone fermo sotto al piede, c’era Tsubasa che le sorrideva e che fece un
piccolo cenno con la testa quasi a volerla ringraziare per aver fatto trionfare
la verità, mentre sul lato sinistro Keisuke, con le braccia incrociate, la
osservava con aria compiaciuta e innamorata; Aya sentiva come se stesse
camminando al rallentatore, con i battiti del cuore quasi impercettibili e i
rumori della città ovattati.
«Agente
Yamamizu, viene a bere un caffè con noi?»
Quella
frase spezzò l’incantesimo: si voltò verso il suo interlocutore e si accorse
che aveva ripreso pieno controllo del suo corpo, i battiti nuovamente udibili, i
rumori del traffico di nuovo prepotenti attorno al luogo del riposo eterno.
Spostò immediatamente lo sguardo al salice alla sua sinistra, dove ora la
brezza ne muoveva le fronde. Il ricordo del volto sorridente del suo Keisuke, la
memoria del suo amore e dei loro momenti felici l’avrebbero accompagnata per
sempre, ma era giunto il momento di lasciare i ricordi al passato, vivere il
presente e crearsi un nuovo futuro. Riempiendo i polmoni di aria e di
consapevolezza indirizzò la sua attenzione a Misaki che, a pochi passi da lei,
attendeva una risposta alla proposta di qualche secondo prima.
«Volentieri…
molto volentieri…»
Coprì
la distanza che la separava dai tre ragazzi e sorrise sentendosi finalmente
ripulita dalle oppressioni e dal senso di colpa. Si incamminarono verso il caffè
più vicino mentre dietro di loro, all’imbocco del viale del cimitero, Tsubasa
e Keisuke percorrevano la loro strada verso l’eternità.
Fine
I personaggi di Captain Tsubasa sono © di Yoichi Takahashi e della Shueisha
Inc., Tokyo, e sono qui usati senza scopo di lucro.
I
personaggi originali sono © dell’autrice.
I
riferimenti a fatti e persone realmente esistenti è da considerarsi puramente
casuale.
Ferma restando la buona fede, l’autrice non esclude analogie con le principali
serie poliziesche: il susseguirsi nel corso degli anni delle suddette serie e il
mescolarsi delle trame rendono impossibile qualsiasi credits specifico; tuttavia
è doveroso citarle per rendere possibile una loro identificazione nel caso in
cui vengano notate somiglianze di qualsiasi tipo:
CSI - Scena del crimine; CSI Miami; CSI New York; Cold Case; Il Commissario
Quandt; Il Commissario Rex; Un Detective in Corsia; Law&Order; Law&Order
CI; Law&Order SVU; NCIS; RIS - Delitti imperfetti; RIS 2; RIS 3; Senza
traccia; La Signora in Giallo.
E' arrivato il giorno tanto atteso della conclusione...
un finale corto, ma credo denso del significato più profondo di questa storia
che devo ammettere mi dispiace dover terminare...
Vorrei ringraziare di cuore tutti coloro che hanno letto la mia storia, sono
davvero contenta che abbiate deciso di seguirla, e soprattutto vorrei
ringraziare chi si è fermato a lasciare una recensione, vale a dire OnlyHope,
Melanto, Solarial, Silen, Saretta 1381, Picciottina75, eos75, berlinene,
Himechan e tsubasasanae80... davvero il vostro sostegno mi è stato prezioso,
grazie per avermi lasciato delle piccole perle...
Vorrei dare un abbraccio speciale a Elisabetta e Valentina, perché sono due
persone speciali che ho avuto la fortuna di incontrare grazie a EFP due anni fa
e che ora considero veramente importanti per me... vorrei esprimere tutta la
stima e l'affetto che provo per loro ma non sempre è facile, neanche per chi,
come me, adora scrivere (rasento la grafomania XD).
Sappiate che tornerò, nella mia mente vortica un nuovo giallo: vedrà mai la
luce???
Bacioni, Sakura chan