Non
so se nel mondo di Naruto si festeggi davvero il Natale.
Però…insomma, perdonate la licenza poetica!
Buona
lettura.
suni
Firmamento
21 dicembre, nove anni
La
bambina stringe il pacchettino tra dita, sudate per l’ansia, tenendolo
nascosto tra le ginocchia, sotto il banco. Se lo rigira tra le mani e lo
stritola quasi, nemmeno le avesse fatto qualche cosa di male. La carta
colorata, già di per sé sgualcita e mal impacchettata – ha
confezionato da sola il regalo – si sta stropicciando ancora di
più intorno al suo prezioso contenuto: un piccolo kunai
di cui ha decorato lei stessa l’impugnatura con smalti colorati, blu e
azzurri.
I
suoi occhi verdi continuano a correre automaticamente verso i primi banchi,
verso una testa bruna china sopra il foglio su cui una mano chiara scrive
alacremente. Poi si spostano ansiosi sull’orologio a muro, contando
spasmodicamente i minuti che la separano dal termine della lezione. Ha
già preparato il suo zainetto per uscire, lasciando fuori soltanto
più la penna e un quadernetto, perché lui è sempre il
più veloce ad andarsene e lei non vuole rischiare di vederselo scappare
davanti.
Scatta
in piedi come una molla non appena il sensei Iruka
dà alla classe il permesso di uscire, serrando ancor più
spasmodicamente il suo pacchetto malamente infiocchettato, si getta oltre il
banco e saltella verso la porta, correndo fuori. Lì, con le gambe
tremanti, si appiattisce meccanicamente i capelli sulla fronte troppo grande ed
aspetta, faticando a respirare.
Lui
esce proprio per primo, come previsto. Ha la solita espressione seria e il
passo rapido, cammina a testa alta senza badare a nessuno, tantomeno alla
compagna di classe impalata nel corridoio.
“Sas’ke-kun,” mormora lei, con la voce acuta che trema
leggermente.
Il
bambino rallenta appena il passo, guardandola con aperto fastidio.
“Cosa
vuoi?” chiede annoiato, infilando le mani in tasca.
Lei
arrossisce immediatamente, china la testa in avanti per nascondergli il viso e
contemporaneamente allunga le mani, porgendogli il regalo.
“Buon…Natale,
Sas’ke-kun,” mormora vergognosa.
Non
osa sollevare lo sguardo su di lui, ma dopo qualche secondo in cui non succede
nulla – il pacchetto non le è stato tolto di mano, lui non ha detto
nulla – azzarda timidamente un’occhiata indagante.
Sasuke
ha le labbra arricciate, un’espressione di bizzosa irritazione e uno
sguardo altero, quasi malevolo.
“Non
me ne faccio niente dei tuoi auguri di Natale. Lasciami in pace,” dice a
quel punto, brusco e aggressivo. Poi si volta e riprende a camminare, senza
degnarla di ulteriore considerazione.
Sakura
rimane a guardarlo allontanarsi, mentre gli occhi le si velano di lacrime e il
pacchetto le cade a terra, coprendo con un tonfo il suono di un singhiozzo
soffocato.
22 dicembre, dieci anni
“Spostati,
c’ero prima io!”
“Scordatelo,
fronte spaziosa! Chi tardi arriva male alloggia!”
“Guarda
che sei tu che sei arrivata dopo, Ino-pig! Levati di
torno!”
Il
battibecco attira l’attenzione di svariati compagni, alcuni che sorridono
rassegnati, altri che gettano al banco accanto al quale le ragazzine stanno
bisticciando sguardi d’invidia, altri, come Shikamaru, apertamente
annoiati dal solito spettacolo.
Le
due studentesse si spintonano con decisione, scrutandosi in cagnesco. A mezzo
metro da loro lui finisce lentamente di preparare lo zaino, con le labbra
serrate e le palpebre leggermente calate sugli occhi, che tradiscono il suo
profondo malumore per quel baccano a lui dovuto.
“Darò
prima io a Sas’ke-kun il mio regalo, quindi
mettiti in fila!”
“Tanto
il tuo regalo gli fa schifo, è meglio se lasci perdere. Stattene qui e
guarda me.”
“Ino-pig!”
“Fronte
spaziosa!”
Ringhiano,
furenti.
Il
ragazzino sospira rumorosamente, truce.
“Sas’ke-kun,” cinguetta Sakura, mentre Ino
trilla “Sas’ke-kun.”
Lui
solleva su entrambe uno sguardo vagamente omicida, che le raggela
all’istante.
“Mi
state bloccando il passaggio,” osserva, freddo e ostile.
Sakura
è la prima a farsi da parte, automaticamente. Lo fa senza intenzione di
arrendersi, vuole solo che lui non sia più rabbuiato del solito per
causa sua. Quest’anno gli ha fatto delle belle ginocchiere imbottite,
nere. Le ha cucite lei, quasi da sola, e spera tanto di strappargli un sorriso.
“Sas’ke-kun,” ripete Ino con
slancio, sorridendo nel porgere un bel pacco voluminoso. “Ti ho portato
un regalo per Natale. Spero ti vada bene, dovrebbe essere della tua
misura,” annuncia, approfittando del fatto che la rivale si sia spostata
per catturare interamente l’attenzione del ragazzino. Sakura si morde le
labbra, avvilita: è arrivata seconda, come in ogni cosa.
“Non
lo voglio,” afferma glaciale l’interessato, facendosi largo senza
tante cerimonie e spingendo di lato una Ino allibita.
Si ferma all’altezza di Sakura senza voltarsi a guardarla e lei rimane
immobile, speranzosa, finché uno slancio di risoluzione
l’attraversa.
“Buon
N…” esala, facendo per consegnare il suo regalo.
“Non
voglio nemmeno il tuo,” ringhia lui, arrogante. “Siete
insopportabili.”
Sakura
sussulta, ferita. Sposta lo sguardo sui propri piedi sentendo i passi di Sasuke
che si allontanano leggeri, con le palpebre che le pizzicano, il mento che
trema. Stringe i denti, per non piangere di nuovo. Una lacrima le sfugge
comunque.
Un
altro regalo che nessuno aprirà mai.
23 dicembre, dodici anni
Cammina
con le mani dietro la schiena, reggendo il pacco colorato di modo che da
davanti non lo si veda, anche se è un po’ troppo grosso. La
giornata è fresca ma c’è un sole chiaro e tiepido che
riscalda, nonostante il venticello che soffia lungo la strada.
Il
sole è ancora abbastanza basso, ma vuole essere sicura di arrivare
all’appuntamento col team prima di Naruto e del sensei. Così
potrà dare il regalo a Sasuke, sperando che questa volta lo apra: non
può semplicemente rifiutarlo e andarsene, perché sono compagni di
squadra e trascorreranno la giornata insieme.
Percorre
gli ultimi metri lungo lo steccato che costeggia i prati allungando il collo
per vederlo, e sorride istintivamente quando lo individua: accovacciato sul
tronco alla base di un albero, con le mani allacciate sotto il mento e lo
sguardo chino, ombreggiato dalle ali di capelli neri, c’è proprio
Sasuke, ed è ancora da solo.
Trotterella
in quella direzione, ansiosa di effettuare la sua piccola consegna:
quest’anno si è lanciata, ha fatto le cose in grande. Ha tessuto
una bella bisaccia da viaggio, comoda e capiente, di stoffa scura e ricamata
con lo stemma del clan Uchiha. Ha anche aggiunto taschine e laccetti per i kunai e una bella custodia per i rotoli.
“Sas’ke-kun!” esclama carezzevole, raggiungendolo.
Lui
solleva lo sguardo senza il minimo entusiasmo, sbuffa annoiato e le fa un cenno
rigido con il capo a mo’ di saluto. Lei c’è abituata e non
si scoraggia, sorride allegramente con timida, istintiva femminilità.
“Hai
dormito bene?” chiede gentilmente, dondolando leggermente sulle gambe.
Lui
distende appena la fronte, con superiore condiscendenza.
“Cambia
qualcosa se rispondo di no?” ribatte, distaccato.
Sakura
sposta lo sguardo, a disagio. Tuttavia si impone di non lasciarsi intimidire da
quella distanza e scrolla le spalle, chinandosi per essere alla sua stessa
altezza.
“Certo,
perché mi dispiacerebbe,” illustra accorata. “Comunque,
tieni: buon Natale.”
Non
abbassa lo sguardo, sebbene la vergogna la faccia avvampare, ma lo mantiene
fisso sul viso impassibile di lui, seguendo gli occhi neri che si spostano
lentamente sulle sue mani tese e poi tornano al volto, avversi.
“Perché
continui a farmi regali? Non li gradisco,” sbotta lui, ritroso.
Le
mani le tremano, di nuovo. inghiotte saliva e delusione ed esercita uno sforzo
immenso su se stessa per non cessare di sorridere, anche se sa che i suoi
lineamenti si sono tesi in qualcosa che sembra più una smorfia.
“P-perché…sì,” mormora avvilita,
usando un tono che spera disperatamente essere ancora leggero.
Sasuke
sospira annoiato, voltando il viso con composta esasperazione.
“Sei
insopportabile, Sakura.”
Lei
serra le labbra, abbassa la testa in un iter tristemente noto e si solleva
dalla posizione inginocchiata, sentendosi impallidire. Vorrebbe sparire,
correre via, nascondersi e scoppiare in lacrime, invece rimane lì in
piedi, umiliata, finché un ultimo afflato di determinazione la spinge a
posargli il pacco accanto con una scrollata di spalle, prima di torcersi le
mani scioccamente.
“Auguri
in ogni caso,” afferma dolcemente.
Non
importa che la respinga come se fosse una stupida, invaghita soltanto del
più bello della scuola. Lei gli rimarrà comunque accanto,
finché non capirà che i suoi sentimenti sono molto più
profondi di così. Lei gli farà del bene anche se lui non vuole,
perché sa che ne ha bisogno e perché tanto non può farne a
meno. È un sentimento più forte di lei.
Sasuke
solleva un nuovo sguardo distante sulla ragazzina, scuote impercettibilmente la
testa. Con esibita riluttanza, lentamente, allunga una mano nervosa con un
gesto che tradisce l’imbarazzo e la posa sulla carta colorata, mentre
Sakura trattiene il fiato colma di speranza.
Lui
storce il naso, impettito, e solleva il pacchetto da terra. Sakura vorrebbe
urlare di gioia, ma qualcuno la precede.
“Sakura-chaaaaan! Buon Natale! Teme!”
Il
pacchetto cade dalle mani di Sasuke come se ustionasse, mentre Naruto galoppa
verso di loro raggiante, scapicollandosi sulla stradina e rischiando due cadute
in pochi metri. Sakura lo guarda irritata, maledicendolo mentalmente per avere
interrotto quel momento catartico.
“Razza
di scemo!” sbotta delusa. “Smettila di urlare! E poi Natale
è fra due giorni,” precisa stizzita, incrociando minacciosamente
le braccia.
“Sakura
ti ha fatto un regalo, dobe,” interviene Sasuke
con indifferenza. Quando lei, agghiacciata, si volta di nuovo a guardarlo, lui
sta indicando a Naruto il pacco con un cenno del capo.
“Davvero?”
esclama il ragazzino biondo, radioso. “Grazie, Sakura-chan!
Io…Io…Dattebayo!” esulta, lanciandosi
su esso. Lei trattiene le lacrime, ancora un volta, stringendo i pugni e
bloccando nello stomaco lo scoppio dei sussulti.
Naruto
sta già stracciando la confezione, blatera ringraziamenti e commenti
insensati. Quando la bisaccia compare, con lo stemma in bella mostra, si
zittisce di scatto.
“Ma…”
borbotta, avvilito. “Questa non è per me. Mi sa che hai capito
male, teme.”
“No,
non è per te,” conferma Sakura sottovoce, con la gola chiusa.
Naruto
sorride, cerca di nascondere il dispiacere come può e allunga la
bisaccia a Sasuke, fingendo noncuranza.
“Tieni.
Chi è l’idiota, eh?” sogghigna, tenace.
Sasuke
sta guardando la borsa con raccolto stupore, sposta su Naruto occhi che per un
istante infinitesimale sembrano quasi colpevoli, forse perché non
pensava che il regalo fosse così personalizzato. Poi porta bruscamente
la mano avanti e glielo strappa di mano, burbero.
“Mi
sarò confuso,” biascica nervosamente. Osserva per qualche secondo
la bisaccia in silenzio, ne liscia la superficie.
“Non
è rotondo,” commenta, osservando l’effigie di famiglia.
“E’
ricamato a mano. Ho…fatto meglio che potevo,” replica Sakura,
sconfortata.
“Va
bene lo stesso,” sussurra Sasuke, torcendo il collo per celare il viso.
Naruto
ridacchia, forse per alleggerire l’atmosfera.
“Sarai
mica arrossito, eh?” sbeffeggia, ilare.
Sakura
sorride tra sé.
Naruto.
un amico.
24 dicembre, quindici anni.
La
sera di Konoha è luminosa, la luna piena irradia una luce bianca sui
tetti e sul selciato deserto. Sakura avanza rapida, stringendosi meccanicamente
nel vestito. Oltrepassa la divisione del quartiere disabitato degli Uchiha e si
dirige verso la casa più grande della zona; ha lo sguardo basso, il viso
assorto e profondamente triste.
Si
ferma nervosamente davanti al portico della dimora, appoggia sull’alto
davanzale il suo pacchetto lungo e sottile. È un fodero in cuoio che ha
inciso lei stessa per abbellirlo – perché Sasuke adesso porta una
katana.
Abbassa
la testa, i capelli rosa tenue le accarezzano le guance e la fronte scivolando
in avanti e ondeggiando al ritmo dei suoi silenziosi singhiozzi. Dopo un paio
di minuti s’interrompe, asciuga rabbiosamente il viso e sorride alla
finestra chiusa.
“Buon
Natale,” sussurra, con voce rotta.
Si
volta indietro e ritorna sui propri passi, le mani strette in grembo, la testa
incassata.
Alle
sue spalle soltanto il silenzio.
24 dicembre, diciassette anni.
La
porta si apre silenziosamente e Sakura sorride prontamente, inclinando
leggermente la testa.
“Ciao,”
inizia, allegra.
Lui
la guarda muto, quasi sospettoso. Aggrotta la fronte e getta intorno
un’occhiata circospetta, come aspettandosi che ci sia lì qualche
curioso pronto ad additare il nukekin redento. Ma
c’è soltanto lei, ferma e composta davanti alla soglia, sorridente
e nervosa.
“Che
c’è?” chiede spiccio.
Sakura
continua a sorridere, cercando di non perdere il contatto visivo. Da
quand’è tornato, Sasuke è più schivo e sfuggente che
mai. Lei ritiene che sia normale – non si è ancora abituato ad
essere di nuovo lì – e cerca di far finta di non rendersene conto,
con tatto. Lo vuole solo aiutare, anche se forse dentro di sé non
saprà mai smettere di sperare.
“Domani
è Natale,” annuncia contenta.
Sasuke
solleva un sopracciglio, condiscendente.
“Quindi?”
Lei
scrolla la testa, i capelli le scorrono delicatamente sul collo lungo.
“Io,
Naruto e Kakashi festeggeremo insieme, nel pomeriggio. Vuoi venire con
noi?” propone con premura.
Sasuke
s’incupisce, serra le labbra con sprezzo.
“E’
una specie di perdono generale? Guarda,
siamo tanto migliori di te, non portiamo rancore,” scimmiotta,
aggressivo. “No, grazie,” conclude gelido.
Sakura
allunga automaticamente il braccio per bloccare la porta nel momento stesso in
cui lui fa per chiuderla. L’ulteriore sforzo caparbio che Sasuke compie
nonostante la sua resistenza è inutile, perché Sakura ha nelle
braccia la stessa forza sovrumana di Tsunade e l’uscio rimane aperto
sotto la sua spinta. La ragazza scuote la testa con decisione, ormai le pose di
lui non la intimidiscono più per davvero. Il tempo è passato e ha
cambiato le cose.
“No.
È solo che siamo ancora un team. Ma non sei costretto a venire. Noi ci
troveremo alle quattro dalla lapide: se ci sarai saremo contenti, altrimenti lo
saremo lo stesso,” annuncia, ferma seppure ancora mite.
Sasuke
la osserva incerto, senza sbilanciarsi. Lei sostiene il suo sguardo, calma,
limpida. Poi lui inclina leggermente la testa, espira lungamente.
“Prendo
atto,” commenta, criptico.
Sakura
annuisce, facendo per voltarsi e salutare: vorrebbe dire ancora qualcosa, una
cosa qualunque, ma non c’è nulla da aggiungere e
l’insistenza con lui non funziona.
“Allora
c…”
“Niente
regalo, quest’anno?”
La
voce di lui è sarcastica, con controllato scherno. Sakura si stringe
nelle spalle, allargando un poco le braccia.
“Avevo
finito le idee,” risponde semplicemente.
Sasuke
annuisce, con un’ombra di sorriso che pure non sembra convincente.
“Era
ora,” commenta, sollevato.
Sakura
sorride di rimando, fa un passo indietro. All’ultimo tenta il tranello.
“A
domani,” saluta noncurante, sventolando la mano.
“A
do…” inizia automaticamente lui, appoggiato all’uscio.
S’interrompe, le lancia uno sguardo penetrante e quasi complice,
cogliendo la trappola. “…Mani,” conclude, affrettandosi a
mettere la porta tra lei e il proprio imbarazzo.
Sakura
ridacchia silenziosamente, incamminandosi di lena.
24 dicembre, diciotto anni.
Piove.
L’acqua scende impetuosa, rimbalza sulla strada infangata in goccioline
che si frantumano al contatto col suolo, schizzando intorno. Sakura corre,
riparandosi come può nella maglietta leggera. Occhieggia la strada quasi
vuota, in cui qualche altro passante fradicio si affretta come lei, e individua
la tenda di Ichiraki, chiuso per il weekend
natalizio. Si dirige rapida in quella direzione per cercare riparo, si slancia
oltre la coltre di stoffa e prima ancora di aver visto nulla si sente
precipitare addosso stoffa calda, asciutta.
“Sakura.”
La
giacca è soffice, tiepida. Ha un profumo buono, sottile e mascolino, che
le inonda piacevolmente le narici mentre, sorpresa, sorride all’indirizzo
di Sasuke. Lui è rimasto in maniche di camicia, con la sua espressione
di sufficienza da vero duro. Se anche stesse congelando, realizza lei, non lo
ammetterà mai.
Peggio
per lui.
“Non
mi dire che ti sei fatto fermare da una banale pioggia,” commenta
goffamente, guardandolo con cautela.
I
mesi sono passati e, insieme al villaggio, si è ricostruito anche
qualcos’altro. Come Konoha è rinata dalle sue macerie, più
forte e solare che mai, anche il team sette ha ripreso ad esistere e i suoi
legami a fiorire. Naruto non la attanaglia più con la sua passione a
senso unico, preferendo indirizzarsi a un buffo corteggiamento di Hinata, e la sua amicizia col jinchuuriki si è fatta
salda e senza più ombre. Naruto e Sasuke sono tornati a litigare a ritmo
continuo per qualunque scempiaggine, con gran dispendio di sorrisi bonari e
sospiri rassegnati di Kakashi, e si mazzolano regolarmente nei loro massacranti
allenamenti – organizzati all’unico scopo, sospetta lei, di darsele
di santa ragione. Mangiano cena insieme tutti i giovedì, fingendo di
detestare quella consuetudine che li vede riunirsi in qualità di duetto
di migliori amici, e che aspettano in realtà per i restanti sei giorni.
Per
quanto riguarda lei e lui, invece, Sakura ha notato i cambiamenti poco a poco col
passare del tempo: non vuole farsi illusioni, anche se ogni tanto le sfugge, e
sa che la cortesia di Sasuke probabilmente è del tutto disinteressata e
dovuta alle pressioni degli altri due uomini del team, ma la lusinga
ugualmente.
Lui
la ascolta, quando gli parla. Non ha più quella faccia appesa che
sfoderava una volta non appena lei si avvicinava, anche se rimane sempre
moderatamente distaccato, non le dice più che è insopportabile e
lei non è più tremendamente a disagio ogni volta che lo vede ma
anzi, qualche volta si allenano insieme perché Sakura ha una forza
fisica impressionante. Lui la prende in giro – esita sempre a colpirlo e
i suoi pugni sono quasi carezze, è una cosa più forte di lei
– ma senza particolare malignità, stringendole le mani intorno ai
polsi e torcendoli finché lei non gli crolla ai piedi, attento a non
farle troppo male.
La
guarda spesso, lui che una volta non si accorgeva della sua esistenza. Una volta,
girandosi di scatto dopo aver raccolto un kunai, lo
ha sorpreso a osservarle il sedere – Sasuke si è immediatamente voltato
sussultando verso Kakashi, facendo quasi un giro su se stesso – e un
pomeriggio, mentre gli stava seduta davanti leggendo un libro prestatole da
Sai, ha notato con la coda dell’occhio il suo sguardo ritornare con una
certa insistenza sull’incavo tra i suoi seni.
Anche
se le è difficilissimo, non vuole interpretare quei gesti come qualcosa
che non sono: Sasuke ha diciotto anni e lei è l’unica ragazza che
faccia parte in qualche modo della sua vita; certi impulsi naturali non sottintendono
minimamente sentimenti di altra natura.
Anche
se spesso la fantasia galoppa e il suo animo di sognatrice non si sopirà
mai del tutto.
“No,”
risponde intanto lui, sostenuto. “Non mi importa di bagnarmi.”
Sakura
storce le labbra, scherzosa.
“Allora
cosa ci fai qui?”
Sasuke
distoglie lo sguardo, indispettito. S’è fatto attraente in quella
maniera definita e strabiliante di un uomo formato, nonostante certe sue
smorfie infantili e l’atteggiamento immaturo.
“Mpf. È quello, che non si deve bagnare,” borbotta
impacciato.
Sakura
segue la direzione mostrata bruscamente dalla sua mano, scoprendo un grosso
pacco natalizio cui non aveva badato, abbandonato contro la parete del chiosco.
Sgrana gli occhi, sorpresa, allungandosi a guardarlo.
“Un
regalo?” commenta stupita, con una fitta d’invidia per il
destinatario, sperando vivamente che non sia una ragazza. “Tu?
Com’è possibile?”
Sasuke
sbuffa accigliato, incrociando le braccia.
“Guarda
che non sono un alieno,” commenta asciutto.
Sakura
annuisce tra sé, avviluppandosi meglio nella giacca di lui. Si morde le
labbra, poi non può trattenersi.
“Per
chi è?” chiede, con intensa curiosità.
“Fatti
gli affari tuoi, impicciona,” replica lui seccamente.
Sakura
si corruccia, compone il viso in avvilito dispiacere. Tormenta le dita delle
mani lungo un fianco, poi sorride candida.
“Se
non me lo dici, lo apro,” annuncia, temeraria più di quanto senta
di essere.
“Provaci,”
la fulmina Sasuke, truce.
Lei
scatta prima ancora che lui abbia tempo di capire che fa sul serio: si getta
sul pacco e lo afferra, schivando un primo tentativo del ragazzo di
sottrarglielo.
“Sakura!”
esclama Sasuke irritato, agguantando un suo braccio. Lei si divincola, ridendo
senza rendersene conto, gli sguscia via e poi è catturata di nuovo.
“Non
mi puoi fermare per sempre!” esclama irriverente, quando lui riesce ad
afferrarle entrambi gli avambracci. “C’è qualcosa che
tintinna, dentro. Cos’è, un lampadario? Oppure…”
“Smettila!”
intima lui, minaccioso. “Ti rovini la sorpresa!” aggiunge di
slancio, bloccando un nuovo tentativo di fuga.
Si
pietrificano entrambi – lei sbigottita, lui vergognoso per quella frase
sfuggita alla sua lingua – e Sakura prende un lungo respiro, sbatte gli
occhi intorpidita.
“E’…per
me?” boccheggia, quasi squittendo.
Sasuke
arriccia il naso, sbuffa contrariato e la dà le spalle, lasciando la
presa.
“Forse,”
borbotta controvoglia.
Lei
non respira più. Stringe le dita sul pacchetto come se temesse che le
scappasse, deglutisce a fatica e ascolta il cuore infuriare nel proprio petto,
tremando di gioia inattesa. Scuote la testa delicatamente, cercando di non
perdere il contatto con la realtà.
Sasuke
le volta ancora la schiena, rigido e silenzioso. Lei fa un passo avanti,
faticoso, stremante, e poi un altro. Le gambe le sembrano pesare tonnellate.
“Per
me? Perché?” soffia, con quella vecchia speranza che urla in gola.
Sasuke
inspira rumorosamente, piega indietro la testa per guardare verso l’alto,
come se studiasse la pioggia.
“Che
razza di domanda,” commenta bellicoso. “Perché si fanno i
regali? Tu perché li facevi a me?” chiede a sua volta, stizzito.
Il
regalo quasi le cade di mano. Prudentemente Sakura lo poggia in terra, chiude
gli occhi, prende un lungo respiro e allunga dita tremanti a slacciare il nodo
del fiocco, poi a staccare accuratamente la carta.
È
una campana del vento di minerali colorati, tenui e scolpiti in pendagli a
forma di fiori di ciliegio intarsiati in una filigrana argentata, che
tintinnano melodiosi. Sakura fa scorrere delicatamente la mano sulla loro massa,
emettendo un sospiro quasi spaventato.
“Bello,”
sussurra, ammaliata. Solleva lo sguardo: lui si è voltato e la sta
guardando. Forse non se ne accorge – di sicuro – ma il suo viso
tradisce la trepidazione e poi il sollievo per quel commento semplice, genuino.
“Non
è niente di che,” bofonchia Sasuke, distogliendo lo sguardo.
Sakura
lo guarda – la fronte corrugata, le labbra imbronciate, gli zigomi
leggermente rosati dall’imbarazzo, il naso all’aria – e la
bolla le esplode dentro mentre fa scivolare via le mani dalle pietre trasparenti
e, istintivamente, senza pensare a niente eppure con ogni cosa chiara in mente
e terribilmente bella, e terrificante, le allunga sui fianchi di lui.
“Grazie,”
balbetta, rossa come un papavero, socchiudendo gli occhi per posargli un
lievissimo bacio sulla guancia, nella speranza che Sasuke non reagisca a
spintoni.
Non
lo fa, resta solo immobile e rigido come una statua, quasi fosse inanimato.
Per
quattro secondi.
Poi
di scatto, come preso da un raptus improvviso e con comica urgenza, sporge il
viso in avanti mentre lei fa per ritrarsi, poggiando le proprie labbra sulle
sue. Sakura trattiene il fiato e sgrana gli occhi, finché una mano
inaspettatamente cauta ed esitante si appoggia incerta sulla sua schiena,
attirandola avanti. Allora serra le palpebre e si lascia andare a quel bacio,
butta le braccia a circondare il collo di Sasuke, strette, cede sulle gambe e
gli si abbandona contro. Ha un singhiozzo incontrollato di gioia quando sente
le braccia di lui allacciarle la vita, sollevandola leggermente da terra senza
che quel bacio un po’ impacciato, quasi timido si interrompa né le
loro labbra smettano di cercarsi. Sakura finalmente respira Sasuke e, anche se
sta ancora piovendo, sotto quella tenda zuppa c’è un intero firmamento
di stelle che risplendono, come in una notte serena di piena estate.
The End…?
__________________________________________
Jingle bells, jingle beeells, jingle all the waaay…
Buon
Natale, popolo di EFP!
Poi
non dite che non sono buona e bella e magnificente. Ho deciso che
nonostante i miei propositi non potevo privarvi del regalo di Natale (anche se
so che ne avreste fatto volentieri a meno, ma naturalmente fingo noncuranza).
Mi
rendo conto che è una romanticheria stucchevole ma, via, ricordiamo lo
spirito natalizio e pace in terra agli eccetera e a Natale siamo tutti
più buoni. Sì, persino Sasuke. Ahm, forse.
Anyway, direbbe il principe Carlo – o qualunque
altro anglofono – mangiate tanto al pranzo di famiglia e abbondate col
vino da tavola, che male non fa. E buon anno, nel caso non mi rifacessi viva
prima di allora.
OMG,
come sono dolce e carina e coccolosa. Mi
salirà il colesterolo alle stelle.
See
ya.
suni