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Autore: Jordan Hemingway    10/04/2015    0 recensioni
La sensazione che quella pelle candida le provocava ogni volta che lo vedeva da lontano; il desiderio inespresso di sfiorarla per saggiarne la consistenza; l’impulso a farsi notare con qualunque mezzo disponibile, fosse anche un Bolide lanciato alla massima velocità.
Era stato proprio al terzo anno che Aaliyah Adnan aveva eletto Im Yong Soo sua nemesi personale.

Crack-Pairing, Genderswap
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Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corea del Sud/Im Yong Soo, Turchia/Sadiq Adnan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Neve sotto le dita
 
 
Nel cortile scende la neve.
Nella stanza nessuno lo sa.
Ko Un
 
 
La vigilia della partita in cui Slytherin avrebbe stracciato Hufflepuff e i fiocchi di neve avevano ricominciato a cadere più fitti di prima.

Aaliyah Adnan, al cui equilibrio psicofisico il freddo nuoceva gravemente, si aggirava nel dormitorio come una tigre in gabbia, cercando di ignorare l’impulso a gettare un Cruciatus su chiunque le capitasse a tiro e a fare subito dopo le valigie per la sua amata Istanbul, i suoi amati lokum e il suo amato inverno mite, si fottessero Hogwarts e le sue nevi barbariche.
Saggiamente tutti gli Slytherin avevano adottato il Protocollo N.13 del Codice di Sopravvivenza (perché la convivenza per loro tendeva a essere qualcosa di molto complicato), tenendosi quindi fuori dalla portata delle sue falcate.

“Braginski annullerà la partita.” Aaliyah raggiunse la finestra: se gli sguardi potessero bruciare, al posto della distesa innevata ci sarebbe stato un prato costellato da pozzanghere.
“Braginski non annullerà la partita per una tormenta di neve.” Le rispose Gilbert, il Cercatore, intento invano a cercare riferimenti a se stesso nella Gazzetta del Profeta.
“Allora lo farà Williams: gli Hufflepuff non accetteranno di giocare con questo tempo.” La ragazza si voltò e ricominciò a camminare nella sala comune. “E se non lo farà lui ci penserà il preside.”
“E’ un problema?”
“Cazzo, sì!” Esplose Aaliyah. “Non mi va di allenarmi per niente, Beildschmidt.”

Gilbert la fissò scettico: non sapeva quale fosse il problema della Battitrice, e non voleva nemmeno saperlo, ma dubitava che fosse legato agli allenamenti a vuoto.
Era comunque insolito che proprio lei, la donna più accomodante di tutto il Dormitorio, fosse preda di un umore che neanche Natalya in pre-mestruo aveva mai avuto.

La russa scelse quel momento per comparire nella sala comune, simile in tutto e per tutto a un cadavere in buona salute e stringendo una boule termica sulla pancia.
Ovviamente non guardò in faccia nessuno mentre si dirigeva verso il sofà. E ovviamente la sua traiettoria incrociò la rotta di Aaliyah, che inciampò nella bionda e la trascinò a terra con sé.

Oh cazzo.
Per un istante, l’intero dormitorio trattenne il fiato: quella non era più una crisi.
Quella era la fine dell’universo.

Aaliyah si rialzò immediatamente: “Perché non guardi dove metti i piedi, deficiente?”
“Chiudi la bocca.” Natalya le lanciò una stilettata da sotto le palpebre. “E vaffanculo.”
Prima che Aaliyah potesse estrarre la bacchetta (Natalya l’aveva già in mano, nascosta sotto la boule), Ludwig Beildschmidt si alzò in piedi.
“Direi che può bastare.” Intervenne. “Siamo chiusi qui dentro da troppo tempo e l’aria è stantia. Andiamo tutti altrove: chi ha compiti da svolgere vada in biblioteca, chi non ha niente da fare si trovi un’occupazione.” Un mugugno generale accolse l’ordine, ma dopotutto Ludwig era il capo del Dormitorio. “Natalya, tu resta pure qui. Tu invece,” Ludwig afferrò Aaliyah per le spalle, “hai bisogno di calmarti, e non qui.” Le ficcò in mano un paio di chiavi. “Sono le chiavi del Bagno dei Prefetti.” Le sussurrò.
“Eh?” La ragazza lo fissò allibita: gli interessi di Ludwig, per quanto vari, non comprendevano in nessun modo il sesso femminile, come Feliciano Vargas avrebbe potuto confermare.
“Non ci va mai nessuno: entra e restaci finché vuoi. Possibilmente senza dire agli altri che presto le mie chiavi in giro.”
Ah, ecco.
“E perché dovrei chiudermi in un bagno a quest’ora?”
“Perché, secondo me, potrebbe piacerti.”


 
In effetti Ludwig aveva ragione: quel bagno era straordinario.

Aaliyah si trovava in una sala apparentemente immensa, con grandi vasche incassate nel pavimento, pronte a essere riempite di meravigliosa acqua calda o di bolle profumate.
E nessuno sarebbe venuto a disturbarla.

Lo strato di malumore che ricopriva la ragazza da giorni iniziò a dissolversi. Da dove cominciare? Un’immersione nelle nuvole di schiuma morbida e colorata sembrava promettente, ma prima che potesse aprire i rubinetti Aaliyah notò in un angolo un piccolo padiglione, circondato da sottili colonne che reggevano rosoni traforati di bifore e trifore. Da un piccolo bacino circolare al centro della struttura si alzavano invitanti volute di vapore bianco.

Un hammam. Nel cuore di Hogwarts, qualcuno aveva costruito un bagno turco.

La ragazza abbandonò le bolle di schiuma e i propri abiti, e si fiondò sulle panche di legno intagliato coperta solamente da un asciugamano.
Ben presto la temperatura del vapore acqueo che si diffondeva nel padiglione iniziò ad avere effetto: piccole stille di sudore si condensavano sulla pelle olivastra di Aaliyah, e i suoi muscoli, frutto di anni di allenamento intensivo, furono pervasi da un piacevole torpore.
Era il paradiso, pensò la Slytherin, chiudendo gli occhi e immaginando di essere a casa. L’asciugamano si allentò dolcemente mentre senza accorgersene lei aveva iniziato a sussurrare nella sua lingua natale.
Istanbul’u dinliyorum,
Gӧzlerim kapali Ӧnce hafiftenbir rügzar esiyor;
Yavaş yavaş sallaniyor Yapraklar ağaçlarda;
Uzaklarda, çok uzaklarda,
Sucularin hiç durmayan…[1]
 
“Che cosa vuol dire?”
Per poco Aaliyah non batté la testa contro una delle travi del soffitto.
Davanti ai suoi occhi, di nuovo ben aperti, stava nientemeno che la sua nemesi non riconosciuta, il motivo principale del suo malumore, il Cercatore di Hufflepuff: Im Yong Soo, che ora stava fissando con evidente approvazione la scollatura troppo larga dell’asciugamano.
Che approvasse pure.

“Pensavo che il Bagno si chiudesse nel momento in cui è occupato.” La ragazza scrollò le spalle: non si sarebbe fatta rovinare il suo hammam dall’idolo delle fanciulle di Hufflepuff.
“Dovrebbe.” Confermò l’altro, sedendosi di fronte a lei, anche lui coperto sommariamente da un panno. Non che la cosa sembrasse turbarlo troppo. “Ma la magia di chiusura si è inceppata: ora noi Prefetti usiamo quella serratura.” E indicò un enorme chiavistello che Aaliyah aveva scambiato per un soprammobile. “Se tu fossi un Prefetto lo sapresti.”

Era una domanda? La Slytherin decise di non rispondere e chiuse di nuovo gli occhi, alzando la testa verso il soffitto.
“Che cosa stavi dicendo prima?” Di nuovo la sua voce la distolse da ogni tentativo di rilassarsi. “Sembrava un canto.”
“Era una poesia del mio paese.” Sospirò Aaliyah. “Su Istanbul, la mia città. Parla del suono del vento tra le foglie e delle campane dei venditori d’acqua, e di parecchie altre cose che non puoi capire.” Spiegò, ma senza malevolenza, come se stesse enunciando un dato di fatto. E Yong Soo lo accettò in quanto tale.

“Tu vieni dall’Accademia di Samarcanda, vero?”
“Esatto.” La ragazza sorrise. “Mi hanno cacciato per cattiva condotta, sai anche questo?” Proclamò orgogliosa.
“Tu e Heracles Karpusi. In giro dicono che abbiate quasi distrutto le Mura tentando un Patronus al secondo anno.”
“Togli pure il quasi.” Ridacchiò Aaliyah. Se Salazar in persona le avesse detto che avrebbe passato la giornata in un bagno turco a conversare amabilmente con la sua nemesi Hufflepuff si sarebbe fatta grasse risate, e invece…
“Tu invece non dovresti studiare a Tianxia?” Domandò a sua volta.
Yeh, ma non mi andava. Ho sempre desiderato vivere qui.”
“In questo ammasso di pietre umide? Dove l’inverno dura mesi e mesi?”
“Non sono pietre umide: è Hogwarts! La più antica scuola di magia al mondo.” Il ragazzo si animò. “E il clima non è così male: gli inverni sono come quelli del mio paese.”
“Vuoi dire che avete anche voi neve e gelo?” Aaliyah decise che, allo scoccare dell’ultimo esame, avrebbe cercato un lavoro ovunque purché sotto la linea dell’ Equatore.
Yeh, ma abbiamo anche le terme.” Indicò l’hammam.
“Questo è un bagno turco, idiota.”
“Beh, assomiglia un po’alle mie terme.”

Improvvisamente infuriata, Aaliyah si alzò. “Non assomiglia per nulla alle tue terme o a quelle di qualsiasi altro paese: lo sai come funziona un bagno turco? Con il vapore, come adesso. Lo senti entrare nelle tue ossa e scaldarle fino al midollo? Riesci a percepire il sudore che ti cola ovunque, liberandoti da ogni impurità?”
Il coreano annuì con la testa, impressionato dal fervore dell’altra.
“Ottimo. Direi che è tempo di passare alla fase successiva.”  Con uno strattone, Aaliyah sollevò Yong Soo dalla panca e lo spinse fuori dal padiglione.
“Che cosa fa-aaaaaaargh!” Il ragazzo finì dritto nella vasca di acqua gelata sul retro dell’hammam.
“Il contatto con l’acqua fredda tonifica e riattiva la circolazione interna.” Aaliyah ora sogghignava apertamente, mentre il coreano cercava di recuperare il suo asciugamano e uscire di lì. “E non è finita qui.”
Lo riagguantò con destrezza e si diresse verso un lettino coperto di lenzuola e panni colorati.
“Infine, il bagno turco si conclude con un buon massaggio.” A Im Yong Soo non piaceva per niente il luccichio malvagio negli occhi di Aaliyah.
“Veramente dovrei già essere alla riunione per la partita…”
“Non ci sarà nessuna partita con questo tempo.” Ringhiò Aaliyah: perché glielo aveva ricordato? Tante ore sprecate ad allenarsi, pregustando di poterlo disarcionare con un Bolide, tutto per niente. “Mettiti comodo, Hufflepuff.” E si preparò a spezzargli tutte le ossa.
 


 
Tatto.
Questo era un senso che in Aaliyah non era particolarmente sviluppato. L’olfatto, quando il profumo dell’incenso la avvolgeva nelle danze, il gusto, mentre assaporava i dolci al miele che le mandava sua madre da Istanbul, l’udito, ascoltando i canti popolari della sua terra, ma il tatto?

Nonostante fosse pratica di massaggi, non si era mai soffermata sulle sensazioni che la pelle altrui dava se sfregata sulla propria: d’altronde, quando massaggiava qualcuno, il suo intento era sempre stato rinvigorire (o distruggere) i muscoli del suo paziente, non provare piacere dall’esperienza.

Perché mai ora le sue mani si soffermavano su quella pelle candida e soffice, così diversa dalle proprie dita bruciate dal sole?

La schiena di Yong Soo non era, come si era aspettata Aaliyah, un’esile tronco di muscoli poco sviluppati. Le sue spalle erano larghe, il trapezio emergeva ampio dal collo, allungandosi fino alle clavicole da cui i grandi dorsali si tuffavano verso la regione lombare, i lati del torso erano increspati da addominali laterali.

Quella era la schiena di un giocatore che si esercitava ogni giorno, rafforzando il fisico per essere in grado di resistere alle raffiche di vento e ai bolidi che Battitori come lei si allenavano a lanciare con la massima potenza consentita dai propri muscoli.

I palmi di Aaliyah premevano decisi contro i punti più rigidi, godendo della sensazione della carne soda che si rilassava istantaneamente, abbandonandosi completamente alla sua abilità. Muscoli solidi, elastici, si scaldavano sotto il suo tocco esperto, lasciandole sulle dita il loro calore e la sensazione di benessere che era riuscita a comunicare loro.

Ne volevano ancora, le sue mani: volevano continuare a premere su quella schiena che assomigliava al campo da Quidditch ricoperto di neve e velato di sole, pronto a sciogliersi se solo lei l’avesse desiderato sul serio, se avesse conosciuto il giusto incantesimo.

Ricominciò il massaggio, più lentamente: i polsi si unirono ai palmi e ai polpastrelli già unti di olio profumato, sfiorando di nuovo bicipiti e tricipiti, insistendo sui dorsali e avventurandosi sui lombi, per poi passare ai muscoli delle gambe.

L’oleosità sulle mani di Aaliyah profumava di mirra e di muschio: si prese un istante per strofinare l’indice contro il pollice, godendo della semplice mancanza di attrito che riattivava le terminazioni nervose durante lo sfregamento, e tornò a concentrarsi su Yong Soo, che aveva chiuso gli occhi, completamente rilassato.

Le sue gambe erano ben tornite, non un filo di grasso in eccesso o in difetto, né troppo lunghe né troppo corte. Premendo sopra le caviglie la ragazza districò un paio di legamenti che minacciavano di venire affaticati dalle lunghe sessioni di allenamento a cui evidentemente il Cercatore si sottoponeva, maledicendosi per essere così affezionata all’arte che le aveva tramandato sua nonna da non essere in grado di rovinare la forma fisica di nessuno.

Passò al retro delle ginocchia, e da lì ai quadricipiti e alle cosce fino a raggiungere le natiche sode, su cui si soffermò in modo particolare: nessuno avrebbe potuto dire che Aaliyah Adnan aveva falsi pudori. Un corpo era un corpo, e lei non era una di quelle stupide ragazzine del primo anno che in estate sospiravano alla vista dei pettorali di Gilbert Beildschmidt durante gli allenamenti.

Tuttavia…

Forse era l’effetto dei fumi dell’olio, forse era il calore che dalle membra di Yong Soo si irradiava nelle sue mani e si comunicava ad un punto indefinito tra lo stomaco e la pancia, forse era il ricordo di quando, al suo terzo anno, durante la finale di Quidditch la scopa di Aaliyah si era scontrata a tutta velocità con quella dell’astro nascente Im Yong Soo, al suo primo anno e già Cercatore.

In quell’occasione i due avevano cozzato violentemente per poi cadere al suolo (fortunatamente erano a soli tre metri da terra) l’una sull’altro.
Ricordava il calore del suo corpo, le mani e le braccia involontariamente intrecciate (avevano dovuto districarli per separarli), il lieve imbarazzo, le loro fronti vicine tanto da permetterle di vedere le iridi dell’avversario che esploravano il suo viso. Occhi obliqui, come quelli che oggi l’avevano seguita per tutto il tempo della loro chiacchierata, occhi curiosi, in cui ardeva il desiderio di imparare usi e costumi di terre straniere.

La sensazione che quella pelle candida le provocava ogni volta che lo vedeva da lontano; il desiderio inespresso di sfiorarla per saggiarne la consistenza; l’impulso a farsi notare con qualunque mezzo disponibile, fosse anche un Bolide lanciato alla massima velocità.
Era stato proprio al terzo anno che Aaliyah Adnan aveva eletto Im Yong Soo sua nemesi personale.

La persona che le sue mani stavano esplorando pian piano, come se invece che una nemesi avessero sotto di loro il corpo di un amante, da percorrere con infinita lentezza pregustando i piaceri che sarebbero seguiti.

“A che cosa pensi?” Mormorò Yong Soo, socchiudendo gli occhi.
E Aaliyah Adnan, la Slytherin subdola che affrontava ogni pericolo a testa alta e con orgoglio, arrossì come una bambina presa in fallo.
Ora era Im Yong Soo a sogghignare.
Chi aveva detto che gli Hufflepuff erano timidi e mansueti evidentemente soffriva di turbe mentali.

“Finito.” La ragazza cercò di recuperare la propria dignità mentre l’altro si riavvolgeva nell’asciugamano. “Sei come nuovo, ma non illuderti che questo basti per farti sfuggire ai miei colpi.”
Questa volta lo avrebbe distrutto, a costo di dover lanciare la Firebolt come Bolide.
“E’ una sfida? Accetto.” Il coreano le strinse la mano con il consueto bagliore che aveva negli occhi quando si parlava di competizioni.

Di nuovo la sensazione della sua pelle sulla propria, così intensa da scottarla.
Una nemesi di neve candida bollente come il sole d’estate, ecco chi si era scelta come avversario.
Forse era valsa la pena di trasferirsi da Samarcanda a Hogwarts.

“Bene, ora vattene. Ci rivedremo sul campo da Quidditch…” Era tempo di tornare alle proprie meditazioni, di ritrovare la calma e la giusta prospettiva, e gli diede le spalle per avviarsi di nuovo al padiglione dell’hammam.

Non vide quindi Yong Soo sgusciare alle sue spalle e allungare le braccia per spingerla nella vasca di acqua gelata.
“Argh!” Mugolò Aaliyah in modo ben poco femminile riemergendo da quella doccia non voluta. Quasi si scontrò contro la testa di Yong Soo e contro il suo ghigno ben poco Hufflepuff.
Decisamente, chi è che aveva detto che gli Hufflepuff erano imbranati?

“Le terme coreane prevedono l’immersione in vasche di acqua fredda e calda, e si concludono con un massaggio al corpo e ai piedi.” Le tese una mano, e Aaliyah fu improvvisamente lieta che il proprio asciugamano fosse volato via chissà dove.
Gli sorrise. “Cominciamo?”

I fiocchi di neve continuarono a cadere fino a sera ma, per una volta, Aaliyah Adnan non ci fece caso.
 
 
[1] Sto ascoltando Istanbul, concentrato,
A occhi chiusi:
All’inizio c’è una brezza gentile
E le foglie degli alberi frusciano dolcemente;
Fuori, lontano
Le campane dei venditori d’acqua tintinnano senza sosta.
 
Istanbul, di Orhan Veli Kanik
 



Nda: Per caratterizzare i personaggi, in particolare Sud Corea di cui non sapevo quasi nulla, ho usato le informazioni reperite su alcuni siti (hetalia.wiki e simili), dato che non avevo mai letto nulla su di loro, dove Sud Corea risulta essere una nazione sicura di sé, fanatica di videogiochi e di viaggi studio all’estero. Ho usato inoltre alcune nozioni di cultura coreana, secondo le quali i ragazzi coreani negli ultimi tempi sono abbastanza fissati con lo sport, al punto da passare ore e ore in palestra, e secondo cui una delle ossessioni più comune è avere la pelle bianca (tanto che usano ragazze e ragazzi creme sbiancanti, oppure evitano ogni esposizione al sole, etc.). Ko Un, che cito all’inizio, è uno dei più famosi poeti coreani contemporanei, mentre la poesia che recita Aaliyah (il nome che ho trovato sul web per Fem!Turchia) è di Orhan Veli Kanik, poeta turco contemporaneo (fonti: turkishclass.com). Yeh, è il coreano per “sì”. Le informazioni sull’hammam sono ricavate da internet e da esperienza diretta, mentre per le terme coreane ho tirato a indovinare (e mi serviva concludere in quel modo). Sono sicura però che il massaggio lo facciano anche loro.
Ecco tutto, scusate la prolissità. 
  
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