Film > Indiana Jones
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Autore: Kia_do87    23/12/2008    13 recensioni
Lontani sono i tempi in cui Indiana Jones era un aitante archeologo sempre pronto a tuffarsi in qualche nuova avventura. Ora è vecchio, malato e costretto in un letto d'ospedale dal quale sa che non si alzerà più. Ma forse suo figlio può fargli un ultimo regalo…
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In my time of dying




Era da tanto che volevo scrivere una storia di Indiana Jones ma non pensavo ad una one-shot così triste. La trama è largamente ispirata al film "Big Fish" diretto da Tim Burton. Non ho messo l' AU come avvertimento perché in effetti il momento della morte di Indiana Jones non è mai stato raccontato quindi non si può parlare di universo alternativo. Non sapevo piuttosto se mettere il "What If…?" ma alla fine ho optato per il no. Preciso che il dott. Frock non è un personaggio presente nella saga dell'archeologo più famoso di tutti i tempi, anzi, a dire la verità è un personaggio dei romanzi di Douglas Preston e Lincoln Child dei quali sono una fan sfegatata. Un piccolo omaggio quindi in attesa di una fan fiction che li riguardi. Comunque sia ora la pianto di scrivere e vi lascio leggere in pace ;)


Non ho mai pensato che sarei diventato un "modello" per qualcuno.
I miei "oggetti del mestiere" sono diventati leggenda, così come il mio nome d'arte.
Il cappello a tesa larga, la frusta, la camicia sbrindellata, quello ero io tanto tempo fa.
Quello era Indiana Jones.
Ora sono solo un povero vecchio costretto in un letto d'ospedale che osserva le linee dell'elettrocardiogramma e ne ascolta il suono ritmico e regolare.
Ho trascorso la maggior parte della mia vita in luoghi sperduti, ho vissuto avventure di ogni genere e incontrato popoli di ogni razza, forma e dimensione; buffo che la mia fine sopraggiunga in Inghilterra, in una stanza d'ospedale a due passi da casa mia.
Nella vita ho sempre cercato di combattere per qualcosa di più del denaro, sono sempre stato convinto che siano ben altre le cose per le quali valga la pena lottare…amici, famiglia, ideali.
Mutt sta combattendo l'ennesima battaglia verbale col dott. Frock, mio medico curante ormai da dieci anni.
Non vogliono dimettermi, come se cambiasse qualcosa.
Sono arrivato alla fine del mio viaggio e lo sappiamo tutti, che differenza fa per lui se muoio qui oppure a casa.
Marion è sempre al fianco, mi tiene la mano…la mia Marion.
E' sempre stata mia, in un modo o nell'altro, ed io sono sempre stato suo, questo è ben noto ad entrambi.
Sento la porta aprirsi, deve essere mio figlio, parla con Marion e la sento alzarsi, poi la porta si chiude di nuovo.
Sono da solo col mio Mutt.
Ogni giorno che passa mi assomiglia sempre di più, è testardo, caparbio e presuntuoso proprio come suo padre.
Sento la sua voce, lontana ma nitida…
"Non mi permettono di portarti a casa, papà"
Non piangere figliolo, vorrei potergli dire, ma il tubo che mi attraversa la gola non me lo permette.
Hai fatto il possibile Mutt, sono fiero di te, tuo padre ti vuole bene.
Non è proprio da me morire in questo ospedale e lui lo sa, per questo improvvisamente recupera una sedia a rotelle e la avvicina al mio letto.
"Forza papà, salta su"
Stranamente non sono più collegato a nessuna macchina, anzi, non mi sento più nemmeno male.
Una nuova energia scorre dentro di me.
In un attimo sono in piedi e poi di corsa sulla sedia a rotelle, il fattore tempo è indispensabile in questi casi.
Mutt spinge la sedia fuori dalla camera e poi lungo il corridoio, andiamo a velocità supersonica e lui corre come un matto.
Sento dei passi dietro di noi e voltandomi vedo quel vecchio rospo del dott. Frock inseguirci insieme ad una dozzina di infermieri.
Passiamo di fianco a Marion che mi mette in testa il mio cappello, perché senza non sarei io.
Le lancio una bacio con la mano e le chiedo di prendere tempo.
Prima di sparire dietro le porte dell'ascensore vedo mia moglie rovesciare un armadietto di medicinali, i barattolini si spargono per il pavimento e vedo i nostri inseguitori rotolare per terra.
Quella è la mia donna.
Scendiamo in cortile e comprendo che la sedia a rotelle non mi serve più, la abbandono nel parcheggio mentre Mutt recupera la sua moto.
Salgo dietro senza alcuno sforzo, anche se mi ero ripromesso di non montare mai più quel bestione.
Mutt lo spinge alla massima velocità ed in breve raggiungiamo una radura isolata e costeggiata da un placido corso d'acqua trasparente.
Ma non è l'acqua del fiumiciattolo a farmi rimanere a bocca aperta.
Cammino lentamente raggiungendo il gruppo di persone che mi sorridono felici mentre passo loro accanto.
Ci sono proprio tutti: Marcus Brody che mi sorride gentilmente e mi abbraccia come un figlio, Sallah che emette una di quelle sue potenti risate e mi abbraccia stritolandomi con la forza di un orso, Willie e Shorty che, mano nella mano, mi sorridono quasi commossi, Shorty non resiste e corre ad abbracciarmi, gli volevo bene come ad un figlio e lui lo sapeva; Oxley che, distinto come al solito, mi dedica un rapido sorriso ed una vigorosa stretta di mano.
Mano a mano che mi avvicino al corso d'acqua mi accorgo che solo una figura manca all'appello e che mi sta aspettando con indosso quel suo ridicolo cappellino.
"Papà" dico con commozione.
"Junior" risponde lui altrettanto commosso.
"Papà!" lo rimprovero.
"Indiana" risponde lui sorridendomi.
Ci abbracciamo e poco dopo lui mi indica il fiume, in mezzo all'acqua c'è una persona che se ne sta immobile ad osservarmi.
Senza pensarci un secondo la raggiungo e la abbraccio.
La mia Marion.



Una lacrima scorre sopra il mio viso, ma io non posso asciugarla.
Sono immobilizzato al letto dell'ospedale e non ho più la forza di fare nulla.
Mio figlio mi ha fatto un ultimo regalo, mi ha raccontato com'è che succederà.
In mezzo ai miei cari amici, ai miei compagni d'avventure e alla mia famiglia.
Tutti insieme per celebrare e concludere la storia della mia vita.


  
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