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Autore: NinaS24    10/04/2015    2 recensioni
Distretto 2 - Pochi mesi dopo la morte di Prim, un Gale distrutto riceve una visita inaspettata.
"Gale cercò di aggrapparsi al bancone, ma le sue mani afferravano solo aria. Prima che potesse cadere, però, un paio di mani lo sorressero, impedendogli di finire per terra.
-Ce la faccio da solo- borbottò, tentando di capire a chi appartenessero quelle mani. Non erano forti come si sarebbe aspettato ed erano accompagnate da una cascata di capelli biondi. "
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cressida, Gale Hawthorne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Distretto 2 era bello. Ospitale.
A Gale piaceva, gli piaceva il fatto di essere un soldato, gli piaceva allenarsi in maniera estenuante per tutta la giornata. Gli piaceva non dover pensare a Katniss e a quello che aveva lasciato a casa.
Quando si allenava non aveva tempo di sentirsi in colpa: doveva correre, saltare, evitare gli spari delle esercitazioni di guerra. Poteva non pensare alle lettere piene di risentimento che suo fratello gli spediva periodicamente e a quelle piene di dolore di sua madre. Era al Distretto 2 da pochi mesi e non aveva mai risposto. Ci aveva provato parecchie volte, ma le parole non uscivano. Come poteva spiegare la distruzione mentale in cui si trovava?!
Beveva. Beveva molto. Lui, che non aveva mai toccato alcool in tutta la sua vita – non che potesse permetterselo, ma insomma, una qualche occasione l’aveva avuta – si era trasformato in un alcolizzato.
Era così bello ritrovarsi ubriaco e senza pensieri. Perfino il mal di testa del mattino dopo era qualcosa che lo faceva sentire bene.
-Ne voglio un … un altro- Gale alzò il bicchiere verso il barista con un gesto stizzito.
Il ragazzo scosse la testa – Basta, Gale, hai bevuto abbastanza. –
-Oh, non dire stupidate. Dammene ancora!- il soldato si alzò di colpo dallo sgabello e tutto il locale iniziò a girare velocemente intorno a lui. Gale cercò di aggrapparsi al bancone, ma le sue mani afferravano solo aria. Prima che potesse cadere, però, un paio di mani lo sorressero, impedendogli di finire per terra.
-Ce la faccio da solo- borbottò, tentando di capire a chi appartenessero quelle mani. Non erano forti come si sarebbe aspettato ed erano accompagnate da una cascata di capelli biondi.
-Gale, cosa diavolo stai combinando?!- la voce di Cressida suonò chiare ed arrabbiata nelle orecchie del ragazzo, ancora appoggiato a lei.
-Cress… sto be…- non riuscì a finire la frase perché il respiro gli si spezzò, causandogli un forte attacco di tosse.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, mettendo sul bancone dei soldi e trascinandosi l’amico fuori da quel bar. Gale camminava a fatica, inciampando nel nulla e i due ci misero il triplo del tempo necessario per arrivare a casa del soldato.
-Perché mi stai aiutando…? Sono solo un… cosa sono Cressida? – Gale finì seduto sull’asfalto mentre la ragazza cercava le chiavi nelle tasche dei suoi vestiti.
-Mi fai il solletico… - iniziò a ridere in maniera improponibile, fino a quando non si piegò in due, vomitando gran parte dell’alcool della serata davanti alla porta d’ingresso.
-Gale, che schifo! – Cressida fece una smorfia, trattenendo il fiato per non sentire l’odore acre e facendo scivolare Gale dall’asfalto al freddo pavimento di pietra della casa. Chiuse la porta e accese la luce, trovandosi davanti il caos più assoluto.
C’erano bottiglie vuote ovunque e centinaia di fogli appallottolati sparsi per il piccolo bilocale. Il lavello era strapieno di piatti sporchi e dal frigo usciva un odore non migliore di quello da cui Cressida era fuggita.
-Devi darti una ripulita. Avanti, cerca di alzarti-
-Voglio solo morire… Me lo merito – Gale, appoggiato al retro del divano, aveva gli occhi fissi su un foglio poco distante da lui. Cressida si chinò per raccoglierlo. “Gale, tesoro mio. Perché non mi rispondi? Voglio venire a trovarti, appena avrò un po’ più di soldi… “
-Non dire stupidate, Gale. – l’amica iniziò a raccogliere tutti i fogli, leggendo ogni volta parole di una madre preoccupata. Si girò pochi secondi dopo, sentendo un rumore di un singhiozzo attutito.
Gale piangeva, gli occhi grigi lucidi e lacrime calde che gli scorrevano sul viso. Cressida rimase bloccata un attimo, mai si sarebbe aspettata di vederlo in quelle condizioni.
Appoggiò i fogli sul divano e si sedette accanto all’amico, prendendogli la mano e stringendola forte.
-Non lo sapevi, Gale. Non potevi sapere a cosa sarebbero servite quelle bombe. Devi smetterla di sentirti in colpa. Ascoltami, per favore. Devi rispondere a tua madre e ai tuoi fratelli. Devi darti una ripulita e smettere di bere. Devi pulire questo posto. E devi perdonarti. –
Gale scosse la testa, sentendo una fitta di dolore. Si girò verso Cressida. Non la vedeva bene, gli occhi erano troppo annebbiati dall’alcool, ma poteva riconoscere la preoccupazione nei suoi occhi.
-Non mi merito nessun perdono. E non merito il tuo aiuto- di nuovo la voce del soldato venne spezzato da un attacco di tosse e perse l’equilibrio, lasciandosi cadere addosso a Cressida.
Cercò di tirarsi su, ma la sua solita forza sembrava essere sparita. –Ho sonno… Non…- gli occhi gli si chiusero e il suo corpo si abbandonò addosso all’amica.
-Non me ne vado, Gale- sussurrò Cressida, accompagnando il viso di Gale sulle sue gambe. Iniziò ad accarezzargli i capelli, poi passò delicatamente la mano sulla sua guancia, ancora bagnata dalle lacrime, fino a quando non si addormentò anche lei. 
  
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