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Autore: lexiters    11/04/2015    0 recensioni
“Forse nella mia vita passata ho fatto arrabbiare così tanto Dio,che in questa me l'ha fatta pagare.” Emette un leggero risolino,per poi incominciare a piangere. E in quel momento capisco che non c'è niente di più doloroso di un pianto silenzioso,di quelli che ti fanno mozzare il respiro,di quelli che non smettono più,perché smettere significa smettere di soffrire e purtroppo,per certe persone,soffrire è qualcosa che viene imposto.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Continuavo a giocare con il cellulare,cercando di battere quello stupidissimo livello di quel fottutissimo gioco quando qualcuno,da me poco desiderata,mi tolse il telefono dalle mani. “Senti rincoglionito,stiamo qui per fare volontariato,non per giocare a stupidissimi giochi. Cerca di alzarti da quella stramaledetta sedia e va' nella stanza 209. Non siamo qui per giocare.” Perché avevo aderito a questa cazzata? Ah giusto,dovevo procurarmi dei crediti per la scuola, altrimenti mi avrebbero bocciato. Con uno sbuffo mi alzo dalla sedia bianca e mi riprendo il telefono dalle mani di quell'infermiera. Avrà avuto una quarantina di anni ed era davvero irritante. La sorpasso urtando,accidentalmente ovviamente,la mia spalla con la sua. Mi dirigo verso il corridoio bianco,continuando a guardare i numeri sulle varie porte,alla ricerca del 209.
Lo trovo pochi minuti dopo e,proprio quando sto per entrare,sento dei singhiozzi. Alzo gli occhi al cielo,pensando a quanto i vecchi certe volte piangano per cose inutili,ma quando apro interamente la porta rimango stupito nel vedere una donna magrolina,avrà avuto si e no vent'anni quanto me,la sua testa è calva e ha le ginocchia al petto,potrebbe diventare invisibile da un momento all'altro. Quando alza gli occhi mi blocco,trovandoci dolore e paura. “Chi sei?” Perfino la voce lascia trasparire sofferenza,quasi come se anche solo emettere una sillaba costi troppa fatica. “Oh,ehm,faccio parte del volontariato. Hai bisogno di qualcosa?” Bravissimo Louis,sei davvero un... rincoglionito. “No,tranquillo. Puoi anche andar via se vuoi” si rimette sotto le coperte e si asciuga in fretta le lacrime,per poi girarsi di lato dandomi le spalle. Mi chiudo la porta alle spalle e decido di avvicinarmi al suo lettino. “Come mai sei qui tu?” Ma davvero,Louis? Fai sul serio? Insomma è ovvio il motivo. “Non è evidente? Insomma testa calva,corpo quasi invisibile e una stanza in questo reparto.” Giusto. Che stupido. “Ne vuoi parlare?” Non avevo più voglia di tornarmene a casa. “E di cosa? Di come abbia sconfitto una volta il cancro per poi scoprire che si era insinuato un'altra volta nel mio corpo? Questa volta è la testa,quella malata. Non credo mi resti ancora molto,anche se i dottori continuano a dire di continuare a lottare. Sono stanca di farlo.” Annuisco piano,cercando di capire il motivo per il quale la vita certe volte sia così ingiusta. “Da quanto? Cioè,da quanto lotti?” La voce era diventata un sussurro, ero quasi timoroso di recarle altra sofferenza parlando. “Dieci anni. Sono qui da quando ho nove anni.” Si gira verso di me e mi fissa attentamente,per poi mettersi seduta accanto a me e alzare le coperte,facendo segno di mettermele addosso. Credo mi veda confuso perché subito dopo chiarisce “fa abbastanza freddo,non credi?” Le sorrido e mi appoggio parte della coperta sulle gambe. “Vuoi dire che  hai vissuto la tua adolescenza in ospedale?” Fisso un punto sul muro difronte,pensando a quanto debba aver sofferto. “ S'è per questo ho festeggiato il mio diciottesimo compleanno su un lettino a combattere per rimanere in vita. Non credo io abbia mai vissuto la mia adolescenza,avrei preferito farlo,senza tutti i dolori,le nausee,le operazioni,le complicazioni e tutte queste merdate. Forse nella mia vita passata ho fatto arrabbiare così tanto Dio,che in questa me l'ha fatta pagare.” Emette un leggero risolino,per poi incominciare a piangere. E in quel momento capisco che non c'è niente di più doloroso di un pianto silenzioso,di quelli che ti fanno mozzare il respiro,di quelli che non smettono più,perché smettere significa smettere di soffrire e purtroppo,per certe persone,soffrire è qualcosa che viene imposto. In quel momento l'abbraccio forte,attento comunque a non farle del male,sentendo il bisogno di starle accanto. Le do' un bacio sulla fronte e cerco di calmarla cullandola,fino a quando non si addormenta tra le mie braccia. 

Da quel giorno in poi sono sempre andato a trovarla,a cercare di farla sorridere,e più passavano i giorni più mi accorgevo di amarla. Più cercavo di farla sorridere,più dovevo trattenere le lacrime,perché mostrarmi debole avrebbe voluto significare non poter essere la sua àncora. Sono andato avanti così un'anno,io che la sostenevo,che l'abbracciavo e le asciugavo le lacrime,io che le stavo accanto quando a notte fonda si svegliava con una delle sue nausee. Ricordo quando un giorno,andando da lei non la trovai più nel suo letto,iniziai ad andare nel panico,continuavo a dire parolacce e a minacciare tutti quelli che rispondevano con un misero “non lo so” alla mia richiesta di saper dove fosse. Ero annegato letteralmente nel terrore,continuavo a maledirmi per averla lasciata sola,per non esserle stato accanto e continuavo a pensare al peggio,poi lei è arrivata,in tutta la sua bellezza,che mi sorrideva e rideva perfino,vedendo il mio terrore. Lì per lì pensai perfino di ucciderla» mi fermai,guardando i presenti,c'erano suoi vecchi amici,i parenti,i genitori,c'era chi piangeva,chi sorrideva tra le lacrime,chi invece era impassibile. «Poi però sono stato investito da un sollievo enorme nel vederla sorridere. Quel giorno stava benissimo,diceva. Non emetteva un solo verso di dolore,rideva e continuava a guardare le stelle,fuori dalla finestra. Fù in quel momento che mi accorsi di non volerla lasciare. Con la luce delle stelle e della luna che le illuminavano ,per quanto potevano,il viso. Non avrei sopportato il giorno in cui me l'avrebbero portata via. E nonostante non fossi un grande cattolico da quel giorno in poi sono sempre,e dico sempre,andato in chiesa. Mi ritrovavo a pregare,nonostante non sapessi bene come si facesse,continuavo a pregare Dio di non portarmela via,perché come io ero stato la sua àncora,lei era diventata la mia. E non mi importava di sembrare egoista,volevo solo continuare a vedere il suo volto,a vedere il suo sorriso,a sentire la sua bellissima risata e a vedere i suoi occhi brillare ogni qual volta che guardava le stelle.» Sentì le lacrime riempirmi gli occhi e presi un respiro profondo,stringendo il legno della croce. L'unica cosa che mi era rimasta di lei. Sorrisi. «Ma Dio me l'ha comunque portata via. E non sono arrabbiato per questo. Perché ho capito che volerla con me,avrebbe significato farla soffrire e patire pene. Quindi spero che adesso sia in un posto migliore di questo. Spero che lei continui ad essere forte. Ha sofferto tanto e credo che adesso sia il momento per lei di vivere in pace un'altra vita,di viverne una migliore lassù,tra le stelle che lei tanto amava. E magari potrà essere una delle tante che stanotte brillerà e coronerà il sogno che lei ha sempre voluto. Essere una di quelle luci, che molti si soffermano a guardare,ed essere felice lassù. Magari stanotte,guardando le stelle,ne vedremo una che brillerà più del solito e sapremmo che lei è più viva di quanto lo era quaggiù,una volta mi ha detto che sperava di trovare la pace che quaggiù non ha trovato. E io glie lo auguro vivamente.» Mi tocco il labbro inferiore,ricordando le sue labbra fredde sulle mie. Rivivendo gli ultimi momenti con lei di quella notte. La notte in cui l'avevo baciata,quando lei aveva ricambiato e quando ci siamo scambiati quei “ti amo” quasi inaudibili. Poi quando piano piano l'avevo vista sempre più debole,per poi non rispondermi più una volta crollata tra le mie braccia. Scendo le scalinate dell'altare e mi avvicino alla sua bara,poso i fiori che tanto le piacevano e insieme le metto una stella di legno,pitturata d'oro. Quella che avevo fatto per lei. Mi risiedo al mio posto e in quel momento do' via alle lacrime.
  
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