A c a c i a
La
luce filtrava dalle finestre, illuminando tutto di un grigio candido
tipicamente invernale.
Il silenzio regnava nella stanza,
interrotto solamente dal cinguettare degli uccelli e qualche parola
detta sottovoce.
Una flebile corrente d'aria fredda accarezzava
dolcemente il mio collo, facendomi venire i brividi lungo la
schiena.
A volte qualcuno si alzava dal proprio tavolo per
prendere un libro dagli scaffali, ma comunque non emanava nessun
rumore che non fosse l'appoggio delle scarpe a terra.
Ogni tanto
spostavo lo sguardo dalle pagine e osservavo le persone che mi
circondavano: ognuno di loro aveva una storia, ma nessuno lasciava
trapelare sentimenti. Tutti quanti mostravano un'anima grigia, come
la coltre di nuvole che quel giorno copriva il cielo.
C'era solo
un ragazzo che mi incuriosiva: era seduto in fondo alla stanza, come
per cercare di non essere notato. I capelli ricci gli cadevano
all'indietro e i suoi occhi erano di un verde così intenso e
limpido
che avrei potuto vedergli l'anima, ma in quel momento sembravano
freddi e privi di emozioni, esattamente come quella giornata.
Quando
si alzava per prendere un libro passava vicino al mio tavolo ed ogni
volta che lo faceva, potevo sentire il profumo che emanava: non
riuscivo a descriverlo perfettamente, ma sapeva di sincerità
in una
persona piena di segreti; diceva tutto e diceva niente. Era
così
lontano, eppure così vicino.
Ogni giorno era lì, nel suo solito
tavolo vuoto e nascosto agli occhi di tutti; tranne che ai miei. Io
lo vedevo.
Volevo vederlo davvero; non da lontano, ma dentro.
Scoprire la verità dentro al suo cuore, come la
sincerità che
vedevo nei suoi occhi e come i segreti che trascinava dietro di
se.
Volevo portare un po' di colore in quei giorni grigi.
Un
pomeriggio, prima che lui fosse nuovamente nel suo nascondiglio, misi
dei fiori sul suo tavolo, ma non erano stati scelti
casualmente.
Giaggiolo.
Messaggio.
Rosa rosso
scuro.
Bellezza inconsapevole.
Fiordaliso.
Beatitudine
solitaria.
Non lasciai biglietti e me ne andai. Non avrebbe
mai saputo chi fosse il mittente.
Sapevo che non avrebbe capito,
ma volevo che un messaggio che la sua testa non avrebbe compreso,
sarebbe passato al suo cuore.
Era così strano che un ragazzo che
vedevo in biblioteca mi colpisse così tanto. I libri erano
il mio
regno, la carta stropicciata e a volte ingiallita delle pagine, con
quel suo odore antico, mi rendeva sicura, ma lui era riuscito a farsi
vedere quando per me non esisteva nessuno.
Il giorno dopo tornai
in biblioteca e come di consuetudine presi il libro che stavo
leggendo e mi sedetti al tavolo vicino alla finestra.
Poi,
stupita, mi fermai un attimo ad osservare il cielo: la coltre di
nuvole grigie si stava aprendo per mostrare un meraviglioso cielo
azzurro. Non ne vedevo uno da tanto ormai e quella visione mi faceva
sentire di nuovo bambina, come quando mi stendevo sul prato verde
della campagna e mia sorella mi insegnava i significati dei fiori
ogni volta che ne trovavo uno sconosciuto. Quei momenti mi mancavano,
ma ormai erano passati.
Decisi di superare il momento di
malinconia e salvare il mio cuore ingrigito dalla città
buttandomi a
capofitto nel mio libro, cercando un mondo migliore in cui vivere,
anche solo per un attimo.
Le mie dita sfioravano delicatamente le
pagine per poter arrivare al punto dove mi ero fermata l'ultima
volta, ma girata l'ultima pagina trovai qualcosa di
inaspettato...
Trovai una piccola pergamena, assieme ad un petalo
di rosa bianca.
Rosa bianca. Un cuore che non conosce
l'amore.
Cercai di osservare più attentamente il foglio ormai
ingiallito dal tempo, con un'aria antica che lo rendeva piuttosto
affascinante: con dell'inchiostro color legno vi era stato disegnato
sopra un piccolo albero con sotto una minuscola scritta:
Pioppo Bianco.
Cosa
voleva dire? Conoscevo tanti termini del linguaggio dei fiori, ma
quello mi era completamente sconosciuto.
Forse era solo una
coincidenza e non mi ero mai accorta che quelle cose fossero tra le
pagine del libro, ma era improbabile che non me ne fossi mai resa
conto. Chi poteva avercele messe?
Ero confusa; non sapevo il
motivo di quello strano avvenimento, ma volevo sapere, anche se
è
meglio non fare domande se non se ne vuole sapere le risposte.
Mi
alzai per cercare un dizionario dei fiori tra i tomi, ma la mia
ricerca sul significato di quell'albero fu vana, dato che non trovai
niente.
Dopo una serie di assidue ricerche mi rassegnai al
fatto che qualcuno si fosse dimenticato la pergamena nel mio libro,
anche se non mi sapevo ancora spiegare il petalo.
Tornai al mio
tavolo e cercai di concentrarmi sulla lettura, sul dolce cullare
delle parole che sono come una cura per la solitudine, sull'odore di
carta che le pagine emanavano e che l'inchiostro trasportava, sulla
triste storia che veniva narrata capitolo per capitolo...
«Tempo» proruppe una voce calda e profonda «Il tempo è la medicina migliore. Pioppo bianco.Tempo.»
Quando
alzai lo sguardo, distogliendolo dalla piacevole lettura, incrociai
dei limpidi occhi verdi che mi guardavano.
Rimasi sbalordita da
quello che vidi e per qualche attimo non riuscii a proferire
parola.
«Il tempo corrode anche ciò che è
più forte, come un
amore» dissi, contraddicendo la precedente affermazione.
«Tieni»
disse porgendomi un fiore e alzandosi, mentre io lo prendevo
delicatamente.
«Aspetta, dove vai?» dissi ad alta voce mentre
lui si allontanava e venni richiamata dalla bibliotecaria, ma poco mi
importava.
Era stato lui a mettere quei messaggi nel mio libro, ma
non aveva menzionato i miei fiori.
Mi alzai e corsi verso
l'uscita, ma non c'era già più.
Poi mi ricordai del fiore che
avevo in mano e abbassai lo sguardo.
Era un ramo di Acacia.
Amore segreto.