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Autore: Setsuka    23/12/2008    9 recensioni
Quando aprii la porta e mi trovai di fronte quegli occhi cerulei, capelli disordinati biondo sporco e un sorriso tra il malizioso e il divertito, non ebbi dubbi.
Lo abbracciai come si abbraccia un fratello scomparso che dopo anni e anni ritorna nella sua casa.
Prima classificata al concorso Dal Sogno alla fanftion indetto da DarkRose86.
[ .Stan/Kenny. .Stan/Wendy. ]
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Eric Cartman, Kenny McCormick, Kyle Broflovski, Stan Marsh, Wendy Testaburger
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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The door cracks open, but there's no sun shining through

Fanfiction scritta per il concorso Dal Sogno alla Fanfiction indetto da DarkRose86

Genere: drammatico/romantico/triste
Rating: Arancione . 
Personaggi: Stan Marsh, Kenny McCormick, Wendy Testaburger, Kyle Broflovski, Eric Cartman.
Pairing: Stan/Kenny, Stan/Wendy, Eric/Kyle.
Avvisi: What if... , shonen ai/yaoi, linguaggio colorito, accenni alla violenza.
Note:
  • Questa storia è sviluppata intorno a un importante What if... ovvero la modifica sostanziale dell'episodio Kenny Dies.
  • I personaggi potrebbero sembrare OOC, ma ho pensato che gli eventi narrati nella storia, possano essere un'esauriente giustificazione.
  • La storia è ambientata quando i nostri protagonisti sono ormai adulti.
Big Damn Table's prompt: 030.Death
Dedicato: a Momoko89, direi che sarebbe il mio regalo di Natale per lei  se non fosse una storia triste, dal momento che era entusiasta dell'idea dello Stenny.
Special Thanks: alla mia squadra di supporto morale che mi ha spinto a finirla e a DarkRose86 per  aver portato pazienza e concesso la proroga.

   





He absconded to prowl wonderland

*



Quando aprii la porta e mi trovai di fronte quegli occhi cerulei, capelli disordinati biondo sporco e un sorriso tra il malizioso e il divertito, non ebbi dubbi.
Lo abbracciai come si abbraccia un fratello scomparso che dopo anni e anni ritorna nella sua casa.
Nonostante l'assenza di un qualsiasi legame di sangue, la persona che stavo abbracciando era un fratello, uno dei miei tre fratelli, di quella famiglia formata da persone chiamate "amici" che sanno scaldarti il cuore più di un qualsiasi familiare e molto spesso è più desiderabile la loro compagnia di un nottata di passione con la persona amata.
Io avevo la mia famiglia di amici, una famiglia nata nell'infanzia, che a un tratto si frantumò perché ognuno di noi era diventato adulto e c'era il desiderio di costruire una famiglia diversa, come quella in cui eravamo stati allevati, una famiglia più intima, formata da due innamorati che volevano un loro posto in quel mondo e... chissà... altro.
E nonostante nel nostro gruppo si fosse insinuata una crepa, perché uno di noi voleva viaggiare, lontano, in esplorazione delle meraviglie del mondo, con la speranza di trasformare un sogno in realtà, noi eravamo legati da un filo invisibile e indistruttibile.
L'America è il luogo dove puoi vedere i tuoi sogni prender forma, trattenerlo in questa cittadina di montagna sarebbe stato davvero egoistico. Lui prima o poi sarebbe tornato a casa.
La sua assenza era stata dolorosa, anche perché è proprio quando perdi qualcosa che inizi ad apprezzare il suo valore, a capire quanto era importante per te.
Ma ora nulla del genere importava, ora Kenny era ritornato, era lì nel mio abbraccio, tornato a casa, da me, Kyle e Cartman.



« Wow che bella casa Stan, sembra una di quelle abitazioni che si vedevano nei vecchi film anni '80 ambientati nella Grande Mela »  nei suoi occhi c'era una uno strano entusiasmo quasi infantile, mentre avanzava nella mio villino e si complimentava con il mobilio e ogni elemento che arredava la casa, tutta opera di Wendy o meglio sua e di Bebe, che era diventata un'arredatrice e il suo primo esperimento era stato appunto la nostra casa; ma non lo dissi a Kenny, avevo tante cose da raccontargli, così tante davvero importanti che... dall'emozione non uscì una sola parola.
« E così vivi qui con Wendy. Spero che vi sia arrivato il mio regalo di matrimonio »
« Sì, eccome, ti abbiamo anche mandato i ringraziamenti ma... credo non ti siano arrivati, giusto? »
Sorrise rispondendo affermativamente alla mia domanda.
« Comunque accomodati Kenny, fa come fossi a casa tua, anzi! Ti sistemo le valigie nella camera degli ospiti, ok? »
« Non serve che ti disturbi Stan, andrò da mio fratello che poi ho scoperto essersi sposato con tua sorella »
« Eh già, sembra proprio che siamo parenti, amico. Ma come l'hai saputo? Shelley mi aveva detto che Kevin non ti aveva mandato nessun invito per il loro matrimonio » mi sedei sulla poltrona davanti a lui, che si accomodò sul divano che tenevamo al fianco di un grande camino, a me e Wendy piaceva tanto d'inverno coccolarci lì davanti, anche se oramai eravamo un po' grandini per le coccole da adolescenti.
« Tua madre » rispose accompagnando le sue parole con un sorriso « L'ho incontrata al Wal Mart appena arrivato a South Park, poche ore fa, lei mi ha dato il tuo indirizzo di casa. E' ancora una bella donna »
« Wow, strano non abbia chiamato per dirmi che ti aveva incontrato »
« Probabilmente sperava di farti una sorpresa »
« E c'è riuscita » pensai che dopo un lungo viaggio avesse voglia di mettere qualcosa nello stomaco e un drink, lui optò solo per dell'amaro. Presi la bottiglia e servii due bicchieri: una bottiglia di alcool a bassa gradazione era la compagnia ideale per due amici che avevano tanto da dirsi.  
« Mi ha dato anche l'indirizzo di Kevin, ma sai... da quando i nostri genitori sono morti è come se anche il nostro legame di fratellanza si fosse sciolto »
Un breve silenzio per ricordare il lutto dei McCormick, morti a causa dell'alcool.
« Erano brave persone » affermai rompendo quel silenzio.
Kenny annuì, ma si vedeva dallo sguardo che preferiva non pensarci e dunque trovai subito modo di spostare la conversazione su altri lidi « Cazzo Kenny, te ne sei andato via a diciannove anni e ora... ne abbiamo entrambi trentadue, ma ti rendi conto? Cavoli... raccontami un po' cos'è successo nella tua vita e son curioso poi di sapere con quale denaro hai potuto regalare a me e Wendy il pianoforte a coda »
« Una volta andato via, ho cercato di far fortuna nel mondo della musica, ho girato vai posti: prima San Francisco, poi Chicago, infine New York e lì hanno apprezzato la mia musica, i miei spartiti jazz/blues e ho avuto l'occasione di suonare a Brodway, sai? » 
« Kenny ma... è fantastico! »
« Eh sì, ho avuto l'occasione di riscattarmi grazie ai miei spartiti e al mio amico Barry, il mio sax, l'unico compagno fedele che ho avuto »
« Quindi sei diventato un musicista famoso lì nell' Est? »
« Non mi posso lamentare dai, ho una buona fama, sì, e ne vado orgoglioso. E' il mio unico successo nella vita e voglio tenermelo stretto; solo che poi -un mese fa- ho visto un film di Woody Allen, non so se lo conosci, Manhatan »
« Confesso di ricordare poco i film di Woody Allen »
« Capisco... comunque quel film e la sua colonna sonora, Rhapsody in blue di Gerwish, uno dei miei compositori preferiti, mi hanno fatto venir nostalgia di casa. Son rimasto colpito dall'amore che lui mostra per la sua New York in quel film e ho pensato che in fondo è ovvio che la nostra casa ci piaccia tanto e... ho pensato a South Park »
« E sei ritornato »
Mi raccontò qualche aneddoto sul suo viaggio tra i vari States, di luoghi fuori dal tempo che probabilmente non sono segnati nemmeno sulla cartina geografica, di persone senza un volto o un nome che l'avevano colpito magari per l'accento particolare o per l'orologio che indossavano o per il decolté e delle esperienze più o meno belle che con queste persone aveva avuto.
Mi parlò di passioni che erano durate un solo giorno e di legami che lo avevano fatto sentire intrappolato; fece dell'autoironia sulla sua incapacità di avere relazioni serie e cercò di ridere mentre mi raccontava di situazioni obbiettivamente disperate che aveva vissuto. Ma era diventato forte Kenny, l'ironia sembrava esser diventata la sua lama che contrastava tutto e tutti, lui che un tempo era così silenzioso ora mi intratteneva con i suoi monologhi sulla sua vita.
Una mezz'ora indimenticabile sulla sua vita, appassionante quanto un romanzo.
« Ma dimmi di te Stan, voglio sapere cosa mi sono perso in questi anni della tua vita e sono ben propenso agli ultimi pettegolezzi di South Park »  mi fece l'occhiolino, mettendosi comodo e preparandosi un terzo bicchierino che potesse scaldarlo per il mio racconto, che ero convinto non sarebbe mai stato appassionante quanto il suo.
« Che dirti... son sposato con Wendy da cinque anni, da quando siamo riusciti a comprarci una casa. Ci siamo fortunatamente riusciti perché appena finito il College abbiamo trovato subito lavoro. Io sono impiegato nella redazione di un giornale sportivo, a Denver; Wendy invece è diventata oncologa e nel tempo libero è promotrice di battaglie contro il cancro, in parole povere la sua professione l'assorbe completamente. Da una parte son felice che si interessi a questi problemi, ma da un lato... mi rattrista »
« Vorresti dei bambini, eh? »
Alzai le spalle e sorrisi facendogli capire che era logico, nella mia idea di famiglia la presenza dei figli è importante quando il rapporto tra marito e moglie è maturo « Beh si vedrà. Non che lei non li vorrebbe però... a lei piacerebbe adottarne uno »  
« Wendy è sempre stata sensibile a queste cause sociali »
Parlammo ancora un po' dei particolari del nostro rapporto, non capivo perché ma parlarne con Kenny mi faceva sentire... compreso. Parlarne con Wendy era qualcosa di pressapoco inutile, lei avrebbe ingigantito i nostri piccoli problemini più che naturali, mentre Kyle era totalmente inesperto sull'argomento o così almeno sembrava.
« ...già Kyle non capisce la mente delle donne »
« Ma come, credevo che lui fosse il più propenso a capire problemi d'ambito femminile »
Ci guardammo un attimo negli occhi, poi scoppiammo a ridere.
Il primo a riprendersi fu Kenny che aggiunse un'altra domanda che avrebbe fatto nascere altra ilarità. « Kyle e Eric alla fine si sono sposati o qualcosa del genere? » 
« Se per te avere casa distrutta ogni settimana e fare una fuga da telenovella Sud-Americana coincide con l'idea di amore, sì »
« Cavoli ma allora fanno sul serio! »
« Più o meno hanno sempre fatto sul serio »
« Cazzo, e pensare che quando avevo tredici anni Kyle era la mia più grande fantasia erotica »
Ci mancò poco che non mi strozzai con il mio secondo bicchiere d'amaro. Cosa diavolo aveva detto Kenny?
Occhi dilatati, non sapevo nemmeno io se per lo stupore o per la paura. Continuò facendo congetture sul fatto che se Eric l'avesse saputo l'avrebbe ucciso e cose simili finché non me ne uscii con una domanda; assurda probabilmente « Kenny sei bisessuale? » 
« Sì, credo di potermi definire così, anche se... » guardò fuori dalla finestra, lì dove il cielo si stava oscurando, regalando al tramonto le parole che non pronunciò.
Cambiò discorso dando un taglio netto alla mia curiosità su di lui.
« Meno male che non sono andato a casa loro, se li avrei trovati in un momento di estrema intimità sarei morto. Un nazista che fa sesso con un ebreo... oddio... »
Scoppiammo a ridere entrambi immaginandoceli litigare anche mentre facevano l'amore.
« E non avevi paura di trovare me e Wendy in un momento d'intimità? »
« Saresti corso subito tu alla porta, non importava com'eri; mentre Wendy sarebbe rimasta a sistemarsi... » forse era una mia impressione ma diceva questo fissandomi in modo davvero sfacciato, o forse è più corretto dire piacevolmente sfacciato ai miei occhi, con un sorriso sghembo che era interpretabile in diversi modi.
Conoscevo Kenny e la sua mente stava progettando qualcosa, ma cosa, non sapevo « ...in biancheria o forse solo con una vestaglia saresti venuto. Sarebbe stato interessante se vi avessi disturbati, sì »
Era solo una mia impressione.
Il suo sguardo era solo una mia impressione.
Sì, doveva solo essere un'impressione.
Un'impressione che mi faceva notare che nella sala c'era caldo, meglio rimanere solo in camicia, con i primi due bottoni fuori dalle asole, non voleva dire nulla ma... era dannatamente caldo.
« Kyle ora è a lavoro, credo sia meglio incontrare lui e Cart-ehm... Eric... » era dannatamente difficile dopo anni d'abitudine chiamarlo per nome, ma Kyle voleva tanto lo facessi. « ...domani. Rimani qui a cena, Wendy ne sarà felicissima, le dirò di cucinare il Rost Beff, è una sua specialità »
« Cucina di casa... » si portò l'indice sulle labbra con lo sguardo perso nel vuoto, come stesse ricordando qualcosa a me sconosciuto « E' da anni che non mangio qualcosa fatto in casa da una donna » 
Quella sola frase mi rattristò.
Mi strinse il cuore... tanto... facendomi sentire molto triste.
Quanto aveva sofferto Kenny in giro per il mondo? Era scappato per l'America in cerca di un'anima gemella? Era fuggito dal dolore della morte dei suoi? Voleva uscire dalla sua posizione sociale? O forse aveva viaggiato per tutti questi motivi insieme?
Non lo sapevo, ma avevo come l'impressione che per quanto avesse guadagnato dalla vita, diversi demoni ancora lo seguivano ad ogni suo passo, non permettendogli la pace e tutto era ancora più doloroso perché non aveva nessuno vicino a regalargli un calore speciale, a tenerlo per mano ad ogni suo passo e a uccidere la condizione di solitudine in cui ogni uomo versa  se non ha qualcuno accanto capace di colmare l'invisibile buco nero in mezzo al petto che ha sete d'affetto.
« Kyle e Eric cosa fanno? »
« Kyle è un avvocato e lavora presso uno studio legale a Denver, Eric invece è qualcosa tipo un'azionista, ma non saprei, fa tutto tramite internet... mi puzza... »
« Insomma non è cambiato di una virgola » concluse deridendo Cartman e mi unii subito alla sua risata.
Era come se fossimo ancora bambini.
Era come se non fosse passato un giorno dalla partenza di Kenny.
Era come se il tempo non avesse mai fato il suo corso.
« Non vedo l'ora di rivederli... » ammise piegando le labbra in un sorriso malinconico.
Stupidamente -molto stupidamente- mi chiesi quanta voglia di vedermi l'aveva spinto a bussare alla mia porta, nonostante ero uomo ormai, infantilmente sorrisi credendo di essere speciale un po' più speciale del suo migliore amico e della sua ex-fantasia sessuale... e rabbrividii.
Cos'ero allora?
Il battito cardiaco era aumentato, velocizzato, mentre cercavo di respirare ma senza successo.
« Stan? »
Caddi dal mio stato di shock, cercando qualcosa nei suoi occhi blu che non potevo trovare.
« Stan, tempo fa ho composto un concerto per pianoforte... mi chiedevo se volessi sentirlo... »  dannazione, era il modo di chiederlo con quegli occhi tristi?
La mia coscienza però non voleva ancora lasciarmi in pace... "Cos'ero io per Kenny?" ...ricordai tutte quelle telefonate negli anni passati, solo a me, a nessun altro.
« Certo Maestro, vorrebbe farlo col suo regalo di nozze? » questa volta fui io a provocarlo con un sorriso.
« Perché no »
Compiaciuto mi seguì nella stanza adiacente, saltellando dietro di me, sentivo inspiegabilmente il sguardo fisso su di me. Era una sensazione piacevolmente fastidiosa.
« Invidio Wendy che può toccarlo... » mi irrigidii al suo tono, bloccandomi.
« C-Cosa? » credo colse la perplessità nel mio sguardo e quando lo vidi soffocare una risata era sicuramente per il colore che le mie gote avevano assunto, come se fossi un imbranato adolescente.
« Il pianoforte, Stan, il pianoforte »
Già... Wendy suona il pianoforte.
Glielo mostrai, lì al centro della sala, con la sua elegante coda, gli girò intorno, braccia congiunte dietro la schiena ed espressione compiaciuta, ad ammirare quel regalo che mai aveva potuto vedere, come a me era stata negata la possibilità di vederlo diventare uomo.
Lui non ci aveva mai creduto, mai aveva creduto potesse diventare uomo. Me lo aveva confessato, in un passato ormai coperto dalla polvere della memoria.
Si mise seduto, pronto ad incominciare, fece due accordi sospirando per il bel suono prodotto, poi eseguì una veloce scala cromatica. « Stupendo » annuii alla sua sentenza.
« Bene ora ti suonerò il brano che mi ha portato a Brodway, s'intitola Concerto per pianoforte dedicato a S. »
Mi sedetti sulla poltrona lì affianco, avendo una perfetta visuale di Kenny.
Mi guardò senza parlare, sembrava studiare il mio sguardo. Per lunghi secondi fermò il tempo, privandomi dell'ossigeno. E come nulla fosse iniziò.
Iniziava con un Adagio Concerto per pianoforte dedicato a S.
Mi era stranamente familiare quella melodia nonostante fosse una composizione originale.
L'eseguiva per me, solo per me in quella casa in cui non c'era nessuno tranne noi, in quella casa che non era certo un locale di Brodway o un qualsiasi teatro, eppure l'eco dell'armonia entrava fin sotto la pelle ed era... per me; mia soltanto quell'esibizione.
Concerto per pianoforte dedicato a S. ...Concerto per pianoforte dedicato a S(tan)?
Importava?
Suonava solo per me in quel momento.


*


« Stan? »
Di certo il giovane avvocato Broflovski non si aspettava la visita del suo migliore amico, nel suo studio legale a quell'ora, difatti strabuzzò gli occhi appena lo vide avvicinarsi col sorriso cordiale e diede un'occhiata al suo orologio da tavola, che segnava svizzero le 10:00 del mattino.
« Certo che lavori tanto Kyle »
Disse Marsh con tono scherzoso alludendo alla sala d'accoglienza vuota.
« Non è uno studio medico »
Sospirò il rosso, dicendo all'amico di chiudere la porta per salvare la loro imminente conversazione dalle orecchie indiscrete della segretaria che lavorava nell'altra stanza.
« Allora qual buon vento ti porta qui? »
« Cattivo vento Kyle, cattivo »
Non avrebbe dovuto usare quelle parole, dal momento che la natura del suo migliore amico lo portava poi a preoccuparsi mortalmente, infatti lo guardò con aria grave incitandolo a parlargli.
S'interrogava mentre aspettava con ansia e batticuore che Stan parlasse.
« Voglio separarmi da Wendy » ma chiunque avrebbe visto che non ero serio dal tono assunto.
Kyle sospirò, rincuorato: solito litigio matrimoniale.
« Ah... stavo iniziando a preoccuparmi sul serio, amico »
« Grazie per la comprensione Kyle » la pungente ironia svelava irritazione.
« Su, che è successo? Avete litigato perché hai sbagliato a fare il bucato rovinandogli il suo golf preferito? »
« Divertente Kyle, comunque tu e Eric litigate per queste cose, non io e Wendy » fece una smorfia Kyle sentendosi colpito dall'affermazione dell'amico, che in effetti non poteva smentire.
« Sai Kyle, è che... cavolo, io voglio avere un figlio! Un bambino che guardandolo si possa dire "Cavoli è tutto i suoi genitori!", che possiamo accompagnare la domenica al campo da baseball e tifare per lui dagli spalti, un bambino al quale regalare l'ultima console e giocare con lui magari  »
« Che maschilista sei Stan »
« Eh? »
« Se fosse femmina? »
« Sarei felice lo stesso... che centra? »
Kyle sospirò e piegò le labbra in un sorriso, cercando però di non scoppiare a ridere per le manifestazioni talvolta ipocrite del suo migliore amico.
Un desiderio venne sussurrato in un attimo di silenzio.
« Vorrei lo volesse... »
« Stan avete ancora tempo per avere un bambino, lascia che ci rifletta » eppure le parole del suo migliore amico non lo consolarono molto.
« Vorrei essere omosessuale anch'io »
« Stan! »
« Almeno non avete questi problemi »
« Ce ne sono altri »
« E vi capite! »
« Cosa? Scherzi? » Kyle Broflovski ed Eric Cartman avevano vissuto di tutto insieme, si amavano, ma c'era una cosa che mancava nel loro rapporto: la comprensione. Mai avevano compreso pienamente l'altro, Kyle si meravigliò per questo: che Stan fosse impazzito?
« Sì, lo so che voi siete...voi, ma siete entrambi uomini »
Il rosso scosse il capo non comprendendo. « Aspetta... non ti seguo... vuoi dire che essendo uomini possiamo capire meglio i nostri bisogni? » « Non solo, ma la linea di pensiero di un uomo non è come quella di una donna, perciò entrare nella mente di un uomo è più facile, come è più facile parlare di certi argomenti » « Tipo? »
Stan tacque, aprì bocca poi per dire qualcosa ma non vi uscì una sillaba e l'amico alzò un sopracciglio, incuriosito non tanto da cosa volesse dire l'altro, ma dove voleva finire con questo discorso.
« Beh ora non ne ho in mente uno, ma... ci sono »
« Amico, io credo che dovresti parlare con Wendy, non serve a nulla evitare l'argomento o arrabbiarsi al momento che ti dice no e lasciar cadere la cosa »
« Sinceramente, tu riesci a parlare con Cartman? »
« Se ho un problema, sì, ovvio »
« Vedi? E' come dicevo io! Perché lui è un uomo. Con Wendy è... impossibile »
« Stan! » a quel punto Kyle non faceva complimenti a mostrarsi seccato dalla conversazione « Il problema è un altro, spara, cosa c'è? » fissò i gomiti sulla scrivania porgendosi col busto in avanti e gli occhi fissi in quelli dell'altro, mettendo leggermente a disagio il moro.
« E' che... tu perché stai con Cartman? »
« Non stiamo parlando di m- » « Rispondi! »
Ora era Kyle ad esser leggermente in imbarazzo, ma se poteva incitare il suo amico a parlare, allora poteva pure un po' mettersi a nudo « Beh mi sembra ovvio... perché sono masochista e mi piace vivere con un nazista che vorrebbe uccidermi, anche perché mi serviva un tetto sotto il quale andare e lui era l'unico ad offrirmelo »
« Sul serio? »
« No, Stan! Perché lo amo! » avrebbe voluto strozzarlo.
« Ecco, questo è il punto! »
« Che vuoi dire? »
« Lo ami nonostante i suoi difetti, ci passi sopra e li accetti »
« Ovvio »
« Io... no. Ci ho provato, ma non ci riesco »
« Stan scherzi? Lei è... la ragazza dei tuoi sogni, sei innamorato di lei da quando eri un moccioso, ora cos'è questa storia? »
Nessuna risposta.
Forse il silenzio poteva dire più di quanto potessero dire le parole.
« Ti sei stancato di lei? »
« Io voglio solo un figlio »
« Credi che un bambino possa salvare il vostro matrimonio? »
« No, no... non lo credo »
« E allora Stan? Che ti succede? »
Gli occhi azzurri di Marsh si specchiarono in quelli color verde sottobosco del suo migliore amico, cercava qualcosa, un'ispirazione che potesse farlo parlare, doveva mandare a fanculo quella maschera d'ipocrisia che da sempre lo faceva apparire come la persona matura e benvoluta da tutti che era. 
Come doveva.
Come volevano.
Come era giusto.
Ma quando era solo con la coscienza? Spesso era difficile ignorare se stesso con le sue numerose domande.
Diede un'occhiata all'orologio al polso, doveva essere al lavoro da un po', per questo sospirò rumorosamente. Troppo -da dire e capire- e poco il tempo.
« Mi sono ricordato una cosa... »
« Stan per favore non evitare l'argomento! »
« ...Kenny... »
« Kenny? »


*


« Non ci credo ti stai lasciando sodomizzare... »
Sussurrò Kenny che era steso a torso nudo sul divano, io sopra di lui venivo trasportato il più vicino possibile al suo viso dalla sua presa ferrea al colletto della mia camicia aperta.
Finimmo fronte contro fronte, entrambi a contemplarci negli occhi, io li chiusi sentendo il suo respiro sulle labbra, pregustando il momento che attendevo con impazienza, anche se il cuore non era del mio stesso avviso; batteva veloce, turbato, eccitato, come del resto la mia virilità. I pantaloni erano diventati maledettamente stretti.
Ancora nessun bacio, spostò la testa direzionando le sue attenzioni al mio lobo destro, stuzzicandolo con la lingua e non trattenni alcun gemito.
Eppure i suoi tocchi lascivi erano carezze fantasma.
Ero eccitato, ma non sentivo il piacere.
Sconcertatamente illogico.
« Stan... mi dispiace che sta tradendo Wendy »
« Non la sto tradendo »
Si fermò e i nostri occhi s'incontrarono ancora. E mi fece male il suo sguardo.
« Si tradisce chi si ama »
« Non ami Wendy? »
Scappai dalla risposta baciandolo e chiudendo gli occhi.
Eppure -dopo tanta eccitazione per l'attesa- non fui appagato.
Lo baciai con passione, con un trasporto che non credevo mio, ero come un leone che divorava un agnello. Un agnello fin troppo provocante e malizioso però, per esser tale.
Volevo di più, ancora, perché il desiderio era immenso, incontrollabile eppure qualsiasi contatto non era appagante come doveva essere.
Ripresi lucidità quando le sue braccia mi cinsero il collo.
Fermo.
Ogni cosa ferma, per un solo attimo.
Nel suo abbraccio mi portò a stendermi su di lui.
« Sei sexy, Stan » scherzò. Guardavo lontano, verso le tende chiuse che scrutavo con curiosità, tende nere, un colore insolito per i gusti di Wendy, forse erano l'ultima moda del momento.
Piansi, vergognandomi.
Piansi pensando a lei.
Piansi pensando a lui.
Ogni lacrima che cadeva aveva un suo significato, era per qualcuno o qualcosa, per il senso d'insoddisfazione per la mia vita, la stessa insoddisfazione che mi stava dando quel rapporto.
Avevo sempre creduto di vivere una vita meravigliosa, ma solo in quel momento mi resi conto che avevo solo iniziato a cercare il mio Paese delle Meraviglie.
Perché non vivevo in un sogno.
« Stan? » era ridicolo che piangessi come una femminuccia, come solo Butters poteva fare, ero così patetico... sperai solo che Ken non volesse consolarmi con qualche effusione, il mio orgoglio ne sarebbe uscito morto da un tale contatto.
« Non provare a consolarmi Kenny »
« Non era nei miei piani »
« Sai, mi sento come uno che non ha capito un cazzo della vita e ha fatto solo errori, non riuscendo a dare la felicità a chi tenevo » era tristemente vero e io non credevo riuscissi ad esser così sincero in quel momento, forse perché non lo guardavo negli occhi « Credevo di vivere in una realtà perfetta, invece... »
« Nulla è perfetto Stan, anche le cose più belle non sono perfette » sorrisi amaramente alle sue sagge parole, concordando « ...già, come neanche i sogni »
« Ma forse il fascino di ogni cosa sta proprio in questo »
« Cioè? »
« Nell'imperfezione »
Rimasi in silenzio, pensando se avesse ragione o meno. Forse sì, ma la mia razionalità era come spenta e non potevo riflettere lucidamente sul senso di quelle parole.
« Tutti cerchiamo la felicità o la perfezione, e in questa ricerca noi impariamo qualcosa, su noi stessi, sugli altri e sul mondo. C'è chi poi riesce a capire che nelle piccole cose sta la felicità e quella persona è fortunata, perché sa accontentarsi, ma in fondo nessuno è mai realmente appagato da quello che ha e forse ciò è un bene. Avere un sogno, per quanto impossibile, porta ad impegnarci a raggiungerlo e a dare sempre il meglio di noi stessi o a conoscere cose che possono arricchirci e aiutarci a comprendere »
Risi.
Non per le sue parole, ma di me.
« Io sto dando il peggio di me stesso »
Questa volta fu lui a ridere.
« Tu non hai più sogni Stan... » rabbrividii alle sue parole « ...tu stai solo cercando di rimediare riprendendo i cocci dei tuoi sogni distrutti » mi accarezzò la testa dolcemente « Ma non pensarci ora che sono qui » e cercai di seguire il suo consiglio, chiudendo gli occhi, chiudendomi dentro una confortante oscurità.
« Stan, cosa faresti se io dovessi morire? »
Che senso aveva una frase del genere in quel momento?
« Cercherei in ogni modo di farti rinascere »
« Sei sempre il solito presuntuoso ipocrita »
 


*



« Bentornato Kyle »
Salutò con eccessiva cordialità Eric Cartman al ritorno del suo compagno a casa, che a quelle parole fece un passo indietro dalla soglia della porta, col dubbio che quello non fosse il suo ragazzo, ma forse era la stanchezza, sì, erano le 18:00 inoltrate e fino a un'ora prima era in ufficio sommerso dal lavoro: probabilmente aveva davvero sognato.
« Che hai? Stai male? »
No, non era la stanchezza, era davvero gentile. Ed aveva paura che Eric stesse per dirgli qualcosa che avrebbe preferito non sapere. 
« Stai cercando di dirmi che siamo andati in banca rotta? Vuoi uccidermi perché hai trovato un'altra persona e non ti servo più? O hai ucciso un uomo e vuoi che ti aiuti ad occultare il cadavere? O hai fatto una rapina in banca e vuoi rendermi tuo complice? »
Broflovski ricevette un'occhiataccia dall'altro « Certo che hai un'alta considerazione di me »
« Sono semplicemente realista. Che hai combinato? »
« Non ho combinato niente. Semplicemente ho fatto ho fatto un buon investimento e siamo più ricchi di di 6.000 $ »
« Ah... ok » lo baciò velocemente e lo sorpassò, non vedeva l'ora di mettersi comodo e potersi stendere un attimo.
« Kahl? 6.000 $ ! E tu tutto quello che hai da dire è un semplice Ah?! »
« Sono felice »
« Non morirmi dall'entusiasmo allora » lo apostrofò con sarcasmo, coprendo il fastidio di non esser considerato da Kyle. Eppure pensò che era davvero strano che un ebreo non saltasse di gioia parlando di soldi, quindi lo seguì fino in camera pensando che davvero ci fosse qualcosa che non andava « Che hai? ».
« Nulla... » si tolse la giacca, riponendola nell'armadio sotto lo sguardo inquisitore di Cartman, che stava provando -senza successo- a leggere nella mente del compagno.
« E' che...  » Kyle rivide davanti agli occhi un'immagine dolorosa, che mai aveva scordato, mai avrebbe potuto scordare. Anche Eric o forse soprattutto lui -anche se mai sembrava aver sofferto- aveva scordato.
« ...Stan mi ha parlato di Kenny oggi... » una decina di secondi di silenzio, invisibili puntini di sospensione che aspettavano un commento, che non fu altro che un monosillabico « Ah ».
Bastò solo questo.
Eric fingendo indifferenza lasciò la camera, con la scusa che Kyle doveva cambiarsi. In sala grazie al cielo la televisione era accesa, aveva un alibi per stare solo con se stesso, una copertura da mostrare all'intero mondo, Kyle per primo ovviamente, al quale ancora celava i suoi pensieri.
Nonostante fossero passati anni e anni, il ricordo di Kenny non svaniva mai dalla sua mente e il ricordo di quel giorno particolare d'autunno soprattutto.
Lui non aveva mantenuto la promessa fatta a Kenny, nonostante Eric Cartman mantenesse ogni promessa; aveva fatto di tutto per mantenerla, tanto da non riconoscersi nemmeno più.
Ma Kenny era morto.
Aveva combattuto contro la Legge, aveva fatto un lungo viaggio per l'America, dal governatore del Colorado fino a Washington, aveva fatto parlare in TV di se e di Kenny, con la speranza di colpire il cuore delle persone, e ci era riuscito, ma non col successo sperato, la legge sulle cellule staminali alla fine non era stata applicata e Kenny morì. Aveva solo diciassette anni quel ragazzo e aveva visto così poco della vita; Eric gli aveva promesso che sarebbe andata a lieto fine la sua storia, perché lui ne aveva viste di tutte i colori e tante volte era stato vicino alla morte, ma l'aveva sconfitta, perché era il suo migliore amico nonostante tutto e per questo doveva stargli vicino come Stan era vicino a Kyle, perché ancora doveva diventare ricco ed aiutare la sua famiglia, perché doveva aiutarlo a conquistare Kyle, perché doveva ancora finire di diplomarsi, perché doveva realizzare il suo sogno di diventare un musicista famoso, perché semplicemente non meritava di morire; ma non fu così.
E la morte di Kenny sconvolse le loro vite: uccise di dolore i genitori, i quali lo seguirono nella morte, fece scoprire a Eric che aveva un cuore e una sua sensibilità, fece vedere a Kyle il lato migliore di Cartman finendo per ricambiare i suoi sentimenti e portò Stan a un lungo periodo di depressione che preoccupò molto familiari e amici. Per questo l'argomento Kenny divenne tabù.
Rimase a fissare la televisione assente, lasciando che le immagini del loro ultimo incontro e del funerale scorressero davanti ai suoi occhi. Dannato Stan, perché aveva tirato fuori quell'argomento? Non voleva piangere, odiava esser debole, e poi era passato, cosa poteva farci?
Kenny di certo non sarebbe tornato.
« Eric? »
Kyle l'abbracciò per poterlo confortare almeno un po'. Forse Stan dopotutto aveva ragione, capirsi non era tanto difficile.
« Che c'è? Sto guardando la TV »
« Non fingere con me, Cartman »
« Riguardo cosa? »
« Sai bene di chi parlo »
« Illuminami »
Gli occhi smeraldo mostrarono un certo fastidio a tanta strafottenza, ma Kyle era pur maturato al contrario di Eric, quindi evitò che la conversazione si trasformasse in una lite. Si sedette al fianco del compagno e con lo sguardo basso confessò « Manca anche a me Kenny » e la sua mano sinistra fu stretta da quella di Cartman, che decise di buttare giù la maschera d'indifferenza che aveva indossato ostinatamente « Come è saltato in mente a Stan di ricordarlo? »  « Ha detto che l'ha sognato. Ha sognato che tornava a casa dopo anni e nel sogno lui era stato via da South Park per tanti anni perché aveva viaggiato per l'America, riuscendo a realizzare i propri sogni  »  sarebbe stato bello fosse stato realtà.
« Quando hai sentito Stan ?»
« L'ho visto, stamattina »
« Quindi tu da stamattina sei con questo umore? »
Non rispose, era troppo evidente la risposta, ma non se la sentiva d'incolpare il suo migliore amico « In realtà ho avuto la mente occupata da altri pensieri, Stan mi preoccupa è... strano... »
« In che senso strano? »
« La solita storia: lui vuole un figlio, Wendy no. Solo che lui ci tiene davvero a questo figlio e se prima o poi Wendy non acconsentirà lui mi ha fatto capire che vorrà il divorzio »
« Finalmente! Ha capito che Wendy è...  »
« Eric! »
« Dai, stavo solo scherzando. Che ebreo suscettibile che sei »
« Non c'è nulla da scherzare: Stan vuole lasciare la donna dei suoi sogni, che ama da quando aveva otto anni »
« Si sarà stancato »
« Che significa? Io ti conosco da quando ho tre anni, se domani decido di lasciarti non ti meravigliare allora, parole tue »
« Non centra nulla, quello che proviamo noi e quello che prova Stan per Wendy è diverso »
« Che ne sai? »
« Lui non guarda Wendy come io guardo te » avvampò Kyle a quelle parole, mentre Eric evitò semplicemente di guardarlo. Era sempre così dannatamente difficile mettere a nudo i propri cuori, nonostante il tempo passato, nonostante fossero adulti; ma per chi ama il tempo non esiste, per chi ama davvero il tempo si ferma e quello che si prova è sempre come la prima volta.
Lasciarono il loro imbarazzo al silenzio per lunghi istanti, poi seccato Cartman lo ruppe, non volendo che Kyle potesse aggiungere qualcos'altro di tanto smielato « Probabilmente Stan non la ama più »
« Ma stanno insieme dalle elementari, o meglio si sono lasciati e rimessi insieme più volte, qualcosa deve pur esserci, insomma si sono sposati! »
« Credo sia questione d'abitudine »
« Abitudine? » ci rifletté per qualche secondo, eppure Kyle non era convinto, il suo silenzio testimoniava ciò, per questo Eric gli portò un esempio pratico.
« Metti caso che tra di noi non ci sia più sentimento, ma non c'è nemmeno odio o qualcos'altro e rimane l'affetto, tu mi lasceresti? »
« Intendi se non c'è una terza persona? »
« Esatto »
« Io... non credo »
« Perché sei abituato comunque alla mia presenza, ai miei ritmi di vita, non c'è un altro punto di riferimento dove potresti andare, però se per caso inizio ad essere un fastidio per te o inizi a renderti conto che c'è qualcosa che manca tra noi, non desidereresti qualcos'altro...? »
« Aspetta! Stan ha detto che non vuole usare suo figlio come strumento per salvare il matrimonio e... e poi... Stan non lo farebbe mai, ne sono sicuro » seguì una grassa risata dell'altro, per l'ingenuità del rosso, ma le risate morirono non appena gli occhi color miele incontrarono uno sguardo da omicida.
« Scherzavo Kahl, scherzavo » lo faceva un po' troppo per i gusti dell'altro « Stan vuole davvero un figlio, mi ha raccontato cosa si aspetta nel ruolo di padre, cosa gli piacerebbe fare, come immagina suo figlio, suo figlio Kenny. Non so perché ma si aspetta sia maschio e vorrebbe tanto chiamarlo così; forse può sembrare macabro ma io lo trovo un bel pensiero »
Tremendamente gay, sentenziò mentalmente Cartman, ma era meglio evitare di scendere in simili argomenti con Kyle, che avrebbe fatto l'avvocato difensore del suo amico, anzi che venir incontro al suo ragionamento.
« Credo che un figlio possa essere alla fine uno stimolo di vita, un'ulteriore ragione per vivere »
« Io credo semplicemente che abbia bisogno di una ragione per vivere che porti il nome Kenny »



*


"Stan, morirò.
L'ho sentito dal dottore, lo diceva ai miei genitori.
L'unica cosa che rimpiango è di non aver potuto realizzare i miei sogni e sai.. a diciassette anni se ne hanno tanti e nessuno ancora realizzato.
Avrei voluto studiare musica in modo più approfondito e diventare un musicista.
Avrei voluto viaggiare per tutti gli States ed esibirmi nei locali più famosi e chissà, un giorno magari avrei potuto addirittura suonare a Broadway... sarebbe stato fantastico.
Ma è meglio così, mi piace morire credendo che se continuassi a vivere avrei realizzato i miei sogni, perché poi -quando s'infrangono- è ancora più difficile accettare d'aver fallito.
I sogni sono la forma dell'impossibile, è vero. Ma ci sono persone fortunate che riescono a farli diventare realtà, e non parlo di favole; tu per esempio sei così dannatamente fortunato, Stan. Cosa ti manca? Sei bello, intelligente, divertente, creativo, atletico, hai la ragazza più bella della scuola, sei il numero uno dei
Cows, hai una bella famiglia che ti vuole bene, hai il miglior amico che chiunque vorrebbe e tu, a tua volta, sei un amico fantastico.
Cazzo amico, hai proprio una vita perfetta, tu sì che puoi avere dal futuro quel che sogni. Mi raccomando, promettimi di andare al college, laurearti, sposare Wendy e con lei formare una bella famiglia che faccia invidia a quelle delle pubblicità in TV... anche se sono un po' geloso di questo.
Mi correggo anzi, son geloso, ma non del tuo futuro.
E' strano, ma tu... merda, sei perfetto.
Troppo.
Troppo, dannatamente perfetto e...
...
Come cazzo te lo dico che vorrei un bacio da te?"

  E me ne rendo conto che è una voce lontana. E' un eco del passato, un ricordo troppo nitido.
Ogni maledetta parola in questo spazio e tempo surreali, era realtà morta, ma ne rimaneva l'indelebile ricordo, che si era ancorato alla mia mente e mai -ne ero consapevole- mi avrebbe più lasciato in pace.

"Ops... te l'ho detto.
Non fare quella faccia, te l'avevo confessato qualche giorno fa che ero bisessuale, no? E dopo Kyle, è capitata a te la sfortuna d'esser entrato nei miei pensieri.
E temo non solo lì."

Ero entrato anche nel tuo cuore Ken?

"Sono felice infatti di morire sapendo che gli ultimi quindici giorni della mia vita tu li abbia dedicati a me. Non credevo mi volessi così bene, forse è solo perché sto morendo, mi piace credere però che tutte le ore che abbiamo trascorso insieme siano state piene di vero affetto.
...Piangi? Perché? Io son così felice.
E' bello andarsene così, con le sensazioni che provo in questi giorni.
...Stan?"

E mai mi sembrò tanto giusto un gesto impulsivo. O più che giusto, vero è il termine corretto.
Un bacio.
Non un tocco.
Appassionato.
Ma il ricordo delle labbra che si toccavano, dei sapori che si mescolavano, del piacere... tutto è finito nel baratro oscuro del tempo.
Scomparso per sempre.

"Non ti preoccupare Stan: porterò il nostro piccolo segreto nella tomba"

Kenny aveva un pessimo senso dell'umorismo.



*



Non era molto pratico del pianoforte Marsh.
Quello che possedevano era di Wendy, lei lo suonava e sapeva incantarlo, era uno strumento che riusciva ad esprimere così bene i più profondi stati d'animo...
Wendy gli aveva insegnato qualcosa, lui ogni tanto si apprestava a fare qualche esercizio, qualche scala, qualche accordo; non erano eccellenti i risultati, ma poteva compiacersene.
In quel momento le sue dita scorrevano veloci sul pianoforte, era concentrato su fastidiosi pensieri, che non riuscivano ad abbandonarlo, perseguitato da un pallino fisso.
Sognava.
Desiderava.
Voleva.
Ed aveva diritto a trasformare quel che voleva in realtà, era stato desiderio di Kenny dopotutto.
Scale diatoniche, pensieri sconnessi, suoni turbati, un riflesso d'inquietudine, le tende non lasciavano entrare luce in casa, nell'ombra, ma cieco solo dall'ossessione, suonava quella che sembrava una serie infinita di accordi, senza né capo né coda.
Una volta Kenny aveva suonato per lui, a scuola, voleva fargli vedere che aveva stoffa, ma non avrebbe avuto altre occasioni per esibirsi. Era tutto maledettamente ingiusto.
Un movimento di chiavi, Wendy era ritornata, ma Stan non si mosse, era come ipnotizzato dai suoi stessi movimenti, perso nella musica alla ricerca di quella musica che il tempo voleva strappargli dalla memoria.
« Stan sono a casa » eseguì la stessa melodia di un'ottava superiore, ma ancora nessun risultato. Non voleva darla vinta al tempo però.
« Stan, è tutto buio, ma che stai facendo... » e quando le luci si accesero lui arrestò l'esecuzione.
Prese un bel respiro, non capiva perché ma non aveva fiato.
« Ciao... » sussurrò turbata sua moglie  « ...cosa suoni? »
« Cercavo di ricordare un concerto per pianoforte »
« Buona fortuna allora, io... »
La mano di Stan serrò tra le sue dita il polso sottile di lei « Wendy, voglio un figlio » « Ne abbiamo già parlato Stan »  « Sì, ed ora è arrivato il momento di finire le discussioni ».
Mai era stato violento, con lei, così preziosa...
« Stan che cazzo stai facendo? » urlò imponendosi sulle azioni di lui. Solo per un attimo.
« Voglio Kenny »
« Cosa? Sei impazzito » provò a liberarsi e a rialzarsi da terra, ma Stan era uno sportivo e la teneva immobile sotto la sua stretta ferrea.
« Voglio mio figlio, Wendy » lei rabbrividì vedendo negli occhi tanta determinazione e non solo, c'era arroganza mostruosa.
Non era Stan quello, non quello affettuoso e premuroso che lei amava e pianse per la paura. Negli occhi di colui che amava c'era un altro uomo, che non l'amava, egoista, che desiderava qualcosa solo per se, non da condividere, non da amare come avrebbe dovuto.
« Stan! »
Lo richiamò più volte in una lacrimante preghiera, cercando di scalpitare per smuovere qualcosa in lui.
Wendy ignorava i meandri del cuore di suo marito e tanto meno sapeva come potevano trasformarsi le persone che desideravano ardentemente qualcosa. Spesso bruciavano se stessi, animi sognatori.
Lei era una donna coraggiosa, difficilmente perdeva la calma, ma davanti a una violenza -per quanto quello in fondo fosse suo marito- non poteva rimanere indifferente.


*



Stan Marsh realizzò dopo due mesi d'esser colpevole di un reato. Tardi.
Ma ancor più tardi realizzò che il suo amore per Wendy era finito, ancor prima del matrimonio, quel contratto che a giorni sarebbe stato sciolto.



Era in macchina ad attenderla in segreto due mesi dopo. L'aveva seguita di nascosto quella mattina ed era riuscito a non dare nell'occhio.
Il suo bene per Wendy, nonostante non fosse più amore, l'aveva spinto a prendere una decisione, salvare il loro matrimonio. Voleva che tutto tornasse come era prima, come se non fosse successo nulla; ma tutto dipendeva dall'espressione di Wendy nel momento in cui  fosse uscita dall'edificio nel quale si trovava da ore, accompagnata dalla sua migliore amica.
E quando la vide uscire il suo cuore palpitò per l'emozione e guardò il suo volto, stanco: un timido sorriso mesto era apparso e Bebe la teneva a braccetto, insieme erano dirette verso l'auto della bionda.
Strinse la mano in un pugno guardando lo studio ginecologico. Lui aveva sperato che dopo una lunga attesa ci avesse ripensato, invece...
Tutto era andato perduto.
Ora poteva piangere.



« Ha ucciso Kenny, brutta bastarda »





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Lo so è una storia un po' particolare, ha qualcosa di fastidioso, ma spero si possa apprezzare.
Ho voluto parlare del Sogno in diversi modi e dargli diverse forme. Il sogno è certamente la dimensione dove compare Kenny, un sogno è Kenny stesso, un sogno era la realtà in cui viveva Stan prima che i suoi bisogni si manifestassero, un sogno è che tutto possa tornare come prima dopo la violenza, il sogno di un figlio porta Stan a quel gesto di follia, ma allo stesso tempo è pur vero quello che dice Kenny: Stan non sogna, cerca di recuperare i suoi sogni infranti.
Detto questo voglio ringraziare DarkRose86 per aver indetto il concorso Dal Sogno alla fanfiction, che mi ha stimolato a scrivere questa Stenny ( che è stata letteralmente un parto ).
Cavoli, ancora non ci credo, HO VINTO!
Sono felicissima. Quì sotto trovate i giudizi.

 
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Giudizio: sapevo che da te dovevo aspettarmi proprio questo; mi ero ripromessa, ieri sera, di iniziare a leggere la tua storia e di finirla oggi, visto che è la più lunga in concorso ed ho iniziato a leggerla all'una di notte. Ma poi le emozioni hanno preso il sopravvento. Esatto, le emozioni. La tua fanfiction è qualcosa di assolutamente meraviglioso, ma andiamo con ordine: la trattazione del tema è splendidamente curata in ogni suo dettaglio, mi ha colpita in modo particolare il sogno di Stan; il suo stato d'animo è descritto talmente bene da costringerti ad immedesimarsi in lui. Sai, forse è proprio questo quel che di "fastidioso" di cui parli nella nota a fine fanfiction; ma in qualunque modo ciò venga definito, è qualcosa di indubbiamente apprezzabile. Che sia strano, o fastidioso come hai detto tu, è una cosa che mi è piaciuta moltissimo perché non sempre, quando leggo una storia, riesco ad immedesimarmi nei personaggi; dipende da come essa è scritta, e dai messaggi che trasmette.
Leggendo la tua, e sono sincera, ho pianto; specie sul finale. Guarda, sinceramente mi riesce difficile giudicarla, perché è pressoché perfetta, almeno nel contenuto. Come ho già detto, ho apprezzato il tuo voler trattare il tema dato sotto diversi aspetti, ovvero il desiderio di Stan di avere un figlio da Wendy, e il suo sogno riguardante Kenny; ho trovato la tua fic molto matura e ben scritta, lo stile è impeccabile, ho notato qualche errorino ma non di grammatica. Probabilmente si tratta solo di alcune disattenzioni, hai sbagliato a scrivere qualche parola, ma niente di grave che comprometta la riuscita di questa splendida fanfic. Riguardo la caratterizzazione dei personaggi sì, a prima vista possono sembrare OOC, ma bisogna comunque pensare che essi nella storia sono adulti e si trovano in delle situazioni in cui, alla fin fine, non sappiamo esattamente come potrebbero comportarsi. Tu hai fornito una tua personale interpretazione e sinceramente la trovo azzeccata ( almeno nel mio immaginario ), specie per quel che riguarda Kyle ed Eric.
La cosa che più ho apprezzato è il finale, che ho trovato estremamente significativo e triste; io amo le storie che hanno questa caratteristica, per cui non potevo non adorare la tua. Un'altra parte che mi è piaciuta moltissimo è quella in cui, nel sogno, Kenny suona al pianoforte il pezzo evidentemente dedicato a Stan; in quel momento mi sono immaginata il biondino, seduto di fronte al pianoforte a coda regalato all'amico per il suo matrimonio, e quest ultimo rapito dalla melodia. Immagine stupenda e ricca di significato, attraverso il sogno traspare chiaramente lo stato d'animo del protagonista, il suo attaccamento all'amico perduto per sempre, il suo amore.
Non trovo altre parole per descrivere quel che ho letto. Geniale, come sempre.

Originalità: 9 - l'aver trattato più tipi di sogno in maniera magistrale ha fatto sì che il voto per l'originalità fosse molto alto; ho apprezzato l'impegno che hai messo nel trattare il tema, e il fatto che non sia affatto scontato. Brava.
Caratterizzazione dei personaggi: 8,5 - l'ho trovata ottima, considerando che hai catapultato i personaggi in futuro abbastanza lontano, e sei stata brava a caratterizzarli nonostante nessuno sappia come il loro carattere potrebbe evolversi.
Stile: 9 - ottimo, scorrevole e piacevole; ho apprezzato anche la formattazione del testo, ha reso il tuo scritto molto ordinato.
Correttezza grammaticale: 8,5 - a parte qualche errore di battitura e alcuni periodi forse un po' troppo lunghi quindi a volte difficili da seguire, molto buona.
Apprezzamento personale: 5

Punteggio Totale: 40 - Media: 8




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