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Autore: Arcanus    13/04/2015    1 recensioni
"Ciò che sarete è marchiato sotto l'asfalto! Quel che è stato è stato; nessuno di voi sarà mai capace di rinnegare il tempo: esso non perdona, esso reclama il dominio! E la gloria ne segue le orme con umile sottomissione."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Io sono la vostra divinità: la dea della menzogna e della verità. Io sono la vostra avidità. Rubatemi l'anima e non ve ne pentirete."

Chi era quella donna? Eravamo ubriachi. Troppo ubriachi. Eravamo drogati. Eravamo viziosi. Aveva ragione lei: eravamo avidi.

Quanti anni aveva? Almeno una cinquantina. E le rughe si fissavano alla pelle del viso come scalatori intenti a cercare il limite del mondo. Ma era bella, certo; era così bella che l'alcol continuava a girare nelle nostre viscere alla ricerca di un piccolo, meraviglioso varco per poterla osservare.

"Io sono colei che vi farà scoprire l'origine nascosta del mondo, il tempo racchiuso nel vostro peccato più vero. Io sono il vostro sogno nel cassetto mai aperto; sono il cordoglio per la fine della vostra noia. Unitevi a me e non ve ne pentirete."

Lentamente il cervello incominciava a funzionare di nuovo; a piccoli tratti. Non ricordavo ancora il mio nome, eppure sapevo dov'ero: in un piccolo, squallido locale nei bassifondi di Baltimora; uno di quelli dove Edgar Allan Poe era certamente stato, qualche secolo prima, in una delle sue notti infuocate. E il fuoco danzava ancora, con me, in quella squallida notte di fine estate.

"Non buttate gli occhi in futili sguardi: lasciatevi abbagliare da me! Perdetevi in me!"

Ero seduto. Davanti a me c'era un palco, o qualcosa che vi assomigliava. Le immagini ancora sfuggivano alla mia comprensione. Dovevo affidarmi all'intuizione. Intorno a me c'era gente che conoscevo.

"Lasciate andare i pregiudizi: brindate all'ennesima caduta! Affondate le narici nel peccato prima che il rimpianto bruci le vostre viscere!"

Lei era distante. Quello era un palco, ed era naturale che fosse in qualche modo scollegata dal mio mondo. Ma sentivo altro: nel profondo del cuore avveritvo qualcosa di più particolare: una lontananza che nascondeva le radici in un passato leggendario.

Qualcuno mi urtò. Mi stavano chiamando. Eppure non riuscivo ad ascoltare le loro parole. In quell'istante, raccolto nel rifugio della mia mente ubriaca, lei era tutto quel che esisteva. Mi scrollai di dosso le mani estranee e camminai verso il palcoscenico. Passo dopo passo, lei era più vicina; parola dopo parola, la sua voce si faceva onnipresente. I suoi occhi larghi stavano scavando nel mio cuore.

"La morte vi raggiungerà: accettatela! Lasciatevi andare fra le mie braccia e chiudete il cuore alle miserie: la vita è adesso!"

Il suo corpo mi balenò nella testa. La sua gamba era a un palmo dalle mie labbra. Il suo piede stava reclamando un bacio.

"Chiunque voi siate, in futuro sparirete. La gloria non ha età, ma svanisce ugualmente. Perderete il senno, e forse nessuno si ricorderà di voi. Ma non dimenticate una cosa..."

Stavo per sfiorare la sua pelle; il suo piede delicato si era tramutato in un ponte diretto verso l'abisso del cielo.

"Ciò che sarete è marchiato sotto l'asfalto!"

Il piede si allontanò. La gamba si ritirò nell'oscurità. Mi era sfuggita. Il suo orgoglio - tutto ciò che le era rimasto - la portò a nascondersi nelle viscere della terra.

Qualcuno l'aveva riconosciuta: era stata una cantante molto famosa durante la giovinezza. Cos'era cambiato? Le sue ultime parole - quelle che mi avevano accompagnato durante lo svenimento - tornarono a volteggiare nella mia testa, come campane disperse e vagabonde: "Ciò che sarete è marchiato sotto l'asfalto! Quel che è stato è stato; nessuno di voi sarà mai capace di rinnegare il tempo: esso non perdona, esso reclama il dominio! E la gloria ne segue le orme con umile sottomissione."
   
 
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