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Autore: FrancyLarry    13/04/2015    0 recensioni
Louis William Tomlinson è un ragazzo un po fuori dalle righe.
In seguito ad una bravata si ritrova a dover partecipare al Camp Band scolastico che si svolere nel periodo estivo, per evitare la bocciatura dell'ultimo anno.
Il ragazzo si reca al Camp di mala voglia e con nessuna intenzione di collaborare e lavorare con i ragazzi della banda. Rimane però affascinato da capitano della banda, un ragazzo solare dagli occhi verdi di nome Harry. Nei due mesi di permanenza nel camp Louis non potrà fare almeno di stringere rapporti di amicizia con alcuni ragazzi che fanno parte dalla banda della sua scuola. Harry inoltre aiuterà Louis riportare in vita una sua vecchia passione, la musica...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Ti ha dato di volta il cervello Louis??" urla Lottie sbattendo la porta alle sue spalle.
"Lascia perdere, Lot" sbotto, con il pugno ancora sporco di sangue.
"No!" urla ancora prima di aggiungere: "Sei orrendo!"
Mi volto e la guardo: la mia bella sorellina dagli occhi blu, quell'adorabile bambina che correva da me ogni volta che non riusciva a dormire, ora se ne sta lì a fissarmi con gli occhi pieni di disprezzo.
La guardo e non potrei sentirmi più umiliato di così. L'ho presa, ho perso tutto l'amore e tutta la stima che un tempo aveva per me; il suo sguardo ora è così disgustato che fa male. Sento il cuore andare in frantumi alla visione di quegli occhi blu così pieni di odio nei miei confronti. Ma lei ha ragione: sono una persona orribile.
"Lottie m-mi dispiace davvero" provo a dirle prendendole una mano.
"Non toccarmi e non provare a giustificarti".
"Non voglio giustificarmi quel pezzo di merda lo meritava!"
"È in ospedale, Louis! Ha perso i sensi, ti rendi conto? Tu sei pazzo!"
"L'ho fatto anche per te, Lot".
"Per me? Tu non fai nulla per gli altri Louis! Sei un egoista! È tutta colpa tua! Sempre, è sempre colpa tua!" Afferma, scoppiando in lacrime.
"Lottie..." le vado incontro, abbracciandola.
Lei si stringe pochi secondi in quell'abbraccio premendo il viso bagnato di lacrime sul mio petto, prima di staccarsi e allontanarmi bruscamente.
"Stammi lontano, Louis! Stammi molto lontano" afferma, con due iridi così fredde da far paura; ghiaccio puro ghiaccio.
"La mia vita è un inferno, ed è solo colpa tua!" Continua, prima di voltarsi e lasciarmi solo in quell'aula di scienze.



La mia familiare suoneria -"Locked out of Heaven" di Bruno Mars- rimbomba nella stanza e mi riporta alla realtà. Afferro distrattamente l'iPhone dal comodino e, senza badare a chi sia il mittente della chiamata in arrivo, rispondo.
"Pronto"
"Louis, allora sei vivo!" sento dall'altra parte della cornetta. Sono confuso e non riesco a riconoscere quella voce.
"Louis, ci sei?" parla, di nuovo,  lo sconosciuto.
Resto in silenzio, con la bocca impastata dal sonno e il cervello completamente in pappa, ancora  attaccato ai ricordi di quel giorno che fino a qualche minuto fa ero intento a rivivere nei miei sogni.
"Louis, sei morto?"  continua la voce. Ora, però, mi sembra di riconoscerla,  ma non è possibile sia lui.
"Harry" provo a dire, poco convinto.
"Sì, sono io. Mi stavi facendo preoccupare".
"Scusa. Mi sono appena svegliato, e in verità mi sta scoppiando la testa"
"Okay, ma sono le 12 passate e noi ti stiamo aspettando da ore; saresti pregato di muoverti!" afferma, ma sembra in qualche modo divertito.
"Potevi anche svegliarmi prima" dico sgranchendomi la schiena.
Una sonora risata proveniente dall'apparecchio che ho attaccato all'orecchio mi lacera i timpani
"Ti sto chiamando da ore, occhi blu. Sono anche venuto di persona ma il tuo cane da guardia non è stato molto gentile, sai?"
"Cosa?"
gli chiedo confuso.
"Senti Loulou, non ho tempo di parlare con te ora, ma ti sto aspettando e se ti sbrighi magari ti mostro gli spartiti prima di andare a pranzo, quindi alza il tuo bel culo dal letto e datti una massa, a dopo!" dice d'un fiato, prima di staccare la chiamata lasciandomi come un perfetto idiota con il telefono ancora attaccato all'orecchio, intento a proferir parola. 
Allontano il cellulare e noto subito le diciassette chiamate perse da "Harold"
"Hey, aspetta. "Harold"? Quando avrei segnato il suo numero? E perché Harold e non Harry?" mi chiedo confuso, prima di portarmi le mani alla testa; c'è troppa luce per i miei occhi ancora sensibili. Provo ad alzami e quando mi ritrovo in piedi, riconosco subito la ragione del mio mal di testa.
Emicrania, sete, nausea, sensibilità alla luce e al rumore, ricordi confusi. Ho senza dubbio tutti i sintomi un post-sbronza. Mi lascio cadere nuovamente seduto sul letto e mi porto le mani alle tempie,  stringendo le palpebre.

Sento delle chiavi aprire la porta della mia stanza e alzo gli occhi verso di essa. Rimango sorpreso nel veder entrare Liam con un bicchiere tra le mani che si avvicina a me sorridendo, ma con un espressione corrucciata, forse preoccupata.
"Lou come va?" mi chiede, sorridendo, senza rilassare il volto.
"Mi sta scoppiando la testa" confesso, stringendo ancora gli occhi infastiditi dalla fitta luce del mattino proveniente dall'ampia finestra della stanza del campo.
"Tranquillo ci sono io, per questo" dice. Poi mi porge  il bicchiere e  apre la mano sinistra che contiene una pillola, probabilmente un’aspirina.
Afferro entrambi e mando giù tutto senza far domande; so bene di potermi fidare di Liam.
"Bravo il mio piccino" dice ridendo, prima di scompigliarmi i capelli. "Cosa ci fai sveglio? Ti avevo lasciato dormire come un ghiro meno di cinque  minuti fa".
"Mi ha svegliato il cellulare" deglutisco, poi aggiungo:  "Era Harry".
"Ancora? Ma non molla proprio l'osso quello lì?" esclama, visibilmente infastidito.
Lo guardo e aggrotto la fronte.
"Ti sta con il fiato sul collo da ore; se non fosse stato per me, ti avrebbe tirato giù dal letto non curante del fatto che necessiti di un minimo di cure, visto come ti sei conciato ieri sera!" afferma torturandosi le mani come è solito fare quando è estremamente nervoso o infastidito. "Detesto Styles con tutto me stesso; è un vero coglione!" continua scuotendo la testa.
Resto in silenzio e mi concentro su di lui: noto che porta la sua divisa verde e ha i capelli perfettamente acconciati. Mi volto a guardare il letto di Niall e lo scopro perfettamente in ordine.
"Come hai fatto a entrare, Liam? Hai dormito qui?"
Lui mi guarda e scoppia a ridere, prima di rispondermi: "Sì, ho dormito con te Loulou. Lo sai che mi piace fare sesso con chi è estremamente ubriaco!"
A quella parole lo guardo e gli sorrido. So bene, conoscendo Liam, che odia fare sesso con chi non si regge sulle proprie gambe, e, anche ne avesse voglia, non verrebbe da me, per quello.
"Allora finalmente sono riuscito a scopare con te. Caspita, peccato che non lo ricordi!" gli rispondo ironico "Ti va di rammentarmi qualcosa, Lì?" continuo, scoppiando a ridere nel vedere la sua espressione dopo le mie parole.
"Smettila di fare il coglione e va a farti una doccia, Louis. Hai un aspetto orrendo! Sono entrato qui con le tue chiavi; mi sono permesso di prenderle, dato che ti ho riaccompagnato io, perché fosse stato per te ti saresti addormentato per terra".
Apprendo così che ancora una volta Liam mi ha fatto da supervisore; non riesco neanche a ricordare quante volte abbia fatto questo per me o per Zayn.
"Grazie, Lì".
"Mi ringrazierai dopo, quando riuscirò a riconoscerti. Vai a farti una doccia, Lou" mi dice,  allungando una mano per aiutarmi a tirarmi su dal letto.


L'acqua calda scorre lungo il mio viso. Chiudo gli occhi e mi lascio completamente andare alla sensazione del getto dell'acqua che accarezza tutto il mio corpo.
A mano a mano, nella mia testa iniziano a farsi strada alcuni ricordi di ieri sera.
Ricordo Harry e il suo profumo, ricordo di aver ballato con lui, di averlo baciato -oh merda l'ho baciato- ricordo  la sua bocca sulla mia. Mi mordo il labbro a quella memoria, mentre sento alcune gocce d'acqua scivolarmi lungo la gola. Ricordo Harry e i suoi occhi verdi fissi su di me, quello sguardo di chi non si accontenta di un bacio; ricordo quel verde intenso, troppo inteso e poi ricordo, ricordo tutto!
Apro gli occhi di scatto, passandomi una mano sul viso per tentare di ricompormi, ma quelle immagini, mi stanno completamente divorando. Il calore della sua bocca, quella lenta e meravigliosa tortura è troppo viva nella mia testa. Scuoto il capo tentando ancora di riprendermi e quando abbasso lo sguardo sul mio ventre, scopro una pronunciata erezione tra le mie gambe. Chiudo l'acqua ed esco di scatto dalla doccia, coprendomi con l'asciugamano.
Mi guardo allo specchio e mi asciugo i capelli tentando di riportate la mia mente al presente.


Esco dal bagno vestito e sistemato e trovo ancora Liam ad aspettarmi.
"Ora ti riconosco" riconosce, venendomi incontro e posandomi una mano sulla spalla. "Perfetto; posso lasciarti andare e restituirti queste" continua, mostrandomi le chiavi.
Gli sorrido, afferro le chiavi e lo coinvolgo in un abbraccio che sta a simboleggiare tutta la mia gratitudine.
"Io vado Lou, non cacciarti ancora nei guai" mi avverte, prima di lasciare la stanza.


Arrivo al campo e vedo subito Niall venirmi incontro.
"Louis, finalmente! Stavo diventando matto, tutto bene?"
"Sì, Niall. Sto benone, ti ringrazio".
"Menomale! Mi sentivo in colpa perché, beh ecco" si stoppa prima di continuare "perché ieri sera non dormendo in stanza non ti ho visto, e quando questa mattina non ti ho visto arrivare mi sono preoccupato, sì ecco.." dice grattandosi la bionda chioma e diventando praticamente più rosso di un peperone.
Lo guardo e gli rivolgo un sorriso sbieco.
"E così non hai dormito in stanza, eh? Mi devi i dettagli!"
"Ehm, non credo possano interessarti, Louis".
"Ti sbagli. Nonostante si parli di vagine e non sia il mio campo, mi interessa eccome!"
Vedo i suoi occhi quasi lacerarsi alle mie parole e scoppio a ridere.
"D'accordo, non occorrono i dettagli. Ho ben in mente tutto! Complimenti, biondo; al primo colpo, niente male!" gli dico, picchiettando piano sulla sua spalla.
Un sorriso timido gli spunta sul volto, poi vedo poi alle sue spalle Harry che si avvicina.
"Buongiorno, Louis. Niall torna al tuo posto, per favore".
Il biondo obbedisce senza dire una parola, tornando al suo violino mentre io resto immobile a fissare il meraviglioso ragazzo davanti a me.
"Finalmente, Lou! "  esclama, per poi dirigersi verso il ragazzo dai capelli rossi e sussurrargli qualcosa all'orecchio. Afferra dei fogli e si  cammina nuovamente nella mia direzione
"Perfetto, ora seguimi".
Lo guardo e faccio come ordinatomi, dirigendomi con lui lontano dal campo.


Arriviamo in una stanza ampia e piena di strumenti musicali.
"Ti presento la stanza interna per le prove" spiega, allargando le braccia per mostrarmi l'ambiente circostante, prima di accomodarsi su una delle sedie disposte in ordine una accanto all'altra.
"Siediti accanto a me; voglio capire a che punto sei con gli spartiti".

Mi siedo e afferro i fogli tra le sue mani; do loro una rapida occhiata e mi sembra di tornare indietro nel tempo. Sento di non aver dimenticato nulla; è tutto vivo nella mia testa, ogni nota ogni insieme di esse che dà vita alla musica.
Rammento le parole di Jonathan: "La musica è composta da note, non da suoni, la musica è un insieme di note scritte su di uno spartito. Impara a leggere e a comprendere ognuna di esse e il relativo calore, e capirai cos'è la musica. La sua essenza è nascosta fra una nota e l'altra".

"Come ti sembra?" mi chiede Harry, chinando il capo per cercare il mio sguardo.
"È una bella composizione, ma non riesco a riconoscere l'artista".
"Oh quello è ovvio: è una mia versione, una mia composizione".
"Wow! Harry, non mi sembra niente male. L'avete già provata?"
Lui mi guarda e sospira, rispondendomi: "No, non sono sicuro possa funzionare. Non so neanche perché te l'ho mostrata".
Esamino velocemente la sua reazione e, per la prima volta, mi sembra intimidito, forse insicuro.
"Io credo che una composizione come questa meriti almeno una prova; non puoi negartela".

Guardo lo stanza e cerco con lo sguardo lo strumento giusto. Quando scorgo un violino, mi avvicino e lo afferro osservando ogni suo dettaglio.
È di un legno d'abete rosso, leggero, resistente ed elastico; fondo, fasce e manico sono in legno d'acero. La stagionatura dei  materiali sembra perfetta; è senza dubbio un favoloso esemplare.
Harry mi guarda incuriosito, mentre esamino anche l'archetto.

"È un gran bel pezzo da novanta!" esclamo, rispondendo alla sua muta domanda.
"Sì, siamo ben forniti, qui al campo".
"L'ho notato. Forse ora ho capito dove vanno a finire tutti i soldi che paghiamo in quello schifo di scuola".
Harry sorride, ma corruga la fronte.
"Cosa voi fare Louis?" chiede infine.
"Beh, in due non possiamo fare molto, ma se magari mi accompagnassi al piano potremmo provare l'assolo di violino che hai composto, che ne dici?"
Lui resta in silenzio pochi secondi, a osservarmi con le mani ancora piene di spartiti.
"Te la sentiresti?"
"Sì, penso di potercela fare ma, ho bisogno dell'accompagnamento" ribatto, sorridendo.
"A quello ci penso io".
"Ottimo! Allora diamo vita a questa bella composizione!" esclamo, controllando l'accordatura dello strumento prima di postarlo sul collo, sistemandolo sulla clavicola.

Harry si accomoda al piano dandomi l'intro delle prime note.
La musica proveniente dai nostri strumenti e dalle nostre mani rimbomba tra le pareti e in pochi secondi, quella stanza così fredda si riscalda, diventando un ambiente più accogliente e magico.
Mi lascio trasportare dalle note e ho la sensazione di non aver mai smesso di suonare. Una parte di me vorrebbe mollare quel violino per tener fede alla mia promessa fatta per Jonathan.
“Non toccherò mai più uno strumento musicale, non senza lui” avevo detto ormai troppi anni fa, e fino a quel momento avevo tenuto fede alle mie parole. Ma forse, ora era arrivato il momento di lasciar perdere quella promessa. Una parte di me ha sempre saputo che quella dichiarazione fosse solo dettata dalla rabbia, la rabbia di aver perso l'unica certezza che abbia mai avuto, sapevo benissimo anche allora che il problema non era Jonathan, non era la sua perdita a lacerarmi dentro. Era la consapevolezza di essere ciò che sono, di essere attratto al mio stesso sesso, perché anche se avevo solo tredici anni, ero pienamente consapevole di non essere un comune adolescente, sapevo di non avere gusti che potevano essere ritenuti normali.
Ma ormai quello lo avevo superato, quella sofferenza apparteneva ora la passato.
Per troppo tempo avevo negato a me stesso la gioia di suonare e in quel momento, con quel violino tra le mani, mi sentivo finalmente me stesso.

Jonathan diceva: “La musica è la forma più pura della libertà” ma fino a quel momento non avevo mai compreso a pieno quelle parole. Solo ora riesco a capire, a sentirmi libero, vero, sincero. Sento tutto, è tutto in queste note. La spensieratezza, il ricordo, la speranza, l'amore, l'odio, l'indifferenza, la pazzia, la vita e la libertà di viverla a pieno come si conviene, come si deve.
Tra una nota e l'altra lascio in un remoto angolo della mia mente la malsana idea di smettere di suonare quella meravigliosa melodia e continuo, sentendomi fiero di ciò che sto facendo. Assaporo a pieno ogni nota, ogni sua sfumatura, ogni suo colore.

Quando l'assolo finisce, apro gli occhi e trovo Harry a fissarmi con le iridi inumidite, piene di emozione, di un verde smeraldo quasi sorprendente e sconvolgente al tempo stesso.
“Wow, non è stato male” commenta schiarendosi la voce.
“Un po' struggente, ma fantastico” gli rispondo, rapito dal verde dei suoi occhi.
“Credo che dovresti concedere a tutti di ascoltarlo. Dovremmo provarla per intero, Harry. Funziona, può funzionare”.
“Lo credi davvero?”
“Assolutamente sì” affermo, posando accuratamente il violino al suo posto, prima di dirigermi verso di lui.
“Hai scritto una composizione stupenda. Mi sembra ben studiata in ogni dettaglio e a questo assolo hai preceduto un’introduzione di strumenti fantastica; dovresti provarla. Potresti vincere quella borsa di studio, Harold”.
Lui mi guarda e sorride; i suoi occhi diventano ancora più verdi.
“Mi piace quando lo dici” commenta fissandomi attentamente.
“Quando dico cosa?”
“Quando dici Harold”.
Non mi ero neanche accorto di averlo chiamato in quel modo. Resto in silenzio, non sapendo cosa rispondergli, limitandomi a rivolgergli un sorriso.
Lo vedo scrollare il capo divertito, poi aggiunge: “Allora grazie per l'incoraggiamento. Ci rifletterò e magari chissà, suoneremo questo il giorno della gara. Ma ora il mio stomaco inizia a brontolare; cosa ne dici di andare a pranzo?”
Annuisco all'istante, sentendo il mio stomaco implorare al solo sentir parlare di cibo, e insieme abbandoniamo quella stanza per dirigerci verso la mensa.
   
 
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