K. & K.
Kyra era già nella sala
interrogatori da qualche minuto ma Kate aveva preferito prendersi del tempo per
riflettere su quanto stava per fare e soprattutto sull’impatto che questo
poteva avere su Rick e sulle sue possibilità di rimettere insieme i pezzi del
loro rapporto.
Si
sciacquò un’ultima volta il viso nel bagno delle donne e appena uscita da lì
trovò Rick ad attenderla.
-Ehi!
Tutto ok?
Kate
lo guardò stranita. –Non dovrei essere io a chiedertelo? Stiamo parlando di Kyra.
L’uomo
alzò le spalle per tutta risposta.
-Non
ci andrò pesante, ok?
-Lo
so. Se c’è una cosa di cui sono assolutamente certo è che nel tuo lavoro sei la
migliore. Perciò…se Kyra è colpevole, tu lo saprai.
-Ma
tu non credi che lo sia…è così?
Castle sospirò
allontanando lo sguardo da Kate: -Pensi di conoscere le persone, ma poi…beh,
fanno sempre qualcosa che ti sorprende. Nel bene o nel male.
Beckett
ebbe la vaga impressione che quelle parole fossero rivolte anche a lei, sebbene
fosse incerta sul significato da attribuire loro: si riferiva al passato o alle
possibili sorprese future?
-Castle…
-Ehi,
Beckett! La Gates chiede cosa aspetti ad interrogare Kyra!-
intervenne Esposito, che costrinse Kate ad abbandonare la discussione con Rick
e a dirigersi verso la sala interrogatori.
Poco
prima di passare davanti all’ufficio della Gates, Castle
si fermò non senza che la detective se ne accorgesse.
-E’
meglio se non mi faccio vedere nei paraggi dalla Gates- ammise lo scrittore già
pronto ad imboccare la via dell’ascensore. -Chiamami più tardi.
-No!-
fu la risposta perentoria di Beckett. -No, tu resti. Tu hai fornito
un’informazione essenziale e se la Gates dovesse obiettare qualcosa, me la vedo
io.
Castle sorrise
visibilmente sorpreso e allo stesso tempo colpito. –Sicura?
-Sicura.
E…vorrei tu assistessi all’interrogatorio.
-Perché?
-Credo
che Kyra si sentirebbe meno sotto pressione se ci
fossi anche tu nella stanza.
L’uomo
sembrò dover riflettere sulla proposta trovandola evidentemente bizzarra e
anche vagamente scomoda.
-D’accordo.
Ma ad una condizione.
-Quale?
-Se
dovessi rendermi conto che stai esagerando nei toni voglio che tu ti fermi.
Questa
volta fu Kate a dover riflettere. –Mi sembra equo. Ora che ne dici di andare?
***
-Come
devo dirglielo, detective? Non sono stata io! Rick, ti prego…dì qualcosa!
Lo
sguardo implorante di Kyra passò velocemente dalla
detective allo scrittore in cerca di un sostegno in quella situazione
francamente fin troppo assurda.
-Kyra, la detective Beckett sta solo facendo il suo lavoro.
-Non
posso crederci! Tu pensi che io stia mentendo? Che io sia in grado di uccidere
un uomo a sangue freddo?
La
sedia di Rick divenne improvvisamente scomoda: si trovava tra due fuochi. Dare
retta a Kyra lo avrebbe fatto litigare con Kate e
dopo tutto quello che era già successo l’ultima cosa che voleva era mettere un
nuovo muro tra di loro. D’altra parte dare retta a Kate significava mettere Kyra in una posizione difficile, dal momento che non
credeva possibile che il suo primo amore si fosse trasformata in un’assassina.
-Rick
le crede, Kyra. E anche io- intervenne la detective
attirando su di sé lo sguardo grato di Castle. –Ciò
non toglie che ci siano delle domande che dobbiamo farle e che sono
indispensabili per trovare l’assassino.
-Non
vedo a cosa possa servirvi il mio alibi per sapere chi ha ucciso il mio ex
marito!
-Il
punto è che lei non ci ha detto tutta la verità, Kyra,
e questo la mette in una pessima posizione.
-Se
vi avessi detto tutta la verità…beh, a quest’ora sarei già finita in cella e
avreste archiviato il caso!- rispose brusca la donna.
-Sei
ingiusta, Kyra! Sai che Kate non lavora in questo
modo!- intervenne Rick, sorprendendosi lui stesso per aver pronunciato quel
nome in quella stanza. Lì dentro, in quelle quattro mura, erano sempre stati Castle e Beckett, mai Rick e Kate. Quest’ultima del resto
sentì chiaramente il suo cuore accelerare nel sentirsi chiamare in quel modo ma
mantenne il controllo necessario per continuare in modo professionale
l’interrogatorio.
-D’accordo-
continuò poi Kyra espirando vistosamente, ora più
calma. –Cosa vi serve sapere?
Kate
aprì il fascicolo appoggiato sul tavolo davanti a lei. –Dunque, nell’interrogatorio
fatto al signor Castle, lui ha dichiarato che lei
riceveva di continuo telefonate anonime. È così?
-Sì.
-E
sapeva da chi provenissero?
-Beh,
mi pare ovvio che non ne avessi la certezza, detective. Erano anonime!
-Ok,
allora mettiamola in questi termini…aveva dei sospetti circa l’autore di quelle
chiamate?
Kyra sbuffò di nuovo
questa volta più seccata.
-Sì,
avevo il sospetto che si trattasse di Greg. E prima che lei mi chieda come
potessi avere questo sospetto le rispondo che già pochi giorni dopo aver
firmato le carte del divorzio, ho cominciato a ricevere telefonate e email da
Greg, che mi pregava di tornare da lui, dicendo che era stato tutto un errore e
potevamo rimediare se solo lo avessimo voluto. Per farlo smettere ho cambiato
numero di telefono, indirizzi email….ho cambiato addirittura continente.
-Già,
ma ad un certo punto lui ti ha rintracciata di nuovo- si intromise Castle: la sua voce calma e rassicurante placò per un
istante l’ira di Kyra che sembrava sul punto di
riesplodere da un momento all’altro.
-Esatto.
Lui conosceva molte persone. Ovunque.
-Ha
mai parlato con lui, Kyra?
La
donna si fermò di colpo come colta da un’improvvisa illuminazione.
-Sì,
una volta. Ho risposto come al solito ad una delle telefonate anonime e lui
invece che riagganciare ha parlato. Ha cominciato a dire che ero una ladra, che
avevo premeditato tutto…il divorzio, la fuga. Ha detto che me la avrebbe fatta
pagare.
-Esattamente
quello che ha detto a me il giorno in cui è morto- commentò Rick voltandosi
verso Kate. Guardarla negli occhi gli faceva sempre uno strano effetto: per
questo distolse lo sguardo pochi istanti dopo.
-Sa
di cosa stesse parlando?
-No,
ovviamente! Ma ho avuto paura e così appena tornata a New York ho comprato una
pistola, per difendermi. Ed è stato allora che è successo qualcosa di strano.
-Strano?
-Sì,
esatto. Ho pagato con la mia solita carta di credito, quella intestata a Greg
ma circa un’ora dopo vengo contattata dalla banca che mi informa di aver
onorato il pagamento basandosi sul buon nome di mio marito…beh, ex marito. Ma
il conto era in rosso. Allora ho chiamato una mia amica e le ho chiesto di fare
un controllo sulle mie finanze e sa cosa ho scoperto, detective?
-Che
dei soldi che Greg le avrebbe dovuto lasciare con il divorzio non c’era
traccia!
-Esatto!-
gridò quasi Kyra. –Non che la cosa mi importasse.
L’anno scorso mio padre è morto e io ho ereditato tutto il suo patrimonio.
Voglio dire, sono ricca, non avevo bisogno dei soldi di Greg.
-Allora
perché è andata da lui?- chiese Beckett con una tale decisione da stupire Kyra, la quale tuttavia sorrise quasi divertita.
-Come
fa a dire che sono stata da lui?
Beckett
dovette accusare il colpo: in effetti senza l’arma del delitto e senza
riscontri scientifici l’unica cosa che poteva dire su Kyra
era che non aveva un alibi per l’ora del delitto. Su dove però fosse stata in
quell’arco di tempo era tutto un mistero.
Ma
Kyra fece qualcosa che la sorprese: -Lei non può
provare che io sia stata da Greg, ma…lo ammetto, ci sono stata.
Castle e Beckett si
guardarono ed entrambi in contemporanea aggrottarono la fronte evidentemente
perplessi.
-Kyra, tu…- Castle tentennò un
istante. Una parte di lui voleva mettere al riparo Kyra
consigliandole di chiamare un avvocato, ma un’altra parte, quella più prepotente,
voleva fare chiarezza sull’intera vicenda. Kate dovette comprendere il suo
conflitto interiore, ma invece che cacciarlo dalla sala interrogatori o
minacciarlo con lo sguardo come avrebbe fatto un tempo, si limitò ad osservarlo
in silenzio lasciando che fosse lui a scegliere. E Rick scelse Kate. –Tu
ammetti di essere stata da Greg lunedì sera?
-Sì…e
so che non potete provarlo perché ho dovuto pagare il tassista in contanti,
visto che le sole carte di credito che avevo nel portafoglio erano quelle relative
ai conti in rosso di Greg. Né c’era il portiere nel palazzo quando sono
entrata. Perciò sono piuttosto sicura che voi non avreste mai potuto sapere che
ero in quel palazzo.
Beckett
si sporse in avanti appoggiando entrambi gli avambracci sul tavolo e
intrecciando le mani. -E per quale motivo è andata da lui?
-Per
capire che cosa fosse successo! Senta, gliel’ho già detto. Non ho bisogno di
soldi, ma conoscevo Greg e mi creda se le dico che era davvero disperato per
via di quei soldi. Credeva davvero li avessi presi io!
-Ma
lui non ti ha creduto, vero?- intervenne Castle. –Ti
ha minacciata di nuovo?
-A
dire il vero all’inizio sembrava credere alle mie parole. Poi però…beh, la borsa
che avevo appoggiato in bilico sul tavolino del salotto è caduta e ne è uscita
la pistola. Io non volevo portamela dietro, non ricordavo nemmeno di averla
nella borsa. Ma quando Greg l’ha vista…
-…ha
pensato tu volessi ucciderlo.
-Esatto.
Ho cercato di raccogliere la borsa ma Greg ha preso la pistola e me l’ha
puntata contro. Sono inciampata nella mia sciarpa e sono rimasta a terra. Ero
terrorizzata.
-Era
quella la sciarpa che indossava, Kyra?- chiese la
detective osservando l’indumento che Kyra aveva portato
con sé anche quel giorno.
-Sì.
Sì, credo fosse questa. Perché?
Kate
si voltò verso Castle lanciandogli uno sguardo di
intesa.
-Le
fibre di tessuto sul pavimento…- mormorò Rick accompagnato dall’annuire di
Beckett. -E dopo cosa è successo?
-Il
suo telefono è squillato all’improvviso; lui ha risposto e io ne ho
approfittato per andarmene di corsa.
-A
che ora se ne è andata?
-Poco
dopo le 20. Poi sono andata a comprare la cena in un ristorante cinese nelle
vicinanze. Mi pare sulla Second Av. all’angolo con la
East 80th. C’era parecchia gente quella sera, un compleanno o una festa
aziendale, non ne ho idea. Comunque ci ho messo un bel po’ prima di avere la
mia ordinazione Ho pagato in contanti. Quando sono uscita ho incontrato una
vecchia amica che non vedevo dal matrimonio, Megan Pearson;
abbiamo parlato un po’ e quando ho visto che si era fatto tardi lì ho preso di
nuovo il taxi verso casa di Rick.
Kate
terminò di segnare l’indirizzo dettato da Kyra ed il
nome dell’amica sul proprio blocco per gli appunti per poi chiuderlo e alzare
lo sguardo tranquillo e sorridente sulla donna.
-Grazie
per la collaborazione, signora Blaine. Può andare.
Castle si volse verso la
detective stupito tanto quanto Kyra.
-Posso
andare?
-Sì.
Ovviamente non può lasciare la città finchè non si
saranno concluse le indagini, ma non c’è motivo per trattenerla. Come ha detto,
non ha un valido movente. E se il suo alibi verrà confermato, come credo,
beh…la sua posizione sarà molto chiara.
Beckett
non attese alcuna risposta prima di uscire dalla stanza, lasciando Kyra e Rick da soli.
-Wow-
fu tutto quello che riuscì a dire la donna. -La tua Kate sta davvero facendo di
tutto per riprenderti…
-Cosa…?
No, è solo che ha ragione, non c’è motivo per ritenerti tra i sospettati.
-Davvero?
Io penso che se non fosse per te, il trattamento che mi sarebbe spettato
sarebbe stato molto diverso.
-Kyra…
La
donna rispose appoggiando una mano sopra quella di Rick. –Vuole solo
dimostrarti che puoi fidarti di lei, che in qualche modo vieni prima del suo
lavoro. Non era quello che volevi?
-Io…immagino
di sì.
Kyra non aggiunse altro
e raccolti i suoi effetti personali si affrettò a lasciare non solo la sala
degli interrogatori ma anche il palazzo del distretto.
Dal
canto suo Castle tornò ad occupare la sua sedia
accanto alla scrivania di Kate che immersa nelle scartoffie osservava di quando
in quando lo scrittore per capire cosa gli stesse passando per la testa.
-Tutto
bene con Kyra?- chiese poi per spezzare quel
silenzio.
-Sì.
Bene. Anzi, grazie…per non esserci andata pesante- rispose l’uomo con il
sorriso più dolce di cui fosse capace.
Beckett
scosse la testa in imbarazzo: dopo tutto quel tempo, quel sorriso sapeva ancora
scioglierla. –Non ho mai creduto che lei c’entrasse qualcosa. Non è da Kyra uccidere qualcuno.
-Non
la conosci nemmeno.
Kate
alzò le spalle mentre puntava i suoi occhi in quelli dello scrittore.
-Conosco
te. E non le avresti creduto ciecamente se non ne fossi stato più che
sicuro…non dopo quello che ti è capitato con il tuo migliore amico dei tempi
del college- gli ricordò la detective.
-Giusto-
annuì Castle. –Beh, grazie comunque. Se la Gates
dovesse venire a saperlo….
Rick
non fece in tempo a terminare la frase che Iron Gates
si piazzò accanto a Castle, le mani saldamente
ancorate ai fianchi e lo sguardo severo di chi non ha intenzione di concedere
sconti di pena.
-Signor
Castle. Detective Beckett. Nel mio ufficio. Adesso.
Angolo mio:
scusate il ritardo, ma c’erano le feste pasquali di mezzo e sono stata un po’ presa.
Dunque, capitolo un po’ così…serve ovviamente per risolvere il caso e serve anche per indicare a Castle la via da prendere. Doveva scegliere tra le due una volta per tutte e non lasciare che fossero le donne a scegliere per lui, come è accaduto fino a questo momento. Perciò, d’ora in poi sarà chiaro che per Castle la priorità è Kate e ricostruire il rapporto con lei…ma come? Eheheheh…lo scoprirete nel prossimo capitolo.
A presto.
Laura