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Autore: jellyfish    24/12/2008    1 recensioni
Islanda è una ragazza molto particolare, ha una strana capacità che la rende libera e selvaggia; ma se un giorno qualcuno di poco gentile dovesse scoprire quel segreto? Allora inizia la fuga, la scoperta dell’amore e dell’amicizia, in un mondo magico, facendo lo slalom tra inseguitori, incantesimi e tradimenti…spero di avervi incuriositi!!^_^
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XXV

XXV

Dopo un viaggio non molto lungo, erano finalmente arrivai a Drena. Avevano invertito un sacco di volte la strada per tutto quello che era successo loro, ma finalmente ora sapevano esattamente che strada dovevano fare; avevano un itinerario ben preciso. Una gran conquista da parte loro. Non ci sarebbero stati altri impedimenti, almeno in teoria, l’unica cosa che poteva infatti ancora succedere, nella peggiore delle ipotesi, era che Sicuth li venisse a cercare. A Drena si fermarono solo un giorno, giusto il tempo di riposare e riprendere un po’ di forze per affrontare un altro viaggio. Arrivati in una locanda, la prima che trovarono entrando in città, si buttarono sui letti stanchi morti. Si addormentarono quasi subito, senza nemmeno scendere di sotto a mangiare, distrutti com’erano fisicamente e moralmente. Al mattino però si pentirono di aver saltato la cena  corsero nella sala da pranzo come tre bufali affamati. La colazione però non aveva un aspetto molto invitante e nemmeno l’odore era il massimo della vita; chiesero allora all’oste cosa fosse e, sentita la risposta, uscirono dalla locanda senza aver toccato cibo: fegato di bue e uova. Ma come si fa a mangiare una cosa del genere al mattino? Con un enorme buco nello stomaco, cercarono un’altra locanda dove poter mangiare qualcosa di più decente e ne trovarono una, dove per fortuna offrivano della semplice carne secca. Subito dopo il pasto, ripartirono verso Elven. Islanda non vedeva l’ora di arrivare, voleva far sapere alla sua famiglia tutto quello che le era successo, ma che lei stava ancora bene e non era morta o scomparsa, come probabilmente ormai credevano da tanto tempo.

Arrivarono finalmente a Elven. Avevano impiegato altri due giorni di viaggio, ma ce l’avevano fatta. Adesso per Islanda c’era la sfida più grande, doveva tornare a casa. Entrarono nel villaggio nel più assoluto dei silenzi, come se fossero su un terreno sacro, ma forse per la ragazza era davvero così.

-Così è questa la famosa Elven che tanto abbiamo cercato di raggiungere.

-Già. Sono a casa!

Islanda si era finalmente lasciata andare alla felicità di essere di nuovo a casa sua. Corse come il vento verso la sua casa per andare a riabbracciare la sua mamma e il suo fratellino, tutta la sua famiglia. Arrivò alla casa e si fermò di botto. La porta era chiusa, le finestre sembrava che stessero per cadere in pezzi e il giardinetto era completamente in mano alle erbacce, solo il ciliegio stregato era rimasto vivo e in fiore, come sempre del resto. La casa insomma era disabitata. Islanda spalancò la porta.

-Sono a casa!! Mamma, Sando?? Dove siete?

Nessuna risposta.

-Ehi, dove siete finiti? Sono tornata!

Intanto stava entrando piano piano in casa.

-Ci sono stata più del previsto al merca

Islanda era ammutolita. La casa era completamente vuota. Non c’era rimasto più nulla. In cucina non c’era un piatto, una tovaglia, una posata, niente. Nella camera da letto del fratellino non c’era neanche un giocattolo e nemmeno il lenzuolo su letto; nella sua stessa situazione, tutte le sue cose erano sparite e così era anche nella camera della mamma e nel bagno. Islanda svenne nella camera da letto della mamma.  

Jìrkan e Marse non sentirono più la sua voce, ma udirono un tonfo. Si guardarono un secondo solo negli occhi, lanciandosi uno sguardo preoccupato, ed entrarono nella casa tanto decadente. Anche loro rimasero un attimo sconcertati dalla desolazione della casa, ma poi trovarono la povera Islanda in una stanza, che a vedere dal letto, doveva essere una camera da letto, forse la sua. La tirarono su e la poggiarono delicatamente su quel letto polveroso. Si chiedevano entrambi cosa fosse successo in quella casa, ma la cosa era abbastanza evidente: se ne erano andati.

Islanda si svegliò un paio di ore dopo, ancora completamente frastornata e senza ricordarsi di nulla. Appena riacquistò un po’ di lucidità però si ricordò di quello a cui aveva assistito. Il vuoto completo nella sua amata casetta. Si guardò in torno per capire dove si trovasse e, con sua enorme tristezza, si rese conto che era ancora in quella casa, nella stanza di sua madre precisamente. Chiamò i due ragazzi, che subito corsero da lei.

-Ehi, ben svegliata.

-Sono svenuta vero?

-Sì. Cos’è successo qui? Ne hai idea?

-No, ma so a chi chiederlo. Ma devo alzarmi.

Appena cercò di tirarsi su dal letto la testa le girò paurosamente e ricadde pesantemente sul letto, sollevando una nuvola di polvere.

-Forse è meglio che stai ancora un po’ sdraiata.

-Assolutamente no. Aiutatemi ad alzarmi per favore.

I due, anche se non erano molto d’accordo, la aiutarono e lei in un attimo fu in piedi. Sorreggendola per i fianchi la accompagnarono fuori dalla casa e si diressero dove lei gli indicava. Lei li portò di fronte ad una casa un po’ più grande delle altre e con un grande campo di fianco ad essa, pieno di enormi zucche di tutti i tipi e tutti i generi. Era la casa di Amio.

Almeno questo non è cambiato, se ci sono le zucche vuol dire che lui è sempre lo stesso. Sicuramente saprà cosa è successo ai miei genitori.

Bussarono alla porta della casa circolare. Islanda adesso stava in piedi da sola, ma Marse e Jìrkan le erano sempre di fianco, temendo un suo secondo mancamento. I secondi che dovettero aspettare prima che la porta venisse aperta sembravano infiniti. Finalmente la porta si aprì in uno spiraglio e una faccia paffuta di donna apparve loro; era la cameriera di Amio, l’unica persona in tutto il villaggio che riusciva a convivere con lui senza diventare matta. Islanda però non si ricordava nemmeno il suo nome e decise di salutarla senza provare nessun nome, per evitare figuracce.

-Salve. Amio è in casa?

-Sì, chi lo desidera?

La donna paffuta non aveva riconosciuto Islanda e guardava con sospetto gli altri due giovani e forse anche con un po’ di paura gli occhi gialli di Marse.

-Sono Islanda, la figlia di Madlen e sorella di Sando.

-Ah… sì, ho capito, entrare pure. Amio arriverà subito.

Islanda si sentiva osservata da quella donna, che non le staccava gli occhi di dosso nemmeno un attimo, se non per guardare preoccupata il demone. Stava cercando di riconoscerla, ma non riusciva a collegare il nome a quello strano aspetto. Lei si ricordava di una ragazzina di nome Islanda che era piccola, bassina, con i lunghi capelli neri e con due enormi e ridenti occhioni blu, che però era scomparsa circa cinque mesi prima. La ragazza che invece le si era presentata alla porta era molto diversa; era più alta, il viso aveva perso gran parte della sua innocenza fanciullesca, gli occhi erano più incavati, forse a causa della magrezza del viso. Era molto sciupata e dimagrita e gli abiti erano sporchi e in alcune parti anche strappati; e poi c’era quella cicatrice che le solcava la guancia destra che non si ricordava di averla mai vista sul visetto della Islanda che si ricordava. Era ancora una bella ragazza, ma la sua era la bellezza di una ragazza che sembrava essere appena tornata dalla guerra e non quella di una ragazza che conduce una tranquilla vita di paese.

La donna, dopo averla squadrata per altri due minuti buoni, scomparve dietro una porta e andò ad avvertire Amio di quella strana visita.

-Chi? Islanda? La ragazza scomparsa?

-Sì, lei. Ma è molto diversa, non sono sicura che sia proprio lei.

-Lascia giudicare a me. Torna pure ai tuoi lavori.

Amio era entrato nella stanza dove c’erano i suoi strani ospiti. Li osservò per un attimo prima di salutare, come se anche lui volesse riconoscerli.

-Prego ragazzi accomodatevi.

-Grazie.

Risposero tutti e tre in coro e presero posto su delle sedie attorno ad un tavolo. Amio intanto preparò un tè da offrire loro.

-Allora, mi è stato riferito che tu sei Islanda, la ragazzina sparita tempo fa.

-Sì, sono io.

-Mh… cosa ti è successo? Sei mancata per molto tempo. Sono quasi cinque mesi.

-Lo so. Ma sarebbe troppo lungo raccontare tutto quello che mi è successo.

-Non ti preoccupare. Ho molto tempo a mia disposizione e poi ho riserve di tè a sufficienza.

Islanda guardò preoccupata gli altri due ragazzi, come se non volesse rivelare proprio tutta la loro storia, ma lo sguardo che ricevette in risposta la tranquillizzò. Bevve un lungo sorso di tè e iniziò il racconto, dall’acquisto della stoffa fino al loro ritorno a Elven. Non mancò nemmeno un particolare. Ogni tanto parlavano anche gli altri due ragazzi, ma Amio rimaneva sempre zitto, anche se a ogni particolare pericoloso sembrava invecchiare di dieci anni al minuto. Sbiancava e i suoi capelli a volte sembravano rizzarsi. Il peggio fu quando Islanda arrivò al punto di descrivere Marse come un demone. Il vecchio Amio realizzò di avere un demone in casa e si alzò di scatto dalla sedia.

-Un demone in casa mia!? Vattene da qui! Esci da casa mia!

Aveva iniziato ad urlare come un matto e alla ragazza gli ci volle un buon quarto d’ora per calmarlo del tutto. Marse era rimasto invece impassibile tutto il tempo, con gli occhi gialli fissi in quelli spaventati, anzi terrorizzati, del vecchio. A Jìrkan invece, vedendo il vecchio così spaventato, venne da ridere, era addirittura piegato in due dalle risate, e non la smise più fino a quando quello si fu calmato. Islanda così poté finalmente riprendere il suo racconto e finì dopo ben quattro tazze di tè a testa, quando ormai era quasi buio, lasciando Amio completamente senza parole.

-E ora che sai quello che è successo a noi… dimmi cosa ne è stato della mia famiglia, perché ho trovato la casa completamente vuota.

-Lo so che l’hai trovata così.

Amio emise un lungo sospiro.

-Spiegami per favore.

-Ok. Dunque… la sera della tua sparizione, tua madre venne da me tutta agitata; mi disse che non avevi mai fatto così tardi per tornare a casa e che quindi doveva esserti successo qualcosa. Era distrutta, completamente a pezzi. Iniziammo le ricerche appena tua madre mi avvertì; tutto il villaggio ti stava cercando, ma nessuno riuscì a trovare anche una sola traccia del tuo passaggio. Che ne potevamo sapere noi che dovevamo cercare le tracce di una tigre invece di quelle di una ragazzina? Le ricerche continuarono fino a notte fonda e ripresero all’alba del giorno seguente. Non trovammo mai niente e le vecchie pettegole del paese dicevano che la fata del lago ti aveva uccisa perché avevi osato disturbarla dal suo sonno. Nessuno ci credeva infondo, ma non riuscivamo a trovare un’altra spiegazione e tutti smisero di cercarti. Tua madre invecchiava a vista d’occhio e il tuo fratellino non usciva più a giocare con gli altri bambini. Lo sai che i piccoli sono spesso crudeli inconsapevolmente… finiva sempre che qualcuno o gli chiedeva che fine aveva fatto la sorella, o peggio lo prendeva in giro perché la sorella era stata mangiata dalla fata cattiva del lago. Alla fine la situazione stava diventando insopportabile per la tua famiglia, così decisero di lasciare il villaggio e, circa un mese dopo la tua scomparsa, tua madre mi venne a dire che se ne andavano. Il giorno dopo a casa tua non c’era più nessuno ed era stato portato via il più possibile. Le cose che avevano lasciato ben presto furono rubate dai ladruncoli del posto. Mi dispiace, questo è tutto.

Amio aveva finito la quinta tazza di tè. Fuori era buio e Islanda era sconvolta. Era sceso il silenzio nella casa. Ma poi Islanda scoppiò e non riuscì più a trattenere le domande.

-Non ti hanno detto dove erano diretti? Non ti hanno dato nemmeno indizio? Non ne hai proprio idea?

-No, mi dispiace, mi ricordo ancora il nostro discorso, parola per parola.

Con un sospiro Amio le riferì il loro brevissimo discorso risalente a quattro mesi prima.

-E così ve ne andate…

-Sì, non possiamo continuare così.

-Capisco.

-Io ho bisogno di un po’ di tranquillità e i pettegolezzi e gli sguardi ancora più eloquenti delle vecchie del posto non mi aiutano di certo. E il piccolo Sando ha bisogno di crescere lontano da dove è sparita la sorella. 

-Credo tu abbia ragione… dove andrete?

-Non lo so ancora, mi basta allontanarmi da qui.

-Ma non potete andarvene senza una meta… è rischioso!

-Stai tranquillo. Sappiamo cavarcela. Addio.

-Addio Madlen, abbi cura di te e del piccolo Sando.

-Tua madre era molto decisa. Nessuno le avrebbe fatto cambiare idea se c’era di mezzo la salute e la felicità di tuo fratello. Non posso proprio aiutarti. Ma se vuoi posso far rimettere in sesto la tua casa e puoi fermarti a vivere qui.

-No, non è proprio il caso. Grazie mille Amio. Ripartirò domani mattina con loro. Nel caso dovessero tornare, voglio che tu sappia dove sono diretta, ma non devi rivelarlo a nessun altro al di fuori della mia famiglia. Chiaro?

-Sì.

-Vado a Benn, in una delle scuole di combattimento. Mi troverai lì.

-E sia. Buona fortuna. A te a ai tuoi amici.

-Grazie.

I tre uscirono dalla casa del vecchio capo del villaggio e si diressero dove una volta abitava Islanda con la sua famiglia. Marse e Jìrkan andarono a fare un giro per la piccola città addormentata, mentre la ragazza voleva restare un po’ sola. Si mise a camminare senza meta per le strade del paese e, quasi senza rendersene conto, si ritrovò sulla riva del Bloth, il laghetto che le stava tanto a cuore. Questo almeno fino a quando non era stata rapita proprio su quelle sponde silenziose. Ritrovò il punto esatto ai confini della foresta da dove era venuto fuori Sicuth con la sua rete magica pronta ad intrappolarla. Rivisse nella sua mente la sua furiosa lotta contro le maglie magiche, risoltasi in un inutile spreco di energie; poi le ritornarono in mente le immagini della carovana con cui aveva viaggiato fino al porto. C’erano Sicuth, Irkantha, i due ometti dall’aria insignificante e poi era comparso anche Marse, il suo futuro alleato. Mentre ripensava a tutto quello si rese conto di essere terribilmente stanca, si stese per terra vicino alle scure acque del lago, chiedendosi se davvero ci fosse una fata malvagia nelle loro profondità. Ma a cosa le serviva saperlo? A nulla. Senza pensarci troppo, si tolse i vestiti e si gettò nel lago. Una cosa da matti. A quell’ora della notte le acque erano gelide, più del solito, e solo un pazzo avrebbe pensato di farsi il bagno. Restò solo poco tempo dentro l’acqua, quel tanto che bastava a schiarirle la mente per non farla perdere nei ricordi di quella pazzesca avventura, che rischiava di farla ammattire. Una volta uscita dall’acqua, bagnata e infreddolita, si mise a piangere furiosamente. Tutta la tristezza e la rabbia per ciò che aveva fatto passare involontariamente alla sua famiglia, unita a quella ancora repressa per la fine prematura Zaphir, le si riversarono addosso in un solo colpo. Sembrava che non potesse più smettere di piangere e si rannicchiò come un gattino su se stessa, continuando disperarsi. Alla fine si decise a tirarsi su e si trasformò in tigre per scrollarsi l’acqua di dosso; iniziò a graffiare il terreno attorno al lago, lasciando i segni delle sue affilate unghie ovunque. Ora non sembrava più un gattino impaurito, ma una tigre inferocita. Emise un forte ruggito, che avrebbe fatto tremare chiunque l’avesse sentito e, infine, tornò con le sue sembianze normali. Doveva sfogarsi e l’aveva fatto. Aveva fatto uscire tutto quello che aveva dentro, ma che non poteva più continuare a nascondere. Ora si era finalmente calmata.

Tornò nella sua casa e trovò lì i due ragazzi che la stavano aspettando. La guardarono con sguardo incuriosito, notando i suoi capelli bagnati e le unghie sporche di terra, ma non le chiesero nulla. Avevano capito che non era il caso di fare domande. Decisero di andare a dormire e di lasciarsi finalmente alle spalle quella spossante giornata. Passarono la notte nei tre letti polverosi della casa, pronti a ripartire alle prime luci dell’alba, per iniziare le ultime tappe del loro lungo viaggio. 

 

Innanzi tutto vorrei ringraziare giudark per aver aggiunto la storia tra i preferiti e poi volevo augurare a tutti Buone Feste!!!

Per Yum: beh direi che adesso la sofferenza di Islanda si vede un po’ meglio… e si è anche trasformata di nuovo (diciamo che ha dato un po’ di matto^^)!! Per quanto riguarda il motivo per cui Sicuth la vuole è molto semplice: quando non sapeva che era una ragazza che si poteva trasformare in tigre, la voleva semplicemente per venderla come animale raro (direi che una tigre bianca è abbastanza rara!!). Ma poi, quando ha scoperto il suo segreto, ha voluto perseguitarla perché aveva osato prenderlo in giro scappando da lui e poi perché forse voleva studiarla, visto che non aveva mai incontrato qualcuno che potesse trasformarsi. A dir la verità era più una questione di principio, dato che la ragazza era scappata. Per esempio vedi questo pezzo del IV capitoloàDoveva assolutamente riavere la ragazza; innanzitutto si sarebbe vendicato della sua sfacciataggine, nessuno poteva scappare dal mago Sicuth e osare sperare di passarla liscia! Poi, una volta punitala debitamente, avrebbe deciso cosa farsene”

Spero di essere stata abbastanza esauriente!!

P.S. mi sa tanto che il prossimo capitolo è l’ultimo… ci starò un attimo di più a postarlo… sigh sigh… siamo alla fine!! ç_ç

  
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