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Autore: Dreality    13/04/2015    1 recensioni
Le dita sfiorano distrattamente il vetro ghiacciato del bicchiere, il polpastrello dell'indice raccoglie una gocciolina di condensa che cola via con la rapidità di una stella cadente.
Il liquido colorato, dal profumo alcolico, vortica sotto ai suoi occhi riempendo le iridi marroni di sfumature psichedeliche che si riflettono nella sua mente.
La musica è soffusa, come il bagliore dolciastro di un lampione in piena notte, sul ciglio di una strada deserta.
[K]
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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VERTIGINI





Le dita sfiorano distrattamente il vetro ghiacciato del bicchiere, il polpastrello dell'indice raccoglie una gocciolina di condensa che cola via con la rapidità di una stella cadente. Il liquido colorato, dal profumo alcolico, vortica sotto ai suoi occhi riempendo le iridi marroni di sfumature psichedeliche che si riflettono nella sua mente. La musica è soffusa, come il bagliore dolciastro di un lampione in piena notte, sul ciglio di una strada deserta.

Non è sola, è lì con alcuni amici e nonostante questo è come se con lei non ci fosse nessuno. Sola, mentre gli altri ballano, parlano, si toccano, promettono gli uni agli altri emozioni indimenticabili. Lei è lì un po' per caso, e ad essere onesti non lo sa neppure lei perché ha deciso di uscire. Non era propriamente in vena eppure... Una sensazione ancestrale le ha come sussurrato all'orecchio che avrebbe dovuto essere lì, quella sera, per un motivo che ancora non conosce bene ma che sa presto scoprirà.

È annodata a questi pensieri che non sembrano avere logica, nessun tipo di razionalità in grado di esplicarli quando dita fredde e inaspettate le sfiorano la pelle nuda di un braccio. Lei istintivamente rabbrividisce e si volta. Si lecca le labbra, il respiro inciampa all'altezza dell'ugola e i denti si chiudono attorno alla pienezza del labbro inferiore. Le palpebre si abbassano appena e le pupille si dilatano, sotto al sottile strato trasparente di pelle cosicché il nero minaccia di inghiottire il colore dell'iride quando quelle puntano una figura a qualche metro di distanza. Un abito blu, lungo quanto una notte priva di sonno e carica di sensazioni, avvolge un corpo dalla pelle bianca come neve, piccoli nei a costernare porzioni di cielo. Il cuore, muscolo bastardo, singhiozza per alcuni istanti e l'ossigeno pare bloccarsi da qualche parte nella gola impedendole di respirare. Un blackout emotivo. La giovane che sta rimirando tiene un angolo del suo vestito stringendolo nella mano destra, pare quasi una ballerina e, se la posizione dei piedi non inganna, potrebbe davvero esserlo. Sembra così giovane, piccola, indifesa... Improvvisamente un calore irrazionale la avvolge come un incendio, le sembra di essere stata inghiottita da lingue di fuoco fameliche che la masticano ogni volta che... Ogni volta che la ballerina si muove, piegando il capo di lato, spostando lo sguardo in giro nella sala o semplicemente sistemandosi l'abito che indossa, lei sente che se la morte fosse un'unica sensazione molto probabilmente sarebbe quella che sta provando; e non è una constatazione negativa, quella che ha appena fatto, tutt'altro. Si sente morire e allo stesso tempo è come respirare per la prima volta, un continuo morire e rinascere che le scuote il corpo con infinite scariche di brividi. Una scossa elettrica le trapassa il petto quando gli occhi della fanciulla collidono con i suoi. Una seconda scossa la travolge quando l'altra piega le labbra in un sorriso sibillino che, come la più timida delle bambine, subito copre con una piccola mano.

Tutto inizia a vorticare intorno a lei, la musica diventa solo un'accozzaglia di note senza incastro alcuno e i volti degli avventori, che colmano ogni spazio del locale, si sfocano sino a divenire macchie indistinte di colore. Ha come l'inaspettata sensazione di essere finita in una tela impressionista in cui, tra i tanti colori scelti abilmente dall'artista, vi è quello a cui l'osservatore può aggrapparsi senza annegare nell'oceano cromatico che è l'opera d'arte. Il colore in questione, per quanto riguarda la sua di realtà, è il blu cobalto indossato dalla figura eterea che ora è appena scivolata via dalla sua vista. Dove è andata? Pare si sia dissolta nell'etere come uno sbuffo di fumo. Si alza dallo sgabello, il barman che le ha appena allungato l'ennesimo drink richiesto, meticolosamente preparato, le indirizza un'occhiata curiosa: neanche lui probabilmente capisce cosa voglia fare. Non aveva detto di avere bisogno di altro alcool? Perché improvvisamente tutto è passato in secondo piano? Si sposta nella sala e la lucidità che le sembrava di aver smarrito al terzo shot ricomincia a riappropriarsi della sua mente, sebbene mettere a fuoco la realtà circostante non sembri ancora facile. Sospira quando mani si allungano per toccarla, ne scaccia qualcuna alzando un sopracciglio in quel suo sguardo che è capace di intimorire chiunque e fa per allontanarsi dalla pista da ballo ma è questione di un attimo però, perché due braccia le circondano la vita e il calore di un volto contro la sua schiena accende in lei la comprensione. Lo sa ancor prima di voltarsi a controllare. Lo sa nel momento esatto in cui le sue mani si posano sulla pelle fresca che continua a stringerla. Lo sa perché chi la sta trattenendo ha la consistenza di una visione e il profumo di un sogno lontano.

«Sei solo una ragazzina, che ci fai in un posto come questo?» allora domanda, intrecciando le mani in quelle della fanciulla dietro di lei.
«Sono qui per te, a dire il vero».
Ed è in quel momento che si rende conto di essere stata, in realtà, tristemente sconfitta dall'alcool tracannato e che la lucidità che pensava di aver ritrovato altro non era che un'illusione. Sta sicuramente immaginandosi tutto e nella follia lucida di quell'istante solo le va bene così. Vuole assecondare il suo stato di ebbrezza e scoprire cosa si prova quando si gioca vicinissimi ad un incendio.

Si dondola sul posto, mentre una canzone dal ritmo cadenzato avvolge tutti i presenti e «Ci conosciamo? Non mi sembra di averti mai vista prima d'ora, mi sarei ricordata di te...» chiede. Si maledice perché può sembrare un triste tentativo di abbordaggio ma, davvero, non lo ha detto con nessun tipo di finalità.
La fanciulla sospira contro alla sua schiena e quel respiro caldo le trasmette brividi lungo la pelle. Incapace di trattenersi oltre, si volta senza districarsi dalle sue esili braccia e si ritrova ad annaspare nei suoi grandi occhi scuri.

«Non ancora» mormora l'altra, alzandosi appena sulle punte. Una ballerina pronta per un piroetta mozzafiato.
Storce il naso, incapace di comprendere ciò che l'altra le ha detto e «In che senso...?» domanda genuinamente incuriosita dal modo di fare dell'altra.

«Mi hai chiesto se ci conosciamo», riferisce la ragazzina, «e io ti ho detto non ancora».

È decisamente ubriaca, ora più che mai ne è assolutamente certa. Ride e lo fa di gusto, davvero, ma i suoi occhi rifulgono troppo e ciò le conferisce un'espressione folle che appartiene solo ai matti.
Stringe la ragazzina a sé, sente la curva della sua schiena sotto alle dita delle mani; ha un abito dallo scollo profondo che le arriva fino al fondoschiena, in quel punto in cui le curve iniziano a far girare la testa. Sfiora la pelle accaldata sul basso della schiena e vorrebbe così tanto violare il candore del suo corpo, strapparle l'ingenuità che risplende nei suoi movimenti e lasciarle l'esperienza di una vita vissuta in una notte sola. «Allora dimmi almeno come ti chiami» quasi implora.
La fanciulla sorride e sul suo volto passano moltitudini di espressioni. Dalle più maliziose a quelle di un'innocenza disarmante che la fanno sembrare ancor più piccola di quello che magari è.

«Il mio nome ora non ha importanza» comunica la fanciulla, apparendo inaspettatamente più donna che mai e scatenando in lei uno tsunami di emozioni potenti e contrastanti. «Seguimi».
E lei lo fa. La segue, attraverso la folla, solo le dita leggere a trascinarla via con delicatezza a d'un tempo forza. Si sente incosciente, stupida, pericolosamente esposta eppure non fa nulla per opporsi. Cosa sta facendo? In che guaio si sta cacciando...

La terrazza sembra una piattaforma sospesa nel nulla eterno, la notte tutto intorno a farla sembrare un pianeta privo di dimensione che orbita nello spazio tetro alla ricerca di un buco nero da cui lasciarsi ingoiare. Un po' come si sente lei, in quel momento, la testa troppo leggera e uno strano peso a tenerla ancorata alla terrà.

«Mi dici almeno perché siamo qui fuori?» chiede, i piedi che avanzano alla cieca. Un risolino fresco infrange la quiete, brividi le graffiano il corpo. Il cuore compie tre giri sull'altalena che è la vita.
La fanciulla, il volto sfumato in un sorriso genuino, compie una giravolta su se stessa e l'abito leggero svolazza nel vento della notte. A quel punto pensa che vorrebbe così tanto avvolgerla tra le sue braccia, proteggerla dal freddo, dai colori bui che avvolgono entrambe ma resta inchiodata al suo posto incapace di muoversi.

«Mi dici che cosa vuoi da me?» insiste, quando l'altra non sembra disposta a rispondere alla sua prima domanda. La ballerina si solleva appena sulle punte e sembra farsi improvvisamente seria, la fanciullezza sparisce in una volta sola e davanti a lei si rende conto di avere una donna.

«Non voglio nulla. Sono io che voglio dare qualcosa a te» riferisce, un lampo improvviso nelle iridi caliginose.

«Che cosa vuoi darmi?»

Poi le dita si ritrovano intrecciate in quelle della fanciulla, i piedi compiono dei passi fino ad arrestarsi sul bordo basso della terrazza, laddove non vi è neppure un piccolo parapetto per ripararsi da una caduta certa.

«Ma qui non c'è nulla, è pericoloso!» cerca di far rinsavire l'altra, tirandosela addosso per evitare ad entrambe di precipitare di sotto. La ragazzina ridacchia di nuovo, il vento fa muovere la sua veste sino a darle vita, infatti la stoffa pare muoversi di sua spontanea volontà.

«Credi davvero non ci sia nulla qui? Non hai neppure dato uno sguardo, guarda». Le posa le mani sui fianchi e la posiziona a pochi centimetri dal cornicione, una scarica potentissima di adrenalina la fa vibrare da capo a piedi.

«Tu sei folle» le dice con tono quasi accusatorio eppure il sorriso che le piega le labbra tradisce l'insana eccitazione che si sta facendo spazio dentro di lei. Chi è quella fanciulla, che cosa vuole mostrarle? Getta lo sguardo in basso, oltre ai suoi piedi e ciò che vede le strappa l'aria dai polmoni. I fari delle vetture che sfrecciano in strada illuminano la notte come lucciole impazzite, e le luci dei grandi grattacieli, invece, sembrano occhi di animali notturni incastrati nelle conche degli alberi di un bosco lontano e misterioso.
Tira su un lungo respiro, socchiude gli occhi e cerca di ignorare il capogiro che la vicinanza a quella possibile caduta le provoca. Si volta per incontrare gli occhi della fanciulla misteriosa e quando ciò accade le mani di quest'ultima subito si posano sulle sue spalle. Si osservano attentamente, il vento sussurra a ciascuna parole misteriose e «Ora mi dici che cosa hai intenzione di darmi?» domanda in un mormorio che muore dritto sulle labbra appena schiuse della ragazzina vestita di blu.
Questa le osserva la bocca umida e arrossata, si lascia scappare un sospiro che pare un miagolio e «Le vertigini» risponde, poco prima di adagiare le labbra sulle sue. E non è solo un incontro, uno scontro di labbra, un intreccio tenue di lingue vogliose di scoprire il sapore dell'altra. Quel bacio è una caduta, è precipitare in basso, è lasciarsi inghiottire dal vuoto, sentire il vento tagliare la carne perché cadere è come vivere. La testa gira tantissimo, un carosello di luci e colori impazziti che di fermarsi non ne vuole sapere. Un passo all'indietro, le braccia si slegano, le labbra si lasciano, gli occhi si allontanano e il vuoto la avvolge. Il respiro sparisce, il vento veloce le taglia la pelle e... «Ehi, ci sei? Sicura di volerne un altro? Non mi sembra il caso, hai bevuto abbastanza per stasera». Il barman le sorride gentile, con un'occhiata indica il bicchiere vuoto sotto ai suoi occhi. Il liquido psichedelico ha smesso di vorticare e il calore del locale la avvolge improvvisamente, di nuovo, accogliendola e tranquillizzandola. È come svegliarsi da un lungo sonno, gli occhi sbarrati e il sudore ad appiccicarle un po' i capelli sulla nuca, le mani strette attorno al bordo del bancone come se fosse un parapetto. Annuisce distrattamente, deve mettere ancora bene a fuoco ciò che sta vivendo e questa volta dà ragione al ragazzo dietro al bancone dalla superficie lucida, meglio non bere più. Si guarda intorno e si rende conto di non essersi mai mossa. Lo stomaco le duole appena mentre si alza per allontanarsi da lì e nel farlo, senza accorgersene, arresta bruscamente il cammino di qualcuno che sta passando dietro alle sue spalle. Il rumore cristallino di vetro le suggerisce che deve essersi appena rotto un bicchiere.

«Scusami, avrei dovuto fare più attenzione», mormora con tono dispiaciuto chinandosi per raccogliere i cocci di vetro sul pavimento. Poi quando alza gli occhi il cuore implode al centro del suo petto dipingendole l'anima con un dripping di colori densi e scuri, tutti sui toni del vermiglio.
La sconosciuta dagli occhi come acquitrini e i capelli dello stesso colore del firmamento di notte - raccolti su di un lato a scoprire una porzione di collo candida e costernata da piccoli nei - le posa le mani sulle spalle per ridarle un minimo di equilibrio ed evitarle di cadere.
«Tranquilla, non importa» dice con un piccolo sorriso. «Piuttosto stai bene?» si premura addirittura di chiederle, negli occhi un velo di preoccupazione.
Sa che sta fissandola in maniera preoccupante ma non può davvero farne a meno, è un qualcosa di più forte di lei. Perciò tutto ciò che fa è annuire e costringersi a respirare, lentamente. «Sono solo... vertigini» mormora. Vertigini.
E poi è come cadere. Di nuovo.

   
 
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