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Autore: Nocturnia    14/04/2015    6 recensioni
"Useremo qualcosa di più semplice per te, Alexandra. Qualcosa di più consono al tuo ruolo."
Mamma annuisce; papà semplicemente la ignora.
Alex sarà il nome con il quale dovrà dividere colpe e vergogne.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Ozwell Spencer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Devil in I'
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Subject 12
Disclaimer: Albert Wesker, Alex Wesker e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. I personaggi di Elaine, Isaac, Nadia Yance, Cora Korn, Vincent Simmons sono invece un'idea dell'autrice stessa. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"We will be monsters, alone in the world, but we will have each other."

- Mary Shelley -



Subject #12



#2 maggio 1966

Cora si muove inquieta sulla sedia della sala d'aspetto, le chiavi della macchina tra le dita e un cipiglio irritato sul volto.
"Perché ci mettono tanto?" mastica, flettendo il lungo collo all'indietro "Avremmo dovuto insistere di più."
Vincent si stringe nelle spalle, esasperato.
"Spencer ci ha dato ordini precisi e noi li abbiamo eseguiti. Il soggetto numero tredici aveva bisogno d'essere controllato."
"Albert." bercia Cora "Si chiama Albert, per la miseria. Abbi almeno la dignità di ricordare il suo nome."
Vincent ride senza allegria, regalandole uno sguardo da sicario.
"Oh, scusami tanto se ogni tanto dimentico che Albert è solo l'ennesimo progetto di quel vecchio maiale. Scusami se dimentico che tra un anno o due potrebbe già essere bello che morto, steso su uno di quei tavoli autoptici che tanto piacciono a Spencer. Scusami, davvero, sono profondamente pentito." conclude, portandosi una mano sul cuore e snudando i denti in un sorriso sgradevole.
Cora assottiglia le labbra e fa per replicargli quando le porte dell'ambulatorio si aprono, mostrando una bambina poco più piccola di Albert.
Dondola incerta sui piedi, le scarpette nere che producono uno strano clic clac sull'impiantito.
"Visto? Non è stato poi così difficile." le dice un'infermiera, occhi caldi e bocca piccola "La vuoi una caramella?"
La bambina scuote la testa, posando lo sguardo su Cora e Vincent.
"Sicura?" insiste Cindy, l'infermiera "Nemmeno alla ciliegia?"
Cora alza un sopracciglio, cercando gli occhi di quella strana bambina e trovandoli pieni di rabbia e...

Aiutami.

La bambina nasconde la sua paura dietro un sorriso da squalo.

#15 agosto 1967

"Alexandra è un nome un po' altisonante per una bambina come te, non credi?"
Spencer la fissa da dietro una scrivania in mogano lucido e un tramonto che insanguina l'orizzonte, sorridendo.
Alexandra ha ancora i piedi sporchi di sabbia e arriccia le dita dentro le scarpe, l'odore salmastro del mare che sta già scomparendo.
"Mi piace il mio nome." mormora la bambina, le mani chiuse a pugno lungo i fianchi e quelli che gli altri chiamano mamma e papà due marionette senza volontà.
Spencer ridacchia, scuotendo il capo.
"Useremo qualcosa di più semplice per te, Alexandra. Qualcosa di più consono al tuo ruolo."
Mamma annuisce; papà semplicemente la ignora.
Alex sarà il nome con il quale dovrà dividere colpe e vergogne.

#15 gennaio 1972

Cora riconosce Nadia nella madre di quella strana bambina.

Nadia Yance. Agente operativo dell'Umbrella, esperta in esplosivi e tiratrice scelta. Lucida, fredda, priva d'empatia. Si sospetta una forma latente di psicopatia. Il prototipo della madre perfetta.

Alza una mano nella sua direzione, ricevendo una risposta solo accennata.
Albert mastica il biscotto che gli ha dato qualche minuto prima, pulendosi attentamente dalle briciole rimaste.
"Ne vuoi un altro?" gli chiede Cora, e Albert scuote la testa, puntando lo sguardo sul latte e cioccolato della macchinetta automatica.
Cora sorride involontariamente a quel gesto così umano - così infantile.
"Tieni." gli dice, porgendogli un pugno di monete "Tanto non è ancora il nostro turno."
Albert annuisce e si alza con calma, i gesti lenti, misurati - controllati.
Cora rivolge poi l'attenzione su Nadia e sulla bambina che le siede vicino, un profilo regolare e interrotto solo dalla linea un po' troppo dura delle labbra.
"Quanti anni ha?" chiede all'improvviso, ricevendo un'occhiata perplessa.
"La bambina, intendo." specifica, indicando Alex "Quanti anni ha?"
Nadia sembra pensarci un attimo, soppesando la domanda.
"Nove." replica poi, accavallando le gambe muscolose "Siamo qui per la vaccinazione." aggiunge, come a sancire un confine immaginario.

Oh.

"Capisco." dice Cora, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio "Anche noi." e indica Albert alle sue spalle, totalmente assorbito dalla sua bevanda.
La bambina inclina appena il viso nella sua direzione, capelli biondissimi e occhi gelidi come una mattina d'inverno.
Cora le sorride, ma non riceve nulla in cambio.
Albert la ignora, continuando a girare il cucchiaino nella sua cioccolata.
La bambina non distoglie lo sguardo da entrambi nemmeno per un momento.

#7 ottobre 1976

Alex ha appena tredici anni quando Spencer dà l'ordine di ucciderla: abortire il progetto, sarebbe meglio dire.
La Morte ha gli occhi spenti delle maschere a gas dell'Umbrella e mani vestite di nero.
La Morte è un colpo di proiettile in mezzo agli occhi e l'agonia di un corpo che non le permette di cedere - non qui, non ora.
La Morte è un gioco a dadi, una partita che Spencer ha sempre creduto di poter vincere.

No.

L'operativo si porta le dita all'auricolare, comunicando la riuscita dell'operazione.

No.

Alex apre gli occhi, assaggiando il suo stesso sangue - metallo e veleno.

No.

Il rombo del suo cuore è l'unico suono che percepisce; l'unico per cui valga la pena di vivere.

Ti ucciderò, maledetto bastardo.

La Morte è una ragazzina dagli occhi troppo vuoti e i capelli di una diva.

#8 ottobre 1976

Spencer ne studia i lineamenti da dietro un doppio vetro rinforzato - antiproiettile, anti-bomba, antitutto.
"E li ha uccisi a mani nude."
"Sì."
"Tutti e dieci. Uomini grandi e grossi. Addestrati alla guerra e alla sopravvivenza in condizioni estreme."
Barry deglutisce, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.
"Precisamente."
"Nadia Yance è quindi morta." ripete Spencer, quasi a volersi convincere davvero che il suo progetto stia regalando qualche frutto.
"L'ha tenuta per ultima, signore. Le ha strappato i visceri dalla cavità addominale con una mano sola, impalandola con l'altra. Ha trovato poi le vertebre del rachide e non ha esitato: l'ha spezzata letteralmente in due."
Spencer tradisce la sua ansia solo con un leggero tremolio della palpebra destra.
"È stato un errore volerla sopprimere, se posso permettermi, signore. Il soggetto dodici mostra incredibili capacità d'apprendimento rapido e una forza fuori dal comune. Allo stato attuale posso persino azzardare l'ipotesi che sia a uno stadio più avanzato del soggetto tredici."
Spencer annuisce, sfiorando il vetro protettivo con la punta delle dita.
Alex alza di scatto la testa, il corpo teso in una posizione aggressiva e predatoria.
"Cosa le succede?" chiede Spencer, la voce che si alza di qualche ottava.
"È la fame, signore. Il Progenitore si è attivato brutalmente e bruscamente nel suo sistema metabolico, creando un po' di scompiglio."
Alex digrigna i denti, artigliando l'aria con le mani.
"Sembra una bestia." aggiunge Spencer, scostandosi "Un animale."
"Non è quello che, in fondo, sono un po' tutti i bambini del progetto, signore?"
Gli occhi di Alex brillano d'una scintilla malevola e crudele.

#18 aprile 1978

Per il suo compleanno Spencer le ha regalato un libro di Kafka; La Metamorfosi, per essere precisi.
Alex lo legge per tutta la notte, pagina dopo pagina, sussurro dopo sussurro, traendone uno strano senso di conforto e angoscia, un sentimento indefinibile e che le fa tremare i polsi.
Sola, in una stanza dalle pareti troppo rosse e troppo piene, si addormenta trattenendo le lacrime, il lenzuolo stretto al petto e le dita rattrappite sulla bocca.

Io non morirò così. Non morirò come come Gregor. Io. Non. Morirò.

Il silenzio non era mai stato così pesante.

#22 dicembre 1980

La verità erano tredici nomi e cinquanta pagine di dossier sui loro progressi.
La verità erano undici bambini morti - progetti falliti, come li aveva chiamati Spencer - e solo due sopravvissuti, Guerra e Discordia.

Albert e Alex.

A diciassette anni Alex è una ragazza sottile e alta, mani nervose e un'espressione perennemente seria sul viso pallido.

Ares ed Eris.

"Lavora con William Birkin." l'aggiorna Spencer, continuando a leggere il suo giornale "Al momento si occupano del virus T."
Alex lo ignora, sfogliando volti che non ha mai visto e vite a cui è stato strappato ogni futuro.
"Voglio che tu cominci a gestire il Progetto W."
Alex reprime una bestemmia, mordendosi l'interno della guancia.
"Dovrai aggiornarmi sui progressi del soggetto numero tredici, sui suoi problemi e se sviluppa qualche mutazione improvvisa."
Annuisce, la calma uno specchio dietro al quale si riflette il mostro.
"Confido che farai un ottimo lavoro."
Alex chiude il fascicolo di scatto, posando lo sguardo su Spencer.
"Nessun problema."
Voce piatta, vuota.
"Accetto volentieri il compito: sarà un onore."
Occhi distanti, persi.
"Bene." sorride Spencer, improvvisamente rincuorato "Vuoi un po' di caffè, mia cara?"

Soggetto numero due: morto per un attacco di cuore.

"No, grazie signore."

Soggetto numero dieci: delirio allucinatorio, autolesionismo. Causa della morte, suicidio.

"Perfetto, allora. Puoi andare, Alex."

Soggetto numero sei: il virus Progenitore ha attaccato il sistema immunitario del paziente, divorandolo dall'interno. Le sue cellule hanno aggredito i suoi stessi organi.
Causa della morte: emorragia massiccia e necrosi progressiva dei tessuti.

Alex china il capo, dandogli le spalle.

Soggetto numero sette: delirio, anoressia, mutazioni incontrollate. Abbiamo dovuto abortire il progetto.

La porta si chiude con un clic delicato, quasi invisibile nella cacofonia dei suoi pensieri.

Soggetto numero quattro: rigetto al virus immediato. Morte naturale.

Alex espira con forza, un sorriso che non ha nulla di sincero contrarle le labbra.

Soggetto numero tredici: completa accettazione del virus Progenitore. Stabilità legami DNA del 99,9%

Alex ride alla follia di un uomo che non sa di essere già morto.

#7 ottobre 1996

"Ci conosciamo?"
"No."
"Uhm."
"Mi piacevano i tuoi occhiali."
Wesker la fissa in tralice, occhi artici come la neve.
"Ti stanno bene."
Silenzio.
"La loquacità non è il tuo forte, eh?"
Albert si alza senza aggiungere una parola, soppesandola da dietro le lenti scure.
"Il suo nome, prego?"
Alex sorride, giocando con il bordo della tazza.
"Alexandra."
Wesker le tende la mano senza alcuna remora.

#26 luglio 1998

Villa Spencer è un buco di terra bruciata e legno spaccato, qualche fiamma che ancora respira nell'aria immota del mattino.
Alex osserva l'Alveare vomitare creature immonde, scheletri da cui pende carne putrefatta e nerastra.
"Andatevene." sibila, le unghie a grattare la superficie metallica di una piastrina "Andatevene subito."
Un infetto le si avvicina, barcollando.
"Vai. Via."
L'infetto continua il suo triste camminare, trascinandosi dietro un piede spezzato e un braccio in meno.
"Sei proprio una grandissima testa di cazzo, Liam." ringhia Alex, leggendo il nome che lo scienziato porta ancora sulla targhetta appuntata al petto.
L'infetto apre la bocca, il puzzo di decomposizione che le sfiora lo zigomo.
Scratch, scratch, scratch, le unghie continuano a grattare, imperturbabili.
"Stupidi. Stupidi in vita, stupidi nella morte."
Scratch, scratch, scratch, l'infetto quasi le morde la spalla, la piastrina che splende ora lucida tra le unghie rovinate e scheggiate.
"Ti avevo avvertito."
L'infetto si apre in due come un frutto marcio, coriandoli d'ossa e visceri.
Alex si alza, offrendo al sole un profilo distorto e sgualcito.

Percentuale successo del progetto scesa dal 94% al 18%

Gli infetti la fissano, marionette senza fili.

Stato del soggetto numero tredici: deceduto.

Alex snuda i denti, contrae i muscoli.
Ciò che resta di Albert Wesker dondola da una piastrina sporca di rimpianto e lacrime.

#2 settembre 2000

L'Umbrella è sull'orlo del tracollo finanziario; Alex ne ha annusato la disfatta molto prima che Spencer si mettesse a urlare per tutta la villa.
"Quei porci hanno consegnato i loro più sporchi segreti nelle mie mani! Non m'importa come lo farai, ma trovane uno su cui fare leva!"
Alex fissa la stringa di dati che ha davanti senza prestargli molta attenzione, il virus T - Veronica che ondeggia come un serpente di pixel e sequenze genomiche.
"No!" tuona ancora Spencer "Rockfort è stato un incidente. Un deprecabile incidente causato da quei gruppi a sostegno della medicina libera e priva di sperimentazioni animali. Non. Citare. Mai. Il. Nostro. Nome. Sono stato chiaro?"
Alex arriccia le labbra in una risata trattenuta, scorrendo con la punta dell'indice le informazioni sul virus.
"Avrei dovuto ammazzare Ashford come il cane che era prima che mettesse al mondo quei due bastardi." continua Spencer, muovendosi inquieto per la stanza "Avrei dovuto schiacciarli quando erano ancora nel ventre materno."
Alex studia le immagini della sicurezza del centro di Rockfort, le palpebre socchiuse, l'espressione leggermente annoiata.
"Non possiamo andare in bancarotta adesso; non quando siamo così vicini..."

Albert.

Alex cancella il fotogramma prima che Spencer possa anche solo intravederlo.

#23 febbraio 2003

"Dobbiamo andarcene."
Alex annuisce, recitando bene la parte della figlia preoccupata.
"L'Umbrella è caduta."
Lo so. vorrebbe dire Alex Lo so perché ne ho visto i segni molto prima di te, padre. Ho visto Hidalgo usare le nostre creazioni come se fossero giocattoli per bambini e lo scempio che ne ha fatto, non comprendendone appieno la forza - la perfezione.
Ho visto Sergei morire per mano di mio fratello, bellissimo e spietato come solo la Guerra sa essere.
Ho visto - ho sentito - la Regina Rossa implorare aiuto e che magnifica sensazione è stata negarglielo; darle le spalle, come ha fatto lei con me per anni.
Ho rivisto tutto dall'inizio, come in un film muto e in bianco e nero.
Le lacrime, il dolore, la paura.
Le ossa spezzate, il corpo martoriato, la solitudine.
Gli esperimenti, il sangue che mi ribolliva nelle vene, la testa che mi pulsava come schiacciata da una tenaglia invisibile e implacabile.
"Partirò domani, ma per te ho un altro compito."
Certo, padre. Come sempre, padre. Chi è Alex, se non la tua figlia più fedele? Chi, se non una bambina che non ha mai conosciuto null'altro che questo?
"Ho bisogno che tu continui a lavorare sul virus Progenitore e su tutto quello che comporta. Ho bisogno che tu trovi una cura alla vecchiaia e alla mortalità. Ho bisogno che realizzi lo scopo per il quale sei nata."
Servirti, padre, giusto?
"Lo farò." ribatte invece Alex, l'indifferenza una maschera ormai perfetta "Con immenso piacere."
Spencer sorride, un vecchio la cui decadenza le fa rivoltare lo stomaco.
Ti ucciderò. Ti userò fino al midollo e ti porterò via tutto quello che ti è rimasto: mezzi, strumenti, informazioni, denaro, speranza. E quando sarai solo un involucro vuoto e raggrinzito, allora verrò da te. E ti darò il bacio della buonanotte, padre. L'estremo saluto di una figlia devota.
"L'elicottero sarà pronto all'alba; ti condurrà in uno dei nostri ultimi laboratori. Condurrai le ricerche da lì."
Alex gli regala un sorriso bellissimo e terso d'ogni ombra, così vivo da essere quasi reale.
"Sarà un onore, padre."
Spencer la ricambia con uno sguardo un po' liquido, appannato dalla malattia e dalle vecchiaia.
"Sei sempre stata una scommessa migliore del soggetto numero tredici, Alexandra."
Il sorriso di Alex non trema neppure quando la rabbia le stritola il cuore.

#2 marzo 2004

Il laboratorio è bianco, il suo mondo è bianco.
I primi test dimostrano come il corpo umano sia incompatibile con l'immortalità - un sacco di carne destinato a fallire.
Alex osserva tutto quel bianco e si trova a desiderare i colori caldi dell'Africa e i suoi cieli troppo azzurri.
Viene sommersa da quel bianco e brama un solo squarcio di nero, un rifugio in cui poter chiudere gli occhi e smettere di bruciare - smettere di soffrire.
La voce di Excella la riporta alla realtà, fianchi morbidi e capelli scuri come l'ala di un corvo.
Alex ne studia i movimenti delicati, i lineamenti aristocratici, le labbra piene e il desiderio che vi legge sopra.

Albert.

Wesker dà invece le spalle alla telecamera di sorveglianza, un profilo durissimo e netto come il taglio di una lama.

Fratello.

Alex vorrebbe solo spegnere tutto quel bianco e affondare nel buio con lui.

#6 luglio 2005

Alex si sfrega le palpebre, stringendosi la radice del naso tra il pollice e l'indice.
È la sesta volta che rilegge le origini del virus T, scomponendo e ricomponendo la struttura del Progenitore con una precisione quasi maniacale.
"Sta lavorando troppo." la interrompe Stuart, la barba incolta e le mani macchiate d'inchiostro "Dovrebbe rallentare."
Alex sospira, ripetendo quello che già conosce: ipotalamo danneggiato. Rilascio massiccio di dopamina e noradrenalina. Sistema nervoso irrimediabilmente compromesso Perdita della connessione con il sistema limbico, con conseguente alterazione delle funzioni organiche vegetative.
"Per ottenere l'immortalità dovrei sfruttare le proprietà rigenerative del Progenitore, ma senza i danni al sistema nervoso." mormora Alex, la voce stanca, sconfitta "Blandire le ossidazioni, controllare le mutazioni, arrestare del tutto l'accorciamento dei telomeri, ingannando la cellula. E anche se ci riuscissi, tutto questo apre un'altra serie di problematiche."
Stuart armeggia qualche secondo con la macchina del caffè, porgendogliene poi una tazza.
"Come posso far funzionare un organismo senza ossigeno, il principale responsabile dell'ossidazione? Come posso controllare le mutazioni se il Progenitore ha un livello tale d'aggressività da dilaniare letteralmente le basi azotate? Come indurre la rigenerazione - che comporta una mitosi rapida - senza incidere sui telomeri?"
"Troverà un modo, dottoressa Wesker: come sempre." la rassicura Stuart, reclinandosi sulla poltrona "Siamo qui solo per servirla."
Alex annuisce e ricomincia a scrivere.

#30 ottobre 2005

Stuart ha la bocca socchiusa e gli occhi spalancati quando Alex gli spiega la sua teoria, confermando i suoi sospetti.
Questa donna è un genio si ripete mentre l'aiuta a smontare il laboratorio Questa donna cambierà il mondo.
Capelli raccolti in uno chignon disordinato e unghie laccate di nero, Alex Wesker dispiega davanti a Stuart un futuro privo di malattie e infermità, un domani in cui la morte sarà solo un difetto della carne - non della mente.
Il diavolo non gli è mai parso più bello.

#3 gennaio 2006

L'isola di Sushestvovanie è un pugno roccioso nel mezzo del nulla - una vecchia reliquia dell'Unione Sovietica.
Alex allarga le braccia al cielo plumbeo e inspira, l'odore del mare che si mischia a quello della terra umida.
Un animale spezza un ramoscello in lontananza, la foresta che bisbiglia alle sue spalle.
Alex sorride, chiudendo gli occhi: per qualche ora può concedersi il lusso d'una battuta di caccia improvvisata.

#18 settembre 2006

"Tu." è tutto quello che gli dice - che riesce a mormorare.
"L'ho ucciso." è tutto quello che le risponde - che vuole raccontare.
La verità ha il rumore del loro silenzio.

#19 settembre 2006

Pensava di trovarla patetica.
Pensava di trovare l'ennesimo residuo deteriorato dell'Umbrella, un progetto fallito, un simulacro delle idee di Spencer e Marcus.
"... e così gli ho mentito, abbandonando il laboratorio e portandomi dietro tutto: risultati, personale, strumenti, persino il suo denaro." Alex ride, le dita che si muovono leggere nell'aria "Ho sempre pensato che sarei tornata a ucciderlo un giorno, ma mi hai preceduta." sorride, labbra rosse come il sangue "Immagino di doverti ringraziare."
Wesker inclina la testa di lato, osservandola incuriosito.
"Immagino di sì."
Alex ride più forte, battendosi il palmo della mano sulla coscia.
"Il re è morto, lunga vita al re." replica, versandosi un'altra tazza di caffè "Forse dovremmo parlare di come..."
Il colpo la prende del tutto alla sprovvista.

#19 settembre 2006

È l'istinto a reagire prima della ragione, il virus che ruggisce nel cuore e nel sangue.
Alex ruota su se stessa, assestandogli una gomitata tra le costole e spezzandogliene due.
Albert è veloce e la colpisce prima al fianco, poi al plesso solare quando tenta di cavargli un occhio.
Alexandra arretra di qualche passo, ricaricando subito e facendo leva sul muro per saltarlo e arrivargli alle spalle, pugni in rapida successione - destra, sinistra, destra, montante nei reni - e una ginocchiata dritta tra le scapole.
"Uhm." è l'unica cosa che si lascia sfuggire Albert, sorridendo.
Alex digrigna i denti e divarica le gambe, un tacito invito.
Wesker l'accoglie cercando di sfondarle il cranio.

#20 settembre 2006

Tavoli rotti, muri divelti.
Vetri frantumati, tende strappate, buchi grandi quanto un pugno sul pavimento.
Una delle travi di sostegno del soffitto è collassata al suolo, penzolando tristemente nel mezzo della stanza come un dente cariato.
"Stuart." l'apostrofa Alex, capelli spettinati e occhi luminosi "Vieni, devo presentarti una persona."
Stuart sobbalza, la voce di Alex che squarcia la bolla d'incredulità in cui era caduto.
"Chi... " inizia, ma poi si ferma di colpo.

Non è possibile.

L'uomo dagli occhi d'inferno gli regala un sorriso che è solo metallo e bianco.

#14 novembre 2006

"Adesso ti rifai vivo." lo redarguisce Alex, regolando il fuoco del microscopio "Come stanno andando le cose in Africa?"
"Procedono." le dice, scrutando ogni angolo del laboratorio.
"Las Plagas 3 è malleabile come ti aspettavi?"
"Sì."
"Vuoi combattere un'altra volta?" lo sfida Alex, scostandosi dal tavolo e andando verso il lavandino "Oppure sei qui per una chiacchierata amichevole?"
Wesker non può fare a meno di sorriderle.

#11 febbraio 2007

Alexandra è una donna vanitosa.
Le piace indossare bei vestiti e gioielli costosi, unghie pulite e limate con cura.
Gioca con la cravatta che porta al collo, un nastro di stoffa nera che scivola tra i seni piccoli e pallidi.
"Tu ricordi la tua vera famiglia?"
"No." le risponde Wesker, sfogliando con lo sguardo gli infiniti libri che occupano lo studio di Alex "Immagino d'essere stato troppo piccolo per poterlo fare."
"Elaine."
Silenzio.
"Tua madre si chiamava Elaine, tuo padre Isaac. Scienziati, QI superiore al centosessanta. Cora faceva parte della squadra incaricata d'ucciderli."
"E tutto questo dovrebbe interessarmi?"
Alexandra si scrolla nelle spalle, allungando le gambe sottili sul bracciolo della poltrona.
"Spencer aveva messo me a capo del Progetto Wesker's Children. Sapevo tutto di voi: persino cosa e quanto mangiavate a colazione."
Wesker rimane immobile, occhi che bruciano di curiosità e irritazione.
"Vi ho visti morire." mormora poi Alex "Uno per uno. Senza nessuna possibilità di salvarvi; nessuno di voi."
"Allora immagino di dover ringraziare Birkin per il virus; senza, non sarei qui."
Alex ride, un suono aspro e astioso.
"Immagino d'essere anche io in debito con il buon vecchio William."
Wesker si avvicina, percorrendole la linea nuda del collo e costringendola a guardarlo.
Non è giovane e non è vecchia Alexandra, mani che lo cercano senza alcuna vergogna e gesti a volte infantili, a volte fin troppo audaci.
"Resta." gli dice e, per la prima volta dopo tanti anni, Albert non ha nessuna intenzione di rifiutare.

#12 maggio 2007

"Diventeremo come loro?"
Gli embrioni di Uroboros si contorcono nella sua mano, blandendole il polso in una carezza nerastra.
"Non è forse questo il nostro obiettivo?"
"Non lo so."
"Alexandra."
Un sospiro. L'Uroboros percepisce i suoi dubbi e si ritrae, raggomitolandosi sulla punta delle dita.
"Dillo ancora."
"Che cosa?"
"Il mio nome."
"Alexandra."
Wesker le restituisce l'anima che Spencer le aveva strappato tanti anni prima.

#22 luglio 2007

"Scelta interessante." la interrompe Albert "Kafka è morto solo e in un sanatorio, divorato dalla sua stessa malattia."
"Tubercolosi." aggiunge Alex, flettendo la schiena all'indietro "Non riusciva più nemmeno a deglutire."
"È quello che temi?"
"È quello che mi aspetto."
Le sue labbra sono incredibilmente morbide.

#9 settembre 2007

A dieci anni Alex credeva che essere bambini significasse vomitare sangue in una palestra e studiare biochimica.
A quindici anni il mondo erano i libri di Kafka e imparare a controllare un virus potenzialmente letale.
A vent'anni il suo riflesso era una ragazza pallida e spigolosa, capelli biondissimi e occhi trasparenti come il vetro.
A venticinque il fardello di una famiglia distrutta, a trenta la completa rinuncia a ogni illusione.
"Albert."
Sulla sua bocca le risposte che aveva sempre cercato.

#20 marzo 2008

"L'ho chiamato virus T - Phobos."
"Il dio greco della paura."
"La paura governa il mondo, Albert. La paura della morte, la paura del dolore. Gli umani temono il cambiamento, rifuggono da quelli come noi, tremano davanti alla  vastità del futuro."
Wesker sfoglia i risultati dei primi test con interesse, soffermandosi sui metodi di somministrazione e su quello di selezione.
"Quindi riconosce i livelli di adrenalina e noradrenalina."
"Esattamente." conferma Alex "Verde, il soggetto è ancora calmo. Arancione, il soggetto è in ansia. Rosso lampeggiante, il soggetto prova un'intensa e devastante paura."
"Rosso stabile; il soggetto soccombe al virus. Immediato abbattimento." conclude Albert, rialzando lo sguardo "Una raffinata teoria darwiniana basata sullo stimolo della paura."
"Sul controllo della paura. Sulla sua totale sconfitta."
Wesker cattura il filo dei suoi pensieri tra dita che chiedono una resa assoluta.

#2 giugno 2008

"Ti sei mai chiesto come sarebbero state le cose se...?"
"No."
"Io sì."
"Non perdo tempo a chiedermi cose inutili, Alexandra."
"La nostra storia non lo è mai stata, Albert."
Il destino ha già iniziato il suo conto alla rovescia.

#28 agosto 2008

Nel sogno è lei il mostro, la creatura deforme per cui tutti provano ribrezzo e disgusto.
Nel sogno non è Gregor a svegliarsi diverso, ma lei - un aborto la cui vita è legata a visceri d'acciaio e protesi vertebrali in titanio.

No.

Ride la donna senza più faccia, un'orbita rattrappita e l'altra piena di sangue, una pozza scarlatta in cui galleggia un unico, disperato, occhio azzurro.

No.

Alexandra, la chiamano quelle bocche mollicce e irte di denti Alexandra, ripetono.

No.

Alex trema nel sonno, raggomitolandosi sotto il lenzuolo e stringendosi le mani di Albert sul ventre, cercando conforto nella sua presenza e tra le sue braccia.

Non può essere.

Quando la donna - il mostro - si toglie il mantello, Alexandra affonda nella sua stessa paura.

#1 settembre 2008

"Non mi piace."
Albert alza un sopracciglio, interdetto.
"Non mi piace per niente."
Wesker studia Alex con malcelata curiosità, incerto.
"Cosa ti succede?" le chiede, e gli occhi di Alexandra lo evitano, i nervi che vibrano sotto la pelle e si raggomitolano in tanti nodi d'ansia.
"L'Uroboros fallirà."
Albert stringe i denti, tende le labbra.
"Non dire sciocchezze."
"Abbiamo una scelta, Albert. Un'altra strada."
Wesker la ignora ed esce dalla stanza.

#15 ottobre 2008

"Spencer ci ha condannati."
È nuda Alexandra, una linea pallida che si affaccia su un cielo nerissimo e senza stelle.
"Quel legame si è rotto quando l'ho ucciso."
Alexandra annuisce senza convinzione, tornando al suo fianco e portandosi il lenzuolo al seno.
"A volte sogno una vita non mia."
Silenzio.
"A volte sogno l'incubo che vivo ogni giorno."
Alexandra nasconde il viso contro il suo collo e respira l'odore di un'altra donna.

#20 novembre 2008

I primi candidati muoiono tutti.
Si contorcono al suolo e vomitano sangue e bile, gli sfinteri che cedono sotto la pressione della mutazione.
Ad alcuni esplode la pelle, ad altri si spacca semplicemente, grondando pus e veleno.
Alex osserva tutta quella morte e si scopre immune a ogni altro sentimento che non sia la delusione.

#30 dicembre 2008

"Sei tornato."
La sabbia le sfiora le caviglie, il mare una distesa brumosa e scura.
"Cosa vuoi?"
Wesker l'affianca, le mani dietro la schiena e gli occhi scoperti, scintille rosse e arancioni che brillano in una notte senza stelle.
"L'Uroboros è quasi pronto; presto il mondo sarà un posto diverso."
Alex gli regala un'occhiata spezzata, tragicamente piena di tutto.
"E sarai il dio che hai sempre sognato d'essere, fratello?"
Wesker affida al suo corpo ogni altra risposta.

#12 gennaio 2009

La donna senza volto è tornata a farle visita.
Ha detto che lei sarà la prossima dopo Albert.
Il fantasma di Spencer ha riso fino a spaccarsi le labbra.

#1 marzo 2009

Albert le accarezza la schiena, si complimenta con lei per il suo progetto, le mormora parole rassicuranti all'orecchio.
Affonda tra i suoi capelli e lambisce in punta di lingua una pelle che porta il suo stesso marchio, una genetica che li aveva resi fratelli e amanti - uomini e divinità.
"Presto il mondo sarà diverso." le ripete, cercandola sulla bocca e tra le gambe socchiuse "Presto noi saremo al posto che ci spetta."
Alex sceglie di crederci - vuole crederci, deve crederci.
La verità è che non si perdonerà mai d'averlo lasciato andare.

#12 marzo 2009

"Albert Wesker è morto." le annuncia Stuart, la mani tormentarsi l'una con l'altra.
"Come?" riesce solo a dire Alex, le dita gelide, le gambe improvvisamente deboli e malferme.
Impossibile, grida al silenzio, il sangue bollente, la testa vuota d'ogni pensiero se non lui.
"È stato ucciso dagli agenti operativi del BSAA Sheva Alomar e Chris Redfield."
"Ne siete sicuri?"
"Il suo corpo è affondato nel vulcano del Kijuju." articola a fatica Stuart, ogni parola un macigno "Al momento della morte si era infettato con il virus Uroboros che, come purtroppo sappiamo, è incompatibile con le alte temperature. La lava ne ha divorato ogni resto, per cui non siamo riusciti a recuperare nulla; mi dispiace."
Alex tace, Stuart deglutisce.
Il suo cuore vomita il suo ultimo battito e diventa cenere nel petto.

#14 marzo 2009

"Libera i prigionieri." gli ordina Alex, gli occhi distanti, la schiena rigida.
"Sono ancora in fase di test." prova a replicare Stuart "Non è prudente..."
Alex strappa la porta della prima cella a mani nude.

#14 marzo 2009

Gli infetti caricano in massa, Alex un'ombra bianca e rossa che scardina ogni porta, ogni ricordo.
Al primo disintegra la testa, al secondo divarica il costato fino a divellergli la spina dorsale, traendo un sadico divertimento nel lanciare i suoi organi addosso agli altri prima di attaccarli.
Stuart la fissa impotente da dietro il vetro di protezione, le mani chiuse a pugno sotto il mento, il viso contratto.
Alex fende l'aria con una gamba e spezza a metà un altro un infetto, afferrando poi quello vicino e premendogli le dita nella carne fino a farlo esplodere in un getto d'ossa e muscoli - una fontana grottesca e rivoltante di putridume umano e merda.

Dolore. C'è così tanto dolore.

Scortica la faccia a una donna infetta, strappa loro gambe e braccia, osservandoli contorcersi sull'impiantito per raggiungerla - vermi sanguinolenti e rivoltanti.
Li pesta fino a sentire il suono delle loro interiora che si spappolano sotto la suola dei suoi stivali, uno splatch splatch che risuona come un colpo di pistola nel silenzio irreale del carcere.
Stuart scivola con lo sguardo su Alex, denti snudati e un filamento rosato che ciondola dal polsino della camicia - un'arteria, pensa Stuart deve esserle rimasta incastrata mentre decapitava il soggetto numero sei.
Alex ansima, i capelli annodati e scuri di sangue.
L'ultimo infetto avanza incerto, quasi titubante.
Alex piega le gambe e scatta in avanti, trapassandolo con il braccio e affondando in lui fino al gomito.

C'è solo dolore.

In pochi minuti la prigione è un lago di sangue e viscere, una poltiglia in cui Alex Wesker si staglia come una dea bellissima e terribile - il petto che si alza e si abbassa al ritmo frenetico del suo respiro, una corona di sangue tra i capelli e negli occhi il nulla dell'abisso più profondo.

C'è solo dolore e null'altro.

Una Eris che ha perso il suo Ares nella battaglia sbagliata.

#15 marzo 2009

Il dolore polverizza.
Alexandra si muove per la montagna con passi sicuri e precisi, il vestito bianco ormai un brandello di stoffa stracciata.
Il sangue le si è seccato sotto le unghie e Stuart ha solo potuto osservarla andare via senza dire niente.
Ha ancora la testa di quella contadina tra le dita serrate, una stupida puttana che aveva cominciato a urlare non appena l'aveva vista.
Non le aveva detto di stare zitta, no; sarebbe stato inutile.
Si era invece protesa verso il suo collo con i denti snudati e lì aveva affondato le mani, i polsi, fino a quando non aveva sentito la carotide pulsarle sotto le dita e... plotch - oh. Qui qualcuno ha perso la testa.
Un corvo gracchia in lontananza, sotto la lingua il sapore amaro della sconfitta.

Albert.

Alex grida al cielo un vuoto che non ha nome.

#20 marzo 2009

Stuart la trova al suo solito posto dietro la scrivania, il capo alto e gli occhi asciutti.
"Dobbiamo accelerare con il processo di sviluppo." gli dice, e la sua voce è ruvida, inflessibile "Il virus T - Phobos ha le potenzialità per diventare la vera livella di questo indegno mondo."
Stuart annuisce, indeciso tra il sollievo e lo stupore.
"Mi serviranno i campioni rimasti del virus Uroboros; le sue caratteristiche sono fondamentali per la riuscita dell'esperimento. Organizza una squadra di recupero per i depositi africani della Tricell: me ne occuperò personalmente."
Stuart annuisce ancora, annotandosi ogni richiesta.
"I prossimi soggetti per i test saranno scelti da una rosa di candidati molto ristretta." Alex sposta lo sguardo sullo schermo del laptop, un sorriso che non ha nulla d'umano piegarle le labbra "Ma questa donna la voglio assolutamente nel trial. Promette d'essere un soggetto interessante."
Stuart fissa il volto di Claire Redfield e reprime un brivido.

#22 marzo 2009

Il dolore non ha dimensione.
Il dolore è fermarsi quando anche il mondo va avanti, bloccata nel mezzo come una bambola inceppata.
Alexandra Wesker stringe tra le dita l'elenco dei bambini del Progetto Wesker, la penna che trema sull'ultimo nome.
Incapace di voltare pagina, tenacemente attaccata a quelle righe sbiadite, Alexandra chiude il fascicolo - rifiuta il suo dolore.

"Credi che ci sarà mai posto per noi nel mondo?"
"No."
"Allora come faremo?"
"Lo costruiremo."

Sogna ancora quella donna Alexandra, ma ora non c'è più Albert a dirle che andrà tutto bene - che mostro è solo il nome che si dà a una divinità non ancora conosciuta.

"E allora io sogno una tomba, profonda e stretta, dove potremmo stringerci tra le braccia senza alcuna paura. E nasconderò il mio viso in te, e tu lo nasconderai in me, e nessuno ci vedrà mai più."

Aveva riso all'epoca Albert di quella citazione, le sue mani stringerle i fianchi e la sua bocca raccontarle un futuro diverso.
Aveva riso e ora quel suono si era trasformato in un lamento agonico nella sua mente - un assolo disperato e lacerante.

"L'Uroboros fallirà."
"No."

Al dolore non c'è alcun rimedio; nemmeno il tempo serve, perché nessuno vi è mai sopravvissuto abbastanza per poterlo confermare.

"Albert."

Il dolore è un momento che scivola via, un ricordo che diventa incubo.
Il dolore è assenza, il dolore è presenza.

"Non c'è giustizia in questo mondo, se non quella che ci costruiamo da soli."

Il dolore è: sempre e comunque.

"E a quel punto non la chiameranno più giustizia, ma vendetta."

Il dolore è tutto ciò che rimane di Alexandra e Albert Wesker.




Note dell'autrice: a) il virus T (ormai famoso) è un mutageno con una struttura a RNA. Viene specificato che il virus, una volta entrato nell'organismo, richiede una grossa quantità d'energia per sostenersi, motivo per cui i tessuti vanno incontro a progressiva necrosi e vengono letteralmente divorati dal patogeno.
Il virus danneggia inoltre l'ipotalamo, annullando quindi il controllo del sistema endocrino e del sistema nervoso autonomo. La maggior parte dei sintomi legati al virus T sono correlabili alla distruzione dell'ipotalamo.
b) Le principali cause dell'invecchiamento cellulare sono tre; 1)  ossidazione 2) accorciamento telomeri 3) mutazioni.
Esiste il "limite di Hayflick", secondo il quale i telomeri (regioni terminali dei cromosomi) hanno un numero limitato di suddivisioni. Esistono già studi sulla telomerasi e nel 2006 la Geron Corporation annunciò lo studio di farmaci atti a tale scopo. Il problema attuale sarebbe che a un allungamento dei telomeri potrebbe corrispondere una percentuale più alta di suscettibilità al cancro, ma, per ironia, molte forme neoplastiche hanno la capacità autonoma di aumentare la telomerasi, fornendo una replicazione pressoché infinita.
L'ossidazione è invece quando un elemento chimico perde elettroni e questo avviene continuamente nelle nostre cellule dato che sfruttano l'ossigeno per generare energia.
La mutazione non credo abbia bisogno di spiegazione ulteriore.
c) Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e "sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione di comportarsi come tali.
Secondo la legge italiana non sono né discendenti né ascendenti, e neppure affini in linea retta, per cui il reato d'incesto non sussiste.
d) "E allora io sogno una tomba, profonda e stretta, dove potremmo stringerci tra le braccia senza alcuna paura. E nasconderò il mio viso in te, e tu lo nasconderai in me, e nessuno ci vedrà mai più." è una citazione tratta da "Il castello", di Franz Kafka.
e) Questa storia è da leggere insieme alla one-shot "Embryo", relativa all'infanzia e adolescenza di Albert Wesker.
   
 
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