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Autore: ColdBlood     14/04/2015    2 recensioni
- Dovremmo imparare ad avere delle vere conversazioni, io e te. – sorrise Sirius prendendo una sedia tra le tante del lungo tavolo e sedendosi, accavallando le gambe.
- Non è mai stata una nostra prerogativa, il dialogo. Per lo più io mi trovavo a testa in giù ad un metro da terra e tu ridevi sotto di me. – ribatté l’altro, mentre trafficava con il tè per fallo bollire più in fretta. Era ostinato, ma riempì due tazze ed una la fece levitare fino a Sirius, seduto al lato opposto del tavolo.
Sirius sorrise leggermente.
- Resterei il resto della mia vita a chiederti scusa, se pensassi che tu prima o poi riusciresti a perdonarmi. – disse, ed era sincero a riguardo.
Genere: Angst, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Severus Piton, Sirius Black | Coppie: Severus/Sirius
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Torno con questa piccola storia dopo tanto tempo di pausa. Non ho più tempo per scrivere, purtroppo, la mia vita è molto cambiata da quando mi sono iscritta nel lontanissimo 2008, ma ogni tanto non si può fare altro che bene tornare al vecchio e caro slash per allontanarsi dal caos della vita.
Spero vi faccia piacere.
con affetto
V

 
Boys
 
Quando lo avevano portato nella cella in cima alla Torre Oscura era ancora incosciente. L’ultima cosa che ricordava era l’urlo di Harry e poi le ombre nere dei Dissennatori che scendevano su di lui.
Era li, spinto con la schiena contro l’angolo della cella e si sentiva svuotato. Non sapeva ancora come era riuscito a sopravvivere all’attacco delle guardie di Azkaban, ma non aveva nessuno a cui chiederlo. Lo avevano rinchiuso in quella prigione, e si erano dimenticati di lui. Nonostante questo la sensazione più terribile che provava era il non sapere cosa era successo ad Harry.
James lo aveva affidato a lui, era suo compito proteggerlo, e Sirius non l’aveva fatto. Non gli era stato permesso. Tutta colpa di quel sudicio traditore di Minus.
Sirius era stato pronto ad ucciderlo. Aveva pensato per dodici anni a quello che avrebbe provato uccidendo Peter, ma nel momento in cui Harry aveva deciso di salvargli la vita, lui aveva aperto gli occhi. Era stato lucido per la prima volta in dodici anni.
Ora Peter era scappato, e lui si trovava di nuovo in cella. Sembrava un terribile, terribile deja-vù.
Ripercorse con la mente quello che era successo.
Nonostante fosse attraversato da un soffio di pazzia, vedere finalmente Harry e il cielo, e provare qualcos’altro oltre alla rabbia e alla disperazione, era stata una benedizione. Forse ora sarebbe stato più facile accettare il Bacio del Dissennatore.  Ora che Harry sapeva la verità, e anche Remus e si…anche Severus.
I momenti più terribili dietro le sbarre di Azkaban erano sicuramente quelli che passava pensando ai suoi vecchi amici, i suoi amici più cari, la sua vera famiglia, le persone a cui teneva di più al mondo che lo credevano un traditore.
E anche se non riusciva a capire il perché di questo, a volte pensava a Severus Piton.
Quando lo aveva visto entrare nella Stamberga Strillante ne era stato contento. L’altro voleva ucciderlo, o essere il primo a consegnarlo ai Dissennatori, ma Sirius voleva che anche Severus ascoltasse quello che aveva da dire. La verità.
Non era stato lui a tradire Lily e James Potter. Lui era innocente.
Quando aveva visto il suo volto, sembrava pazzo esattamente come lui. Reso pazzo dal risentimento. Tutto quello che Severus sapeva era che Lily era morta per colpa sua. Ma in realtà, non c’era niente di dolce in quella vendetta. Niente avrebbe cambiato quello che era successo.
I pensieri di Sirius vennero interrotti da un ombra che si avvicinava alla cella, che risaltava con la luce della grande luna.
- Sirius.- alzò lo sguardo e vide Albus Silente fermo davanti alla cella. Era invecchiato, ma i suoi occhi azzurri erano svegli e intelligenti come sempre.
- Albus. – si alzò, con gli occhi spalancati. Era come avere una visione.
- Harry! Harry come sta? – si avvicinò alle sbarre e le strinse tra le mani.
- Sta bene. Siete stati molto fortunati, laggiù. –
Sospirò, sentendosi sollevato. – Io ho solo rimandato l’inevitabile. È già stato deciso quando riceverò il Bacio? –
- Il Ministro della Magia sta arrivando. Tra poco si saprà ma, Sirius, posso garantirtelo, Harry è un ragazzo straordinario, e non si arrenderà facilmente.-
Sirius non riuscì a capire quello che Silente gli stava dicendo, ma ci era abituato. Albus Silente parlava solo attraverso indovinelli e enigmi.
Appoggiò la fronte contro le sbarre fredde. – Vorrei parlare con Piton. – disse poi, sottovoce.
Albus sollevò le sopracciglia dietro i suoi occhiali a mezzaluna, appoggiati sulla punta del naso.
- Vuoi parlare con Severus? – era chiaramente sorpreso.
- Si, per favore. –
- Va bene. – annuì il Preside. – Vedrò cosa posso fare. –
Passò un braccio lungo e affusolato attraverso le sbarre e appoggiò la mano sulla sua spalla.
- Buona fortuna, amico mio. –
Sirius mise la mano sulla sua. – Albus, prenditi cura di lui. –
Silente se ne andò e lui tornò a sedersi sulla vecchia panca di legno marcio.
Non sapeva da quanto era li dentro. Ad Azkaban i giorni non esistevano, neanche le settimane, i mesi, e gli anni, o almeno non se ne aveva piena coscienza. Era come se fosse un flusso di tempo continuo scandito solo dai ricordi.
Fissava il muro quando la luce della luna venne nuovamente offuscata.
- Black. –
Questa volta non era una figura chiara e candida come Albus Silente, al contrario era scura e stranamente inquietante. I lunghi capelli neri di Severus Piton erano sempre quelli, da quando era un ragazzo e Black avrebbe riconosciuto quegli occhi scuri tra mille. Erano occhi neri, come tanti, ma erano freddi e severi, e profondamente tristi.
Sirius si alzò, in silenzio e si avvicinò alla porta e quando toccò le sbarre, Severus fece due passi indietro.
- Severus. –
- Probabilmente è la prima volta in vita mia che ti sento pronunciare il mio vero nome. –
Sirius abbozzò un sorriso – Non sono più il ragazzino che ti tormentava tra i corridoi del Castello, Severus. Sono passati anni, e ho perso troppo per essere ancora quella persona. –
Il volto di Piton sembrava fatto di porcellana. La pelle diafana alla luce della luna, l’espressione ostile e irremovibile.
- Tutti abbiamo perso qualcosa, Black. – rispose, ma la forza delle sue parole non venne accompagnata da nessuna espressione.
- Lo so. Io…volevo solo che sapessi che non sono stato io. Io non avrei mai tradito James e Lily. Gli volevo bene, erano la mia famiglia. Ho sempre saputo quello che provavi per Lily, e so anche che quella notte maledetta anche tu hai perso un pezzo di te stesso. E volevo solo che sapessi che io sono innocente. Io non ho tradito i miei migliori amici. – Sirius strinse forte le sbarre tra le mani e le nocche gli diventarono bianche, gli occhi si inumidirono.
- Perché volevi dirmelo di persona? - chiese Severus, il suo volto si era fatto sospettoso.
- Perché Peter ha tradito anche te. Perché anche tu sei dentro questo incubo. Perché tu potrai essere qui, per proteggere Harry. È il mio compito, ma non posso assolverlo. Avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile. –
L’espressione di Piton, se possibile, si fece ancora più severa – Potter ha già abbastanza baby-sitter, questo posso garantirtelo. Io sono solo il suo insegnante di Pozioni, niente di più. –
Con un gesto fulmineo Sirius protrasse il braccio oltre le sbarre e afferrò l’avambraccio di Severus, prima che lui potesse ritirarsi.  – Sai anche tu che non è vero. – sussurrò, guardandolo fisso.
- Ha gli occhi di sua madre. –
 
 
 
Dopo dodici anni dietro le sbarre di Azkaban volare insieme a Fierobecco era stata la cosa più bella che riuscisse ad immaginare. Non si sentiva così felice dai tempi di Hogwarts, quando tutti i Malandrini erano insieme, impegnati solo ad infastidire Severus, cacciarsi nei guai e fare in modo che nessuno scoprisse il piccolo problema peloso di Remus. Tutto questo, prima che l’incubo iniziasse.
Sirius aveva pensato che una volta smascherato Peter Minus sarebbe potuto tornare ad essere un uomo libero, ma così non era stato. Era ancora costretto a nascondersi, chiuso nella sua casa di famiglia a Grimmauld Place, un’altra prigione, con l’aggiunta di terribili ricordi.
Era l’unica cosa concreta che aveva potuto fare per l’Ordine della Fenice, offrire come quartier generale la sua vecchia dimora, con tutte le cose terribili contenute e il borbottio continuo dell’elfo domestico Kreacher che aveva una parola cattiva per ogni membro dell’ordine.
Ed era proprio quando ritornò a casa sua, che rivide Albus Silente, Remus Lupin, Severus Piton e tutti i più o meno nuovi componenti dell’Ordine.
Kreacher, da quando mezzosangue e traditori del loro sangue erano entrati stabilmente nella casa della sua vecchia padrona aveva praticamente smesso di prendersi cura della dimora, quindi la prima cosa che fecero, durante quell’estate, era rendere vivibile quella casa. Molly Weasley era instancabile, e faceva più lavoro lei da sola che tutti quanti i membri dell’Ordine insieme.
Silente era raramente con loro nel quartier generale. Era occupato con alcune questioni di cui nessuno sapeva nulla, tutti top secret.
Piton faceva la spola, così come Lupin.
Con l’arrivo dei numerosi figli Weasley e di Hermione Granger la mancanza di Harry si fece più forte. Silente aveva detto a tutti, compreso lui, di non parlare ad Harry di quello che stava succedendo e per Sirius era difficile non scrivere al suo figlioccio, tanto quanto lo era per Ron ed Hermione.
Da casa deserta che era stata per moltissimi anni, in poco tempo Grimmauld Place era luogo di andirivieni senza sosta, e a lui questa cosa piaceva da morire. Piaceva avere persone intorno, e parlava con tutti.
Una sera estiva, quindi, quando la famiglia Weasley con Hermione, Tonks e Lupin si spostarono alla Tana, la casa ritornò ad essere tristemente silenziosa.
Sirius passeggiava per le stanze della sua casa, entrò nella stanza dell’Albero Genealogico e si fermò al centro della stanza, osservando le pareti.
- Ci sentiamo malinconici questa sera, Black? –
Sirius sobbalzò e teso come una corda di violino si voltò verso l’ingresso della stanza. Severus Piton era in piedi, rigido, sull’uscio della porta. Non riuscivi mai a vederlo in una posizione rilassata.
- Nessuna malinconia, Piton. Che ci fai qui? –
- Sono stato mandato da Silente. Sapeva che oggi saresti stato solo in questo tuo tugurio. - disse, guardandosi intorno con uno sguardo schifato.
- Non mi serve la guardia del corpo. Mi so difendere da solo. – rispose Black, guardandolo con durezza.
- Oh, non parlare come se fosse una mia scelta. È un ordine di Silente. – ribatté il professore, infastidito.
- Sei davvero l’uomo di Silente, non è vero?  - la domanda, retorica, di Sirius arrivò all’improvviso e Severus rimase senza parole, ma solo per un attimo.
- Ne dubiti? –
- Mi fido di Silente. –
- Non è esattamente una risposta, ma mi accontenterò. – girò le spalle e si diresse verso la cucina.
Quando Sirius lo seguì lo vide afferrare la bacchetta, ma solo per accendere il fuoco e mettere a bollire un po’ d’acqua per il the.
- Sei a conoscenza di quello che sta facendo Silente, Severus? – gli chiese, appoggiandosi alla porta d’ingresso alla cucina, in una posa che mai si sarebbe vista addosso a Severus Piton.
L’uomo si voltò a guardarlo per un attimo, con i suoi occhi color della pece. – Non sono affari tuoi questi, Black, non è vero? –
- Dovremmo imparare ad avere delle vere conversazioni, io e te. – sorrise Sirius prendendo una sedia tra le tante del lungo tavolo e sedendosi, accavallando le gambe.
- Non è mai stata una nostra prerogativa, il dialogo. Per lo più io mi trovavo a testa in giù ad un metro da terra e tu ridevi sotto di me. – ribatté l’altro, mentre trafficava con il tè per  fallo bollire più in fretta. Era ostinato, ma riempì due tazze ed una la fece levitare fino a Sirius, seduto al lato opposto del tavolo.
Sirius sorrise leggermente.
- Resterei il resto della mia vita a chiederti scusa, se pensassi che tu prima o poi riusciresti a perdonarmi. – disse, ed era sincero a riguardo.
Quando era giovane, un ragazzino, aveva immaginato come sarebbe dovuta andare la sua vita, ma certo lei non si era attenuta al piano. Aveva capito ormai che qualsiasi cosa sarebbe potuta succede, da quel punto in poi. Forse la sua fine era più vicina di quello che pensava.
Non voleva avere rimpianti. Di nessun genere.
Severus si sedette al tavolo, con il suo portamento terribilmente elegante e Sirius si trovò ipnotizzato dai suoi movimenti lenti e calcolati. Soffiò sul suo tè bollente e lo guardò con un sorriso di sfida.
- Sei davvero così interessato ad essere perdonato, Sirius? Io non sono una di quelle persone che perdona. –
- Oh lo so, Severus, lo so bene. Ma che cos’ho da perdere? –
Prese il suo the e si alzò per dirigersi nel soggiorno, sull’uscio trovò Kreacher, borbottava ancora qualcosa sui mezzosangue e Sirius gli ordinò di ritirarsi nel suo armadio, portando con sé la sua bile. Con la coda dell’occhio vide Severus abbozzare un sorriso e gli fece un effetto che non poté spiegarsi.
Raggiunse il soggiorno e con la bacchetta accese il camino. La fiamma divampò in pochi istanti e la stanza si illumino. Posò la tazza di the sul tavolino e sedette nella poltrona preferita di sua madre, accarezzandone il tessuto dei braccioli. Scene e ricordi gli tornarono alla mente, facendogli venire i brividi dietro la schiena.
Riprese la sua tazza e bevve, osservando il fuoco rosso e forte.
Questo caldo rassicurante gli era mancato nelle fredde prigioni di Azkaban, e chiudendo gli occhi si beò di quella fantastica sensazione. La sensazione di essere al sicuro.
Si doveva essere addormentato perché dopo un lasso di tempo indeterminato si svegliò di soprassalto, a causa di movimento accanto a lui.
Severus Piton stava dormendo sul divano dietro di lui. Non era steso, sarebbe stato troppo poco naturale per lui. Era seduto, composto, ma la testa era rivolta indietro sul bordo della spalliera e il suo respiro era calmo e regolare, gli occhi chiusi.
L’ombra del fuoco ancora acceso gli danzava sul viso pallido e stranamente rilassato e lo stomaco di Felpato si chiuse in una morsa dolorosa. Sentì la nausea salire.
Respirò profondamente, guardandolo e cercò di rilassarsi. C’era qualcosa dentro di lui che non riusciva a capire. Sentiva qualcosa di forte, qualcosa lo stava attirando verso il corpo di Severus, esposto e rilassato.
Si avvicinò a lui, passo dopo passo, senza che potesse fare nulla per fermarsi.
Si sedette accanto a lui e guardò il suo profilo forte, il naso per la quale lo avevano così tanto preso in giro, i segni del tempo sul suo viso. Aveva visto gli stessi segni sul proprio viso la prima volta che si era guardato allo specchio dopo dodici anni di prigionia.
Ma ora era tutto così tremendamente diverso, al di là delle rughe.
Tracciò con un dito il profilo di Severus, ma senza toccarlo davvero, solo sfiorandolo. Era in trance e non riusciva a riprendersi. Come quando in un sogno vuoi correre, per scappare, ma le gambe non vogliono muoversi e rimangono ferme, immobili, li dove sono, e il panico inizia a prendere il sopravvento.
Ecco, lui voleva correre via in quel momento, ma le sue gambe non avevano intenzione di assecondarlo.
Non era lui a comandare in quel momento.
Mentre lo guardava, con la testa leggermente spostata a destra, per vederlo meglio, era sicuro di sembrare uno psicopatico, e dati i suoi precedenti forse Piton lo avrebbe sicuramente pensato.
Severus infatti, da li a pochi secondi, aprì lentamente gli occhi, ma quando vide una figura così vicina a lui sussultò. Per un attimo aveva perso il controllo.
- Black! Che diamine stai facendo?! – esclamò, alzandosi velocemente e sistemandosi la giacca del suo aderente completo nero. Era sempre così maledettamente elegante, Severus Piton.
Lo guardava con un cipiglio severo che superava di gran lungo il suo solito cipiglio severo.
Sirius era senza parole, perché effettivamente non sapeva cosa rispondergli, ma si alzò con lui e lo fronteggiò, rimanendo in silenzio.
- Black, sto per prendere la mia bacchetta. – appoggiò la mano sulla giacca, in corrispondenza di dove teneva la bacchetta, vicino al petto.
- Non ce n’è bisogno. Te lo giuro. Non voglio farti del male. –
Sirius lo guardava negli occhi e non poteva credere a quanto fosse forte il desiderio di baciarlo in quel momento.
Gli passò un braccio intorno alla vita, velocemente, e Piton spalancò gli occhi. Oh si, stava aspettando di vedere il Severus Piton adulto perdere il controllo.
- Black! –
- Sirius, il mio nome è Sirius, Severus. Shh, fa silenzio. – e poggiò le labbra sulle sue, senza sforzo, senza forza, ma con delicatezza. Si sentiva…non sapeva come si sentiva, non riusciva a spiegarlo. Forse…forse si sentiva solamente un ragazzo. Forse li, in quel momento, in quella casa, con Severus, era tornato a sentirsi un semplice ragazzo a cui piacevano le emozioni forti, non un uomo distrutto dalla sofferenza e dalla prigionia.
La sua coscienza era talmente su di giri che non riusciva a percepire quello che stava succedendo dall’altra parte, sapeva solo che da un momento all’altro il corpo contro il suo si era rilassato, e che quella bocca che tanto aveva voluto baciare si stava muovendo contro la sua.
Forse erano solo due ragazzi.
Sirius si fece più deciso, più prepotente. Era sempre stato un ragazzo sicuro di sé, dopotutto, che si prendeva tutto quello che voleva senza troppe cerimonie.
Severus però, in realtà, non era più il ragazzo che si faceva spingere per terra nei corridoi del castello, quindi in un attimo di lucidità afferrò il volto di Sirius da sotto il mento, stringendo forte le dita sulle guance. – Che cosa stai facendo? – gli chiese sottovoce – Non siamo degli adolescenti. Siamo troppo cresciuti per questo. –
Lui rimase senza parole, a guardarlo fare qualche passo indietro e poi smaterializzarsi senza dire nulla di più.
Un ringhio gli uscì dal profondo della gola e per la rabbia diede un calcio al divano che si spostò indietro leggermente.
 
 
Per i giorni a venire Piton non si fece più vedere a Grimmauld Place, ma la casa si ripopolò velocemente.
Non gli andava più di parlare però. Avere tutte quelle persone intorno quasi lo infastidiva.
I gemelli Fred e George non facevano altro che smaterializzarsi improvvisamente nelle camere, facendo spaventare chiunque. Molly era sempre in giro a fare qualcosa. Lupin aveva, al contrario, poco tempo per stare con lui e chiacchierare. Anche se avesse potuto, cosa avrebbe dovuto dirgli?
Avevano tutti così tanto da fare, invece lui era rinchiuso in quella casa e stava iniziando a perdere la testa. Voleva fare qualcosa, non ce la faceva a stare li ad aspettare che Voldemort facesse la sua mossa, non voleva continuare a girare per la casa, provando anche a volte la sensazione di stare sempre in mezzo a rallentare la vita frenetica dell’Ordine.
Era stanco. E Piton non si faceva vedere.
- Si sa qualcosa di Piton? – chiese ad Arthur Weasley entrando in cucina dove l’uomo stava facendo colazione prima di andare a lavoro.
- Non abbiamo notizie di lui da giorni. Forse si è preso un attimo lontano da tutto questo trambusto. Sarà a casa sua, probabilmente. – rispose Arthur alternando lo sguardo tra il padrone di casa e la Gazzetta del Profeta.
- Casa sua? Dove si trova? –
- A Spinner’s End. Perché ti interessa?  – chiese poi dubbioso.  
Ma Sirius non rispose, rimase per qualche secondo in silenzio pensando al fatto che Piton vivesse in una strada babbana, ma non ci si soffermò troppo a pensarci su. Lasciò la stanza, e anche Arthur senza una risposta.
Aspettò semplicemente che, la sera, tutti andassero a dormire, per sgattaiolare fuori e poi smaterializzarsi.
Se Lupin o Silente o, ancora peggio, Moody, fossero venuti a sapere della sua gita notturna probabilmente lo avrebbero incatenato nella sua stanza, ma non era sua intenzione quella di farsi scoprire, e ancora meno quella di farsi acciuffare dal Ministero.
Era completamente in grado di badare a se stesso e niente gli avrebbe impedito di andare a Spinner’s End.
Quando arrivò davanti alla vecchia casa, si guardò intorno, con i suoi occhi da cane, e rimase sorpreso. Quel quartiere era terribile.
Il fiume che passava sotto casa di Severus emanava un odore terribile, le sue sponde erano piene di rifiuti e, a poca distanza, dietro alla casa, troneggiavano delle grosse ciminiere in disuso. Certamente a questo punto non poteva più lamentarsi del numero 12 di Grimmauld Place.
Era notte, non c’era un’anima viva per quella strada, ma dava come l’impressione che fosse una zona poco trafficata persino di giorno, quindi  tornò in forma umana e sistemandosi i vestiti, bussò alla porta.
Dopo pochi attimi la porta si socchiuse, mostrando un Severus Piton vestito di tutto punto.
- Ma tu non dormi mai? – gli chiese Sirius osservandolo.
- Black...- sospirò, quasi estenuato – Cosa vuoi ancora? –
- Volevo vederti. Fammi entrare avanti, non sono al sicuro qui fuori. – disse, poggiando una mano sulla superficie della porta che il Serpeverde continuava a tenere socchiusa.
Severus lo lasciò entrare, con un sospiro.
- Non dovresti essere qui. Il lupo mannaro lo sa che sei uscito? Ti mancano per caso i tuoi amici di Azkaban? – chiese infine, sprezzante.
Sirius lo ignorò pesantemente.
- E hai il coraggio di chiamare mia casa un tugurio? Ma ti sei guardato intorno? – disse, guardando il soggiorno buio in cui era entrato. Probabilmente i mobili erano gli stessi da decenni, c’era un vecchio candelabro che pendeva dal soffitto e sembrava pronto a cadere da un momento all’altro. Le pareti erano completamente coperte da libri, che anche se evidentemente vecchi erano tenuti con molta attenzione, il che rendeva la stanza leggermente più vissuta.
- È solo una dimora per l’estate. Io vivo ad Hogwarts, ricordi? –
- Io invece a quanto pare vivrò ancora a lungo richiuso in Grimmauld Place, quindi dovrei rinnovare il mobilio, non credi? – rispose Sirius, leggermente risentito, lanciandogli un’occhiata con la coda dell’occhio.
Severus non rispose.
- A cosa devo questa visita? – disse poi, superandolo e andandosi a sedere alla sua poltrona. C’era un libro aperto appoggiato sul bracciolo.
- Non ti si vede da un po’ a Grimmauld Place. – buttò li l’altro uomo.
- Silente mi ha dato un compito da svolgere, molto importante. Non te ne parlerò, quindi evita le tue stupide domande. –
Sirius scoppiò in una leggera e silenziosa risata – Oh, ho capito ormai che non devo farti domande su Silente. Non fraintendermi, ne ho moltissime, ma ho quasi paura di sapere le risposte. –
Cadde un attimo di silenzio. Poi Severus parlò.
- Cosa vuoi, Sirius? – domandò, con la sua espressione orrendamente severa.
- Facciamo un patto. Io non faccio domande stupide a te e tu non le fai a me, sei d’accordo? –
Piton non rispose, ma riuscì a leggere nei suoi occhi che tutto quello che aveva per lui erano domande.
Il problema principale è che Sirius Black non aveva le risposte.
Quindi si avvicinò e inginocchiò sulla vecchia moquette, davanti alle sue gambe serrate.
Gli appoggiò le mani sulle ginocchia.
- Severus…riguardo quello che è successo…- iniziò ma venne subito interrotto dal movimento brusco di Piton che si alzava di scatto, come se le mani di Black sulle sue ginocchia fossero state incandescenti.
- Ti pregherei di non toccarmi, per favore. –
Severus Piton era di un fascino mortale li, in piedi nel suo completo nero, che lo guardava dall’alto.
Si alzò anche lui e lo fronteggiò ancora una volta. Non se ne sarebbe andato di li con altro silenzio.
Non sopportava il silenzio.
- Voglio che mi parli come una persona normale. Lo so che non sei una persona normale, non lo sei mai stata, ma potresti impegnarti un po’ di più? – cercò di rompere il ghiaccio Sirius, con un sorriso.
L’altro distolse lo sguardo per un attimo, ed era la prima volta che lo faceva.
Anche quando erano degli studenti, ad Hogwarts, Severus Piton non aveva mai abbassato o distolto lo sguardo. Era sempre rimasto fisso a guardargli come a volergli dire “Potete farmi quello che volete, non abbasserò mai la testa”.
- Fammi capire quello che vuoi, per la barba di Merlino! Stai li a fermo e immobile, senza dire nulla. Io credo di aver dimostrato quello che voglio. –
Ma Severus non aveva intenzione di cedere. Tornò a guardarlo, ma non disse una parola.
Sirius sospirò, forse era arrivato il tempo di tornare a Grimmauld Place, perché sembrava che non avrebbe ottenuto niente stando li.
- Avrei dovuto provarci quando eravamo dei ragazzini. Forse mi avresti urlato contro, ma è sempre meglio di questo silenzio. – abbozzò un sorriso, stava scherzando. Diventava un gran simpaticone quando si sentiva in difficoltà.
- Si, forse avresti dovuto. – disse all’improvviso Severus, e lui era talmente convinto che non avrebbe sentito la sua voce, per quella sera, che sentirla lo sorprese.
- Forse avresti dovuto baciarmi quando eravamo dei ragazzini, perché ora è veramente patetico Sirius. Siamo adulti, stiamo combattendo una guerra che probabilmente ci ucciderà entrambi, e la nostra sorte è in mano ad un ragazzino di 16 anni. Ha senso tutto questo, secondo te? –
- Harry è molto più di un ragazzino di 16 anni, e questo lo sai anche tu, solo che non vuoi ammetterlo. Credi che non sappia che potremmo tutti essere uccisi da un momento all’altro? Ed è proprio per questo che ha senso! – esclamò. Poi si zittì e riprese il fiato.
- Se hai altre scuse te le posso distruggere una dopo l’altra. Se non vuoi, invece…beh la storia è diversa. Dimmelo e me ne andrò, su quattro zampe. – disse poi, con un tono più dimesso.
Severus era in difficoltà, si passò una mano sul visto e poi tra i capelli.
Sirius abbozzò un sorriso, si sarebbe potuto facilmente abituare a un Piton indeciso e combattuto.
- Non riuscirò a leggerti nel pensiero, forse, ma ti conosco più di quanto pensi…- sussurrò, mentre si avvicinava.
Gli arrivò a pochi centimetri dal viso e c’era il panico negli occhi dell’adulto Severus.
- Tu non mi conosci affatto Si…- non lo lasciò finire di parlare, spingendo le labbra contro le sue.
Sirius era sempre stato fisicamente il più forte dei Malandrini, era quello forse il motivo che gli unici contatti fisici che avevano avuto durante la scuola era stato quando Felpato lo spingeva a terra e si divertiva a far levitare i suoi libri per tutto il prato.
Severus sapeva che, nonostante ora fosse un uomo, non sarebbe riuscito a contrastarlo, se non con una bacchetta alla mano.
L’altro lo avvolse con le braccia, mentre lui non sapeva che farci con le sue. Sirius arrivò in suo soccorso, gli prese una mano, e se la portò tra i capelli.
- Quando vuoi qualcosa, prenditela. –
E Severus afferrò i suo i morbidi capelli neri. Niente a che vedere con i capelli che aveva quando si erano rivisti nella Stamberga Strillante.
Dopo una doccia come si deve, Sirius era tornato ad essere l’uomo bellissimo che era sempre stato.
Si baciarono con forza, con desiderio.
Entrambi avevano smesso di farsi stupide domande.
- Hai un letto, in questa bettola? – chiese Sirius allontanandosi, e prendendo fiato, ma non lasciò neanche per un secondo la presa sui fianchi dell’altro.
- Dietro quella porta. In cima alle scale. – si girò e lo prese per mano, portandolo verso la porta, dietro la quale c’era una ripida scala a chiocciola. Se lo trascinò dietro e Sirius fece di tutto per non cadere su quella maledetta scala.
Arrivarono in una stanza buia, ancora di più delle altre, ma in pochi istanti, Severus accese le candele con un movimento fulmineo della mano.
Sirius si guardò intorno per un momento, c’erano libri anche li, ma questa volta sopra vecchi comò vecchi almeno di cinquant’anni. Anche il letto era datato, ma forse Severus aveva utilizzato un incantesimo per lucidare la struttura in ottone, perché sembrava come nuovo.
Prima che potesse formulare un pensiero in più, Severus lo spinse sul letto. Il materasso era molto rigido.
Lo guardò sorpreso. A quanto pare aveva creato un mostro. Non se ne dispiacque, anzi, sorrise.
- Che hai da ridere, Black? – sbottò Severus, aggressivo.
Non rispose, ma lo afferrò per la nuca e se lo riportò addosso.
 
 
Era sicuro del fatto che, visti da fuori, dovevano essere davvero patetici. Due uomini adulti, sdraiati uno accanto all’altro, nudi, in un vecchio letto.
Severus era sotto le coperte, le lenzuola tirate su fino alla vita. I suoi capelli erano un disastro.
Sirius invece era completamente scoperto, con un braccio piegato dietro al collo e gli occhi fissi sul soffitto buio.
Si, dovevano essere patetici.
Felpato non aveva il coraggio di voltare la testa per guardare alla sua destra, ma ci stava provando, Severus era come congelato.
- Credo che dovresti andare. Tra poco arriverà l’alba. – sussurrò ad un certo punto il padrone di casa.
- Vieni con me. – rispose Black.
- Non essere ridicolo. –
- Lo sono stato per tutta la notte, lo sono tutt’ora, e non mi interessa. Vieni a Grimmauld Place. Domani, se non vuoi venire con me in questo momento. –
- Va bene, verrò.-
Mentiva, e Sirius lo capì immediatamente, ma non poteva combattere con lui, non in quel momento, quindi prese la sua roba dal pavimento, si rivestì e in silenzio uscì da quella casa.
 
Come si aspettava Piton non venne a Grimmauld Place il giorno successivo, ma Sirius poté riabbracciare Harry, il suo figlioccio. Ne fu talmente felice che non ci pensò attentamente per qualche ora, anche se ogni tanto, mentre parlava con Harry, seduti di fronte al camino accesso, si era chiesto cosa avrebbe detto il ragazzo se avesse saputo quello che era successo tra il suo padrino e il suo professore di pozioni la notte precedente. Ogni volta che quel pensiero gli occupava la mente, lui scuoteva fisicamente la testa, come se questo servisse a tenerla pulita e concentrata.
Non sapeva che ore fossero quando Molly entrò nel soggiorno e gli portò via Harry, dicendo che era ora di andare a dormire per i suoi figli quanto per lui.
- Vai a riposare anche tu, Sirius, sembri stravolto. – disse poi la donna, prima di uscire dalla stanza, con un sguardo amorevole.
Sirius le sorrise e si passò una mano sugli occhi. Lo era davvero.
Andò anche lui a dormire, quando la casa piombò nel silenzio.
La sua stanza era ancora quella che portava il cartello con scritto “Sirius” sulla porta, e lui la teneva sempre chiusa a chiave per paura delle razzie di Kreacher.
Quando era arrivato aveva tentato di sistemarla alla bene e meglio con l’aiuto della sua bacchetta, e c’erano ancora gli stemmi di Grifondoro sui muri, e i poster di vecchie squadre di Quiddich. Era ancora la stanza di un adolescente, ma non era forse così che si stava comportando? Da adolescente?
Entrò e si chiuse la porta alle spalle. Non voleva essere disturbato per nessun motivo.
Voleva dormire.
Si spogliò e si mise a letto.
“Ora potrò dormire sereno, sapendo che Harry è qui ed è al sicuro” pensò.
Il sonno lo evitò in ogni caso.
Rimase a fissare il soffitto e quando sentì un bussare leggero alla sua porta pensò per un attimo di esserselo immaginato.
Si alzò e arrivò alla porta, facendo scattare la serratura.
Severus Piton era in corridoio, a guardarlo con il suo solito sguardo severo.
Non si dissero nulla, ma Black si spostò dall’uscio per farlo entrare velocemente nella sua stanza.
- Non ti aspettavo più. – disse poi, una volta chiusa la porta dietro di loro.
- Ho avuto da fare. – mentì Severus.
- Silente, lui, mi ha dato un compito. Io devo andare via per qualche tempo. Non credo che ci rivedremo prima dell’inizio dell’anno scolastico. – disse poi, unendo le mani davanti al corpo, con le braccia stese.
Sirius aggrottò le sopracciglia – Basta mentirmi. Dove vai? Stai scappando? –
Piton fece un movimento infastidito con il mento – Non sto mentendo, Black. Essere un membro dell’Ordine della Fenice porta con sé dei doveri. Non tutti possiamo rimanere qui fermi a non far nulla. Stiamo cercando tutti di proteggere il tuo amato figlioccio. – sputò fuori e fu davvero un colpo basso, se ne rese conto nello stesso instante in cui pronunciò quelle parole, ma ormai era troppo tardi per fermarsi e rimangiarsi tutto.
Sirius sentì la rabbia montargli dietro, il suo volto pallido prese colorito mentre il sangue gli andava al cervello. – Credi che a me piaccia stare qui senza poter fare assolutamente niente per l’Ordine?! Per aiutare Harry? Credi che io mi diverta?! – sibilò, profondamente adirato.
- Sono passato da Azkaban a Grimmauld Place, e per sentire il vento sul mio viso devo sgattaiolare fuori, con la consapevolezza di poter mettere tutti in pericolo se…- si interruppe improvvisamente, come se avesse perso la fiducia nelle sue parole.
Scrollò le spalle e scosse la testa – Non so per qualche motivo ho creduto che tu potessi capire come mi sento, perché entrambi abbiamo perso così tanto e…lasciamo stare. Vai pure, scappa, vai da Silente, fai quel che vuoi, non mi interessa. – lo superò, e il suo istinto primario fu quello di mettersi sotto le coperte, e nascondersi, ma era un comportamento così immaturo che si fermò davanti al letto, appoggiandovisi solo con le ginocchia.
C’era silenzio dietro di lui, ma sentiva gli occhi di Severus sulla schiena.
Sapeva bene che non si sarebbe scusato per quello che aveva detto, non erano assolutamente una cosa per Severus Piton, le scuse.
- Sto andando davvero via per un compito assegnatomi da Silente, non ti sto mentendo. – disse soltanto.
Ci fu ancora silenzio.
- Io so come ti senti, so quello che provi…- sussurrò ad un certo punto il professore, e non sembrava neanche la sua voce.
- So anche che ti stai aggrappando a me perché non hai più punti di riferimento. E Dio solo sa quanto vorrei aggrapparmi a te ma…non possiamo permettercelo. Siamo in guerra, Sirius. –
Black si voltò verso di lui, e si sedette sul letto, con gli occhi fissi su Piton.
Ora non stava mentendo. Forse era stato lui a mentire a se stesso.
Annuì – Siamo in guerra. – ripeté.
- E io sto combattendo in prima linea, e so che vorresti fare lo stesso, ma non puoi. Io…non sono una sicurezza. Ho testimoniato l’inizio di questa storia, ma potrei non vederne la fine. – continuò Piton.
Si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla.
- Il mio corpo non mi appartiene più da tempo, Sirius, ora sono un’arma e niente di più. – disse infine.
La mano di Sirius si mosse per coprire la sua.
- Non deve essere così. Noi…abbiamo sacrificato la nostra vita, abbiamo dato così tanto. Non credi che sia abbastanza? – sussurrò, con un tono così rassegnato da sembrare la voce di un bambino.
- Ma non capisci, Sirius? La nostra vita è finita! Non c’è futuro per noi, per nessuno di noi. Ma siamo qui a combattere per il futuro di altri, del tuo figlioccio per lo più e dei suoi amichetti. –
Sirius abbassò gli occhi – Per Harry. –
- E per vendicare chi ci è stato portato via. – aggiunse Piton.
Quelle ultime frasi sembrarono aver dato coraggio a Sirius, che si alzò e lo fronteggiò, occhi negli occhi.
- Hai ragione. Mi sto comportando davvero come un ragazzo. – abbozzò un sorriso.
Severus lo guardò serio – È quello che siamo, Sirius, la nostra giovinezza ci è stata portata via, dopotutto. Ma ora abbiamo delle responsabilità da cui non possiamo scappare. –
Sirius annuì lentamente. – Hai ragione. –
L’altro non disse nulla, ma fece qualche passo indietro.
- Sono sicuro che ci rivedremo. –
 
Non si rividero alla fine.
 
Severus Piton aveva sempre creduto di non avere più nulla da perdere, quando seppe del Velo, si rese conto di essersi sbagliato. 
  
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