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Autore: CallMeSana    15/04/2015    6 recensioni
Voi credete nella magia? Se non ci credete, vi consiglio caldamente di cominciare a farlo, perché è qui che ci stiamo spostando: in un regno dominato dalla magia.
Solo così potrò spiegarvi chi è Harry e in che modo ha rovinato la vita del nostro giovane protagonista.
RumBelle!AU § Rumpelstiltskin!Harry Belle!Louis
Genere: Angst, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I came in piece and I survived
I let the light destroy the lies
Till there's no bitterness inside
Then I be cane but I won't be cheap
There is no limit here for me

I'm taking everything I need
(Surrender - Robbie Williams)















E' un nuovo giorno e, come sempre da quando la sua vita era cambiata, splendeva un bellissimo sole. 
Louis aveva spalancato le finestre della piccola casetta che divideva col suo padre ritrovato che, come ogni mattina, era già sveglio da un pezzo, alle prese con una nuova scoperta, secondo lui, strabiliante.
Louis sorrise guardandolo, perché nonostante tutto era fiero di lui e delle sue stranezze, gli ricordavano il motivo per cui aveva lottato e aveva perso.
Già, avete capito bene: perso.
Da quando si era buttato alle spalle Harry, la persona più importante della sua intera esistenza, si sentiva più forte, sebbene fosse una bugia che continuava a ripetersi dall'esatto momento in cui tutto finì.
Si sentiva diverso, aveva ripreso ad uscire e le sue poche amicizie non lo lasciavano più solo nella sua immensa biblioteca anzi, facevano di tutto per farsi perdonare. Per cosa, poi, non era dato saperlo.
C'era spesso Niall, che si sedeva per ore a fingere interesse per romanzi a caso, solo con l'intento di controllarlo. Perché era il suo migliore amico, e nessuno meglio di lui sapeva cosa stesse passando, perché c'era, perché lo aveva visto, anche se non era riuscito a far nulla.
Sapeva che non era giusto, ma chi era lui per interferire nelle decisioni sue e quelle di Harry?
Si diceva che se quello era l'unico modo per impedire al loro amore di distruggerli, tanto valeva assecondarli, guardarli fingere appagamento l'uno lontano dall'altro.
Si diceva questo ogni volta che incontrava Louis che gli sorrideva come non lo aveva mai visto fare quando c'era Harry.
Si diceva che forse, col tempo, la rassegnazione avrebbe finalmente ceduto il posto all'accettazione, e quei sorrisi non sarebbero più stati finti, a prescindere dalla ragione per la quale comparivano sui loro visi.

Vi starete chiedendo chi sia Harry, e che cosa sia successo tra lui e Louis, immagino.
Beh, per rispondere a questa domanda dovrò andare indietro di parecchio e trasferirmi in un'altra epoca.
Voi credete nella magia? Se non ci credete, vi consiglio caldamente di cominciare a farlo, perché è qui che ci stiamo spostando: in un regno dominato dalla magia.
Solo così potrò spiegarvi chi è Harry e in che modo ha rovinato la vita del nostro giovane protagonista.


Foresta Incantata. In un'epoca imprecisata.

Quando Louis si sentì dire da suo padre che doveva smetterla di perdere tempo in biblioteca perché aveva bisogno del suo aiuto, altrimenti avrebbe dovuto chiudere la sua attività, il ragazzo non gli aveva creduto.
Il problema del nostro giovane protagonista non era il suo amore viscerale per i libri, che leggeva e rileggeva continuamente, ma il suo vivere nel mondo dei sogni a causa di essi. Come se niente potesse distruggere le sue fantasie piene di storie d'amore a lieto fine, paesaggi immensi e perfetti e felicità.
Non è che Louis non volesse aiutare suo padre, Louis semplicemente non pensava che la situazione fosse così grave come gli ripeteva.
Quindi non meravigliatevi se, quando un pomeriggio tornò a casa con l'ennesimo nuovo libro da scoprire, trovò un ospite indesiderato.
Non aveva mai visto quell'uomo che teneva suo padre, pietrificato dalla paura, incollato ad una sedia, mentre gli intimava di dargli quello che gli spettava, altrimenti lo avrebbe sfrattato.
Non lo aveva mai visto ma, quando questi si voltò a guardarlo, il ragazzo fu a sua volta pietrificato dalla paura: in paese era come una leggenda metropolitana, un personaggio di cui nessuno amava parlare e che, al solo pronunciarne il nome, provocava brividi di paura anche nelle persone più audaci.
Louis capì in quel momento per la prima volta che la situazione era davvero gravissima.

"Tomlinson, non mi aveva detto di avere un figlio, lo sa cosa succede quando mi si nascondono le cose?" aveva detto l'uomo, parlando molto lentamente e con un ghigno malefico stampato sul volto. 
Era corrotto dalle rughe con le quali il suo potere gli stava devastando il viso e l'intero corpo e continuava a fissare Louis dall'alto in basso, come per capirne l'utilità.
"Lascialo stare" fu tutto ciò che il padre del ragazzo riuscì a dire, mentre il mago gli si scagliava contro mettendogli una mano alla gola.
"Sono io quello che dà ordini, qui!" E si staccò da lui spostandosi, con velocità supersonica, verso il giovane, che aveva ripreso ad osservare da molto più vicino.
"Capita raramente che mi sfugga qualcosa, quindi sei pregato di dirmi il tuo nome prima che possa innervosirmi e decidere di non gradire il fatto che non sapessi della tua esistenza fino a pochi minuti fa."
Louis continuava a sentirsi senza fiato. Tutto avrebbe immaginato, meno che suo padre potesse avere dei problemi con l'Oscuro Signore.
Lì in paese lo chiamavano tutti Harry, era il nome che usava quando si camuffava da normale essere umano che voleva confondersi con gli altri.
Tirava fuori la sua immensa magia solo quando doveva riscuotere i suoi debiti e, ahimè per quella gente, erano davvero tanti.

"Il mio nome è Louis, signore, e non vi permetto di..." ma non potè nemmeno finire la frase che si sentì sollevare dal suolo mentre una mano invisibile gli stringeva la gola.
"...di fare cosa?" chiese l'Oscuro, dopo averlo lasciato cadere a terra e riprendere fiato.
"Non vi permetto di far del male a mio padre. Se vi deve qualcosa, se vi ha promesso qualcosa che non può darvi... prendete me, usate me come ostaggio e, quando giudicherete il suo debito ripagato, mi lascerete andare!" 
Louis sputò tutto d'un fiato, rendendosi conto di aver dimostrato molto più coraggio di quanto ne avesse in realtà, ma con la consapevolezza che l'Oscuro Signore non uccideva mai nessuno se questi poteva ancora servire ai suoi scopi.
Infatti accettò la sua offerta ridendo di gusto, mentre il padre del ragazzo continuava ad urlargli di cambiare idea.
Così ecco che il signor Tomlinson venne risparmiato, la sua attività salvata, e la memoria dell'esistenza di Louis cancellata dalla sua memoria e da quella di tutto il paese.
Perché l'Oscuro Signore non aveva mai ucciso nessuno senza motivo, ma non aveva nemmeno mai restituito un premio, di qualunque tipo fosse.
Ovviamente questo Louis non lo sapeva.

L'Oscuro Signore aveva dimora in un castello un po' isolato. Sì, effettivamente sembra uno stereotipo bello e buono: il cattivo di turno vive in un inquietante castello in fondo alla foresta e circondato da nubi nere, mentre la gente del villaggio se ne tiene alla larga per la troppa paura.
Beh, stereotipo o meno, era proprio lì che viveva Harry.
"Come fa a stare in un posto così grande?" aveva chiesto Louis quando, varcata la soglia, si guardò intorno e notò l'enorme corridoio che portava a delle scale ripidissime e del tutto circondate dalle tenebre.
"Osi per caso recriminare qualcosa?" rispose Harry con un'altra domanda, cercando di lasciar intendere al ragazzo che non avrebbero di certo fatto conversazione, nè in quel momento nè mai.
"No... volevo solo..."
"Attieniti a ciò che ti compete, vai in cucina e restaci finché non ti farò chiamare!"
Ma Louis, per un attimo, pensò di chiedere da chi l'avrebbe fatto chiamare, dato che in quell'enorme palazzo pareva non esserci nessun altro oltre loro. Si zittì subito, fece un breve inchino, e se ne andò. 
Quando chiuse la porta della sala da pranzo per ritrovarsi in quel tenebroso corridoio, si rese conto di non avere idea di dove dovesse andare, fece per tornare indietro, quando qualcuno gli apparve davanti all'improvviso e, prendendolo per mano, gli indicò la cucina.
Non aveva idea di chi fosse, ma potè giurare di aver visto qualcosa di familiare in lui, qualcosa che ancora non riusciva a mettere a fuoco.

Harry, intanto, stava armeggiando con uno strano oggetto che stava studiando da parecchio tempo, e che gli serviva per la sua prossima visita di cortesia.

Non era sempre stato così, il nostro Harry, non era una persona priva di sentimenti che pensava solo al suo tornaconto personale proponendo soluzioni ai problemi altrui per poi creargliene di più grandi.
No. Harry aveva un compagno, aveva un amico, ma entrambi lo avevano tradito scappando insieme e ridicolizzandolo davanti a tutti.
Il codardo lo avevano etichettato, gli era impossibile entrare in una qualsiasi locanda senza essere deriso dagli altri commensali. Una notte venne persino aggredito e non mosse un dito per difendersi. 
Perché non capiva come potesse essere caduto così in basso, aveva perso non solo il suo amore, ma anche la dignità.
Chiese aiuto all'Oscuro Signore, che era solito fare patti con tutti i disperati, e commise il grave errore di considerare l'idea di prenderne il posto.
Aveva usato il suo pugnale contro di lui e, quando gli aveva chiesto aiuto per riavere il suo compagno che, nel frattempo, era morto suicida, lo aveva eliminato, perché non voleva più essere il codardo, voleva essere temuto e rispettato da tutti.
Tanto ormai, a quanto pare, non aveva più nessuno da cui tornare o da riconquistare.

Mentre studiava la sua prossima mossa ci pensava e sogghignò, fino a che non gli venne di sbattere i pugni sul tavolo e far balzare a terra un libro. Era quello che Louis aveva tenuto stretto tra le mani per tutto il viaggio fin lì e vederlo lo fece innervosire ancora di più, quindi lo mandò a chiamare.

"Mi ha fatto chiamare, signore?" 
Il giovane era ancora intimorito dal mago e dalla sua nuova situazione. Parlare col giovane maggiordomo non lo aveva aiutato affatto a stare meglio, specie quando gli narrò di come l'intero personale del castello fosse fuggito a gambe levate dopo aver assistito inorridite ad una scena che mai avrebbero dimenticato.
Louis non sapeva perché, ma ne aveva chiesto ogni dettaglio, rabbrividendo: il maggiordomo, Niall il suo nome, gli raccontò dell'enorme quantità di tempo che il suo padrone aveva speso a covare vendetta contro Liam e Zayn.
"Chi sono Liam e Zayn?" aveva chiesto il ragazzo, curioso ma, allo stesso tempo, preoccupato.
"Liam era il migliore amico del padrone e Zayn... beh, Zayn era il suo compagno."
Immediatamente nella testa di Louis fu tutto più chiaro e disse di non voler sapere altro, non di come imprigionò in un'alta torre del castello Liam e di come Zayn, convinto che fosse morto, si fosse tolto la vita.
"Lo avevano tradito, e lui... penso tu sappia com'è fatto" disse Niall abbassando piano il capo in segno di vergogna, manco fosse lui stesso l'artefice di tutto quel male.

"Non mi piace avere in giro cose che non mi appartengono, porta via quella robaccia e preparami un caffè, mentre Niall si occuperà del resto!"
Harry non si era nemmeno voltato a guardarlo, quando varcò la soglia della stanza, e a Louis non stava per niente bene. Era abituato ad animi sorridenti, sempre allegri, gli mancava la piccola libreria di paese in cui passava quasi tutto il suo tempo; gli mancava il libraio che lo prendeva in giro per il fatto che avesse già letto tutto ma che continuasse a prendere in prestito i suoi libri preferiti per rileggerli perché ogni volta notava un dettaglio diverso. Ma, soprattutto, gli mancava suo padre: sperava continuamente che l'Oscuro avesse mantenuto la promessa di lasciarlo in pace, ignaro, ovviamente, del fatto che l'uomo non ricordasse più, ormai, di aver mai avuto un figlio.

"Questa non è robaccia, questo... è un libro, un libro meraviglioso, e se ce ne fossero di più, in questo posto, sarebbe molto meglio. Le serve altro... signore?"
Harry aveva avuto un sussulto nel suo cuore di ghiaccio a quelle parole, ma si era limitato a voltarsi verso il ragazzo e dirgli, con un cenno della mano, di andare via.
Quando lo lasciò solo, si guardò intorno e si domandò da quanto tempo non aprisse le tende.
Non riuscì a trovare una risposta, sorrise amaramente e uscì dallo studio.

Louis, intanto, era già alle prese col caffè.
"E non... non ti ha detto niente? Voglio dire... come fai ad essere ancora qui? Io sono finito in cima alla torre svariate volte per molto meno di una risposta sgarbata!"
Niall era sinceramente impressionato dal breve racconto che gli aveva fatto il suo nuovo giovane amico, mentre Louis, invece, ne era orgoglioso. Ok, era un prigioniero, per giunta nelle mani di una persona spietata, ma era anche convinto di essere in grado di far breccia nel suo cuore. Ammesso che ne avesse uno, ovviamente.
"No, mi ha solo mandato a preparargli il caffè."
"Oh dio, questa non è affatto una buona notizia!"
Louis non capiva cosa volesse dire il biondo, che quindi si affrettò ad informarlo del fatto che ogni volta che Harry chiedeva del caffè voleva dire che aveva qualche faccenda importante da sbrigare.
Gli vennero i brividi lungo la schiena, ma senza darlo a vedere mise la caffettiera, una tazza e la zuccheriera sul vassoio e tornò dal suo padrone.

Aprì la porta del salone, noncurante del fatto di non essere stato invitato ad entrare e trovò Harry seduto, intento a guardare delle strane pergamene. 
Non aveva ancora detto una parola, e Louis si rese conto solo in quel momento di non sapere come comportarsi: doveva versargli il caffè? Doveva aspettare che glielo chiedesse? O forse era una persona a cui piaceva versarselo da solo?
Non finì di porsi queste domande che un "allora, cosa fai lì impalato?" risuonò nella sala.
Louis quasi sussultò, prese la tazzina e cominciò a versarci dentro il liquido scuro, aspettando invano che il suo padrone gli dicesse almeno quanto ne volesse.
Non lo fece, quindi decise lui le dosi, si avvicinò, mentre Harry aveva sollevato entrambe le gambe per adagiarle sul tavolo, e gli porse la tazza proprio nel momento in cui l'altro ebbe una reazione inaspettata, come se in quelle pergamene avesse letto qualcosa che non gli piacesse, e fece cadere la tazza a terra. 
Louis sussultò, più per il cambio repentino di espressione che vide sul volto deturpato del mago, che per l'incidente.
"Guarda che disastro" disse Harry alzandosi, adirato del fatto che il liquido gli fosse finito addosso. Era caldo e per questo, al contatto con la sua pelle sempre gelida, il fastidio fu più alto del normale.
Louis, a questo punto, non sapeva cosa fare. Raccolse la tazza, un po' spaventato di mostrargliela quando notò che si era scheggiata nella caduta, la rimise sul vassoio e cercò qualcosa con cui almeno asciugare gli abiti del suo padrone.
Harry, dal canto suo, lo guardò cercando di mantenere l'irritazione iniziale, ma ci riuscì molto male perché, nel momento in cui Louis gli poggiò le mani sulla camicia macchiata e iniziò ad asciugargli il petto, si rilassò.
"Ho fatto qualcosa di sbagliato, signore?" chiese Louis, spaventato dalle possibili reazioni che il suo padrone avrebbe potuto avere.
"E me lo chiedi? Adesso dovrò pensare da solo al caffè, come se non fossi già abbastanza nervoso per conto mio! Vattene via" urlò, sbattendo una mano in avanti e toccando la tazza scheggiata, che rotolò sul tavolo e per poco non finì di nuovo a terra.
Louis decise di tenerla da parte, nonostante fosse rovinata, e sorrise, senza un valido motivo, ma solo per un secondo, perché poi riconobbe una delle mappe che Harry stava studiando: era il suo villaggio. 
Harry sarebbe tornato lì. 
Perché? Non lo chiese, lo vide andar via e pensò fosse meglio pulire quel disastro e sparire.
Si sarebbe abituato a tutto quello, ci voleva almeno provare.

Harry doveva davvero far visita al villaggio, ma non per i motivi per i quali Louis non riuscì a prendere sonno quella notte. 
No, Harry era andato solo per assicurarsi che il suo incantesimo stesse ancora funzionando, che tutti effettivamente avessero dimenticato chi fosse Louis, compreso suo padre, e poi se ne sarebbe andato dove doveva andare davvero, molto lontano da lì.
Si disse, una volta arrivato, che aveva fatto bene a tornarci, perché quello che trovò lo fece sentire minacciato.
C'era un ragazzo che Harry non aveva mai visto, e poteva essere del tutto certo che non fosse di lì, lo avrebbe ricordato.
Lo seguì per tutta la sera che, disperato, andava in giro alla ricerca di notizie di un qualcuno che si chiamava Louis.
Non poteva essere una coincidenza, dunque decise di avvicinarlo e vedere se fosse il caso di cancellare la memoria anche a lui, peggiorando probabilmente la situazione.
Non era certo del perché sentisse in dovere di fare una cosa del genere, in fondo lui era un mago, il mago più potente del mondo, avrebbe potuto spazzare via quel ragazzo e tutto il villaggio con uno schiocco di dita, quindi perché?
Perché fare di tutto per impedire che gli portassero via il ragazzo?

Il tipo si chiamava Stan e, a quanto pare, era l'ex ragazzo di Louis. 
Stan, che non lo riconobbe nelle sembianze di un suo normale coetaneo, gli raccontò di come Louis lo aveva lasciato dopo che erano stati promessi dalle proprie famiglie perché, a detta sua, non lo capiva. Louis amava leggere, amava fantasticare, amava acculturarsi, mentre Stan era una persona superficiale a cui piaceva soltanto pavoneggiarsi.
Erano completamente diversi, e Louis ci aveva messo qualche giorno a trovare il coraggio per dirgli che tra loro era finita. 
Harry rise senza farsi notare, e dentro di sè si sentì ancora più potente. Continuava a non sapere perché.
"Sono tornato da un lungo viaggio sperando di potergli parlare ma, a quanto pare, qui sembra che nessuno sappia dove si trovi o, peggio, chi sia. E' come se fossero tutti vittime di un sortilegio e io non so cosa fare."
Harry annuiva, sapeva perfettamente che i suoi sospetti erano fondati, ma sapeva anche che sarebbe stato pericoloso lasciarlo andare, così come sarebbe stato pericoloso cancellare i ricordi anche a lui. 
E se avesse avuto degli amici o dei parenti? Sarebbero venuti a cercarlo e si sarebbe creata una reazione a catena senza fine. 
No, doveva trovare un altro modo.

A tarda notte lasciò il villaggio e si diresse dove doveva andare sul serio, ma il divertimento fu davvero breve, in quanto le sue vittime sembrava lo stessero aspettando. Andò, riscosse il suo conto, e tornò al castello.
Al mattino trovò tutte le tende del castello aperte, anche quelle del suo studio, e un Louis spensierato che, canticchiando, stava in cima ad una scala a sistemarne una che, a forza di restare chiusa, era rimasta un po' bloccata.
Harry si sentì morire: da quando in quel posto c'era qualcuno che faceva quel che gli pareva senza che lui glielo comandasse? Strinse la rosa che aveva in mano talmente forte che ringraziò se stesso per aver tolto le spine.
Quando Louis lo vide, trasalì, perse l'equilibrio e cadde all'indietro. Lanciò un urlo e, in un nanosecondo, disse addio alla vita, perché Harry non si sarebbe mai curato di salvarlo.
Immaginate, quindi, il suo stupore quando riaprì gli occhi che teneva serrati e si ritrovò tra le braccia dell'Oscuro, che lo guardava, ammiccando, per la prima volta in sua presenza, un sorriso. Louis sussultò di nuovo osservandolo.
"Sei proprio un incapace" gli disse, adagiandolo a terra.
Louis era ancora terrorizzato, aveva ancora il respiro accellerato, e non seppe cosa rispondere.
Si mise in piedi, chiese scusa mille volte e poi puntò verso uno strano oggetto a terra, di fianco a Harry.
"E quella da dove viene?" chiese, indicando la rosa che era caduta a terra e aveva perso un petalo.
"E' tua" disse Harry, semplicemente.
"Come?"
"Oh, smettila, riempi un vaso d'acqua e metticela dentro, o vuoi che sia lei a morire dato che non sei morto tu?"
Louis indietreggiò, chiedendosi se stesse vivendo un sogno o fosse morto sul serio e quindi quello fosse l'aldilà, ma obbedì e sparì alla ricerca di un vaso.
Lo trovò su uno dei grandi mobili del corridoio, andò in cucina a riempirlo d'acqua, ci mise la rosa e lo portò nella sua stanza.
"Almeno così mi sembrerà meno triste, questo posto" disse a se stesso, ignaro della reale provenienza di quella rosa. 
La rosa che, come se avesse sentito le parole del ragazzo, perse un altro petalo appena lui si allontanò. 
Perché sì, probabilmente in essa, da qualche parte, Stan era ancora cosciente, ma Louis avrebbe ignorato anche questo.

Harry, intanto, era rimasto nel suo studio, stava fissando le tende aperte con un leggero disagio che gli attraversava tutta la spina dorsale. 
Si era chiesto nuovamente quando era stata l'ultima volta che nel suo castello fosse entrata la luce del sole e finalmente si rispose che preferiva non ricordarlo perché, da quando aveva preso possesso di quella dimora, la luce del sole non era mai entrata in nessuna stanza.

"Ti manco, Harry, non è vero? Guarda come ti sei ridotto senza di me. Sei un fallito!"
Era la solita voce che lo perseguitava, la voce che sentiva, come una guida, da quando per il mondo non era più un semplice ragazzo di nome Harry, ma un malefico mago che si divertiva a fare accordi con le persone per spillargli tutto, fino all'anima.
Perché si era ridotto così? Non lo sapeva, quante cose non sapeva.
"In un modo o nell'altro dipenderai sempre da me, anche se per me tu non vali più niente" la voce continuava. 
Fu in quel momento, mentre buttava un'occhiata fugace al mondo che si stagliava fuori da una delle fineste, che si avvicinò a quel maledetto cassetto, l'unico che teneva chiuso a chiave nel suo studio. Lo aprì piano, come ad aver paura di cosa ci fosse dentro. 
Come se poi non lo sapesse.
Ed infatti era ancora lì. 
Il suo pugnale, l'oggetto che lo teneva incollato nella sua condizione di mago invincibile, quello da cui sentiva, nella sua mente, provenire quella voce, l'oggetto che, finito nelle mani sbagliate, avrebbe potuto fare di lui un burattino.
Nessuno avrebbe mai dovuto trovarlo, nemmeno Louis. 
Soprattutto Louis.
Avrebbe voluto distruggerlo, e lo avrebbe fatto, se non fosse legato ad esso come una bombola d'ossigeno, lo avrebbe fatto se non fosse stato l'unico modo per continuare a sentire la voce di Zayn.
"Mi devi dimenticare, Harry, io non ti amo più, forse non ti ho mai amato, lasciami andare."
Ma lui, in quel momento, non si sentiva ancora pronto, e si strinse nelle spalle cercando di non piangere, perché i maghi malvagi non lo fanno.

"Permesso, signore, mi sono permesso di portarle un po' di tè, credo sia giunto il momento che si rilassi" disse Louis, entrando nello studio senza bussare, facendo sobbalzare Harry, che chiuse il cassetto di scatto.
"Non mi sembra di avertelo chiesto" lo ammonì il mago, accigliandosi per lo spavento che gli aveva fatto prendere. Raramente riuscivano a sorprenderlo, anzi, l'unico che ci riusciva era proprio il suo Zayn.
La voce che non voleva lasciare.
La voce che teneva chiusa in un cassetto.
"Infatti no, ma sono sicuro che ne ha bisogno" continuò Louis, noncurante della palpabile agitazione del suo padrone, che indietreggiava man mano che il ragazzo si muoveva nella stanza.
"Poggialo lì" disse poi Harry, perdendo un battito del suo cuore di ghiaccio quando notò che le tazze erano due.
"Cosa vorresti fare?" chiese poi.
"Condividere un momento con lei, signore" rispose Louis, semplicemente, anche se non sapeva da dove gli fosse venuto il coraggio per pronunciare quelle parole e per tutta quella audacia.
Forse semplicemente si era guardato allo specchio e si era detto che, se doveva restare lì a lungo, tanto valeva rendere la permanenza la più piacevole possibile. Non voleva rabbonire il mago, sapeva che non provava sentimenti di compassione per nessuno, voleva solo... stare bene, ecco.

E allora perché lo aveva salvato quando era caduto dalle scale, vi starete chiedendo.
Ah, cari lettori, non siete ancora riusciti a leggere tra le righe? Lo so che la sto tirando per le lunghe, ma non posso proprio fare diversamente.
Restate con me e capirete.

Torniamo nel tetro castello, nel cui immenso studio ritroviamo i nostri protagonisti.
Louis  versò il tè e lo porse al suo padrone, poi ne versò altro nella sua tazza scheggiata.
"Ma quella...?" 
Cavolo, l'aveva vista. Adesso gli avrebbe ordinato di buttarla.
"Posso tenerla, vero?" chiese Louis, intimorito e abbassando lo sguardo. Oh, al diavolo, si disse mentre lo faceva, non poteva comportarsi in quel modo così afflitto, doveva tenergli testa!
Harry, di risposta, scoppiò in una risata un po' fuori luogo, lo fissò, e Louis si sentì come attirato dal suo sguardo, perché si alzò a guardarlo, col volto ancora intimorito e imbarazzato, quasi pronto a subire chissà quale punizione fisica. E meno male che stava pensando di tenergli testa!
"Come la rosa" disse, poi, il mago. E Louis perse un attimo la forza nelle gambe, per poco inciampò su se stesso, e si accasciò su una sedia, accanto a quella dove stava accomodato Harry che, ancora una volta, sentì nella sua testa la risata del suo ex ragazzo ormai morto. Solo che questa volta non era sarcastica come al solito.
Era diversa, era quasi compiaciuta, ma compiaciuta in senso buono.

Cosa diavolo voleva dire?

"Come la rosa" ripetè Louis, riportando Harry alla realtà. E abbozzò un sorriso, mentre Harry ricominciò a fissarlo, e lui distoglieva quasi immediatamente lo sguardo.
"Ti infastidisce guardarmi, vero?" chiese Harry, sfiorandosi una guancia ruvida. Avrebbe sopportato qualsiasi risposta a quella domanda, del resto il suo aspetto faceva gran parte del suo lavoro quando non doveva usare la magia per ottenere ciò che voleva.
"N-no... perché questa domanda?" chiese Louis che, comunque, teneva lo sguardo basso, impedendosi di incrociare gli occhi dell'altro. 
"Ho avuto questa sensazione e, mi dispiace per te, temo che dovrai abituarti al mio viso, mi rendo conto che non è un bel vedere, è colpa mia se è ridotto così, ma è un sortilegio, una magia che va ben persino oltre i miei poteri e non posso fare nulla per rendermi migliore di così."
Louis lo guardava mentre, con arroganza e allargando le braccia come a volerci contenere dentro il mondo, Harry parlava senza sosta.
Cosa avrebbe mai potuto importargli se a lui piacesse o meno il suo viso?
"Ma io presto tornerò a casa, non mi importa di abituarmi, e comunque no, come ho già detto non mi infastidisce guardarla, signore." E lo disse guardandolo negli occhi, fisso, senza alcun tremolio. Harry si sentì debole per quella manciata di secondi, perché vide sincerità nelle sue parole e non c'era più abituato.
"Tornerai a casa solo e se lo vorrò" disse poi, lapidario, quasi a volersi scrollare di dosso quella debolezza che aveva avvertito.
"Cosa? Ma... aveva promesso..." disse Louis, agitato, e alzandosi di scatto.
"Io non ho mai promesso nulla, ragazzino! E, soprattutto, non restituisco mai niente di quello che prendo! Quindi te ne andrai quando lo vorrò io e non è detto che accada" disse a sua volta Harry, con una luce fiammeggiante ad illuminargli gli occhi che lo guardavano con perfidia.
"In ogni caso, dubito ci sia ancora qualcuno ad aspettarti" continuò.
Louis si sentì un idiota, voleva sprofondare. Aveva salvato suo padre e si era sentito un eroe, ma chi sarebbe andato a salvare lui? Nessuno, probabilmente. Perché a nessuno importava più di lui.
Harry gli disse, finalmente, tutta la verità, e Louis pianse, si tappò le orecchie sperando non fosse vero, cadde e, una volta rimesso in piedi, scappò dalla stanza, facendo cadere a terra la sua tazzina scheggiata che aveva tenuto in mano tutto il tempo.
Non si ruppe, Harry la guardò per qualche secondo, e il rumore che fece a contatto col suolo gli sembrò molto simile a quello che fece il suo cuore quando gli dissero che Zayn era morto.
La raccolse e, spinto dalla rabbia, la ripose nel famoso cassetto. 
Non lo richiuse nemmeno, troppo infuriato per quello che era successo.
Uscì, semplicemente, pensando che l'aria desolata che circondava il castello lo avrebbe fatto calmare.

Louis, intanto, era entrato di corsa in cucina, chiudendosi alle spalle la porta come se lo stesse inseguendo il diavolo in persona.
"Che ti è successo? Perché stai piangendo?" gli chiese Niall spaventato.
"Come cavolo fai, come fai a restare qui? Come fai a resistere? Perché non te ne vai?" sputò Louis, mentre tirava su col naso, il respiro ancora affannato e le guance arrossate.
"Non voglio fare la stessa fine di Liam" rispose, semplicemente.
"Liam? Che vuoi dire? E' ancora vivo, Niall? E' ancora nella torre?" chiese Louis, ancora più agitato e confuso.
"Vorrei tanto che lo fosse, Louis, ma purtroppo no. E' scappato, si è calato dalla finestra, ma purtroppo Harry l'ha trovato e..." al maggiordomo si spezzò la voce e non riuscì ad andare avanti. Liam era un caro amico per Niall, esattamente come lo era Harry prima che diventasse... che diventasse così, e a Louis venne un accenno di nausea nel solo sentire quelle parole.
"...lascia stare, Niall, non voglio nemmeno sentirlo. Anzi, scusami per averti aggredito" disse Louis che, piano piano, stava riprendendo a respirare regolarmente.
"Vuoi dirmi cosa ti è successo, quindi?" gli chiese, quindi, l'altro, abbozzando un sorriso di circostanza, mentre gli porgeva un bicchiere d'acqua.
Louis si accomodò al grande tavolo della cucina e gli disse di come era stato ingannato e di come, ormai, si considerava totalmente alla stregua di un prigioniero.
Niall non disse una parola, nè mentre raccontava, nè tantomeno quando finì. 
Se lo aspettava, lo aveva capito subito, ma aveva stupidamente pensato che, per una volta, Harry avesse deciso di agire in maniera diversa.
"Mi ha regalato persino una rosa, come per addolcirmi, capisci? Ma che razza di persona fa cose del genere?" riprese a parlare dopo una breve pausa, sbattendo i pugni sul tavolo.
"Te l'ho spiegato tante volte, Louis, lui... non è una persona come le altre."
Louis lo guardò sconcertato: lo stava sul serio difendendo? Lo capiva, forse?
Gli veniva da vomitare.
"Scusa, Niall, ho bisogno di prendere aria" disse poi.
"Non vorrai mica scappare!" disse, ancora più sconcertato, il maggiordomo, che lo guardò alzarsi e dirigersi velocemente verso la porta.
"Secondo te ci riuscirei?" gli disse rassegnato, e Niall non rispose. Non ce n'era bisogno, sapeva perfettamente che, se Harry aveva deciso di tenerlo con sé per sempre, era così che sarebbe andata.

Louis arrivò ai margini del fossato ormai inutile, che si trovava a poche decine di metri dall'entrata del castello. Lo osservò per un po', diede persino un paio di calci alle erbacce e rametti secchi di cui tutto il contorno era pieno e, sbuffando, si voltò indietro: non riusciva ad accettare che, da quel momento, avrebbe dovuto chiamare casa quel posto così tetro.
Imprecò tra sè e sè e continuò a camminare, così, senza una meta ben precisa.

Nello stesso momento, Harry si trovava circa un paio di chilometri più avanti, aveva raggiunto la piccola foresta che spesso usava come scudo per camuffare la sua dimora tramite la magia, e stava avendo una discussione piuttosto animata con un amico/nemico secolare. 
Ok, forse più che una discussione, era una vera e propria lotta a chi sapeva usare meglio i propri sortilegi.
Non era la prima volta che il principe cattivo e il nostro mago si scontravano, del resto si sa che per regnare su un territorio basta una persona e, purtroppo, i due volevano entrambi occupare quella posizione. Il principe lo faceva ufficialmente, come diritto di nascita, il mago ufficiosamente, come diritto di potere e superbia.
Si odiavano, ma non erano mai riusciti ad uccidersi, probabilmente perché il senso della loro esistenza stava anche, in parte, in quella lotta.

Quando Louis, che ormai aveva dolore alle gambe per il troppo camminare, sopraggiunse sulla scena, si nascose dietro ad un'enorme quercia alle spalle del suo padrone. Harry non si accorse della sua presenza fino a quando il principe non risalì sul suo cavallo urlandogli contro qualche minaccia di morte e andò via.
"Adesso mi segui pure, ragazzo?"
Gli voltava le spalle, lì a pochi metri da lui. Lui che se ne stava ancora nascosto dall'enorme tronco della quercia secolare, con la paura che gli attraversava tutto il corpo.
Che cosa gli era venuto in mente? Stavolta il mago avrebbe potuto reagire davvero molto male. Niente, proprio non gli riusciva di mantenere la calma, decise quindi di giocare diversamente.
"E' inutile che fingi di non esserci, ti sento anche se non ti vedo, Louis." I brividi non lo lasciavano.
"Ok, va bene, sono qui, e non la stavo seguendo... signore."
Harry notò la pausa che aveva fatto prima di pronunciare l'ultima parola e, finalmente, si voltò per osservare il ragazzo: era quasi del tutto coperto dal tronco dell'albero, una mano poggiata su di esso e la testa era l'unica cosa che faceva capolino dal lato. Aveva i capelli arruffati e lo sguardo indecifrabile. Sì, esatto, Harry non riuscì a capire nemmeno insinuandosi nella sua testa cosa stesse pensando in quel momento, non riusciva nemmeno a capire dal suo sguardo cosa stesse provando, ma sentì il battito del suo cuore accelerare.
Si disse che era strano, gli capitava solo quando era profondamente irato e, di certo, in quel momento non lo era per niente.

"Stavi scappando, ragazzo?"
Perché continuava a chiamarlo ragazzo, si domandava Harry, dov'era finito il distacco, dov'era finita la supponenza e la totale indifferenza che provava nei suoi confronti?
Si era detto, mentre aspettava una risposta, che aveva appena fatto la domanda più stupida di sempre. Si era detto che, se avesse davvero voluto scappare, di certo non si sarebbe nascosto dietro quella quercia ad osservarlo.
"No, signore, volevo solo sapere se aveva intenzione di tornare a casa" rispose Louis, che non aveva ancora lasciato la sua postazione, mano sul tronco e altra mano nascosta alla vista del suo interlocutore, tremolante.
"Casa?" ammiccò, Harry, sbalordito. Sbattè le palpebre un paio di volte chiedendolo.
"Sì, casa, quella dove mangia e dorme e... qualche volta si arrabbia."
Se non sapesse di essere in grado di riconoscere tutti i sortilegi che aveva lanciato e tutti quelli che era capace di lanciare, avrebbe pensato senza alcun dubbio che quello che aveva di fronte non era il Louis Tomlinson che si era offerto di stare con lui.
No. E allora chi era? Di certo gli stava piacendo più dell'altra versione di lui.
"Uhm... sì, penso di poterlo fare" rispose Harry, cercando di riordinare i suoi pensieri.
Louis lo guardava, finalmente si era allontanato da quel tronco, e si chiedeva quanto sarebbe durata questa trasformazione del mago in uomo mite e accondiscendente. Non gliene importava, meglio godersela finché durava.
Harry gli si stava avvicinando ma lui, in automatico, indietreggiò. Era strano, si disse, in fondo non gli aveva mai fatto veramente del male, e ormai era quasi certo che non sarebbe mai successo, eppure... eppure non riusciva ancora a fidarsi completamente del mago.
Immaginava e sperava ancora, con quei piccoli sprazzi di umanità che tirava fuori, di riuscire a scavare e trovare qualcosa di buono in lui.
Era questo il suo difetto: per Louis erano tutti buoni, a modo loro, chi più chi meno, ma erano tutti buoni. E se Harry, in passato, era stato capace di amare così profondamente un'altra persona, anche se in maniera ossessiva e sbagliata ai suoi occhi, allora non tutto era perduto.
Sorrise, mentre con una mano lo incoraggiava a seguirlo.

Harry cambiò espressione, il tono irriverente, rude e acido che manteneva perennemente stampato in viso cedette il posto ad uno sguardo meravigliato. Non sapeva cosa fare, si avvicinò a Louis e, dandogli una spallata potente, lo superò, senza nemmeno guardarlo.
"Ehi" disse il ragazzo "mi hai fatto male" ma poi si tappò la bocca, mettendoci la mano destra, come in un vano tentativo di far finta che non avesse mai detto nulla.
Aveva dato per la prima volta del tu al suo padrone e, non sapeva bene perché, si disse che lui non l'avrebbe presa tanto bene.
"Non mi piace ricevere ordini, nessuno è nella posizione di darmi ordini, nemmeno tu, Tomlinson" aveva detto, con un tono di voce che lo spaventò. Era di profilo, anche se gli dava le spalle, e Louis sapeva che era tornato di nuovo l'essere col quale non si poteva ragionare che aveva incontrato a casa di suo padre.
Si sentì deluso, stupido, idiota, inutile... avevo già detto stupido? Beh, si sentiva tanto stupido, e aveva una voglia assurda di prendersi a schiaffi da solo.
"Cosa fai lì impalato?" continuava ad inveire Harry, che stavolta si girò, e lo guardò in un modo che non lasciava presagire nulla di buono "non ti sarai fatto male sul serio?"
"Ti importerebbe?" Louis gli aveva di nuovo dato del tu. Era evidente che all'Oscuro non aveva dato affatto fastidio o, forse, semplicemente non se n'era accorto.
"Mmmh... no" disse gelido Harry, abbozzando un sorriso. Louis si sentì di nuovo stupido... ok, ci si stava sentendo già da un pezzo e non aveva ancora smesso, ma in quel momento il livello di stupidità che sentiva era altissimo, mentre guardava il mago allontanarsi senza nemmeno preoccuparsi se lui lo stesse seguendo o meno.
Avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto approfittarne, avrebbe potuto semplicemente iniziare a camminare, sì, ma nella direzione opposta. 
Invece non lo fece. Non ancora, almeno.

Sicuramente dopo questo lungo racconto, vi starete chiedendo dove io voglia andare a parare. Non si nota nulla di quel che ho accennato all'inizio, vero? E magari, dopo tutto questo blaterare, non sarà rimasto più nessuno ad ascoltarmi, dunque perché sto continuando?
Perché vi assicuro che vedere Louis rinascere dopo tutto quel tempo e quella sofferenza è stato qualcosa che ancora mi fa stringere il cuore, ed è un peccato che voi non siate potuti essere lì a vederlo con me.
Certo, ci sono molte cose che meritebbe di sapere e che avrebbero aiutato sia lui che Harry, ma io sono solo una narratrice, nessuno dà retta a quelli come me, quindi torniamo al racconto.

"Grazie" sussurrò Louis ad un Harry lontano che, nonostante quello, lo aveva sentito.
"Grazie... per cosa?" chiese, infatti.
"Quell'uomo... sono contento che tu non l'abbia ucciso." 
Perché stava continuando a parlargli, si chiedeva Harry, perché voleva impicciarsi, perché non restava nel suo? 
Perché non lo lasciava respirare in pace? Stava diventando sempre più difficile farlo.
Sghignazzò.
"Non hai la minima idea di chi fosse quell'uomo, vero Tomlinson?" Si stava irritando.
Louis scosse il capo perché no, non ne aveva idea.
"Quello è colui che voi del vostro villaggio definireste come vostro re" continuò Harry, con disprezzo. Odiava quell'uomo, e Louis lo aveva notato benissimo quando aveva assistito alla loro lotta e lo aveva scagliato a terra più volte. Aveva notato, inoltre, che Harry teneva in spalla una faretra e un arco. Non li aveva mai visti, ma soprattutto quel giorno non li aveva mai usati. Ebbe paura e tremò.
"Per me non è un re, per me è..."
"...un altro come me" gli completò la frase Louis, con tono rassegnato.
"No, perché non ho mai desiderato ucciderti, ma se non la smetti di intrometterti nella mia vita potrei cambiare idea" aveva detto, alzando lievemente, di parola in parola, il tono di voce.
Louis tremò, ancora. Stava cominciando ad essere stanco di tremare.
"Lo... lo avreste ucciso... stasera... signore?" Era evidente che era di nuovo impaurito, il tremore si era impossessato anche della sua voce, perché credeva sul serio che, in uno scatto d'ira, Harry avrebbe potuto scagliargli contro una di quelle frecce avvelenate, o rinchiuderlo nella torre o chissà che altro. Che stupido (ancora), si disse.
"Mi stai dando di nuovo del lei? Cos'è, mantieni le distanze dal mostro?" chiese, come a volerlo provocare. 
Harry era stanco di quella situazione, cosa diavolo faceva lì, a perdere tempo con un ragazzino che aveva rapito per ripicca e di cui non gli importava nulla?
Lo avrebbe ucciso solo per levarselo d'impiccio o, almeno, se ne sarebbe liberato in quel momento soltanto dissolvendosi per poi riapparire direttamente nel suo castello.
Invece no, restava lì.
Perché gli piaceva restare lì.
Perché la voce di Louis gli trasmetteva tranquillità, solo... non se n'era ancora accorto.
"Parla di morte, di commettere omicidi, di far del male con talmente tanta facilità che mi viene difficile pensarla diversamente. Lei è... un mostro, signore, sì, lei è un mostro, e io mi sento così imbecille ad averla ringraziata per aver risparmiato una vita, perché è evidente che a lei non importa affatto. Non importa di nessuno, forse non le è mai importato... nemmeno di Zayn!" 
E in quel momento Louis desiderò che gli cadesse la lingua.
"E tu come fai a sapere di Zayn... chi te lo ha detto? Non sono cose che ti riguardano, ragazzo, non devi immischiarti."
"Mi sarebbe piaciuto farlo, se solo ci fossi stato!"
Harry adesso stava andando a fuoco: non credeva alle sue orecchie!
Louis se ne accorse, vide un nuovo taglio apparirgli sopra il sopracciglio sinistro, un taglio che non perse sangue e che, in pochi secondi, divenne cicatrice, e si rabbuiò: che cavolo era?
"Non avresti dovuto vederlo, Louis, non sono cose che ti riguardano, la mia vita non ti deve riguardare, devi solo fare quello che ti ordino di fare, altrimenti..."
"...cosa... signore? Mi ucciderà? Ha avuto più di un'occasione per farlo, e non l'ha fatto... è proprio sicuro che sia questo il suo desiderio, signore?"
No, si disse Harry, guardandolo. Non era quello.

"Di lui puoi fidarti, Harry, lui forse può essere migliore di me per te, e se te lo dico io puoi crederci." La voce di Zayn, che riprese a riecheggiargli nella mente, lo fece scoppiare in una fragorosa risata.
"Tu... non sai niente di me... NIENTE!" urlò e, in preda alle fiamme che gli avevano invaso gli occhi e al potere che quel nuovo taglio gli aveva dato, lo scagliò all'indietro. Louis cadde rovinosamente su una grande roccia, sentì un dolore pazzesco alla schiena e ad una spalla e restò lì così, per un po', mentre vedeva il suo padrone sparire.
"Non posso fidarmi di nessuno, Zayn, non voglio" aveva poi detto, chiudendosi nella sua grande stanza, dove era riapparso, sperando di non essere disturbato fino a nuovo ordine.

Quando Louis riprese un po' le forze, tentò di alzarsi in piedi, ma il dolore era ancora forte, soprattutto alla schiena, e si accasciò di nuovo a terra.
"Ehi, non ci riprovare, hai la schiena a pezzi, devi riposare!"
Di nuovo quel tipo. Di nuovo quel volto familiare che non riusciva a riconoscere.
"Ma io ti ho già visto! Ci conosciamo?" chiese Louis, mentre lo osservava cercando di capire se, appunto, lo conoscesse davvero.
"Non proprio, ma so che Niall ti ha parlato di me."
E Louis rabbrividì: dalla descrizione che gli aveva fatto Niall poteva essere una sola persona.
"Liam?" chiese titubante.
"In persona... più o meno."
Louis non capiva, lo guardava, poi inorridì: era incorporeo, potevi accorgerti della sua presenza solo se ti toccava. Ebbe di nuovo la nausea e non era per il dolore.
"Ma come... tu dovresti essere morto" continuò.
"Beh, lo sono, e sono imprigionato qui. E' una specie di purgatorio a cui devo sottostare fino a che non avrò risolto una certa questione. Sai, Harry è mio amico." Sorrise, con rammarico, ma lo fece, e Louis si domandò come poteva dire che Harry fosse suo amico se per colpa sua Zayn era morto e insieme lo avevano tradito. 
Si domandò dove diavolo fosse finito e se meritasse davvero di stare lì. Cercò di sorvolare.
"E quale sarebbe questa questione?" chiese curioso.
"Dargli pace" rispose Liam, semplicemente, con un'alzata di spalle "ma adesso vai, torna da lui."
Non credeva alle sue orecchie.
"Cosa? Non ci penso nemmeno, voglio tornare al mio villaggio, non voglio più vederlo, oggi ha cercato di uccidermi!" Era agitato, spaventato, aveva il cuore che batteva all'impazzata per tutte quelle emozioni, e Liam rise piano e lo guardò, dicendogli la verità che ancora nè lui nè Harry avevano notato.
"Se avesse voluto ucciderti l'avrebbe già fatto, credimi, io lo so. E anche tu, se avessi voluto andartene lo avresti già fatto, quindi..."
"... quindi nulla" lo interruppe "me ne andrò ora! Non mi importa se mi troverà e mi trascinerà di nuovo qui con la forza, devo rivedere mio padre, non posso credere che mi abbia sul serio dimenticato!"
Adesso stava piangendo, l'agitazione gli aveva creato un fiume di lacrime che stava letteralmente sgorgando sul suo viso e Liam cercò di consolarlo dicendo "Zayn si è ucciso per sfuggirgli, perché pensava che io fossi già morto, perché si era reso conto che non aveva alternative al vivere con lui. Si è ucciso, Louis, quindi per favore, non fare la sua stessa fine."
E con queste ultime parole, svanì. Louis guardò nel vuoto per qualche secondo, si alzò piano e cominciò a correre sempre più lontano dal castello, nonostante la nausea.
Non gli importava di nulla, avrebbe riconquistato l'affetto di suo padre, non si sarebbe ucciso per colpa di Harry, sarebbe stato più forte!

Harry, dal canto suo, sembrava non preoccuparsi minimamente per quello che era successo. Erano ormai due giorni che Louis era scomparso e lui non se ne stava curando, mentre in Niall aumentava di minuto in minuto il terrore che potesse riprendere a sfogarsi su di lui o altro. 
Liam era sempre lì che aleggiava tra le stanze del castello, non si era mai mostrato al suo vecchio amico per non spaventarlo e si era sentito un po' in colpa. Meritava di sapere che gli mancava, ma pensava anche che aveva già troppe cose di cui occuparsi per dar retta anche ad un fantasma.

Louis era arrivato al villaggio, ed era allo stremo delle forze. Era quasi di nuovo buio e, quando cominciò a guardarsi intorno, tutti lo guardarono con sospetto. Harry aveva ragione: non lo riconoscevano, non sapevano chi fosse. La nausea gli venne ancora una volta.
"Cerco la casa del signor Tomlinson" chiese ad un passante, fingendo di non sapere dove si trovasse, per non destare troppi sospetti. Il signore lo squadrò dall'alto in basso, poi sorrise e, molto cordialmente, gliela indicò. Louis ringraziò e si incamminò verso la sua unica vera casa, che gli sembrava di aver lasciato da anni.
Quando, dopo aver bussato, suo padre gli venne ad aprire, si sentì morire: perché era così invecchiato? Quanto tempo era effettivamente passato? Cercò di trattenere le lacrime.
"Che cosa cerchi, ragazzino?" gli chiese lui biascicante. Era ubriaco, forse? Ma suo padre non aveva mai bevuto in vita sua!
"Cercavo mio padre" disse "ma è evidente che ho sbagliato posto" continuò, girando i tacchi e andandosene. L'uomo non gli rispose nemmeno, sbuffò, richiuse la porta tornando alla sua bottiglia e si disse che gli sarebbe piaciuto se un ragazzo come quello l'avesse chiamato papà, un giorno.

Che idiota, illuso, era stato! Forse era un codardo peggiore di Harry, si era fermato alla prima difficoltà e si sentiva completamente solo, senza nessun posto dove andare.
"Torna da lui" sentì all'improvviso. 
Liam. Non lo vedeva, ma riusciva a sentirlo.
"Non sarò il tuo capro espiatorio, Liam, non sarò io a salvarlo, non c'è niente da salvare" urlò al cielo mentre camminava e piangeva. Solo in quel momento si rese conto che erano ormai due giorni che non toccava cibo nè acqua, e quindi svenne. 
Così. 
All'improvviso.

Quando rinvenne, svariate ore dopo, era sdraiato su un letto, nel castello, con Niall che gli premeva sulla fronte una pezza bagnata.
"No no no, cosa ci faccio qui? Come ci sono arrivato?" chiese balzando a sedere.
"Stai giù, hai la febbre alta e sei denutrito. Era ora ti svegliassi!"
"Niall! Quanto tempo sono rimasto svenuto? Mi hai portato tu, qui?" chiese ancora, noncurante del resto.
"Io? Se lasciassi il castello senza dirgli nulla, Harry mi farebbe tagliare le gambe! No, è stato lui a portarti qui, sei rimasto svenuto per quasi ventiquattro ore" rispose accennando un sorriso compiaciuto. 
Era per caso felice? Forse sì, forse perché Louis poteva essere un aiuto sincero per Harry.
"Stai scherzando?"
"Da quando sto qui ho smesso di scherzare, quindi no, non sto scherzando. Ora mangia qualcosa, ti prego, io devo andare via."
Niall gli porse la cena che gli aveva portato e Louis ci si avventò perché effettivamente stava morendo di fame ma, prima che l'amico se ne andasse, gli chiese "è mai venuto a trovarmi?" quasi speranzoso. Ma Niall scosse il capo e Louis fece una smorfia di disappunto (perché?), tornando a concentrarsi sul cibo. 

"Niall, vieni subito qui" sentì urlare, senza capire da dove provenisse la voce. Poi lo vide.
"Da quanto tempo sei nascosto lì, Harry?" chiese, ma lui non rispose. 
Cos'era quell'espressione? Niall aveva potuto giurare che sembrasse un'espressione di sincera preoccupazione, apprensione, e si sentì mancare il fiato: l'ultima volta che lo aveva visto così era stato quando aveva litigato con Liam che lo accusava del suicidio di Zayn, prima di rinchiuderlo nella torre. 
Non era una cosa positiva, e Niall lo sapeva, ma sperava che, questa volta, quell'espressione fosse dovuta comunque ad una preoccupazione positiva.
Harry, infatti, si morse il labbro e, senza rispondere, chiese al biondo "sta bene? Si è ripreso?" il quale rispose annuendo.
"Sta mangiando la cena che mi hai chiesto di portargli, quindi... perché non vai da lui e constati di persona come sta?"
E Harry si morse di nuovo il labbro, guardò il suo maggiordomo, nel quale aveva riconosciuto ancora una volta l'unico amico che gli era rimasto, e si diresse da Louis.

"A cosa devo l'onore, signore?" 
Il ragazzo stava mangiando a grandi cucchiaiate la minestra di verdure miste e, probabilmente, se avesse alzato lo sguardo, avrebbe notato il modo in cui Harry lo stava guardando: era implorante, forse anche un po' patetico, ma era lì implorante, in attesa che Louis se ne rendesse conto. 
Perché per la prima volta, osservando il corpo magrissimo del ragazzo, le scure occhiaie che si ritrovava ma, soprattutto, il suo sguardo inespressivo, si era sentito in colpa. 
Perché era colpa sua se stava in quelle condizioni. Lui che aveva detto che non voleva ucciderlo, lui che non voleva liberarsene, lui che si sarebbe sentito di nuovo solo senza Louis a ronzargli intorno, eppure lo aveva quasi colpito a morte.
"Volevo solo accertarmi che stessi meglio" si limitò a rispondere, serrando i pugni.
Perché non lo guardava? Avrebbe tanto voluto costringerlo a farlo, urlarglielo contro, usare la magia per obbligarlo a fissare i suoi occhi color del mare nei suoi, ma non lo fece, rimase lì a guardarlo mangiare, a guardare il suo viso perdere il grigiore che aveva quando lo aveva preso in braccio e lo aveva portato, disperato, a casa. 
Serrò i pugni ancora più forte, rendendosi conto che quel silenzio lo stava distruggendo dentro, quindi fece per andarsene, ma poi venne bloccato.
"E' strano che me lo chieda dopo aver provato ad ammazzarmi, signore."
Ed in effetti aveva pienamente ragione: che diritto aveva di assicurarsi che stesse bene? In un altro frangente, lo avrebbe fatto rinchiudere nella torre, aspettando che morisse senza cibo nè acqua, beandosi dei rari momenti in cui sarebbe andato a fargli visita sentendogli urlare contro il proprio odio.
In un altro frangente, appunto.

"Sei uno stupido, Harry" sentì. La voce di Zayn era tornata a trovarlo. 
"Puoi fidarti di lui, io lo so, io posso vedere cose che tu non potrai mai, io un cuore ancora ce l'ho, anche se tu me lo hai strappato via tanto tempo fa."

"Non ho detto che mi avrebbe fatto piacere, volevo solo accertarmene" disse poi Harry a Louis, guardando altrove, per soffocare la grande bugia che aveva appena pronunciato.
Come se poi, con quel viso deturpato, si sarebbe potuto notare qualcosa.
"Se non ti avesse fatto piacere, avresti potuto lasciarmi dove mi avevi trovato, allora!"
E di nuovo aveva accorciato le distanze. Harry non ce la faceva più con questo strano tira e molla, prima si avvicinava, poi si allontanava, poi si riavvicinava. 
Che cosa voleva, Louis? Perché lo aveva portato a casa, si stava chiedendo? Non stava bene da solo, senza nessuno che lo giudicasse e lo facesse sentire mediocre?
"O forse" Louis continuò "forse volevi solo prenderti il merito e togliermi di mezzo tu stesso." Aveva messo da parte il piccolo vassoietto pieno di leccornie che aveva letteralmente spazzolato via per la troppa fame e lo stava fissando minaccioso. 
Harry, dal canto suo, aveva ancora i pugni serrati, e Louis finalmente se ne accorse. 
Se ne accorse ma non cambiò espressione.
"No... non è così." 
Louis continuava a fissarlo serio, serissimo e notò che stava tremando. Harry tremava? Non se lo sarebbe mai aspettato.
"E com'è, allora? Hai paura che mi uccida? Hai paura che anche io finisca come Zayn e mi riduca al suicidio come unico modo per liberarmi di te? Perché tranquillo, non lo farò!"
Non gli importava affatto di cosa stesse provando l'altro, probabilmente gli avrebbe detto anche che non se ne sarebbe andato per il semplice fatto che non aveva più davvero alcun posto in cui tornare.
Non voleva nemmeno implorarlo di ridare i ricordi a suo padre, non voleva abbassarsi a tanto. Voleva sfidarlo, voleva fargli sapere che non aveva paura di lui, e poteva serrare i pugni, tremare, minacciarlo quanto voleva, non gliela avrebbe mai data vinta. 
Mai!

"Non osare nominare Zayn, tu... tu non sai niente di me, di lui, di..." disse Harry, che aveva iniziato a rispondere allo sguardo minaccioso dell'altro allo stesso modo, prima di essere interrotto.
"...so quanto basta per capire che sei malato, Harry, e che probabilmente hai incrociato una persona che non è stata in grado di gestirti, e tu... tu non sei stato in grado di proteggerla. Tu non hai idea di cosa sia il vero amore, Harry e... sinceramente mi fai un po' pena, visto che costringi le persone a rimanere con te, non glielo chiedi neanche."
Non poteva pensarlo sul serio, si disse, mentre guardava il ragazzo poggiato allo schienale del letto con un grande cuscino dietro la schiena che continuava a guardarlo con aria di sfida.
Non sapeva davvero niente di lui e Zayn, non poteva saperne niente. Non sapeva di Liam, o almeno lui pensava, non poteva capire. 
Poi ebbe un sussulto e si ricordò del suo fugace incontro con Stan, l'ex ragazzo di Louis: quando Zayn aveva lasciato Harry, lo aveva fatto perché aveva trovato un'altra persona "migliore di te, una persona che mi ama davvero, che non mi toglie il respiro ogni volta che provo ad allontanarmi. Una persona che mi completa e con la quale mi sento me stesso." Lo aveva fatto perché Harry confondeva l'amore con la possessione quindi forse... forse aveva ragione Louis.

"Mi sembra che tu abbia provato ad andartene" disse, maledicendosi da solo.
"Certo, fino a quando, caso strano, non mi sono ritrovato qui, di nuovo. Perché non mi hai detto cosa avevi fatto a tutta la mia vita? A mio padre, i miei amici, il mio villaggio... perché mi hai distrutto in questo modo? Perché mi costringi a stare qui? Se è vero che non vuoi fare a me ciò che hai già fatto a Zayn..."
"Ho detto che devi smetterla di nominarlo, Louis!" E lo vide, che riprese a serrare i pugni e che si creò un'altra piccola ruga vicino al labbro.
"Altrimenti cosa?"
Ma Harry non rispose, si toccò quella nuova imperfezione e non rispose.
"Altrimenti cosa, Harry?"
Poteva andarsene, si diceva, in fondo era lui il padrone di casa, poteva fare quello che voleva. Poteva andarsene e non tornare più. 
Invece si avvicinò, come attirato da una forza oscura.
"Altrimenti cosa, signore?" continuava Louis, col puro intento di irritarlo. 
Solo questo, non si aspettava certo che quell'altro si avvicinasse talmente tanto da mettergli una mano sulla bocca per zittirlo.
Louis si ritrasse un secondo per via di quel contatto, la mano era gelida, nonostante fosse stata coperta, fino a poco prima, dalle lunghe maniche della tunica che Harry indossava.
Era gelida, ma poi ci si poggiò di nuovo, strinse il suo braccio con entrambe le mani, e smise di guardarlo con aria minacciosa. 
Harry ebbe un sussulto lieve, mentre Louis spostò la mano dalla sua bocca e chiese, per la quarta volta, "altrimenti cosa?" fissandolo con serietà.

E quando Harry si chinò a baciarlo, Liam, che stava appollaiato sulla sedia lì di fianco da un po', sorrise, Zayn commentò "bravo" e la rosa nella stanza di Louis perse un altro petalo.

"Ma... cosa fai? Non mi toccare!" disse Louis, però, visibilmente irritato nell'espressione del viso che si era fatto rosso, e non per l'emozione. Lo aveva allontanato male, e Harry si era chiesto che cosa gli fosse preso, perché avesse sentito l'impulso irrefrenabile di scontrare le proprie labbra con quelle del ragazzo che continuava a non provare null'altro che odio nei suoi confronti. 
Non era Zayn, Zayn era morto, lo aveva lasciato solo, e per quanto continuasse ad insinuargli nella testa l'idea che Louis potesse essere un valido sostituto, Harry non lo pensava davvero. Non lo voleva, non poteva volerlo, da quando il principe cattivo gli aveva congelato il cuore era diventato una persona arida, incapace di provare pietà.
Allora perché quel bacio?

"Come ho già detto: sei penoso, Harry."
E la verità poi la capì: non ce la faceva proprio a sentirsi dire quelle parole proprio da Louis. Perché gli piaceva, forse.
"I tuoi sortilegi con me non funzioneranno" continuava Louis, che ancora si strofinava le labbra, quasi come se fossero state a contatto con la cosa più viscida del mondo. Perché lui, invece, era molto più risoluto dell'altro: gli faceva schifo.
"Se avessi voluto usare la magia per plagiarti non credi che l'avrei fatto?"
"Come hai fatto con Zayn?" incalzò.
Perché continuava a nominarlo, perché voleva affondare così a fondo nella sua ferita che non si era ancora rimarginata e, probabilmente, non l'avrebbe mai fatto?
"Tu... devi smetterla... tu..." stava perdendo le staffe, sentiva il potere scorrergli nelle vene delle braccia e andare verso il palmo delle mani. Stava per formare due enormi palle di fuoco, e gliele avrebbe scagliate contro senza pensarci se avesse continuato.
"Io cosa, Harry? Vorresti farmi credere che Zayn si è innamorato di te e ha scelto di stare con te di sua spontanea volontà?"
"Lui mi amava davvero!" E le palle di fuoco si formarono, mentre la voce gli tremava e guardava Louis che non si scompose nemmeno un po'.
"Però ti ha lasciato e..."
"...ma a te cosa importa? Devi imparare a non immischiarti in cose che non ti riguardano!"
Il tono della voce era sempre più alto, mosse il braccio destro all'indietro per scagliare la palla di fuoco, ma volontariamente andò fuori mira e prese il soffitto proprio sopra la testa di Louis che, stavolta, era rimasto leggermente colpito dal gesto.
"Sono cose che riguardano anche me da quando mi hai quasi ucciso per questo, da quando... mi hai baciato, cazzo, Harry!"
"Se non ricordo male, ti ho detto che non mi piace che usi certe parole." 
Non stava credendo nemmeno lui a quello che aveva appena detto, mentre la seconda palla di fuoco veniva spenta e la mano sinistra andava a posarglisi sul mento che tremava.
"Sei serio? Ma ti senti?" 
Appunto.
"Vattene, per favore, il più velocemente possibile, dissolviti, basta che tu te ne vada ora, altrimenti..." e, come un disco rotto, come a volersi continuamente interrompere a vicenda, come a non poter fare a meno di sentirsi parte, involontariamente, della stessa cosa, Harry, appunto, lo interruppe.
"...altrimenti cosa, Louis?" E Louis aveva capito il suo gioco e si stava maledicendo da solo per essere così piccolo e inutile, e non poter creare anche lui delle palle di fuoco o di ghiaccio da scagliargli in faccia per farlo smettere almeno di avere quel ghigno fastidioso.
"Non rispondi?"
"Vattene, ho detto!"
E Harry, finalmente, lo fece.

"Louis..." sentì improvvisamente il ragazzo, una volta solo.
"Liam, da quanto tempo sei qui?" chiese, anche se non riusciva a vedere il ragazzo, che era sempre appollaiato sulla poltrona accanto al letto, "fatti vedere" gli chiese, infatti.
"Se lo facessi, probabilmente ti darei un pugno, quindi meglio per te di no!" rispose il fantasma.
"Eh? A che ti riferisci?"
E Liam lo rimproverò per il suo comportamento, gli disse che era stato così felice di come fosse riuscito a far sbloccare Harry, che poteva davvero essere lui la sua redenzione, ma lui sembrava proprio non volerlo accettare.
"Non posso restare a lungo, questa volta, quindi ti lascio con una cosa su cui riflettere fino a quando ritornerò: ti ha fatto così schifo che lui ti baciasse? Fammelo sapere." E scomparve.
"Liam, aspetta... Liam! Oh, vaffanculo anche tu!"

Si risdraiò, sperando che almeno Niall tornasse per scambiare due parole, ma la speranza fu vana, non venne nessuno, e si addormentò quasi subito, tormentato dal pensiero che, in fondo, tanto schifo quel contatto col mago non gli aveva fatto.

Harry passò la notte con gli incubi, ricordando il giorno in cui scoprì il suo ragazzo a letto col suo migliore amico e li ferì entrambi solo guardandoli. Ricordò il disprezzo che Zayn gli urlò contro, le richieste vane di perdono da parte di Liam che, nonostante tutto, ancora lo considerava importante. E ricordò quanto fosse stato spietato, crudele, insensibile, tutto il contrario di ciò che loro si sarebbero aspettati da lui.
E pianse. 
Pianse per almeno due ore prima che gli apparisse lo sguardo minaccioso, distaccato e privo di alcun trasporto emotivo nei suoi confronti, di quel ragazzetto così diverso, lontano dal suo mondo e così pieno di una forza di volontà che lui, ormai, tirava fuori solo quando doveva incutere terrore in chi lo guardava.
Louis non aveva paura di lui, questo avrebbe dovuto renderlo orgoglioso, invece no.
Lo fece rimettere a piangere e gli fece passare il sonno del tutto.

Louis, al contrario del suo padrone, aveva dormito come un ghiro e si era svegliato che poteva vedere il sole già alto filtrare dalla finestra. 
Voleva tornare nella sua stanza, si sentiva fuori luogo, quindi decise di uscire dal letto, finalmente.
Si alzò, ormai stava benissimo, e uscì dalla stanza cercando di capire dove si trovasse, ma non riuscì a riconoscere quell'ala del castello. Ebbe un brutto presentimento, e non capiva perché.
Si incamminò nel lungo corridoio buio e, preso da un istinto automatico, cominciò ad aprire tutte le tende, perché c'era un bel sole, quel buio rendeva l'atmosfera ancora più tetra di quanto potesse renderla Harry anche solo con la sua presenza.
"Ma che stai facendo?" 
Ecco, appunto.
"Apro le tende, signore, questo posto è opprimente" rispose Louis, continuando a muovere i passi davanti a sè, incurante di star andando incontro ad un Harry in vestaglia e con lo sguardo parecchio accigliato. Incurante del fatto che Harry non si sarebbe mosso, che sarebbe rimasto lì a sbarrargli la strada, giusto con l'intento di vedere se si sarebbe almeno fermato a guardarlo.
E Louis, infatti, lo guardò, ed era serio, serissimo, mentre sembrava volesse immergersi nei suoi occhi freddi, cercando di apparire allo stesso modo: freddo e distaccato.
Furono i secondi più lunghi della vita di Harry che, per la prima volta, non sapeva come comportarsi.
Quando, poi, lo vide riprendere a dedicare tutte le sue attenzioni alle tende che sembravano non finire mai, Harry sentì qualcosa dentro di sé fare crack e pensò che fosse il ghiaccio attorno al suo cuore che si stava sciogliendo.
"Se ha bisogno di me, sarò in cucina a breve, signore."

"Louis, ti sei ripreso?" chiese Niall, appena lo vide varcare la soglia della cucina, in cui era intento a riordinare. Aveva una voce talmente squillante che al ragazzo non potè sfuggire un sorriso, era contento di vederlo.
"Sto benissimo, ed è tutto merito tuo, grazie!" Gli diede una pacca sulla spalla, ma il biondo non era così convinto delle sue parole.
"Non è vero, e lo sai. Se Harry non ti avesse portato a casa..."
"...non voglio parlare di Harry" lo interruppe con sguardo serio.
"Perché? Cosa è successo, ti... ti ha fatto qualcosa?" chiese, incalzante, l'altro.
"Ho detto che non voglio parlarne, magari un'altra volta, ok?"
E Niall capì.
In effetti capì anche Liam, che voleva tanto parlare al suo amico, e si stava dicendo che forse era giunto il momento, aveva bisogno di un alleato.
"Come vuoi" si limitò a dire Niall, quando poi Louis si sentì chiamare dal mago, che gli si materializzò davanti ordinandogli di raggiungerlo nel suo studio e sparire.
Liam si mise una mano sulla fronte, ma era speranzoso, prese fiato, per quanto un fantasma possa aver bisogno di respirare, e decise di toccare Niall.
Niall che per poco ebbe un infarto quando si vide apparire davanti il suo amico, morto da non ricordava nemmeno più quanto tempo.
"Devo essere proprio impazzito, adesso ho anche le allucinazioni" disse, strofinandosi gli occhi fino a farli lacrimare.
"Horan, quanto mi erano mancate le tue espressioni cretine" ridacchiò Liam facendo il gesto di abbracciarlo, pur sapendo bene che non avrebbe mai potuto farlo come si deve.
"Oh dio, oh dio mio... Liam? Quindi non sto sognando, sei..."
"...morto, Niall, sono morto, purtroppo. Precipitato dalla torre, esattamente come ti ha raccontato Harry." E chinò il capo mentre lo diceva, come se fosse colpa sua se aveva provato a credere ancora che nel suo vecchio amico ci potesse essere del bene.
Infatti Niall pianse, perché voleva abbracciarlo e non lasciarlo più, perché avrebbe voluto impedire tutto quello che era successo, e non ci era riuscito.
"Niall, su..." gli disse, però, Liam, consolandolo per quel che poteva "...devi aiutarmi con... quei due."
Il biondo non capì al volo, lo guardò perplesso, ma quando Liam gli spiegò tutta la storia, compreso il dettaglio del bacio a cui aveva assistito, Niall si illuminò, si asciugò le lacrime, tirò su col naso e sorrise leggermente.
"Possiamo salvarlo, Niall, se lo facciamo insieme sono sicuro che ce la faremo!"

E' una bella storia farcita di grandi speranze, vero? E sicuramente voi avrete già capito che i tentativi saranno stati vani, ma... volete davvero sapere quanto si sono impegnati? Voi avete mai avuto a che fare con la persona più importante della vostra vita, ma che vi considerava zero? Perché io sì, e anche Louis... oh sì, anche Harry, e se pensate che sia niente il fatto che sia dovuto intervenire persino un fantasma, allora fareste meglio a smettere di leggere e farmelo raccontare a chi merita davvero di ascoltarlo.
Scusate, era un momento di sfogo e io sono in ritardo.

"Il problema non è Harry, è Louis. Voglio dire, quel bacio di cui mi parli... è stato Harry a darglielo, no? Louis, purtroppo, lo odia, e io sinceramente non lo biasimo."
Niall scuoteva la testa e Liam lo guardava con la sua stessa espressione scoraggiata, nonostante nutrisse davvero delle speranze.
"Appunto, e non se n'è andato, è ancora qui. Io gli ho insinuato il dubbio..."
"...cosa? Hai parlato anche con lui? Quando?" chiese Niall, sentendosi messo da parte.
"Scusa, amico, non pensavo fossi pronto a vedermi... così" fece spallucce Liam, facendo sorridere amaramente l'altro. Quanto gli era mancato!
"Capisco" rispose il biondo, anche se la delusione era ancora presente "dobbiamo studiare un piano, allora."

Mentre i due erano alle prese con questa strana conversazione che, molto probabilmente, se qualcuno li avesse sorpresi, avrebbe preso Niall per un pazzo che parlava da solo, Louis aveva raggiunto Harry nello studio.
Il mago non sapeva perché lo avesse chiamato, non aveva davvero bisogno di lui, ma gli era venuto in mente, non sapeva perché, di fargli vedere una cosa. Una cosa che lasciò Louis a bocca aperta.
"Ho pensato a cosa mi dicesti riguardo ai libri e questa stanza è troppo grande... voglio condividerla con te."
Louis alzò un sopracciglio, ma continuava a tenere la bocca aperta, quando vide che su una parte dell'enorme salone, esattamente di fianco al mobile nel cui cassetto giaceva quello stramaledetto pugnale, era apparsa un'enorme libreria.
"Spero tu non li abbia già letti tutti" disse Harry, cercando di mantenere un tono autoritario. 
"Che vuol dire tutto questo?" chiese, finalmente, Louis, dopo aver dato una rapida occhiata ai titoli che riusciva a notare in quella miriade di volumi messi uno di fianco all'altro "è un modo per addolcirmi, per caso?"
"Voglio che tu legga per me, ogni giorno, ad un orario che stabilirò io, e permetterò che sia tu a scegliere il libro." 
Per Harry sembrava una cosa normale da dire, ma per Louis, invece, era solo l'ennesimo ordine.
"Perché?" chiese l'altro guardandolo quasi in cagnesco.
"Perché se salterai anche solo un giorno capirò."
"Cosa?" chiese ancora, non capendo dove il mago volesse arrivare.
"Oh, l'hai capito cosa, non c'è bisogno che te lo spieghi io."
E Louis si alterò davvero, questa volta.
"Non me ne andrò, Harry" disse poi, rassegnato. E Harry sorrise coprendosi il viso, perché l'unica cosa che voleva, in quel momento, era sentirglielo dire.
"Non te ne andrai perché sai che non te lo permetterò" gli rispose, però, tirando fuori il suo vero io, quello che lo aveva spinto ad iniziare tutta quell'assurdità.
"Non voglio affrontare di nuovo questo discorso, vuoi che ti legga qualcosa già oggi, piuttosto?" chiese, del tutto affranto e spossato. Lo guardava a malapena ed ebbe un sussulto quando si accorse di essersi soffermato prima sui suoi occhi verdi e poi sulle sue labbra segnate dai ricordi delle sue malefatte. Cercò di rimuovere la sensazione e si avvicinò allo scaffale, cercando un titolo che potesse attirarlo.
"No" rispose, dopo un tempo infinito, il mago.
"E cosa vuoi che faccia, allora? Perché se ti aspetti che ti dica grazie, sei fuori strada" gli sputò contro acido.
"Lo hai appena fatto, però" e sorrisero entrambi, senza rendersene conto.
Stavolta la sensazione fu di un tuffo al cuore per Louis e un battito irregolare per Harry.
"Come ti pare, posso andare, ora?" chiese.
"Mangia con me." E Louis accettò senza nemmeno dirlo, tanto per lui era un ordine anche quello, anche se Harry non lo aveva detto con quell'intento.

Quando Niall si trovò davanti lo strano quadretto di quei due che si guardavano furtivamente e con tranquillità, si domandò se, per caso, fosse stato catapultato a sua insaputa in una dimensione parallela dove Harry e Louis si adoravano, perché erano lì che mangiavano, e per tutto il tempo che era rimasto in quella stanza non gli aveva sentito dire niente di brutto.
"Puoi andare, Niall" disse Harry ad un tratto, e svogliatamente, continuando a seguire ogni movimento di Louis con lo sguardo, manco fosse un maniaco.
Niall annuì e, nel mentre che aprì la porta, sentì dire "dovrebbe mangiare anche lui con noi, ogni tanto" da parte di Louis. Niall alzò gli occhi al cielo, lasciò la stanza e si disse che la calma era già finita.

"Sono io quello che dà gli ordini, qui" esordì, infatti, adirato Harry, che però voleva considerare quella idea, ma non subito.
"E sei tu quello che decide se posso vivere o morire, sei tu che decidi se trattarmi come un giocattolo o come una persona, o se sono un prigioniero oppure no. Ma sei anche tu quello che decide se avere degli sbalzi d'umore degni del migliore insano di mente."
Harry smise un attimo di respirare per l'effetto che quelle parole ebbero su di lui, e Louis continuò, guardandolo tenendo il volto basso, ma con gli occhi fissi verso di lui.
"Non era un ordine, era un'affermazione, un desiderio, tanto lo so benissimo da me che qui si finisce sempre a fare come dici tu... signore!"
Esasperazione. Ecco quel che stava sentendo Harry in quel momento, sbattè i pugni sul tavolo e si alzò di scatto.
"Perché sei così?" chiese, cambiando tono di voce.
"Così come, scusi?"
"Ancora! Prima mi chiami per nome, poi fai l'amico, poi di nuovo mi sputi cattiverie contro e, infine, mi tratti come se non mi conoscessi. Questo... è snervante, ecco. Mi esaspera!"
Stavolta fu lui quello sorpreso. Aveva capito bene?
"L'ha detto lei, signore, che non so niente della sua storia e che non dovrei immischiarmi" affermò semplicemente Louis, facendo spallucce leggermente e fingendo un broncio.
"Ok, lo ammetto, è vero. Ma una cosa che so e che voglio che sappia anche tu è che voglio che mi chiami per nome" affermò, ordinò, supplicò, non lo sapeva più nemmeno lui.
"Come desideri... Harry."

"Sei uno stupido, Harry" sentì in contemporanea alla voce di Louis. 
La voce di Zayn, ancora. 
"Quando ti deciderai a dirglielo? Quando capirai che non hai più nessuno disposto ad ascoltarti?"
"Smettila!" urlò Harry all'improvviso, mettendosi le mani tra i capelli e guardando nel vuoto come se stesse guardando il suo peggiore incubo (che poi, in fondo, Zayn un po' lo era).
"Che ho fatto, adesso?" chiese perplesso Louis. Non c'era nessun altro nella stanza, del resto, non poteva certo sapere che Harry sentisse le voci, esattamente come lui.
"Vattene!" urlò ancora Harry, dando una gomitata a Louis che si era permesso di avvicinarglisi per capire se poteva scuoterlo e calmarlo.
"Perché? Che cos'hai, Harry? Guardami, dimmi che cos'hai!"
E Harry, in quel momento, si accasciò sulla prima sedia che trovò, continuando a dondolare, a guardare nel vuoto, lì dove, invece, sentiva ci fosse la fonte della voce di Zayn. 
Era orrendo, terribile, per lui, sentirlo e non poterlo vedere, anche se, forse, vederlo l'avrebbe fatto solo stare peggio.
"No, Zayn, smettila di tormentarmi, sto già pagando abbastanza, lasciami stare!"
Louis credeva, ancora, di non aver capito bene: dunque non ce l'aveva con lui. 
Il fatto che Zayn fosse ancora lì a tormentare Harry mentre Liam tormentava lui lo fece sorridere, dovevano tenerci ancora molto a lui, oppure semplicemente stavano cercando di farsi perdonare per ciò che avevano fatto. 
In entrambi i casi, a Louis si strinse il cuore.
"Harry, ehi" disse, quindi, in tono tenero, attirando lo sguardo del mago verso di sé e cercando di calmarlo, sebbene non avesse idea di come fare "ehi, guardami, ci sono solo io, qui, lascialo andare." 
E Harry scattò. Un paio di secondi di confusione, le sue iridi verdi che si confusero in quelle blu di Louis e "come?" chiese, prima che Louis ripetesse "lascialo andare, sai bene quanto me, anche se dici che non è così, che è solo questo che ha sempre voluto. Lascialo andare, Harry, fatti aiutare da me."
Harry rispose piangendo, stringendo le mani sulle braccia di Louis e affondando la testa sul suo petto, mentre quello lo guardava e si domandava che cosa gli fosse preso in quel momento, anche perché funzionò, Zayn sparì dalla testa del mago. Chissà, forse lui aveva trovato la pace che Liam stava ancora cercando.

Era passato qualche giorno da quello strano episodio.
Louis leggeva ogni sera per Harry, il quale lo ascoltava sempre senza dire una parola e, quando arrivò la neve, cominciò a passare i pomeriggi nell'enorme cortile (se così si poteva chiamare) del castello a giocare con Niall e costruire pupazzi di neve. 
Nessuno dei due era più un bambino, ma non gli importava, e Harry li spiava sempre dalla finestra, posando sempre più a lungo, troppo a lungo, lo sguardo sul castano, che rideva genuinamente col biondo, di un sorriso che non gli aveva mai visto splendere guardando lui. 
Questo lo fece soffrire, inconsapevolmente.

Una sera, Louis non si presentò al solito appuntamento letterario. Harry aveva notato fin dal mattino come apparisse stanco, ma si preoccupò comunque, anche dopo che Niall gli confermò che era rimasto quasi tutto il giorno a letto a causa della febbre alta e che, infatti, aveva mancato anche al suo appuntamento di svago con lui.
Harry cenò da solo, nella sua stanza e, mentre lo faceva, era tormentato da quel sorriso. Si sentiva invidioso, triste, arrabbiato, quindi si alzò, quasi rovesciando a terra un bicchiere semipieno di vino, e andò verso la stanza di Louis, non sapeva nemmeno il perché.

Louis stava tentando di dormire, continuava anche lui ad essere tormentato da strani pensieri: che cosa stava succedendo tra lui e Harry? Prima lo aveva rapito, poi aveva iniziato a trattarlo come un servo, infine aveva tentato di ucciderlo e, improvvisamente, era diventato gentile, e lo aveva addirittura baciato. 
Pensò a cosa gli aveva detto Liam, che sapeva essere lì da qualche parte anche se non si faceva vedere da un po', e sperava apparisse presto, perché doveva dirglielo, anche se gli dava fastidio. 
Aveva ragione: il bacio di Harry non gli aveva fatto schifo, per nulla. Nel momento esatto in cui lo ammise si chiese se fosse sbagliato.
"Che vuoi, Harry, mi hai spaventato" disse, saltando letteralmente nel letto, quando il mago gli apparì seduto ai suoi piedi a gambe incrociate, come se fosse normale.
"Hai già cambiato atteggiamento o è solo la febbre?" chiese Harry, ignorandolo. Si sorprese a sogghignare a sentire la voce tappata dell'altro, che tirava su col naso continuamente per il raffreddore e aveva gli occhi lucidi.
"Mi hai spaventato" ripetè.
"Volevo solo sapere come stavi e per quanto tempo ancora dovrò fare a meno delle tue letture."
Louis, prima di rispondergli che pensava di aver bisogno di almeno un altro giorno di riposo, si chiese se fosse possibile che gli importasse davvero.
"Mi fa piacere" rispose, infatti, Harry, allungando le gambe e mettendole distese attorno a quelle di Louis che, però erano coperte. Il castano si imbarazzò al leggero contatto tra le sue gambe e le cosce di Harry, nonostante il lenzuolo a separarle, ma Harry sembrava completamente deciso a non muoversi.
"Mi sporcherai tutta la biancheria con quegli stivaloni, se non li togli" disse, mordendosi la lingua.
"Vuoi che li tolga, Louis?" ammiccò.
"No, Harry, voglio solo sapere che cosa ti passa per la testa, perché... non ci sto capendo più nulla, sinceramente."
"Sto provando a venirti incontro" ammise, finalmente, sentendo nel profondo del cuore un peso che spariva, e tirando un enorme sospiro di sollievo. 
Se avessero potuto vederlo, avrebbero riso tantissimo di Liam che li osservava dal davanzale della finestra socchiusa con una faccia che definire felice sarebbe stato poco.
"In che senso?" chiese Louis, e Harry sbuffò pensando che non era possibile facesse sempre tutte quelle domande, anche se un po' lo capiva.
Harry, quindi, si avvicinò ancora, poggiò le mani sulle gambe, sempre coperte, dell'altro, e si mise in ginocchio per poter così allungare anche il viso verso di lui.
"In questo" disse semplicemente, dandogli un bacio leggero, senza alcuna pretesa, sulle labbra, e restando lì a guardarlo, come in attesa di un consenso per potersi sedere a cavalcioni su di lui.
Louis, in risposta, avvampò, e il basso ventre e le cosce presero a formicolargli. 
Guardò Harry in maniera languida, cercava di capire come potessero essere i suoi lineamenti senza tutti quei segni, cercava di capire quanta bellezza ci fosse nascosta lì sotto, perché ormai era da tanto tempo che si era reso conto che Harry era bello, bello sul serio.
Continuava a guardarlo e "togli quegli stivali" gli disse, arpionandogli le gambe e facendolo quindi sedere su di sé.
Harry fu sorpreso, molto piacevolmente sorpreso da quel gesto, ghignò e gli stivali sparirono in una nuvola viola.
"Così non vale" si lamentò Louis strattonandolo e attirando le labbra del mago sulle sue. Questa volta non fu come la prima, questa volta provò degli strani brividi, perché le labbra di Harry erano ruvide, ruvide per i tagli, e secche per chissà che altro.
Ma a Louis non importava, il fastidio durò un secondo appena, poi continuò a baciarlo, scivolò con entrambe le mani dalle cosce di Harry, coperte dai pantaloni di pelle che gliele fasciavano lasciando poco spazio all'immaginazione, ai fianchi, fino a cingergli la schiena. 
E Harry rispose con dei movimenti del bacino che fecero eccitare l'altro, che lo tirò ancora di più a sè, fino a quando i loro petti aderirono completamente. Tirò i capelli ricci al mago, che a sua volta tirò i suoi e gli alzò il capo staccandosi da quel bacio così lussurioso e che valeva più di mille parole.
"Mi dispiace" disse poi, improvvisamente.
"Per... per cosa?" chiese Louis, senza fiato.
"Per ciò che vedi." Era imbronciato, quante cose nuove che stava scoprendo di lui, e a Louis fece un piacere immenso, avrebbe voluto abbracciarlo.
"Ehi, ti ho detto più volte che non mi infastidisce guardarti" disse dolce, mettendogli una mano sul viso e provando un brivido che non riuscì a reprimere, infatti Harry lo notò.
"Tu menti, menti sempre, come tutti" esclamò agitato, alzandosi velocemente, impedendo a Louis di acchiapparlo di nuovo.
"No Harry, no. Io ti ho sempre detto quello che penso, anche se magari era in contrasto con quello che pensavo due minuti prima. Io sono sempre stato sincero con te, ho provato a distaccarmi e a vederti solo come un padrone, ma..." e riprese a tremare mentre lo diceva, quella stramaledetta sensazione che non gli era proprio mancata "...ma non ci riesco, ci ho provato in continuazione, ma niente. E mi dicevo che ero pazzo, perché se c'è qualcuno che è stato disonesto, qui, quello sei proprio tu. Tu che mi hai rapito promettendomi che sarebbe stato per breve tempo, tu che mi hai tolto tutto, tu che... che mi stai scombussolando fin dentro le viscere. Io non so cosa mi stia succedendo, Harry, ed è tutta colpa tua!"

In quel momento, la rosa sul mobile poco distante perse un altro petalo e Louis se ne accorse, guardandola con sguardo perso e occhi sgranati, soprattutto perché poi ne perse subito un altro.
"Che cosa strana" disse, e Harry chiese di spiegarsi.
"Ho notato che ogni volta che mi agito, o piango o reagisco male, quella rosa perde un petalo, come se fosse viva" e la rosa perse il terzo petalo consecutivo, facendo aumentare i battiti del cuore di Louis.
Harry questa volta non ce la fece ad ammettere la verità, se ne andò senza dire nulla, e il gambo della rosa si rinvigorì leggermente.
"Perché te ne vai ogni volta? Sei proprio una persona orribile, io ti..." sbottò Louis, guardandolo quasi implorante, quasi come se avesse dimenticato la rosa che, intanto, urlava senza che nessuno la sentisse.
"Io... devo lottare contro ogni mio istinto che mi attira verso di te, perché quando siamo insieme mi accorgo di ogni tuo singolo sospiro, quando siamo lontani persino il vento mi fa pensare a te. Credimi, è... strano" ammise Harry, buttando tutte le parole fuori d'un fiato, senza preoccuparsene troppo.
Sapeva, comunque, di risultare del tutto incoerente pronunciandole, ma ormai, da quando Louis era entrato nella sua vita, non sapeva più cosa fosse la coerenza, e non gli importava. Si rese conto che l'unica cosa che voleva era tenerlo al sicuro, anche se non sarebbe stato capito.
"Si chiamano emozioni, Harry, benvenuto nel mondo degli esseri umani" disse Louis freddamente, come se quelle parole non le avesse proprio sentite, quando invece gli avevano fatto perdere un battito. 
Harry si mosse a guardarlo, cercando nella sua espressione tutto meno quell'aria di sufficienza e delusione che, invece, vide. E cos'era quel freddo nel petto? Era dolore, forse? Seppe solo che, all'altezza del cuore, si creò un altro piccolo taglio, e questa volta fece male, troppo male per poterlo sopportare.
"Siccome ho dedotto che stai molto meglio, adesso, alzati, vestiti, e vai a prepararmi un caffè" ordinò poi, con aria austera, spaventando Louis che ricordava perfettamente la questione del caffè.

"Niall! Niall, cazzo, dove sei?" urlò trafelato Louis, entrando in cucina e avvicinandosi ai fornelli.
"Che succede, Louis, perché sei così agitato?" sbucò, poi, Niall, dall'ingresso del cortile interno, che si stava occupando di liberare dalla neve.
"Harry mi ha chiesto di fargli il caffè" gli rispose, sempre più porpora in viso, e col respiro affannato, dato che si era messo a correre senza motivo.
"Oh dio santo, non di nuovo" esclamò, infatti, l'altro, "ma non possiamo farci molto, se solo tu collaborassi... che cosa gli hai detto per farlo arrabbiare così tanto?"
Louis si sentì attaccato.
"Che cosa centro io? Io... pensavo che..." Voleva tanto dire tutto al suo amico, ma se ne vergognava troppo.
"Louis, perché guardi a terra, ti hanno mozzato la lingua? Guardami e dimmi che cosa è successo. Avete discusso di nuovo? Lo hai di nuovo provocato?"
"Non direi proprio, cioè... non come potresti pensare tu..." disse a fatica. Perché se ne vergognava così tanto, se Niall non aspettava di sentire altro?
"Louis!" incalzò, infatti, impaziente e curioso di sapere.
"Ok, hai vinto. Ci siamo baciati di nuovo, va bene? O meglio, mi ha baciato di nuovo e..."
A Niall cominciarono a brillare gli occhi, si chiese dove fosse Liam, perché non fosse lì a gioire di quel momento con lui, ma immaginò che quel bastardo dovesse aver fatto di peggio.
"E... cosa, Louis? Che hai fatto?"
"Io... ho ricambiato, Niall, e... poi l'ho baciato ancora, e... poi è andato tutto a rotoli, come sempre, quando si tratta di Harry. E ora è furioso e chissà cosa farà!"
Niall rimase interdetto: non sapeva cosa dire, se essere felice per il fatto che anche Louis si fosse finalmente sbloccato, o preoccupato perché, a quanto pare, non era servito a niente.
Quindi abbracciò l'amico, gli diede un paio di pacche sulla spalla e lo aiutò col caffè.
"Perché ne versi due tazze?" chiese poi il biondo.
"Voglio capire una cosa, e poi questa tazza" rispose Louis, indicando la sua preziosa tazza scheggiata "è particolare. Lascia fare a me, e dici a Liam lassù che mi sono accorto che c'è anche se non riesco a vederlo."
"Eh?" esclamò il biondo, proprio quando Liam andò a toccarlo e gli apparve di fianco all'improvviso facendolo trasalire. "Non mi abituerò mai a questa cosa, da quando tempo eri lì?"
"Da un po'" rispose il fantasma, guardandoli dolcemente entrambi. 
Si sentiva ormai a suo agio in quella condizione, anzi, quasi lo divertiva apparire e sparire a piacimento. Certo, stare senza Zayn era straziante, ma ormai stava imparando a convivere anche con quello.
"Smettila di guardarmi così, Liam" lo ammonì, distraendolo, Louis "so a cosa stai pensando e, purtroppo per te, sembra che qui ci sia ancora molto lavoro da fare."
Louis fece spallucce, e Liam gli sorrise ancora dicendo, prima che se ne andasse "però sapevo che avrei avuto ragione" e sparisse anche lui.

Siete ancora qui? Oh, vi ringrazio, in effetti ci contavo perché adesso sto per narrarvi di come le cose sono precipitate, perché dopo tutto questo farfugliare, sicuramente vi starete chiedendo dove vuole andare a parare questa qui, e per quanto ancora ci riempirà di parole.
Beh, purtroppo per voi (ma anche per me, comincio ad essere stanca), ne ho ancora per molto, quindi o vi accomodate, magari con del buon cibo a farvi compagnia, o potete andarvene.
Da un lato, ve lo consiglierei anche, ma dall'altro vi dico di restare, altrimenti come farete a consolare il nostro povero protagonista?

Harry camminava avanti e indietro, grattandosi le ginocchia e le gambe lì dove erano entrate in contatto con quelle di Louis. 
Continuava a pensarci e sperava di sentire Zayn che lo insultava ancora, che gli diceva che spingersi verso quel ragazzetto ingenuo ma sicuro di sé gli avrebbe fatto solo bene. 
Ma non lo sentì, lui non gli rispose nemmeno quando lo chiamò ad alta voce, e si mise le mani tra i capelli come a volerseli strappare nel momento in cui realizzò che lo aveva lasciato definitivamente.

Quando Louis lo vide, lo trovò voltato verso la finestra, e sussultò quando diede un pugno al vetro spaccandolo di netto. Per poco non gli cadde il vassoio dalle mani.
"Ti... ti ho portato il caffè, Harry" esordì, cercando di far finta di niente, cercando di non notare il viso tormentato del mago che si limitò a guardarlo per qualche secondo, prima di abbassare di nuovo lo sguardo e sedersi in attesa di poter bere in pace.
"Dunque?" chiese, quando si accorse che Louis non era andato via nemmeno dopo avergli dosato lo zucchero ma, al contrario, si era messo lì di fianco e aveva versato del caffè anche per sé.
"Dunque avevo voglia di caffè anche io e non mi andava di fare avanti e indietro... o forse volevi bere da solo, Harry? Per non farmi vedere cosa hai intenzione di fare, magari."
Harry ebbe un attimo di stupore, adesso gli leggeva anche nella mente? No, troppo assurdo, probabilmente era stato Niall a dirgli chissà cosa, quindi sorrise con un ghigno.
"Quello che faccio quando non sono con te non ti deve riguardare" semplicemente disse.
"Che vorrebbe dire, scusami?" incalzò Louis, poggiando la sua tazza sul tavolo.
"Devi farti gli affari tuoi, mi sembra di avertelo detto mille volte. Devi smetterla di impicciarti, smetterla di seguirmi, smetterla di preoccuparti, smetterla di credere che siamo amici, e..."
"...e allora tu smettila di baciarmi," lo interruppe, per l'ennesima volta, Louis, ormai logoro per il nervosismo "smettila di guardarmi come se te ne importasse, smettila di fingere che invece non ti importi. Lasciami in pace, lasciami andare, se non vuoi che mi impicci!"
"Perché?"
"Perché? Con che coraggio mi chiedi perché? Nulla di tutto questo ha senso, devo ripetere le stesse cose? Mi sono stancato di tutto, quindi se vuoi andare a fare una strage, se vuoi accanirti contro qualche povero contadino che non ha niente da offrirti a parte la sua vita, vai pure! Io mi limiterò a star qui ad aspettare i tuoi ordini, perché è per questo che sono qui, no?"
Harry cominciava a sentirsi esausto. Non era abituato a parlare con delle persone che sapessero tenergli testa come Louis (eh sì, aveva imparato a farlo, eccome!), non era abituato a restare senza parole, a non sapere cosa rispondere perché sapeva che quello che gli stava dicendo era la pura verità. 
Eppure sapeva anche che, per quanto ci provasse a scrollarsi di dosso quella corazza di mostro, c'era qualcosa che glielo avrebbe sempre impedito. 
In quel momento moriva dalla voglia di aprire lo stramaledetto cassetto, mostrare il pugnale a Louis e donarglielo, perché solo nelle sue mani sarebbe stato al sicuro.
Ma era ancora troppo orgoglioso per farlo, quindi si lasciò insultare, si lasciò tagliare fin nelle viscere più profonde del suo essere da quelle parole, bevve il suo caffè e sbattè i pugni sul tavolo, facendo rovesciare la tazza di Louis, colma ancora a metà.
"Harry! Harry, aspetta! Abbi almeno la faccia tosta di rispondermi, non hai proprio niente da dirmi?"
E fu il "no" lapidario che gli rispose che fece cadere le braccia a Louis e, con esse, ogni speranza.

Il vero motivo per il quale Harry aveva chiesto il caffè era solo per mettersi nella condizione mentale giusta per poter fare qualcosa di cui, poi, non si sarebbe dovuto pentire.
Non voleva fare una strage, non voleva accanirsi contro alcun contadino e, mentre si allontanava dal castello cercando con la mente un posto a caso dove riapparire, cominciò a ridere, ridere a crepapelle, ma non di gioia.
Rise perché non sapeva più chi era.
Rise perché non sapeva più per cosa combatteva.
Rise perché non gli piaceva quando il suo cuore gli diceva di fare una cosa e la sua testa un'altra.
Rise perché ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva solo l'espressione restia e piena di astio che Louis gli riservava da sempre, anche quando provava ad essere gentile con lui.
Rise perché questo lo faceva soffrire e non era pronto ad una cosa del genere.

Purtroppo, però, si sa che, spesso, quando pensi troppo ad evitare i guai, poi sono loro a trovarti.
Beh, fu proprio ciò che accadde quel giorno.
Da quanto tempo lui e il principe cattivo non si scontravano? Ah sì, da quando lo fece scappare solo perché Louis stava nascosto dietro la grande quercia a guardarlo.
Louis, sempre Louis.
Adesso Louis non c'era, avrebbe potuto spingersi oltre, sarebbe stato giustificato, perché era una enorme balla quella del "senza il mio nemico mortale non mi diverto", lui l'aveva ucciso molto tempo fa e ne aveva preso addirittura il posto.
Quindi niente più rimpianti, niente di niente, solo la voglia di usare, finalmente, dopo tanto tempo, la magia nera contro quella persona che gli ricordava il suo passato, e tornare trionfante ad essere l'Oscuro Signore temuto da tutti.

"Louis, vieni con me, Louis" disse trafelato Niall, mentre lo afferrava per un braccio e lo tirava "devo farti vedere una cosa, anche se probabilmente poi me ne pentirò."
E finalmente accadde: il maledetto oggetto, che condizionava la vita di Harry da quando aveva intrapreso la strada del male, stava uscendo da quel cassetto e, per la prima volta, non erano le mani del mago a stringerlo.
"Che diavolo è quello?"
Niall tirò un respiro profondo e, facendolo sedere, che tanto ci sarebbe voluto del tempo, gli raccontò tutta la storia.

Avreste dovuto vedere la faccia di Louis: definirla sconvolta sarebbe stato impreciso, ma quello che fece dopo sconvolse persino me che ve lo sto raccontando.

"Dammelo" intimò a Niall, che continuava a stringere quel pugnale su cui troneggiava il vero nome dell'Oscuro Signore, e che era così lucido e appuntito da mettere i brividi solo a guardarlo.
"Cosa vuoi fare, Louis?" chiese il biondo, perplesso, anche se in fondo non gliel'aveva mostrato proprio perché sperava lo tenesse lui?
"Hai detto che chiunque tenga questo pugnale può dare degli ordini ad Harry, ordini che non può rifiutarsi di eseguire, giusto? Beh, io... voglio provare a fermarlo, perché... oh tu non hai visto la faccia adirata che aveva quando è andato via!"
E invece Niall, anche se non l'aveva vista, se la immaginava fin troppo bene, l'aveva vista tante volte e cominciava ad essere stanco, stanco di non poter fare nulla, stanco di non aver mai avuto il coraggio di prendere la situazione in mano e provare a risolverla.
"So cosa stai pensando," continuò Louis, posandogli dolcemente una mano su una spalla "ti stai domandando perché non l'abbia fatto tu, prima. E in effetti mi piacerebbe tanto saperlo, Niall. Perché?"
Niall in quel momento sentì come l'impulso irrefrenabile di piangere.
"Tu non c'eri, Louis, tu non l'hai visto, tu... non sai com'era prima del tuo arrivo. In confronto, adesso è tutto perfetto! Io c'ho provato, ho provato a salvare Zayn e Liam, ho provato a dire a Zayn di non fare sciocchezze, ho provato ad usare il pugnale contro Harry solo quella volta, ma ho fallito, perché..." e gli morì la voce in gola, mentre si rese conto di non avere il coraggio di continuare.
"Cosa, Niall, dimmelo!" lo esortò, però, Louis, sinceramente curioso.
"Ho fallito perché l'unico modo efficace per fermarlo era ucciderlo, Louis, e io... come potevo ucciderlo? Era mio amico!" 
E finalmente si arrese alle lacrime, rifugiandosi tra le braccia di Louis e continuando a ripetere quanto si sentisse in colpa per aver perso due amici per aver deciso di salvarne uno. Di quanto si lasciasse ancora divorare, dopo tanto tempo, dal dubbio che, se avesse agito diversamente, se avesse semplicemente ordinato a Harry di perdonarli, avrebbe salvato tutti quanti.
Mentre continuava a singhiozzare, con Louis che lo teneva senza sapere come fare a consolarlo, Liam apparve alle sue spalle e cercò di fargli sentire il suo calore mettendogli le braccia attorno ai fianchi e sussurrandogli "non hai nulla per cui chiedere perdono, Niall, e sono sicuro che anche Zayn la pensa così." Niall singhiozzò.

Quando finalmente il biondo si riprese, con Liam che gli aveva intimato, cambiando tono di voce, di fare qualcosa sul serio, e di farla con Louis, pugnale alla mano uscirono dal castello.
Sapevano che non sarebbe stata la migliore delle idee, che magari arrivare a tanto non sarebbe stato necessario, ma Niall era stanco, e lo era anche Louis.

"Sei sicuro di quello che stiamo facendo?" Niall chiese, cominciando ad agitarsi, man mano che si allontanavano dal castello, senza sapere se e quando avrebbero trovato Harry.
"No, ma dobbiamo provarci, mal che vada si arrabbierà tantissimo con noi" rispose Louis facendo spallucce. Niall sorrise leggermente, pur non avendone voglia e, continuando a camminare, finirono in una trappola.
Stupida.
Esattamente come loro in quel momento.
Quando Louis riconobbe la persona che li aveva sbattuti violentemente contro un albero, si chiese come gli fosse venuto in mente di affrontare dei maghi, specialmente dei maghi malvagi.
Ricordò di quando Harry gli aveva salvato la vita quando cadde dalle scale e sperò che lo facesse di nuovo, ma poi ricordò di quando l'aveva quasi ucciso e si rese conto che non sarebbe successo. Si sentì triste per aver trascinato Niall in una situazione pericolosa che sicuramente aveva già vissuto.

Quando si rialzò, cercando di far finta di non provare troppo dolore, Louis guardò il principe cattivo che gli stava di fronte e che adesso stava scoppiando in una fragorosa risata.
"Grazie" disse semplicemente "non pensavo che proprio i suoi schiavetti mi avrebbero portato quello che cercavo da anni" continuò, mostrando il pugnale che, con un sortilegio, aveva sottratto a Louis senza che nemmeno se ne accorgesse.
"No! Ridammelo, è mio!" ordinò, ben consapevole di quanto fosse inutile.
"Prova a prenderlo, se ti riesce" lo provocò il principe, che mise subito al sicuro la potente arma sotto il suo mantello e sparì in una nuvola verde.
Louis e Niall si guardarono costernati: erano andati lì per aiutare e l'unica cosa che avevano fatto era stata segnare la condanna a morte di Harry.

"Che cosa abbiamo fatto? Come... come abbiamo potuto essere così stupidi?" cominciò ad arrovellarsi Louis, alzando sempre più la voce, cercando un po' di appoggio da Niall che, invece, se ne stava da parte, ancora paralizzato da ciò che era appena successo.
"Dobbiamo seguirlo, dobbiamo trovarlo, Niall, mi senti?"
Ma niente, il biondo aveva iniziato a serrare i denti e gli occhi, pensando a come, ancora una volta, avesse fallito e a come, molto probabilmente, avrebbe perso anche l'ultimo amico che gli era rimasto.
"Come pensi di fare, scusami? E' svanito, potrebbe essere ovunque e col pugnale in mano... oh dio, lui era l'ultima persona che avrebbe dovuto prenderlo! Harry potrebbe diventare il suo burattino, potrebbe usarlo per spazzarci via tutti!"
E Louis sbiancò, forse perché, prima che glielo dicessero apertamente, non si era ancora reso conto della gravità della situazione. Cosa avrebbero mai potuto fare due semplici ragazzi come loro, se non rischiare nient'altro che la vita aizzandosi contro un mago così potente da poter adesso tenere in pugno un altro mago ancora più potente di lui?
Non avevano speranze, se fossero stati intelligenti, magari anche un po' egoisti, sarebbero scappati a gambe levate lontano da lì, il più lontano possibile, pregando di non venire mai ritrovati. Avrebbero lasciato che Harry si distruggesse ancora di più, perché tanto ormai era troppo tardi per poterlo salvare.

Invece no. 
No.
Perché loro non erano persone egoiste, non sarebbero scappate prima di provarci, prima di vedere coi loro occhi, per l'ultima volta, il mago nel pieno della sua essenza.
Niall era ancora impaurito, anzi, diciamo che era proprio terrorizzato, mentre Louis cercava di infondergli coraggio con discorsi nei quali, in fondo, non credeva del tutto nemmeno lui.
Non potevano andarsene, non potevano scappare, Louis era stanco di scappare, doveva trovare Harry, doveva vedere coi suoi occhi e rassegnarsi solo allora. 
Doveva essere sicuro.

Camminando disperati per ore, nel bosco calò improvvisamente la notte.  I due ragazzi cominciarono ad essere disidratati e affamati, quando cercarono riparo in una grotta, nella speranza di avvistare almeno un coniglio da poter uccidere e mangiare. Nessuno dei due aveva mai fatto una cosa del genere, ma l'aiuto di un fantasma gli fece comodo, e così si ritrovarono, in piena notte, a cuocere quella poca carne che erano riusciti a ricavare dall'animale ucciso.
Si resero conto che l'unico posto dove avrebbero potuto trovare Harry sarebbe stato il castello del principe, ma era davvero troppo lontano perché potessero arrivarci a piedi, quindi decisero di accamparsi lì, cercare di dormire, e sperare di rimediare un cavallo o qualsiasi altra cosa che li avrebbe potuti aiutare.
In quel momento Niall rimpianse il fatto di essersi allontanato in quel modo così frettoloso: gli serviva un cavallo, quindi dovevano tornare indietro. Ci pensò tutta la notte e realizzò che non avrebbero potuto fare altrimenti, guardò Louis che dormiva profondamente (e si chiese come ci riuscisse) finché non ce la fece più.
"Dobbiamo sbrigarci, dobbiamo tornare indietro!"
"Eh? Ma di che parli?" chiese Louis, svegliato di soprassalto, che per poco non gli venne un infarto mentre Niall gli stava addosso tutto agitato.
"Non ce la faremo mai ad arrivare al castello del principe senza un cavallo, ci impiegheremmo giorni, e per allora Harry potrebbe essere ovunque, dobbiamo arrivare lì prima possibile!"
Louis si rese conto che, in effetti, Niall aveva ragione, quindi rassegnato si alzò pieno di dolori e, insieme, tornarono indietro, sebbene consapevoli di aver perso già fin troppo tempo prezioso.

Intanto, quello che i nostri due giovani amici immaginavano, stava sempre più prendendo piede. Quando il principe si impossessò del pugnale, Harry sbiancò, si irritò e cercò di usare la sua magia per riprenderlo, per capire come fosse possibile che si ritrovasse nelle mani più sbagliate che ci potessero essere. Come era stato possibile? 
Purtroppo, non ci riuscì, il principe gli ordinò di tenere a bada la sua collera e lui non potè fare a meno di obbedire, stringendo i pugni e digrignando i denti. 
Aveva faticato anni per proteggersi, e ora era andato tutto in frantumi... e non sapeva a chi dare la colpa! 
Perché aveva bisogno, moriva dalla voglia di dare la colpa a qualcuno, altrimenti non ne sarebbe uscito vivo. Doveva accanirsi contro qualcuno, e sperava tanto, mentre ci pensava, che quel qualcuno non avesse il nome che iniziava per N o, peggio ancora, per L.
Voleva tanto farlo, ma non poteva, perché era intrappolato lì, ormai alla mercé di un uomo che lo usava come maschera horror per spaventare chiunque osasse elargirgli un rifiuto.
Non gli piaceva, non era diventato un essere corrotto per quello, Zayn non sarebbe stato fiero di lui... ma nemmeno Louis, e non gli piaceva. Non gli piaceva nemmeno il fatto che ci stesse pensando. 
In quel momento voleva solo strozzarlo e spaccò una sedia mentre lo sognava. Ne spaccò ogni pezzo mentre immaginava il volto del ragazzo che tante volte lo aveva provocato e che continuava a guardarlo con disprezzo. 
Li spaccò mentre si immaginava a baciarlo dolcemente, sentendosi ridicolo per quei momenti di debolezza.
Louis Tomlinson non lo avrebbe mai amato, ed era per questo che Zayn aveva smesso di parlargli, si era convinto che fosse così e nemmeno Louis stesso gli avrebbe fatto cambiare idea.
Eppure ci aveva provato ad essere dolce, disponibile, ad instaurare un rapporto con lui, ricordava come avesse risposto ai suoi baci e si disse che forse la colpa era anche sua, che non si fidava più nemmeno di se stesso.
Pianse a questa consapevolezza.

"Harry" sentì ad un tratto e, voltandosi verso la grande porta, lo vide e si disse che forse stava ancora immaginando tutto.
"Harry sono io, e c'è anche Niall" continuava Louis, guardandolo apprensivo, con la stessa espressione che aveva quel giorno nel bosco. Quella volta fu così facile farsi convincere a tornare a casa, ma non c'era un pugnale nè un potere superiore di mezzo. 
Indietreggiò, anziché avvicinarsi, e Louis non capì.
"Come avete fatto ad arrivare qui senza che vi notassero, siete pazzi?"
"Sbrigati, Harry, dobbiamo andarcene, portaci via!"
Sapeva che avrebbe dovuto fare come gli diceva il ragazzo, e stava per farlo, aveva quasi iniziato l'incantesimo quando gli prese la mano e lo guardò negli occhi. E Louis sorrise, perché era felice, mentre Niall vicino a lui li guardava entrambi soddisfatto. Peccato che avessero fatto i conti senza l'oste, un oste molto arrabbiato, con un pugnale alla mano e che, senza troppi preamboli, separò i tre, si rivolse al mago e ordinò "uccidili."

"Non puoi chiedermi questo, non..." provò a replicare Harry, ben sapendo di essere del tutto impotente contro la forza del pugnale. Sapeva che, per quanto tentasse di tenere le mani ferme, per quanto cercasse di contenere l'istinto di avvicinarsi a Louis e Niall e strappar loro il cuore, non avrebbe resistito.
Niall aveva perso il dono della parola, pensò che ormai fosse finita per lui, e riuscì solo ad urlare tutto il suo rammarico in versi senza senso, per non aver vissuto appieno, per non aver fatto nulla di veramente buono nella sua esistenza.
Vide Harry avvicinarsi con uno sguardo minaccioso che non gli aveva mai rivolto prima, lo vide fissarlo come se non lo conoscesse. Aveva gli occhi leggermente serrati, e notò che, improvvisamente, si toccò un angolo vicino al naso, dove una nuova ruga, l'ennesima, era appena sbucata. 
Logico, perché non bastavano i gesti a ricordargli che essere immondo fosse diventato, ognuno di essi doveva ritrovarselo marchiato addosso, anche non volendo.
Provò un leggero fastidio, e questo lo distrasse, lo distrasse talmente tanto che, quando si rese conto nel petto di chi aveva affondato la mano, desiderò che il principe gli togliesse la vita in quell'istante.

"Che cosa hai fatto?" disse, con la voce spezzata, mentre guardava Louis che si accasciava contro il suo braccio e provava persino a giustificarlo.
"Voglio che mi guardi negli occhi, Harry, e che mi dica che tutto questo è esattamente quello che vuoi."
L'Oscuro Signore lo guardò perplesso: possibile che non capisse? Non era in grado di distinguere il bene dal male, in quel momento; sapeva di non star facendo nulla che volesse, ma dirlo lo avrebbe fatto stare solo peggio. Eppure sarebbe stato semplice, avrebbe potuto tirar fuori la mano dal petto di Louis senza prelevare il suo cuore, avrebbe potuto sussurrargli di fingersi morto, avrebbe potuto provare a salvarlo, ma non lo fece, il pugnale agiva per lui.

Se avesse potuto avere libero arbitrio, probabilmente la mano l'avrebbe affondata nel proprio petto.

"Non riesco a fermarmi, Louis!"
Era disperato mentre guardava lui e Niall alle sue spalle, che si sentiva tanto inutile da assistere inerme a quella scena assurda.
"Uccidili, ho detto" ordinò di nuovo il principe, sogghignando maleficamente.
Era tutto molto sadico, perché a lui non importava davvero che quei due ragazzi morissero, voleva solo godere del potere che esercitava su Harry, voleva solo sentirsi superiore, per una volta, e smetterla di scappare con la coda tra le gambe solo perché il mago glielo permetteva.
"Uccidili!"
"No" urlò inaspettatamente Louis, provando ad allontanarsi dalla morsa di Harry, che aveva allentato la presa sul suo cuore "non farai di lui il tuo assassino!"

Avete presente quando siete di fronte ad una scena disperata e cominciate a pensare che non ci sia più nulla da fare? Beh, ma qui abbiamo un angelo custode veramente particolare, che seppe come intervenire al momento opportuno.

Louis era comunque stato indebolito da quella presa sul cuore, respirava a fatica ora che poteva guardare Harry da una certa distanza. Si controllò il petto per accertarsi che al suo posto non ci fosse un mega buco, e ripose lo sguardo sul mago.
Com'erano potuti arrivare a questo? Era stata tutta colpa sua.
"Louis, ti prego, perdonami. Perdonami per... tutto. Io... avevo fatto una promessa, io... non posso farti del male... perché ti amo."
E fu strano sentirglielo pronunciare in un frangente come quello, fu strano per Niall sorriderne e fu strano per Louis piangerne. 
Non era così che doveva andare, non era così che doveva succedere o forse, semplicemente, non doveva succedere e basta.
"Ti amo anche io, temo." E dicendolo, annullò la distanza tra loro, poco importava di rischiare, fosse stato l'ultimo contatto che avrebbe avuto con Harry, l'avrebbe sfruttato, poi avrebbe anche potuto ucciderlo.
Lo baciò forte, con passione, come se gli mancasse il respiro, come se le sue labbra fossero il portale verso la felicità. 
Non gliene importava nulla di stare per morire, non gli importava di dover prendere la decisione più dura della sua vita, aveva bisogno di quel momento da conservare nella sua scatola dei ricordi. 
Ne aveva bisogno per tormentarsi.

Perché proprio quando tutto sembrò perduto, il nostro fantasma preferito si palesò, colpì alla sprovvista il principe che non si accorse della sua presenza, e gli fece scivolare il pugnale dalle mani. Questi urlò un paio di sonori no, ma alla fine l'oggetto tornò nelle mani di Louis, che guardò Harry tirando qualche respiro profondo, cercando in essi il coraggio di parlare.
"Incatena il principe dove non potrà più nuocerci, Harry, poi allontanati da me, torna al tuo castello, e lasciami andare" disse, con la voce che gli tremava e la mano che reggeva il pugnale che gli stava puntando contro sempre più pesante.
"Che dici, Louis! Perché?" Harry proprio non riusciva a comprenderlo, eppure qualcosa più forte di lui lo spingeva lontano,  lo spingeva a guardarlo con sempre più indifferenza, come se non gli importasse nulla di lui, mentre il suo cuore si frantumava in mille pezzi.
Probabilmente, se Liam avesse saputo come il suo amico avrebbe usato il pugnale, non sarebbe mai intervenuto.

"Se potessi, ti prenderei a schiaffi" esclamò il fantasma, guardando malissimo Louis, con ancora il pugnale in mano, che guardava nel vuoto e tremava. E meno male che aveva detto di essere stanco di tremare!
"So che puoi farlo, quindi avanti..." lo provocò, perché sapeva di meritarselo, sapeva che, ormai, il suo desiderio non era più quello di andarsene.
Adesso Louis voleva restare.
E infatti si prese uno bello schiaffo che gli lasciò anche il segno, mentre Niall non sapeva bene come comportarsi: doveva tornare al castello? Assicurarsi che Harry stesse bene? Sapeva già la risposta ad entrambe le domande, era esattamente la stessa.
"Che ne farai di quello?" chiese il biondo, con la voce rotta dalla tristezza, indicando il pugnale sul quale brillava a chiare lettere il nome di Harry.
"Lo porterò con me. Sai... come ricordo..." ma Liam lo interruppe.
"Ricordo di cosa, Louis? Di quanto tu sia stato stupido? Dio, ma perché ti ho dato fiducia? Eri l'unico che poteva salvarlo, potevi chiedergli di rinunciare al suo potere, perché gli hai chiesto di rinunciare a te?"
E Louis si rese conto che non aveva una giusta risposta a quella domanda, quindi attese titubante, mentre Niall si portava una mano alla bocca, cercando di capire se avesse ancora il dono della parola.
"Perché sarebbe stato più facile, per lui." Strinse i pugni, abbozzò un'espressione malinconica e infine disse a Niall che sarebbe tornato al castello con lui perché, in fondo, aveva tutte le sue cose da recuperare.

Il cavallo li portò a destinazione in breve tempo. Liam era sparito, sicuramente non si sarebbe fatto più vedere, anche se Louis sperava che, prima o poi, riapparisse.
Quando arrivarono lì, notarono subito un notevole cambiamento: le tende erano di nuovo tutte chiuse. Louis sospirò tristemente, perché Harry era già tornato quello di prima, questo a dimostrazione di quanto gli importasse di averlo perso, di quanto quel "ti amo" che gli aveva confessato fosse stato detto senza pensare.
Povero Louis, non aveva capito proprio niente.

Harry aveva appena sigillato con la magia l'ala del castello che portava alla torre. Louis gli aveva ordinato di rinchiudere il principe dove non potesse più nuocere a nessuno e l'aveva fatto, l'aveva chiuso nella torre, la stessa torre da cui aveva fatto precipitare Liam, la stessa torre che gli ricordava solo cose maledette. 
La stessa torre dove avrebbe fatto meglio a rinchiudere anche Louis senza permettergli di interferire nella sua vita.
Si accorse subito della presenza dei due ragazzi, ma decise di non reagire più di tanto, non si fece nemmeno vedere, in fondo era bravo a mimetizzarsi.
Si rese invisibile ed entrò nella stanza di Louis, in attesa che arrivasse, per poterlo guardare e ricordarne i tratti del viso e i dettagli del corpo, per ricordare cosa lo legasse a lui e perché lo stesse lasciando andare senza riuscire ad opporsi. 
Pianse, ma nessuno se ne accorse.

Louis, in fondo, non aveva molto da prendere con sè. Niall gli corse dietro, cercando di convincerlo in ogni modo a cambiare le sue richieste, cercando di dirgli che, forse, avrebbe dovuto riparlare con Harry un'ultima volta. Ma no, il ragazzo sembrava non lo sentisse, radunò i suoi quattro stracci e uscì.
In realtà, il suo cuore ferito, non solo dagli ultimi fatti, ma anche dalle mani di Harry, gli stava ripetendo esattamente quello che stava dicendo Niall, perché non voleva andarsene, ma ormai era andata così. Che cavolo voleva dire, poi.
Il problema era che il cuore in frantumi non fu quello di Louis, ma quello di Harry, quando vide la rosa sul mobile, che riprese un leggero vigore, ma che venne comunque abbandonata, dimenticata.
Ovvio, si disse Harry, gliel'aveva regalata lui, perché portarsi via anche quella?
Pianse di nuovo, con le mani scavate tra i ricci scomposti.
L'avrebbe lasciata lì anche lui, e l'avrebbe curata, fintanto che poteva, poi chissà, magari avrebbe liberato quella povera anima senza colpa imprigionata lì dentro.

Passarono alcune settimane, durante le quali al villaggio dove abitava Louis, sembrava essere tornato tutto alla normalità, a parte per il fatto che si era trasferito nella grande biblioteca e che suo padre ancora non ricordava minimamente chi fosse.
Aveva finto di essere un viaggiatore che voleva fermarsi lì con tutti quegli altri che continuavano a guardarlo con diffidenza , e gli avevano creduto.
Gli avevano creduto e, in breve tempo, avevano anche iniziato ad affezionarsi a lui, perché Louis era ancora una persona solare, era ancora una persona che dispensava consigli e amava parlare con la gente.
Era anche ancora innamorato di Harry, ma su questo ci stava lavorando.
Non si chiedeva mai cosa stesse facendo il mago, fintanto che non era Niall a parlargliene quando andava a trovarlo.
Il biondo non se l'era sentita di lasciare solo Harry, non l'aveva fatto prima, figuriamoci se avrebbe potuto ora, e Louis glielo rimproverava ogni volta, non riusciva ancora a capirlo.
"Non capirò mai come fai a stare ancora in quel posto" affermò Louis un pomeriggio mentre, seduto ad uno dei tavoli della biblioteca, guardava Niall che sfogliava svogliatamente un libro di cui, probabilmente, nemmeno ricordava il titolo.
"Per lo stesso motivo per il quale tu te ne sei andato, Louis" rispose il biondo, facendo spallucce "perché sai, a differenza tua, io non l'ho illuso e poi abbandonato. C'eri quasi riuscito, Louis, tu... lo sai che non vedo Liam da quando ci hai lasciati? E aveva detto di avere ancora qualcosa da fare! Il pensiero che possa essersi arreso mi fa stare malissimo, e so che è solo colpa tua!" sputò, infine, tutto d'un fiato, prendendo il coraggio necessario per guardarlo negli occhi.
Non aveva paura della reazione di Louis, non riteneva di aver esagerato: aveva detto la pura e sacrosanta verità, ed era giusto che Louis se ne rendesse conto.
"Io non ho illuso nessuno, Niall, io... lo amo veramente" ammise, quasi vergognandosi, Louis, fissando a sua volta l'amico.
"E allora perché, Louis, perché te ne sei andato?"
"Lasciami in pace."
E Niall, infatti, sbattè il libro sul tavolo, lo mandò a quel paese, e se ne andò stizzito.

Nel tragitto dal villaggio al castello, continuava a pensare a quel che gli aveva detto Louis.
"Lui ti ama, me l'ha confessato oggi, perché non..." aveva provato a dire ad un Harry che, ormai, passava il suo tempo ad arrovellarsi nello studio, cercando di non farsi trovare nella stanza di Louis dove, per almeno una settimana, aveva dominato il suo odore.
Era diventato patetico per essere l'Oscuro Signore, ma aveva notato che, forse, era un bene: un giorno si specchiò e notò che alcune delle rughe che gli deturpavano il viso da ormai troppo tempo, stavano sparendo. Era forse questa la cosiddetta forza dell'amore?
"Harry..." lo richiamò alla realtà Niall, tremolando, e temendo in qualche brutta reazione.
"Non posso fare niente, Niall, lo sai meglio di me. E ora ti prego, lasciami solo, non ho voglia di mangiare, nè di altro."
No, infatti, aveva solo bisogno di rinchiudersi nella sua grande stanza, dare un'altra occhiata alla rosa chiusa nell'armadio e cercare di ricordare come avesse fatto a sopravvivere quando aveva solo l'amore.
Ricordare la gioia che provava nell'infliggere dolore negli altri, quando quell'amore l'aveva perso.

Louis, intanto, continuava a vivere la sua vita, sempre più monotona ma, grazie a dio, sempre più lontana da qualsiasi tipo di pericolo.
Sapeva che Harry non si sarebbe mai fatto vedere, in fondo la gente di lui si ricordava eccome, e di certo vederlo al villaggio avrebbe significato solo cattive notizie, e lui era convinto di essere riuscito a porvi fine. Ne era talmente convinto che teneva il pugnale in bella vista in una teca, lì dove potesse sempre vederlo, come ad assicurarsi un po' di quel potere che ancora non era in grado di gestire.
Harry, in un altro posto, si domandava come mai non avesse voglia di far nulla, a parte andare da Louis, e no di certo per il pugnale.
"Niall, vieni immediatamente qui" sbraitò improvvisamente, come se avesse avuto un'illuminazione divina. Aveva il fiatone per l'agitazione e non ne capiva il motivo, nel senso, lo capiva eccome, ma non accettava che fosse agitato ancor prima del tempo.
"Che succede? Che hai?" chiese forsennatamente Niall, che si era precipitato dal mago.
"Ho voglia di caffè" disse serioso, facendo venire i brividi lungo la schiena al biondo.
"Cosa vuoi fare, Harry?" domandò di nuovo, mentre nella sua mente si creavano immagini devastanti di ogni genere.
"Niente che non possa piacerti, non preoccuparti, ora vuoi eseguire il mio ordine o vuoi che cominci da te?" lo provocò il mago, guardandolo malissimo, sebbene non volesse farlo.
"O-ok" si limitò a dire Niall, andando via e tornando dopo qualche minuto con tazza e zucchero su un piccolo vassoio. Quando Harry guardò il tutto si irrigidì.
"Dov'è?" chiese.
"Cosa?" richiese Niall, spazientito e spaventato allo stesso tempo.
"La tazza scheggiata... dov'è? Voglio quella!"
Niall adesso lo stava guardando perplesso, non capiva proprio a cosa si riferisse, ma decise, in qualche modo di accontentarlo.
Non sapeva di una tazza scheggiata, non sapeva dove cercarla anche perché, in quel caso, sarebbe nella spazzatura, quindi rovistò nella credenza più volte, controllò ovunque, poi ebbe un flash: e se centrasse Louis? Andò di corsa nella sua stanza, inciampando più volte in mobili e suppellettili che, quando nel castello era ritornata la luce, aveva imparato ad evitare, ma adesso...

Sperò di non trovarla sigillata e fu raggiante quando realizzò che non era così, quindi cominciò a guardarsi intorno e la vide subito: era ancora un po' macchiata, ma stava sul comodino spoglio.
Niall ebbe il magone, la prese, la lavò e la portò da Harry, che accennò un sorriso quando il biondo ci versò dentro il caffè.
"Devi dirmi dove trovarlo" disse poi Harry, quando Niall era ormai fuori dalla stanza.
"Harry" sorrise nel rispondergli "sono sicuro che non c'è bisogno te lo dica io."
E Harry si sentì del tutto scoperto, e si rese conto che era una sensazione strana, e che non gli piaceva. Prese la tazza tra le mani e bevve un po' di caffè, non prima di aver guardato quell'oggetto apparentemente insignificante, ma che racchiudeva in sé fin troppi, assurdi, ricordi.

Louis era, come tutti i giorni, intento a leggere i nuovi arrivi. La biblioteca, nonostante fosse frequentata da poca gente, andava a gonfie vele, e lui si divertiva a leggere per primo i nuovi arrivi per consigliarli a chiunque potesse.
Era felice, quel giorno, anche se aveva incrociato suo padre che, ancora una volta, non lo aveva riconosciuto.
Louis strinse i pugni nel tentativo di impedirsi di abbracciarlo forte e dirgli che non poteva non sapere chi fosse, che doveva ricordare, e pensò che mai come in quel momento avesse seriamente bisogno di Harry, per ordinargli un'ultima cosa. Gliela doveva, in fondo.

Quando il padre lo lasciò, ringraziandolo per avergli fatto venire l'amore per la lettura, Louis tirò su col naso e si disse che poteva andare avanti, che non sarebbe andato a strisciare da Harry, no... e allora perché lo aveva lì davanti? Non lo aveva chiamato, possibile che gli leggesse nella mente e avesse capito che aveva bisogno di lui?
"Pensi davvero che con abiti normali io non ti riconosca?" gli disse acido, mentre lo guardava aggirarsi per gli scaffali attorno al suo tavolo senza il suo completo di pelle e il mantello scuro e, soprattutto, senza quegli stivali sporchi che indossava sempre.
"Non era mia intenzione mimetizzarmi, infatti, volevo solo sapere come stavi" disse piano Harry, guardandolo di sottecchi, quasi avesse paura di incontrare i suoi occhi.
"Sei... sei serio? Ma come puoi? Non dovresti nemmeno essere qui, ti avevo chiesto di lasciarmi andare" sbraitò Louis, più per convincere l'altro che se stesso il quale, in effetti, non si era convinto manco per niente.
"Non sono qui per riprenderti... e perché dovrei andarmene? Tu non vuoi che lo faccia, lo so" lo provocò, come faceva sempre, Harry.
Louis lo guardava e cominciò a sentire gli occhi lucidi perché non ci poteva credere, non poteva essere successo sul serio, eppure lo amava così tanto da non voler colare a picco insieme a lui.
Un modo un po' egoistico di amare, forse, ma era questa la realtà.

"No, infatti non voglio, Harry, vorrei restassi qui con me, per sempre, vorrei... che fosse tutto diverso, vorrei... che tu non fossi quello che sei, vorrei che mi dicessi che mi ami davvero, vorrei...  essere più forte per entrambi."
Harry sentì qualcosa al centro del petto, non capì cosa fosse di preciso, forse un battito accellerato?
"Posso esserlo io, Louis, quando ti ho detto che ti amo era vero, non era una frase di circostanza. Ho già perso l'amore più grande della mia vita, so cosa si prova a stare senza, e fa schifo, credimi, è come se ti mancasse metà corpo, è come se non riuscissi mai a respirare bene, è come il mio castello con le tende sempre chiuse, è come... fingere di vivere! E io mi sono stancato di fingere di vivere, quindi Louis ti prego, credimi quando ti dico che ti amo, perché è l'unica certezza che ho al momento!"
Louis sussultò: aveva sentito bene? E cosa stava succedendo al viso di Harry mentre parlava? Notò che i suoi occhi verdi si erano schiariti, adesso somigliavano di più al colore dell'acqua cristallina di qualche spiaggia esotica, e anche i tagli e le cicatrici che li circondavano erano quasi del tutto scomparsi. 
Non capì, osservando il fenomeno, se era più quello a sconvolgerlo, o le parole che aveva appena sentito. Non lo capì perché lo baciò forte, notando, al contatto, che anche le labbra di Harry erano cambiate, adesso erano più morbide.
Il bacio fu subito ricambiato, ad entrambi scese una lacrima, si guardarono per qualche secondo, ma poi Louis lo spinse via e, di soppiatto, prese il pugnale e gli ordinò di andarsene, nonostante avesse sperato in quella riapparizione per ben altro.
"Non te lo permetterò questa volta, Louis" disse Harry, accigliandosi. Una palla di fuoco gli uscì dalla mano e, nel momento in cui stava per scagliargliela contro, Louis, che continuava a puntargli contro il pugnale, disse "se sei sempre così pronto ad usare la violenza su di me, mi dici come faccio a fidarmi di te? Quello che fai contraddice in continuazione quello che dici, e io ho già abbastanza problemi per poter gestire anche te!"
"No..." disse Harry rassegnato, quando spense la palla di fuoco e sparì, lasciando che Louis crollasse sulle ginocchia e urlasse tutto il suo dolore.

Il mago riapparì nel suo castello, esattamente nello stesso punto da cui era scomparso. Guardò la tazza ancora mezza piena di caffè che aveva lasciato sul tavolo, e si disse che doveva fare qualcosa, qualcosa di buono, per una volta.

"Harry..."
"Niall, ma tu vivi dietro le porte per spiarmi, o...?" si lamentò il mago, ancora accasciato su quella sedia che, improvvisamente, trovava scomodissima "e non guardarmi così, so cosa stai per chiedermi: sono andato da Louis..."
"...ed è andata così male?" si imbronciò il biondo uscendo dal suo nascondiglio e andandogli incontro. Non sapeva bene come comportarsi, sentiva l'istinto di mettergli almeno una mano sulla spalla e lo fece, lo fece mentre Harry alzò lo sguardo per osservarlo e gli strinse quella mano con la propria.
"Non lo so com'è andata, so solo che son dovuto ritornare qui" sospirò, volgendo il viso verso il vuoto.
"Il pugnale, vero?" E Harry annuì tristemente.
Niall gli strinse la spalla con la mano, mentre Harry la teneva ancora stretta alla sua.
Nessuno dei due sapeva cosa fare, quindi il tempo passò così, senza che nemmeno se ne rendessero conto.

Louis aveva passato la settimana successiva completamente solo e stava iniziando ad annoiarsi terribilmente. Solo dopo qualche giorno si era accorto che non vedeva Niall da troppo tempo per poter considerare la cosa normale e sentì lo strano impulso di andare a cercarlo, anche se non aveva alcun senso: se fosse tornato al castello, Harry lo avrebbe di nuovo costretto a restare o, anche se non l'avesse fatto, lui si sarebbe lasciato impietosire come uno stupido.
No, sarebbe rimasto lì, per il bene di entrambi.

Era una mattina poco soleggiata e in biblioteca non c'era nessuno. Louis, ormai, aveva adibito un angolo a camera da letto e dormiva lì, quando proprio non aveva voglia di ricordare di non poter tornare a casa sua. 
Guardava quell'angolino e si intristiva ogni volta, dandosi poi dello stupido perché la soluzione ai suoi problemi ce l'aveva chiusa in un cassetto e non la stava usando.
Mentre era immerso in questi pensieri, sentì degli strani rumori provenire proprio da quel cassetto. Si agitò, si avventò su di esso per aprirlo, e ciò che vide lo sconvolse: il pugnale si muoveva, e cominciò a fluttuare nell'aria. Louis guardò la scena inebetito, finchè l'oggetto non cadde a terra come attirato dalla forza di gravità e cominciò a perdere la sua forma originale.
Lo prese subito tra le mani, non capendo cosa stesse succedendo, e si accorse che era molto caldo, lo ripose nel cassetto preoccupato e fu lì che accadde: si sciolse, il pugnale semplicemente si sciolse e a Louis venne un mancamento, smise di respirare per qualche secondo, e i battiti del cuore cominciarono ad accelerare.

Che cavolo stava succedendo? Shhh, un po' di pazienza, come siete curiosi. So di essermi dilungata troppo, ma credetemi, è necessario, tornate a sedere.

Nello stesso momento, al castello del mago, la rosa dimenticata dal nostro protagonista, aveva ceduto il posto ad un ragazzo. Ve lo ricordate Stan? Sì, esatto, è ancora vivo e adesso... è tornato.
Non era più nell'armadio dove Harry lo aveva nascosto per non farlo vedere a Niall, era sul comodino della sua grande stanza e, quando riprese sembianze umane, sbattè col sedere sul piccolo mobiletto, ritrovandosi davanti proprio il mago che aspettava di affrontarlo.
"Io... dove sono? E tu chi sei, cosa mi hai fatto?" Era spaventato, il povero Stan, e agitato, ma poi la sua mente venne inondata di ricordi di tutto ciò che aveva visto da quando aveva incontrato la prima volta Harry al villaggio fino a quel momento.
"Dov'è Louis?" chiese ancora, mentre il mago, con voce tremante che fingeva autorevolezza, gli disse tutto quello che faticava ad accettare come reale, gli disse che adesso sarebbe rimasto con lui, e che con lui avrebbe aspettato.
"Louis sta bene, e starai bene anche tu se farai quello che dico io" disse semplicemente, riprendendo il suo solito tono sprezzante che spaventò Stan, il quale non vide altra soluzione che obbedire, chiedendosi cosa avrebbero dovuto aspettare.

Louis, intanto, era ancora scosso da quel che aveva visto. Si convinse che fosse il momento di andare da Harry, di assicurarsi che stesse bene, perché nonostante tutto non poteva abbandonarlo in quel modo, nonostante tutto lo amava.
Gli avrebbe chiesto scusa, gli avrebbe detto che era pronto, che non l'avrebbe più lasciato, gli avrebbe detto che forse era meglio che suo padre non sapesse più della sua esistenza, perché era con lui che voleva stare. Gli avrebbe detto che era stato uno stupido, che Liam e Niall avevano ragione a dirgli che lui era l'unico a poterlo salvare. 
Gli avrebbe detto tante cose, se solo suo padre non si fosse precipitato alla biblioteca piangendo perché finalmente aveva ritrovato suo figlio.

Arrivata a questo punto della storia ero confusa anche io: come aveva potuto, il padre di Louis recuperare la memoria se Harry non aveva sciolto l'incantesimo e Louis non gli aveva ancora chiesto di farlo? Improvvisamente il ragazzo ebbe una tragica illuminazione: e se... no, non era possibile, non aveva motivo, il principe era l'unico in grado di eliminarlo, ma era rinchiuso. E se... no. Non voleva minimamente considerare l'ipotesi che Harry potesse essere stato ucciso.
Vediamo di risolvere l'arcano insieme.

"Devi raccontarmi tantissime cose, figliolo, a partire da quel maledetto giorno, perché io ho il buio." 
Louis stava ancora stringendo suo padre, lo stava ancora guardando sconvolto e con le lacrime agli occhi, perché era successo quello che era giusto, quello che non aveva espresso, perché Harry per lui veniva sempre prima. E si sentì debole, solo, incompleto.
Che viveva a fare se ormai la sua dipendenza sarebbe sempre stata lì? 
Come poteva parlare di amore se non era disposto a combattere per esso? 
Come poteva vivere sapendo che, forse, per colpa sua, Harry magari era morto? 
Non riusciva proprio a restare calmo, avrebbe voluto tanto rimanere con suo padre ma, ancora una volta, qualcun altro ebbe la priorità.
"Papà, parleremo con calma a casa, adesso... devo andare via."
Il padre lo guardò perplesso, cercò di trattenerlo in ogni modo perché aveva capito dove fosse diretto e aveva paura. Ma Louis era irremovibile, del resto suo padre non c'era, non sapeva, non avrebbe capito nemmeno dopo che gli avesse spiegato, quindi no, doveva andare, tutto il resto era superfluo in quel momento.

Mentre cercava disperatamente un cavallo, non si accorse di Liam che gli girava intorno come un angelo custode. Non si accorse di come lo guardava rassegnato, e con la gran voglia di palesarsi davanti a lui e dirgli di lasciar perdere. E voleva, oh eccome se voleva, dirgli tutta la verità, e l'avrebbe fatto, se non avesse sentito il potere inibitorio di Harry su di sé. 
Si sentì in colpa, ma intanto avevano complottato, se così si può dire, insieme per questo, e per fortuna non aveva più una vita, lui, per convivere con questo rimorso, quello sarebbe stato tutto carico di Harry. Sotto sotto se ne rallegrò e tirò fuori un piccolo ghigno, perché immaginava Zayn che sicuramente avrebbe avuto la stessa reazione se fosse stato lì con lui.
Si rese conto in quel momento, dopo tanto tempo, di quanto gli mancasse e, per un attimo, si sentì mancare, per quanto un fantasma possa avere di questi problemi.

Okok, stop. Non state capendo nulla, vero? Beh, anche io credevo di non aver capito bene quando, invece, si verificò tutto quello che sto per raccontarvi, quindi niente domande, prendete da mangiare se vi siete stancati, e tornate a sedervi.

Louis arrivò al castello in un tempo talmente breve che si chiese che cosa fosse stato messo agli zoccoli del suo cavallo da non fargli notare quanto folta fosse la foresta attorno a quel luogo. 
Scese, si avvicinò con circospezione all'ingresso e trovò tutto stranamente spalancato, persino la porta.
I suoi sospetti si stavano sempre più concretizzando e riprese a tremare, che novità.
Le tende dell'enorme ingresso erano le uniche chiuse, per tutto il resto del castello potè notare tantissima luce, quindi gli venne da sorridere. 
Dove diavolo era Harry? E Niall? I sospetti si tramutarono in totale paura.
Si diresse verso il mega salone, teatro di quasi tutta la sua vita in quel posto, e fu lì che lo vide: un uomo dai capelli ricci un po' scompigliati, gli occhi verdi e la pelle chiara e liscia, che parlava con un ragazzo che riconobbe subito come Stan. 
Doveva essere un'allucinazione per forza: cosa ci faceva lì? E chi era quell'uomo con cui stava parlando? 
Harry si voltò, notando la sua presenza, gli riservò un mezzo sorriso amaro, e fu lì che per poco Louis non ebbe un mancamento e cadde a terra: il mago era cambiato, adesso aveva un aspetto quasi innocente senza tutte le rughe che gli deturpavano il viso, le mani e il resto del corpo. Era bellissimo, talmente bello che Louis sentì il bisogno di mettersi entrambe le mani sul petto per sentire il battito accelerato del suo cuore e cercare di trattenere il respiro affannato. 
"Che significa tutto questo? Cosa ci fa lui, qui?" chiese, una volta calmatosi. Un bel modo di rompere il ghiaccio.
"Louis, sei tu... oh dio, allora stai bene davvero" esclamò Stan, che gli si avvicinò mentre quello ancora lo guardava come se non fosse davvero lì.
"Io... sono sempre stato qui, Louis" continuò, "io ho visto tutto, sono sempre stato con te, ma sapevo che non avresti mai potuto accorgertene."
A quel punto Louis pensò di avere le traveggole, e se ne convinse del tutto quando Stan gli spiegò dell'inganno della rosa, sotto lo sguardo privo di alcuna espressione di Harry, che stava lì come in attesa di una sentenza di morte.
"Ma tu... tu devi essere completamente pazzo! E pensare che ero corso qui perché pensavo ti fosse successo qualcosa, invece, a quanto pare, continui a stare benissimo e a rovinarmi la vita! Mi dici che centrava lui con te, con noi? Non potevi lasciarlo in pace? Lascialo in pace, non stiamo più insieme da molto prima di conoscerti, lascialo andare" sputò adirato e con gli occhi che gli bruciavano a guardare Harry. 
Ci stava provando a contenere le sue emozioni, ci stava provando sul serio, perché con quel nuovo aspetto gli sembrava di avere di fronte un estraneo.
"Non è mio prigioniero, può andare via quando vuole, anche adesso, se lo desidera" disse Harry, sbuffando indifferente.
E Stan lo fece. In fondo, in tutto quel lasso di tempo, di Louis non gli importava più nulla e, anche se gli fosse importato, per lui non avrebbe avuto senso rincorrere una persona che era totalmente innamorata di qualcun altro.

Passarono alcuni minuti da quando si ritrovarono soli in quella stanza le cui pareti, se avessero potuto parlare, avrebbero espresso di sicuro la loro esasperazione per tutto quel malessere e dolore e li avrebbero presi a schiaffi per tutti noi. 
Louis teneva le braccia lungo i fianchi e stringeva i pugni ripetendosi continuamente di non cedere nel picchiare Harry, anche se moriva dalla voglia di farlo.
Harry lo guardava che non aveva la forza di incrociare i suoi occhi verdi e carichi di una lieve speranza. 
Lo guardò e gli chiese "che cosa aspetti?" quando quello finalmente prese a fissarlo con sguardo languido e pieno di rabbia. 
Tremava, ancora una volta, e lo stava facendo perché voleva tantissimo picchiarlo, dirgli che lo odiava, e andarsene, ma poi ricordò.
Ricordò le sue intenzioni iniziali, quando lasciò suo padre per correre da lui.
Lo guardò ancora una volta e rivide tutto quello che avevano vissuto insieme, proprio in quella stanza, come in un film, gli si avvicinò mentre "fallo, se ti farà sentire meglio" gli diceva.
E Louis era ormai ad una distanza pericolosa per entrambi quando lo fece: gli prese il viso tra le mani, lo fissò attentamente e con sguardo truce, finché prese a carezzarlo dolcemente, come a voler esser certo che non fosse un'illusione.
Harry si inebriò di quel momento, di quel contatto che non sperava più di avere, e Louis alla fine premette le labbra sulle sue, mordendogliele e quasi costringendolo a socchiuderle per poter introdurre la lingua nella sua bocca alla ricerca dell'altra. 
Il bacio fu approfondito, ricambiato, poteva sentire Harry sogghignare sui suoi denti mentre gli cingeva il collo con entrambe le mani, a scendere lungo i fianchi.
Louis si staccò a quel tocco, sentendo un leggero brivido per tutto il corpo. 
Lo guardò, strofinando i loro nasi l'un l'altro e "starò meglio solo se mi dirai che anche tu starai meglio" disse, prima di ritrovarsi, non sapeva come, sdraiato a terra sotto di lui, in attesa.
Harry annuì.

Starò meglio.
Starai meglio.
Se lo stava ripetendo già da un po', non sapendo bene a cosa si stesse riferendo.
Starò meglio, pensava, mentre Harry gli apriva piano la camicia logora e passava le mani lungo tutto il suo torace al quale venne la pelle d'oca.
Starai meglio, pensava, mentre gli guidava le mani e le intrecciava con le proprie.
Starò meglio, ancora, quando Harry si abbassò a lasciare una scia di baci umidi a partire dal suo collo fino in fondo all'ombelico, solleticandogli i capezzoli e mordendolo dove sentiva il bisogno di farlo.
Starai meglio, mentre lo aiutava a liberarli entrambi della parte inferiore dei loro abiti e, senza non molti preamboli, Harry entrò in lui.
Starò meglio, starò meglio, starò meglio mentre lo sentiva muoversi dentro il suo corpo e lo portò subito all'estasi.
Starai meglio, mentre Harry sorrideva guardando il piacere sul suo viso e andava ad intaccare le sue labbra minute.
Starò meglio, convinto ripetè ancora una volta, mentre non riusciva a staccarsi dalle labbra color fragola del mago, ormai completamente privo di qualsiasi potere, se non quello dell'orgasmo che lo fece svuotare dentro Louis, guardandolo con gli occhi lucidi.

Starò meglio.
Starai meglio.
Staremo meglio.
Harry al castello.
Louis al villaggio.
Come avrebbe dovuto essere dal primo momento, come sarebbe stato davvero meglio per tutti.

Liam ci aveva provato,sapete? E il non esserci riuscito era il motivo per il quale Niall non si vedeva da un po'. Oh, era davvero arrabbiato con Harry, e anche con Liam, talmente arrabbiato da aver deciso di scacciare il fantasma e abbandonare il suo amico secolare.
Al suo posto avrei fatto la stessa cosa, ma andiamo con ordine, scusate, divago sempre.

Harry non era certo di quanto tempo fosse passato quando si risvegliò dal suo torpore e non vide nessuno accanto a sè. 
Quello di cui era certo era che non aveva motivo di agitarsi, del resto sapeva che sarebbe finita così e, nonostante il dolore, nonostante l'avesse sfiorato il pensiero di corrergli dietro, lo accettò.
"Sei uno stupido e meriti di morire solo" gli aveva urlato contro Niall, dopo che Liam, quasi vergognandosene, gli aveva raccontato il piano che avevano attuato a sua insaputa ed era sparito sentendosi un fallito. 
E se n'era andato, il biondo, verso una compagnia migliore: quella di Louis. Chissà che magari non avesse potuto iniziare finalmente una vita normale.
"Non penserai di dirgli qualcosa, spero" gli aveva inveito contro Harry, come se perdere l'ultimo amico che gli era rimasto fosse meno importante del sentirsi scoperto.
"Probabilmente l'avrei fatto se non avessi saputo i dettagli di questo assurdo piano, quindi stai tranquillo, non ho alcuna intenzione di buttarlo ancora tra le tue braccia, non se lo merita" sputò, sbattendo, per l'ultima volta, la porta del castello alle sue spalle.

Passò circa un mese e nessuno al villaggio, o nei dintorni di esso, sentì più parlare di Harry. 
Louis era tornato a vivere a casa sua, mentre Niall aveva preso il suo posto in biblioteca, ringraziando gli dei per essere arrivato prima che smantellasse il letto.
Aveva passato tutto questo tempo convinto di aver perso ogni diritto, ogni potere, ogni collegamento con Harry, quindi non aveva mai più riaperto il famoso cassetto.
Un vero peccato perché, se lo avesse fatto, avrebbe notato che il pugnale era ancora lì, in tutta la sua gloria, col nome completo di Harry ancora ben visibile, a ricordargli che il mago sarebbe stato sempre dipendente dalle sue azioni.

Era questo l'unico motivo che lo teneva lontano dal villaggio, era questo il complotto ideato da lui e Liam.
Peccato che Louis non l'avrebbe mai saputo.



 
Seek control
Avoid the pain
Wake up
And do it again
This is your home
This is your life
Take back control
When you feel like hope is gone
And there's no need to soldier on
No surrender
Now don't you surrender, my love
Cos you're not here for very long
So when you leave go with a song
No surrender
Let it be no surrender, my love
Treat me like a king
Kiss me like a stranger
Treat me like a king
Kiss me like a stranger
Treat me like a king
Kiss me like a stranger
Treat me like a king
Kiss me like a stranger
(Surrender - Robbie Williams)




 
 




Saaaaalve! Lo so, è notte fonda, ma dovevo pubblicare per forza!
E' da TRE MESI che sto su questa storia, ancora non mi sembra vero di averla finita, eppure è così. Probabilmente, se sarete arrivati fin qui, avrete notato i riferimenti a La Bella e la Bestia e a Once Upon a Time... e se non l'avete fatto, non fa niente, fatemi comunque sapete che ne pensate, perché a me, tanto per cambiare, non convince. Ho cambiato l'inizio e la fine tremila volte (non pensate male, l'andazzo era comunque lo stesso, cambiava soltanto lo svolgimento, lol ) e tuttora non mi convince, quindi boh, attendo solo voi e buonanotte.
(Le mie note finali fanno sempre schifo, lo so)
xxx
  
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