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Autore: Lodd Fantasy Factory    15/04/2015    0 recensioni
Nell'ora della barbarie gli Elleni si preparono a serrare la falange per arrestare la feroce avanzata del figlio di Re Dario, il terribile Tiranno Serse. L'ultima celebre battaglia dei 300 di Leonida, per dare una speranza al popolo Greco di riorganizzare le difese, ha inizio. Le numerose truppe persiane hanno raggiunto le Termopili, e marciano sotto le frustate del loro Tiranno: l'ora dei grandi eroi non può più attendere! Il destino di Re Leonida, l'ultimo erede di Eracle, sta per compiersi.
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leonida, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era l'alba. Leonida si trovava finalmente ai piedi della colonna rocciosa, ed il suo passo si affrettava verso la via di casa. L'oracolo non aveva speso molte parole, ma gli aveva consegnato un otre di pelle che gli avrebbe consentito di ribaltare le sorti di quella guerra. Il sentiero segreto era differente da quanto ricordava, e presto giunsero alla sua attenzione le inconfondibili tracce del passaggio di un ristretto manipolo di uomini. Era impossibile che Agamestre avesse scoperto il percorso, e ciò lasciava adito ad una sola spiegazione: anche i persiani avevano scoperto quella via che attraversava le Termopili.
Legò l'otre alla sua cintura, quindi avvolse il suo busto col mantello per facilitarsi i movimenti, dunque scattò con scudo e lancia alla mano.
La sua andatura era perfetta, con un passo rapido ed i riflessi pronti in attesa dello scontro, che non avrebbe tardato a giungere, mentre Elios irradiava la sua figura con i propri ardenti raggi, marcando ulteriormente la sua prominente sagoma. Sei soldati erano appostati nelle vicinanze dello sbocco del sentiero, a poche decine di metri dall'accampamento greco: parevano intenti ad individuare il modo migliore per assaltare il campo.
La lancia sibilò nell'aria come una freccia, prima di aprirsi un varco fra le carni del primo a portata, quindi lo scudo dorato impattò lateralmente, gettando di sotto il secondo, mentre il terzo avrebbe fatto i conti con il taglio del medesimo armamento, che mandò in frantumi il suo setto nasale e la dentatura, oltre a dissezionargli il pomo d'adamo. Il quarto fece a malapena in tempo ad estrarre la scimitarra, che si ritrovò la lama di Leonida a separargli le viscere con uno sgualembro. Il quinto impallidì, al contrario del sesto, che impattò contro lo scudo, prima che il ginocchio gli fosse reciso, ed il piede del Re spartano gli spezzasse l'osso del collo. Rabbrividì l'ultimo rimasto, farfugliando un idioma incomprensibile.

«Capisci quello che dico?», scandì lentamente Leonida, estraendo la lancia dalla schiena del compagno.

«Poco», asserì il persiano mettendo le mani in avanti, come ad invocare clemenza.

«Chi ti ha detto di questa strada?», domandò rabbiosamente. «Chi?!», ripeté in un ringhio.

«Essere donna...», esalò a fatica. «Efialte!», aggiunse poco dopo.

Lo schiavo di Serse aveva continuato ad allungare le mani verso Leonida, alternando frasi prive di senso e parole sconosciute al greco.

«Spero tu stia pregando i tuoi Dei, persiano, perché ora li raggiungerai!», intimò sferrandogli un calcio diretto al petto, gettandolo di sotto. Rimase impassibile ad osservarlo mentre finiva impalato fra le rocce.
Oramai aveva la certezza che il tiranno dell'oriente stesse per muovere il suo attacco. A Leonida ed i suoi non rimaneva che provare a resistere, almeno finché gli alleati non si fossero messi in marcia per fronteggiare l'immenso schieramento persiano.

«Dove sei stato, mio Re?», gli domandò Agamestre, raggiungendolo. «Non sono riuscito a nascondere la tua scomparsa sino all'alba. Serse si sta avvicinando, ed ha scelto d'imitare i grandi re Greci: combatterà al fianco del suo esercito», rivelò.

«Tanto meglio per noi: oggi avremo la possibilità di far valere il nostro immenso coraggio. Ho parlato con gli Dei, fratello mio... Il tuo aiuto è sempre stato fondamentale, Agamestre, ed ho bisogno che lo sia un'ultima volta: raduna gli opliti!», gli ordinò Leonida, avviandosi verso le grandi anfore ove era depositata l'acqua per l'accampamento. Vi versò all'interno il contenuto dell'otre di pelle, e v'immerse il capo. La sua carnagione aveva ora la stessa tonalità della cenere.

Non si dilungò in troppe spiegazioni, prendendo da parte Agamestre nel frattempo che gli spartani intingevano le punte delle lance e delle spade nel liquido contenuto nell'anfora. Le lame presero lo stesso colorito del volto di Leonida. Dall'altro lato delle Termopili, intanto, risuonarono corni di battaglia, ed i greci si presentarono sul terreno di scontro al seguito del loro re.
Gli Immortali li attendevano a cinquanta metri dalla palude, e le loro unità superavano di molto quelle elleniche. Fra la moltitudine di maschere argentee tiranneggiava la figura di Serse, alto più che mai e pallido come la luna. Il suo schieramento attendeva solo un suo ordine per sferrare l'attacco finale.
Leonida era conscio del fatto che avrebbe dovuto agire al più presto, prima che gli arcieri persiani giungessero dal sentiero nascosto. Gli spartani l'avevano seguito in battaglia privi delle corazze, con indosso unicamente l'elmo ed il tribone. Credevano ciecamente nel loro re, pur consapevoli di star andando incontro alla morte stessa, ma ad una che sarebbe stata ricordata ed onorata dai posteri: una morte onorevole, la migliore a cui uno spartano potesse aspirare in vita. Leonida anticipò gli opliti, dunque si volse per osservare negli occhi la prima fila. I piumini d'ebano erano statici, dimostrazione che nessun greco fosse intimorito dallo scontro imminente.

«Quest'oggi non esistono spartani, ateniesi, tespiesi, mali o rivali fra le nostre fila. Quest'oggi esistiamo solo noi: i Greci, figli di un'unica ed amata terra. Siamo noi i prescelti che gli Dei hanno designato per rappresentare il mondo ellenico, ed i suoi figli risponderanno alla chiamata!», tuonò, ricevendo la decisa risposta delle sue truppe, che batterono le lance contro gli scudi. «Quest'oggi esiste una sola falange di uomini che combatte per la propria libertà, per scacciare la belva assetata di morte che ha distrutto l'oriente. Non varcherà la soglia delle Termopoli, non finché un solo greco continuerà a respirare! La gloria ci attende nell'oltretomba, fratelli miei, dobbiamo solo strapparla dal torace della bestia! Salutate i vostri nemici, amici miei, ora che avete intinto le vostre lame della linfa vitale degli Dei. Combattiamo insieme per l'ultima volta: non come uomini, non come spartani, non più come Greci... ma come Dei della guerra! Aù! Aù!», la sua voce echeggiò in ogni dove.
Gli scarlatti mantelli si levarono allo sbuffo di Eolo e gli scudi si serrarono in un muro dorato, mentre le lance spuntavano come corna argentee dalle file greche. Avanzavano come un sol corpo, quasi il potere di Ares animasse i loro passi, mentre gli Immortali annullavano la distanza che li separava dai loro nemici, agitandosi come lupi prima dell'assalto. La discesa delle Termopoli nell'Ade aveva inizio.

«Quella fu l'ultima battaglia di Re Leonida, erede di Eracle. Dovete a lui la libertà che ora potete assaporare. Serse, il Tiranno che aveva piegato l'oriente, si dovette infine inchinare davanti al coraggio dei Greci, che quel giorno diedero la propria vita per un diritto che oggi riteniamo scontato. L'esercito persiano non venne sconfitto, ma Serse cadde per mano di Leonida, in quello stesso scontro; subito dopo le sue truppe scapparono ad oriente. Il corpo del nostro amato Re non venne mai rinvenuto sul campo di battaglia: di lui ci rimane solo il suo scudo e la sua spada, la cui elsa è stata ricavata dalla clava di Eracle. Egli sacrificò ogni frammento del suo corpo per la sua amata patria, sino all'ultima goccia del suo sangue divino, che condivise con i suoi fratelli prima dello scontro finale. Sono l'ultimo sopravvissuto delle Termopili, ma solo per ordine di Leonida, l'uccisore degli Immortali!», evocò a gran voce Agamestre davanti ai suoi allievi.

Per secoli si sarebbe narrata la vicenda di Re Leonida e dei prodi Greci che combatterono al suo fianco. Una donna, il cui nome venne scordato, raccontò una storia differente sul conto dello spartano: diceva che egli sacrificò ogni brandello della sua anima per abbattere i persiani, e che strinse un patto con Lachesi, la Dea che tesse il destino degli uomini, affinché le sue sorti mutassero il corso degli eventi. Il suo sangue, discendente dal prode Eracle, aveva dato la forza al suo popolo di fronteggiare gli Immortali, ma a costo della sua stessa vita. Poco venne narrato invece sugli Immortali, nati da una palude di cadaveri, da cui Serse attinse il suo vantaggio a discapito delle forze greche.
Ma del resto, come ogni leggenda, anche questo racconto è divenuto mito, e la verità si è persa nell'evolversi della storia di un vero Eroe.



Fine.



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Si ringraziano Marta Simula e Simone Muzzoni per la cor­rezione delle bozze.

Ringrazio Costantino Nieddu per l'illustrazione di coperti­na.
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